Preferisco
il cammino che mi apro a quello che trovo. Solo le bandiere si accontentano dei
sentieri tracciati.
Nessuna epoca ha avuto quanto la nostra delle possibilità di
liberare l'uomo dall'oppressione e mai una tale mancanza di coscienza ha
diffuso tanta rassegnazione, apatia, fatalismo. Schiavo, da millenni, di
un'economia che sfrutta il suo lavoro, l'uomo ha puntato così poco sulla sua
autonomia e sulle sue facoltà creative che rischia di lasciarsi trascinare
dalla rivolta impotente, dal risentimento e da quella peste emozionale così
pronta ad accecare l'intelligenza sensibile e tuffarsi nella barbarie. Quanti
un tempo sfidavano l'esercito, la polizia, le mitragliatrici e i carri armati
si indignano manifestando a date fisse senza mai osare affrontare i propri padroni
per paura di perdere un posto di lavoro che il collasso del sistema sta loro togliendo.
Non viene loro neppure in mente l'idea di occupare fabbriche che sono i soli in
grado di far funzionare, mentre l'incompetenza degli uomini d’affari li liquida
giocandoli in borsa, perdendoli, licenziando i lavoratori e spingendo il
cinismo fino a far loro rimborsare le somme frodate.
Come confermano ovunque le elezioni cosiddette “libere”, la stupidità
dei governi non ha altro sostegno che la crescente stupidità delle folle che si
esauriscono in un'amara rassegnazione e in collere senza prospettiva. La
società dei consumi ha trasformato i cittadini in democratici da supermercato,
il cui godimento fittizio è assunto a breve termine e per paura di non avere, alla
lunga, di che pagarlo. Il pensiero si è fatto larvale. Si nutre d’idee
ricevute, ridicolizzate da decenni. Si vedono riapparire i detriti di un
nazionalismo causa d’innumerevoli guerre e massacri. Si va fino alle religioni
in rotta che tentano di risollevarsi affidandosi alla moda di un maomettanesimo
la cui fede religiosa è sempre più cancellata dal populismo.
Siamo circondati da pecore che sognano di diventare macellai. È
nella morte e nel declino che credono con maggiore fermezza. Sono innamorati
dei loro terrori. Più sanno che sprofonderanno nel solco e che raggiungeranno
solo vicoli ciechi, più si ostinano a deperire nel conforto della decrepitezza
cui si dedica la loro scienza.
Comunque dovranno pure svegliarsi, ora che il capitalismo sta
crollando, implodendo come quell’impero detto “comunista”, ancora ieri ritenuto
invincibile. Dovranno pure lasciare la presa, quelli che vi si aggrappavano
consumandolo e quelli che vi s’invischiavano in una critica rabbiosa e sterile.
Dovranno pure riapprendere a raddrizzarsi, a camminare, a rifiutare le
stampelle imposte da un potere che, da secoli, li convince della loro
incapacità ad autogovernarsi. Non è forse il momento di ricordare le parole di
Loustalot, che proclamava durante la Rivoluzione francese: “I grandi sono
grandi solo perché siamo in ginocchio. Alziamoci!” Non è forse il momento di
ripristinare l'autonomia degli individui e gettare le basi per una società
autogestita?
Rievocando un passato di oppressione, riscopriamo il corso
dell'emancipazione che, come un fiume sotterraneo, non ha mai smesso di
scalzare le stratificazioni della barbarie. La Comune di Parigi, i consigli
degli operai, dei contadini e dei soldati nella Russia nel 1917, i soviet dei
marinai a Cronstadt nel 1921, le collettività libertarie dell'Andalusia, della
Catalogna e dell'Aragona nel 1936-1937 rimettono in luce un'esperienza
psicologica e sociale che, interrotta prematuramente da una repressione spietata,
non ha fatto che accennarsi e aspirare a continuare e affinarsi. Ciò che è
stato accuratamente occultato dalla storia ufficiale riappare oggi nella sua
insolente modernità. Se riaffiorano dal passato i pionieri della libertà
individuale e collettiva, non è forse perché il nostro presente ha bisogno del
loro esempio per ripristinare un desiderio di emancipazione sopito da decenni?
All'incrocio dei nostri cammini sorgono esseri diversi come Jörg
Ratgeb, Jöst Fritz, Sébastien Castellion, La Boétie, Cyrano de Bergerac, Jean
Meslier, Henri Joseph Du Laurens, Robert Misson, Matthias Knützen, Twistelwood,
Blake, Hölderlin, John Brown, Claire Démar, Tahiri (noto come Qurratu'l-Ayn),
Ernest Cœurderoy, Ravachol, Louise Michel, Bonnot, Mecislas Goldberg, Marius Jacob,
Flores Magón, Pouget, Albert Libertad, Zo d'Axa, i soldati che si ammutinarono
contro il grande macello del 1914-1918, Anton Ciliga, Victor Serge, Jan Valtin,
Vassili Grossmann, Ret Marut dit Traven, Sabaté, Ascaso, Durruti, Constant
Malva, Manouchian, Armand Robin, Joe Hill, Frank Little, Jean Malaquais,
Maurice Blanchard, Arthur Koestler, Walter Benjamin, Ödön von Horváth, Victor
Kravchenko e tanti altri che, in una indicibile solitudine, si sono sollevati
contro l'oppressione e contro l'impostura delle libertà mercantili. Come non
salutare di sfuggita i combattenti ebrei del Bund che hanno lottato sia contro
l'antisemitismo sia contro la porcheria religiosa inculcata fin dall'infanzia,
perché combattevano innanzitutto lo sfruttamento dell'uomo da parte dell’uomo?
Riportando alla luce il Movimento del Libero Spirito, che la
storia adulterata del cristianesimo s’impegnava nascondere, ho mostrato che,
contrariamente alla menzogna comunemente accettata di una religiosità
onnipresente nel Medioevo, la resistenza alla pregnanza cristiana non ha mai
smesso, dal dodicesimo secolo al Cinquecento, di opporre all'ipocrita
puritanesimo della Chiesa e al suo disprezzo per la natura umana e terrena la
libertà dei desideri, del godimento amoroso, dell’emancipazione individuale e
della solidarietà.
Dobbiamo ad Abu Tahir, che nel 930 si era impadronito della
Mecca, saccheggiando la città, massacrando i pellegrini e impossessandosi della
Pietra Nera, questo proposito: "In questo mondo, tre individui hanno
corrotto gli uomini: un pastore [Mosè], un medico [Gesù] e un cammelliere
[Maometto]. E questo cammelliere è stato il peggior imbroglione, il peggior imbonitore
dei tre”. Non ha solo ispirato Averroè che dichiara: “La religione giudaica è
una legge dei bambini, quella cristiana una legge dell'impossibilità e quella
maomettana una legge di porcelli”. Ha anche accreditato l'esistenza del Libro dei tre impostori, o Dell'inanità delle religioni, che
tormenta l'immaginazione del Medioevo senza che se ne sia mai trovata traccia
(fu attribuito a Federico II o al suo cancelliere, Pierre de La Vigne, ma la
sua unica versione conosciuta, predatata 1598, fu composta intorno al 1753). Se
ne trova eco, però, nel portoghese Tommaso Scoto, professore alla Scuola delle Decretali
di Lisbona, processato nel 1344 dall'Inquisizione per aver negato i dogmi, assicurato
che il mondo sarebbe stato governato meglio dai filosofi che dai teologi e dichiarato:
"Tre impostori hanno ingannato il mondo. Mosè ha ingannato gli ebrei, Gesù
i cristiani e Maometto i saraceni”. Bruciato all'Aia nel 1512, Herman de
Rijswijck affermava: "Il mondo esiste da tutta l'eternità e non è
cominciato con la creazione, che è un'invenzione dello stupido Mosè",
"Cristo era un imbecille e il seduttore degli uomini semplici",
"Credo che la nostra fede sia una favola come dimostrano le buffonate
della nostra Scrittura, le leggende bibliche e il delirio del Vangelo".
L'approccio dei sostenitori del Libero Spirito professa meno il
rifiuto della religione che il suo superamento. Dio è negato nel senso che,
essendo presente in tutti, basta prenderne coscienza per liberarsi dagli
ostacoli e dalle leggi del potere spirituale e temporale.
Raggruppati attorno al filosofo Amaury de Bène, gli Amauriciani
furono giustiziati nel 1209 perché negavano il peccato e sostenevano la
preminenza del desiderio. Stessa sorte subì nel 1310 la beghina piccarda
Marguerite Porète per aver individuato Dio e le libertà di natura nel suo libro
Lo specchio delle anime semplici (il
testo ci è pervenuto con evidenti interpolazioni, mirate a dargli un
significato puramente mistico). Nella stessa epoca, Blœmardinne di Bruxelles (circa
1250-1335) identifica l'amore carnale con la perfezione del Dio che ognuno
porta dentro. Il suo irradiamento fu tale che l'Inquisizione non osò reprimerla,
nonostante gli attacchi del mistico Jan Ruysbroeck. Le sue idee sono state
riprese e praticate dagli Homines
intelligentiae, gli Uomini d'Intelligenza, processati a Bruxelles nel 1411
e che rifiutano tutti i comandamenti della Chiesa, difendono le libertà dell'amore,
propugnano il diritto di seguire i propri desideri e rigettano i divieti
promulgati dalle istituzioni clericali e secolari. Sono i loro seguaci che,
sfuggendo alla repressione ed entusiasti delle notizie provenienti dalla
Boemia, si unirono ai partigiani di Jan Zizka, il cui collettivismo aveva
conquistato buona parte degli ussiti. I quali combattevano contro i cattolici,
responsabili della morte sul rogo, a Costanza, nel 1415, del predicatore Jan Hus,
ostile alla corruzione papale. Di fronte alla corrente libertaria degli adamiti,
Zizka, di cui gli stalinisti fecero un eroe nazionale ceco, si comportò non
meno crudelmente degli inquisitori e mandò in massa al rogo, nel 1421, uomini e
donne il cui unico crimine era di voler vivere in un'innocenza edenica.
Si ritrova la dottrina del Libero Spirito in Isabel de la Cruz,
condannata a Toledo nel 1529. Per lei e per coloro che saranno chiamati gli alumbrados, l'illuminazione che rivela
la presenza di Dio porta a una tale perfezione che nessuno può più peccare, né
venialmente né mortalmente. L'illuminazione rende liberi e sdogana da ogni
autorità. Fare l'amore è unirsi con Dio. A Canillas, presso Salamanca,
Francisca Hernandez (intorno al 1520) avrebbe raggiunto un tale grado di
santità che la continenza non le era più necessaria. Nonostante le
persecuzioni, un gruppo di alumbrados
apparve ancora a Llerena intorno al 1578. Resi impeccabili dall'estasi
orgasmica, sostenevano una vita di libertà e amore, agli antipodi del
puritanesimo e del culto della carogna propagato dal cristianesimo (uno di
loro, deridendo la Passione di Cristo, diceva: “A che scopo preoccuparsi ogni
giorno della morte di quest'uomo!”).
Éloi Pruystinck di Anversa fa parte del movimento della corrente
libertaria ostile al cattolicesimo e al protestantesimo. Di mestiere riparatore
di tetti, fu uno degli ingannati dagli attacchi di Lutero contro Roma. Nel 1525
attraversa la Germania per andare, con candore, a esporre le sue idee
libertarie a colui che aveva appena raccomandato ai nobili di sterminare i
contadini stimolati dal suo spirito di rivolta. Lutero si affrettò a denunciare
ai magistrati di Anversa "un serpente scivolato tra le anguille".
Arrestato nel febbraio 1526 con nove suoi amici, è condannato a una pena lieve:
la pubblica penitenza e l'uso di un cartello che lo designasse come eretico. Attorno
a lui si forma un gruppo in cui dei ricchi mercanti si affiancano a poveri
lavoratori, uniti dal desiderio di godere dei piaceri della vita, di stabilire
tra loro legami di solidarietà, di ricercare la propria felicità stando attenti
a non nuocere a nessuno. Tra i Loisti, i poveri accedono a un'esistenza senza
preoccupazioni pecuniarie, grazie a una consapevolezza per cui i ricchi si
abbandonano ai piaceri, senza dover temere né il rimorso né il peccato né le angosce
dei possidenti né il risentimento dei diseredati. Non si direbbe forse un primo
abbozzo del progetto di Fourier, o dell’abbazia di Thélème immaginata da
Rabelais? La repressione si è abbattuta sui Loisti nel 1544. Diversi furono
decapitati. Éloi è stato bruciato il 24 ottobre.
Tuttavia, si diffondono a Lilla, con un certo Coppin, a Rouen,
su iniziativa di Claude Perceval, e fino alla corte di Marguerite di Navarra, a
Nérac, le idee di coloro che Calvino fustigherà con il nome di "libertini
spirituali". Nel 1546 il dittatore di Ginevra denuncia ai magistrati di
Tournai il sarto Quintin Thiery, che si fa beffe delle Scritture, rifiuta il
peccato e la colpa e conduce una vita gioiosa proponendo a tutti di seguire i
propri desideri senza preoccuparsi delle favole evangeliche. Quintin e i suoi
amici saranno giustiziati a Tournai nel 1546.
Si dovrebbe anche ricordare Noël Journet, bruciato a Metz (1582)
dai protestanti per aver evidenziato le incongruenze, le assurdità e gli orrori
della Bibbia; Geoffroy Vallée, giustiziato a Parigi nel 1574 perché, rifiutando
ogni credenza, redigeva quest’osservazione: «Tutte le religioni si sono
preoccupate di togliere all'uomo la felicità del corpo in Dio per renderlo
sempre più miserabile».
“Noi neghiamo Dio e lo precipitiamo dalle sue altezze, rigettando
il tempio con tutti i suoi sacerdoti. Ciò che basta, a noi coscienziosi, è la
scienza non di uno solo ma del maggior numero. Questa coscienza che la natura,
madre benevola degli umili, ha concesso a tutti gli uomini, al posto delle
Bibbie”. Queste parole sono di Thomas Knutzen (1646-1674?). Ovunque vada, il
giovane agitatore diffonde i suoi opuscoli contro la religione, i concistori e
l'aristocrazia. Accrediterà l'esistenza del movimento internazionale dei "coscienziosi"
dove si è fatto portavoce di tutti i sostenitori della libertà individuale e
della distruzione di ogni autorità. Infatti, i suoi scritti, pubblicati
clandestinamente da suoi emuli, passarono per la Francia dove Naigeon li fece
conoscere all'amico Diderot. Si perdono le tracce, nel 1674, di questo poeta
della libertà la cui vita fu un vagabondaggio e una lotta permanente.
Non voglio aggiungere passaggi collaterali ai percorsi ufficiali
della storia. Non voglio che un tribunale culturale anatemizzi i monarchi
sanguinari, i generali guerrafondai, gli inquisitori di ogni genere, gli
assassini ingiustamente onorati di statue e celebrati nei pantheon della
memoria: Bonaparte, responsabile di milioni di morti; Luigi XIV, persecutore
dei protestanti e del libero pensiero; Lutero, massacratore dei contadini;
Calvino, assassino di Jacques Gruet e Michel Servet; Leopoldo II del Belgio,
uno dei criminali più cinici del diciannovesimo secolo, la cui pratica del “caoutchouc rouge"[1] non ha finora scosso le coscienze. Esprimo solo l'auspicio che
al repertorio dei loro ripugnanti panegirici si aggiunga l'elenco dei loro
delitti, la menzione delle loro vittime, il ricordo di chi li ha affrontati.
Perché è bene che sia insegnata la conoscenza degli esseri che, in nome della
generosità umana, li hanno denunciati. In questi tempi di servitù volontaria, è
salutare ricordare l'audacia dei resistenti alla tirannia, perché è da quest’audacia
che va oggi a dipendere il destino degli Uomini e della Terra.
Raoul VANEIGEM Offensiva,
n° 28, dicembre 2010. Questo testo è apparso su Dias rebeldes. Crónicas de insumisión, opera collettiva in
spagnolo, Octaedro, 2009.
[1] Schiavismo, lavori forzati, torture e mutilazioni subite
dagli autoctoni del Congo colonizzato dal Belgio di Leopoldo II (NdT).
Frères du libre
esprit
Je
préfère le chemin que je fraie à celui que je trouve. Seuls les drapeaux
s’accommodent des voies tracées.
Aucune
époque n’a disposé comme la nôtre des possibilités d’affranchir l’homme de
l’oppression et jamais un tel manque de conscience n’a propagé autant de
résignation, d’apathie, de fatalisme. Esclave, depuis des millénaires, d’une
économie qui exploite son travail, l’homme a si peu misé sur son autonomie et
sur ses facultés créatrices qu’il risque de se laisser emporter par la révolte
impuissante, le ressentiment et cette peste émotionnelle si prompte à aveugler
l’intelligence sensible et à se jeter dans la barbarie. Ceux qui jadis
bravaient l’armée, la police, la mitraille et les tanks s’indignent en
manifestant à date fixe mais n’osent pas affronter leurs patrons de peur de
perdre un emploi que l’effondrement du système est en train de leur ôter.
L’idée ne leur vient même pas d’occuper des usines qu’ils sont seuls capables
de faire marcher, alors que l’incompétence des hommes d’affaires les liquide en
les jouant en Bourse, en les perdant, en licenciant les travailleurs et en
poussant le cynisme jusqu’à leur faire rembourser les sommes escroquées.
Comme
le confirment partout les élections dites « libres », la débilité des
gouvernements n’a d’autre support que la débilité croissante des foules,
s’épuisant en résignation amère et en colères sans lendemain. La société de
consommation a transformé les citoyens en démocrates de supermarché, dont la
jouissance fictive s’assume à court terme et dans la crainte de n’avoir pas, à
long terme, de quoi la payer. La pensée s’est faite larvaire. Elle se nourrit
d’idées reçues, ridiculisées depuis des décennies. On voit ressurgir les
détritus de ce nationalisme, cause d’innombrables guerres et de massacres. Il
n’est pas jusqu’aux religions en déroute qui ne tentent de se relever en
prenant appui sur la vogue d’un mahométisme où la foi religieuse s’efface de
plus en plus au profit du populisme.
Nous
sommes environnés de moutons qui rêvent de devenir bouchers. C’est à la mort et
au déclin qu’ils croient le plus fermement. Ils sont épris de leurs terreurs.
Plus ils savent qu’ils s’enliseront dans l’ornière et n’atteindront qu’à des
impasses, mieux ils s’obstinent à dépérir dans le confort de la décrépitude
auquel leur science se consacre.
Pourtant
il faudra bien qu’ils se réveillent, maintenant que le capitalisme s’effondre,
implose comme cet empire dit « communiste », hier encore réputé
invincible. Il faudra bien qu’ils lâchent prise, ceux qui s’y accrochaient en
le consommant et ceux qui s’y engluaient dans une critique rageuse et stérile.
Il faudra bien qu’ils réapprennent à se redresser, à marcher, à rejeter les
béquilles imposées par un pouvoir qui, depuis des siècles, les persuade de leur
incapacité de se gouverner eux-mêmes. N’est-ce pas le moment de rappeler les
mots de Loustalot, proclamant lors de la Révolution française : « Les
grands ne sont grands que parce que nous sommes à genoux.
Levons-nous ! » N’est-ce pas le moment de restaurer l’autonomie des
individus et de jeter les bases d’une société autogérée ?
En révoquant un passé
d’oppression, nous redécouvrons le cours de l’émancipation qui, tel un fleuve
souterrain, n’a jamais cessé de saper les stratifications de la barbarie. La
Commune de Paris, les conseils d’ouvriers, de paysans et de soldats dans la
Russie de 1917, les soviets de marins à Cronstadt en 1921, les collectivités
libertaires d’Andalousie, de Catalogne et d’Aragon de 1936-1937 remettent en
lumière une expérience psychologique et sociale qui, interrompue prématurément
par une impitoyable répression, n’a fait que s’esquisser et aspire à se
poursuivre et à s’affiner. Ce qui a été soigneusement occulté par l’histoire
officielle reparaît aujourd’hui dans son insolente modernité. Si les pionniers
de la liberté individuelle et collective ressurgissent du passé, n’est-ce pas
que notre présent a besoin de leur exemple pour restaurer une volonté
d’émancipation, ensommeillée depuis des décennies ?
À la croisée de nos chemins
surgissent des êtres aussi divers que Jörg Ratgeb, Jöst Fritz, Sébastien
Castellion, La Boétie, Cyrano de Bergerac, Jean Meslier, Henri Joseph Du
Laurens, Robert Misson, Matthias Knützen, Twistelwood, Blake, Hölderlin, John
Brown, Claire Démar, Tahiri (dite Qurratu’l-Ayn), Ernest Cœurderoy, Ravachol,
Louise Michel, Bonnot, Mecislas Goldberg, Marius Jacob, Flores Magón, Pouget,
Albert Libertad, Zo d’Axa, les soldats qui se mutinèrent contre la grande
boucherie de 1914-1918, Anton Ciliga, Victor Serge, Jan Valtin, Vassili
Grossmann, Ret Marut dit Traven, Sabaté, Ascaso, Durruti, Constant Malva,
Manouchian, Armand Robin, Joe Hill, Frank Little, Jean Malaquais, Maurice
Blanchard, Arthur Koestler, Walter Benjamin, Ödön von Horváth, Victor
Kravchenko et tant d’autres qui, dans une indicible solitude, se dressèrent
contre l’oppression et contre l’imposture des libertés marchandes. Comment ne
pas saluer au passage les combattants juifs du Bund qui luttèrent à la fois
contre l’antisémitisme et contre la cochonnerie religieuse inculquée dès
l’enfance, parce qu’ils combattaient avant tout l’exploitation de l’homme par
l’homme ?
En ramenant au grand jour le
Mouvement du Libre-Esprit, que l’histoire frelatée du christianisme s’employait
à dissimuler, j’ai montré qu’à l’encontre du mensonge, communément reçu, d’une
religiosité omniprésente au Moyen Âge, la résistance à la prégnance chrétienne
n’a cessé, du XIIe au XVIe siècle, d’opposer au puritanisme hypocrite de
l’Église et à son mépris de la nature humaine et terrestre la liberté des
désirs, de la jouissance amoureuse, de l’affranchissement individuel et de la
solidarité.
On doit au Karmate Abou Tahir,
qui, en 930, s’était emparé de La Mecque, pillant la ville, massacrant les
pèlerins et s’emparant de la Pierre Noire, le propos : « En ce monde,
trois individus ont corrompu les hommes : un berger [Moïse], un médecin
[Jésus] et un chamelier [Mohammed]. Et ce chamelier a été le pire escamoteur,
le pire prestidigitateur des trois. » Il a non seulement inspiré Averroès
qui déclare : « La religion judaïque est une loi d’enfants, la
chrétienne une loi d’impossibilité et la mahométane une loi de
pourceaux. » Il a aussi accrédité l’existence du Livre des trois
imposteurs, ou De l’inanité des religions, qui hante
l’imagination du Moyen Âge sans que l’on n’ait jamais trouvé sa trace (il a été
attribué à Frédéric II ou à son chancelier, Pierre de La Vigne, mais sa seule
version connue, antidatée 1598, a été composée vers 1753). On en retrouve
pourtant des échos chez le Portugais Thomas Scoto, professeur à l’école des
Décrétales de Lisbonne, poursuivi en 1344 par l’Inquisition pour avoir nié les
dogmes, assuré que le monde serait mieux gouverné par les philosophes que par
les théologiens et déclaré : « Trois imposteurs ont trompé le monde.
Moïse a trompé les juifs, Jésus les chrétiens et Mahomet les sarrasins ».
Brûlé à La Haye en 1512, Herman de Rijswijck affirmait : « Le monde a
été de toute éternité et n’a pas commencé par la création, qui est une
invention du stupide Moïse », « le Christ fut un imbécile et le
séducteur des hommes simples », « j’estime que notre foi est une
fable comme le prouvent les bouffonneries de notre Écriture, les légendes
bibliques et le délire évangélique ».
La démarche des partisans du
Libre-Esprit professe moins le refus de la religion que son dépassement. Dieu
est nié en ce sens qu’étant présent en chacun il suffit d’en prendre conscience
pour s’affranchir des entraves et des lois du pouvoir spirituel et temporel.
Groupés autour du philosophe
Amaury de Bène, les amauriciens seront exécutés en 1209 parce qu’ils niaient le
péché et prônaient la prééminence du désir. La béguine picarde Marguerite
Porète subira le même sort en 1310 pour avoir identifié Dieu et les libertés de
nature dans son livre Le Miroir des simples âmes (le texte
nous est parvenu avec d’évidentes interpolations, visant à lui prêter un sens
purement mystique). À la même époque, la Bruxelloise Blœmardinne (vers
1250-1335) identifie l’amour charnel à la perfection du Dieu que chacun porte en
soi. Son rayonnement était tel que l’Inquisition n’osa sévir contre elle, en
dépit des attaques du mystique Jan Ruysbroeck. Ses idées sont reprises et
pratiquées par les Homines intelligentiae, les Hommes de
l’intelligence, poursuivis à Bruxelles en 1411 et qui rejettent tous les
mandements de l’Église, défendent les libertés de l’amour, prônent le droit de
suivre ses désirs et rejettent les interdits promulgués par les institutions
cléricales et laïques. Ce sont leurs adeptes qui, fuyant la répression et
enthousiasmés par les nouvelles venues de Bohème, rejoignirent les partisans de
Jan Zizka dont le collectivisme avait séduit une bonne partie des hussites.
Ceux-ci menaient la guerre aux catholiques, responsables de la mort sur le
bûcher, à Constance, en 1415, du prédicateur Jan Hus, hostile à la corruption
papale. Confronté au courant libertaire des Pikarti ou adamites, Zizka, dont
les staliniens firent un héros national tchèque, ne se comporta pas moins
cruellement que les inquisiteurs et envoya massivement au bûcher, en 1421, des
hommes et des femmes dont le seul crime était de vouloir vivre dans une
innocence édénique.
On retrouve la doctrine du
Libre-Esprit chez Isabel de la Cruz, condamnée à Tolède en 1529. Pour elle et
ceux que l’on appellera les alumbrados, l’illumination qui révèle
la présence de Dieu conduit à une telle perfection que nul ne peut plus pécher,
ni véniellement ni mortellement. L’illumination rend libre et délie de toute
autorité. Faire l’amour, c’est s’unir avec Dieu. À Canillas, près de
Salamanque, Francisca Hernandez (vers 1520) passe pour avoir atteint un tel
degré de sainteté que la continence ne lui est plus nécessaire. Malgré les
persécutions, un groupe d’alumbrados se manifesta encore à Llerena
vers il 1578. Rendus impeccables par l’extase orgasmique, ils prônaient une vie
de liberté et d’amour, aux antipodes du puritanisme et du culte de la charogne
propagé par le christianisme (l’un d’eux, raillant la Passion du Christ,
disait : « À quoi bon se préoccuper chaque jour de la mort de cet
homme ! »).
Éloi Pruystinck d’Anvers
s’inscrit dans la mouvance du courant libertaire hostile au catholicisme et au
protestantisme. Couvreur de son métier, il est de ceux qu’illusionnent les
attaques de Luther contre Rome. En 1525, il traverse l’Allemagne pour aller,
dans sa candeur, exposer ses idées libertaires à celui qui venait de
recommander aux nobles d’exterminer les paysans stimulés par son esprit de
révolte. Luther s’empressa de dénoncer aux magistrats d’Anvers « un
serpent qui s’est glissé parmi les anguilles ». Arrêté en février 1526
avec neuf de ses amis, il est condamné à un châtiment léger : la pénitence
publique et le port d’un signe le désignant comme hérétique. Autour de lui se
constitue un groupe où de riches marchands côtoient de pauvres ouvriers, unis
par le désir de jouir des plaisirs de la vie, d’établir entre eux des liens de
solidarité, de rechercher leur bonheur dans le souci de ne nuire à personne.
Parmi les loïstes, les pauvres accèdent à une existence sans souci pécuniaire,
à la faveur d’une prise de conscience où les riches se livrent aux plaisirs,
sans avoir à redouter ni les remords ni le péché ni les angoisses des
possédants ni le ressentiment des dépossédés. Ne croirait-on pas à une première
esquisse du projet de Fourier, voire de la Thélème imaginée par Rabelais ?
La répression s’abattit sur les loïstes en I544. Plusieurs furent décapités.
Éloi fut brûlé le 24 octobre.
Cependant se propagent à Lille,
avec un nommé Coppin, à Rouen, à l’initiative de Claude Perceval, et jusqu’à la
cour de Marguerite de Navarre, à Nérac, les idées de ceux que Calvin fustigera
du nom de « libertins spirituels ». En 1546, le dictateur de Genève
dénonce aux magistrats de Tournai le tailleur Quintin Thiery, qui raille les
Écritures, rejette le péché et la culpabilité et mène joyeuse vie en proposant
à chacun de suivre ses désirs sans se préoccuper des fables évangéliques.
Quintin et ses amis seront exécutés à Tournai en 1546.
Il faudrait citer encore Noël
Journet, brûlé à Metz (1582] par les protestants pour avoir relevé les
incohérences, les absurdités et les horreurs de la Bible ; Geoffroy
Vallée, exécuté à Paris en 1574 parce que, rejetant toutes les croyances, il
dressait ce constat : « Toutes les religions ont observé d’ôter à l’homme
la félicité du corps en Dieu afin de le rendre toujours plus misérable. »
« Nous nions Dieu et nous le
précipitons de ses hauteurs, rejetant le temple avec tous ses prêtres. Ce qui
nous suffit à nous, conscientaires, c’est la science non d’un seul mais du plus
grand nombre. Cette conscience que la nature, mère bienveillante des humbles, a
accordé à tous les hommes, à la place des Bibles. » Ces mots sont de
Thomas Knutzen (1646-1674 ?). Partout où il passe, le jeune agitateur
essaime ses pamphlets contre la religion, les consistoires et l’aristocratie.
Il accréditera l’existence du mouvement international des
« conscientaires » où il se faisait le porte-parole de tous les
partisans de la liberté individuelle et de la destruction de toute autorité. De
fait, ses écrits, publiés clandestinement par des émules, passèrent en France
où Naigeon les fit connaître à son ami Diderot. On perd la trace, en 1674, de
ce poète de la liberté dont la vie fut une errance et un combat permanent.
Je ne souhaite pas ajouter des
contre-allées aux voies officielles de l’histoire. Je ne veux pas qu’un
tribunal culturel anathématise les monarques sanguinaires, les généraux
fauteurs de guerre, les inquisiteurs en tout genre, les tueurs incongrûment
statufiés et célébrés dans les panthéons de la mémoire : Bonaparte,
responsable de millions de morts ; Louis quatorzième, persécuteur des
protestants et de la libre-pensée ; Luther, massacreur des paysans ;
Calvin, assassin de Jacques Gruet et de Michel Servet ; Léopold II de
Belgique, un des plus cyniques criminels du XIXe siècle, dont la pratique du
« caoutchouc rouge » n’a guère ému jusqu’à présent les consciences.
J’émets seulement le vœu qu’au répertoire de leurs répugnants panégyriques
viennent s’ajouter la liste de leurs forfaits, la mention de leurs victimes, le
souvenir de ceux qui les affrontèrent. Car il est bon que soit enseignée la
connaissance des êtres qui, au nom de la générosité humaine, les ont dénoncés.
En ces temps de servitudes volontaire, il est salutaire de rappeler l’audace
des résistants à la tyrannie, car c’est de cette audace-là que va dépendre
aujourd’hui le sort des Hommes et de la Terre.
Raoul VANEIGEM Offensive,
n° 28, décembre 2010. Ce texte a paru dans Dias rebeldes. Crónicas
de insumisión, ouvrage collectif en espagnol, Octaedro, 2009.