lunedì 26 maggio 2014

Elezioni Europee 2014, la sindrome del 1922







Siamo nel 1921. Il PSI – raccontano gli storici – è “il partito «dalle mani pulite» rispetto al massacro della guerra, il partito che incanala e dirige la rabbia sociale dei ceti popolari”. Il paese è traumatizzato e in profonda crisi. Il PSI, con “il mito della luce che viene dall’Est”, la rivoluzione Leninista alle porte, l’occupazione delle fabbriche e delle terre, la sua “leadership massimalista, poco preparata e inconcludente… spaventa i ceti borghesi e si chiude nel totale rifiuto di ogni compromesso”. Il Parlamento uscito dalle elezioni del 1919 è virtualmente “ingovernabile” a causa anche “dell’atteggiamento «sfascista»” del PSI che rifiuta ogni alleanza. Ciò crea le condizioni per l’imprevedibile, straordinaria avanzata elettorale del Partito Fascista nel 1922-24.
Il Programma economico del Partito Fascista prevede, tra l’altro: “la defiscalizzazione dei redditi azionari (per promuovere investimenti)”, compensata dal “l’aumento delle imposte indirette” e sui redditi alti e da “una forte riduzione della spesa pubblica”, riforme del mercato del lavoro e più in generale “facilitazioni alla libertà d’iniziativa degli imprenditori”, inclusa la possibilità di effettuare “licenziamenti mirati, per colpire le maestranze sindacalizzate”.
Appena diventato Primo Ministro, ma sulla base di un governo di coalizione, Mussolini chiede al Parlamento di approvare una nuova legge elettorale maggioritaria: la “Legge Acerbo”. Secondo uno storico, “L’approvazione di quella legge fu un classico caso di “suicidio di un’assemblea rappresentativa”, accanto a quelli “del Reichstag che vota i pieni poteri a Hitler nel marzo del 1933 o a quello dell’Assemblea Nazionale francese che consegna il paese a Petain nel luglio del 1940″. La riforma fornì all’esecutivo “lo strumento principe – la maggioranza parlamentare – che gli avrebbe consentito di introdurre, senza violare la legalità formale, le innovazioni più traumatiche e più lesive della legalità statuaria sostanziale, compresa quella che consisteva nello svuotare di senso le procedure elettorali, trasformandole in rituali confirmatori da cui era esclusa ogni possibilità di scelta”. (Citazioni da un testo del prof. A. Bavarelli).
Torniamo ai giorni nostri. Per fortuna la Storia non si ripete! Renzi non ha niente del Mussolini, ridicolo anche solo pensarlo. Casaleggio non ha i progetti rivoluzionari (né Grillo lo stile minaccioso) dei ‘compagni’ del 1922. Il M5S non ha una leadership poco preparata e inconcludente… non spaventa i ceti borghesi, né si chiude nel totale rifiuto di ogni accordo di governo; la base è tollerante e aperta. Chi sostiene l’uscita unilaterale dall’Euro non propugna uno sviluppo economico politico e internazionale traumatico. Un referendum sull’uscita dall’Euro non destabilizza i titoli pubblici. Eppoi, è gente dotata di grande sensibilità politica! La loro proposta è stata preceduta da una grande trattativa europea sull’economia, sulla base di un Piano preparato da un gruppo di macroeconomisti, fra cui alcuni Premi Nobel: com’è noto, l’esito negativo del negoziato ha chiarito a tutti le responsabilità dello stallo, e l’assenza di alternative.
Renzi ha non ha vinto per la pochezza dei suoi avversari. Berlusconi non si è suicidato con 20 anni di malgoverno. Vendoliani e Rifondaroli non hanno imprigionato la sinistra italiana dentro apparati poco elettivi, interattivi, e autorevoli, in progetti ideologici e vetusti. Il riformismo democratico, poi, si è battuto – vigorosamente! – contro il populismo di Renzusconi: con la sua ispirazione costituzionale, liberale, keynesiana, le dettagliate proposte per rigenerare la democrazia partecipativa, rilanciare l’occupazione, lo sviluppo armonico e sostenibile. In Francia, per esempio: dove il PS di Hollande  ha, meritatamente, stra-vinto. No, il compito di Renzi non era affatto facile! Non aveva davanti una prateria. Ha vinto, perché la sua visione economica, l’analisi del dissesto della PA, la concezione dei rapporti fra cittadini e sistema politico, dei rapporti intergenerazionali, sono così moderni da delineare per il nostro paese un radioso futuro.
“Usciamo dalla saggezza come da un orribile guscio, e gettiamoci, come frutti pimentati d’orgoglio entro la bocca immensa e tôrta del vento!” Corro a investire in borsa.

Commento di Sergio Ghirardi

La confusione italiana è già abbastanza enorme da far apprezzare moderatamente questa lettura vichiana ironizzante e senza sbocco di una situazione tragica per un paese dove le democrazie cristiane e i fascismi, gli Scelba, i Lauro, i Giannini, gli Andreotti e i Mussolini a volte ritornano sotto mentite spoglie, maschere di una farsa che si vuole seria e che non impedirà il compiersi della tragedia allargata di nuovo al continente Europeo. Ovunque emergono come funghi velenosi i totem della psicologia di massa del fascismo che colpisce un buon venti per cento delle diverse popolazioni. Basta e avanza per mantenere paraplegica ogni istanza di democrazia reale per cui solo il meglio di una democrazia diretta che rimonti dal basso e dal locale come uno tsunami di civiltà potrà forse opporsi al progetto capitalistico planetario di distruggere definitivamente la comunità umana e la stessa base biologica del vivente.
Tutto il resto è spettacolo.