Siamo nel 1921.
Il PSI – raccontano gli storici – è “il partito «dalle mani pulite» rispetto
al massacro della guerra, il partito che incanala e dirige la rabbia sociale
dei ceti popolari”. Il paese è traumatizzato e in profonda crisi. Il PSI,
con “il mito della luce che viene dall’Est”, la rivoluzione Leninista
alle porte, l’occupazione delle fabbriche e delle terre, la sua “leadership
massimalista, poco preparata e inconcludente… spaventa i ceti borghesi e si
chiude nel totale rifiuto di ogni compromesso”. Il Parlamento uscito dalle
elezioni del 1919 è virtualmente “ingovernabile” a causa anche “dell’atteggiamento
«sfascista»” del PSI che rifiuta ogni alleanza. Ciò crea le condizioni
per l’imprevedibile, straordinaria avanzata elettorale del
Partito Fascista nel 1922-24.
Il Programma
economico del Partito Fascista prevede, tra l’altro: “la
defiscalizzazione dei redditi azionari (per promuovere investimenti)”,
compensata dal “l’aumento delle imposte indirette” e sui redditi alti e
da “una forte riduzione della spesa pubblica”, riforme del
mercato del lavoro e più in generale “facilitazioni alla libertà
d’iniziativa degli imprenditori”, inclusa la possibilità di effettuare “licenziamenti
mirati, per colpire le maestranze sindacalizzate”.
Appena
diventato Primo Ministro, ma sulla base di un governo di coalizione, Mussolini
chiede al Parlamento di approvare una nuova legge elettorale maggioritaria:
la “Legge Acerbo”. Secondo uno storico, “L’approvazione di quella legge fu
un classico caso di “suicidio di un’assemblea rappresentativa”, accanto a
quelli “del Reichstag che vota i pieni poteri a Hitler nel marzo del 1933 o a
quello dell’Assemblea Nazionale francese che consegna il paese a Petain nel
luglio del 1940″. La riforma fornì all’esecutivo “lo strumento principe –
la maggioranza parlamentare – che gli avrebbe consentito di
introdurre, senza violare la legalità formale, le innovazioni più
traumatiche e più lesive della legalità statuaria sostanziale, compresa quella
che consisteva nello svuotare di senso le procedure elettorali, trasformandole
in rituali confirmatori da cui era esclusa ogni possibilità di scelta”. (Citazioni
da un testo del prof. A. Bavarelli).
Torniamo ai
giorni nostri. Per fortuna la Storia non si ripete! Renzi non ha niente del
Mussolini, ridicolo anche solo pensarlo. Casaleggio non ha i
progetti rivoluzionari (né Grillo lo stile minaccioso) dei ‘compagni’ del 1922.
Il M5S non ha una leadership poco preparata e inconcludente…
non spaventa i ceti borghesi, né si chiude nel totale rifiuto di ogni accordo
di governo; la base è tollerante e aperta. Chi sostiene l’uscita unilaterale
dall’Euro non propugna uno sviluppo economico politico e internazionale
traumatico. Un referendum sull’uscita dall’Euro non
destabilizza i titoli pubblici. Eppoi, è gente dotata di grande sensibilità
politica! La loro proposta è stata preceduta da una grande trattativa europea
sull’economia, sulla base di un Piano preparato da un gruppo di macroeconomisti,
fra cui alcuni Premi Nobel: com’è noto, l’esito negativo del negoziato ha
chiarito a tutti le responsabilità dello stallo, e l’assenza di alternative.
Renzi ha non ha
vinto per la pochezza dei suoi avversari. Berlusconi non si è suicidato con 20 anni
di malgoverno. Vendoliani e Rifondaroli non hanno imprigionato
la sinistra italiana dentro apparati poco elettivi, interattivi, e autorevoli,
in progetti ideologici e vetusti. Il riformismo democratico, poi,
si è battuto – vigorosamente! – contro il populismo di Renzusconi: con la sua
ispirazione costituzionale, liberale, keynesiana, le dettagliate proposte per
rigenerare la democrazia partecipativa, rilanciare l’occupazione, lo sviluppo
armonico e sostenibile. In Francia, per esempio: dove il PS di Hollande ha, meritatamente,
stra-vinto. No, il compito di Renzi non era
affatto facile! Non aveva davanti una prateria. Ha vinto, perché la sua visione
economica, l’analisi del dissesto della PA, la concezione dei rapporti fra
cittadini e sistema politico, dei rapporti intergenerazionali, sono così moderni da delineare per il nostro paese un radioso
futuro.
“Usciamo dalla
saggezza come da un orribile guscio, e gettiamoci, come frutti pimentati
d’orgoglio entro la bocca immensa e tôrta del vento!” Corro a investire in
borsa.
Commento di Sergio
Ghirardi
La confusione
italiana è già abbastanza enorme da far apprezzare moderatamente questa lettura
vichiana ironizzante e senza sbocco di una situazione tragica per un paese dove
le democrazie cristiane e i fascismi, gli Scelba, i Lauro, i Giannini, gli
Andreotti e i Mussolini a volte ritornano sotto mentite spoglie, maschere di
una farsa che si vuole seria e che non impedirà il compiersi della tragedia
allargata di nuovo al continente Europeo. Ovunque emergono come funghi velenosi
i totem della psicologia di massa del fascismo che colpisce un buon venti per cento
delle diverse popolazioni. Basta e avanza per mantenere paraplegica ogni
istanza di democrazia reale per cui solo il meglio di una democrazia diretta
che rimonti dal basso e dal locale come uno tsunami di civiltà potrà forse
opporsi al progetto capitalistico planetario di distruggere definitivamente la
comunità umana e la stessa base biologica del vivente.
Tutto il resto è spettacolo.
Tutto il resto è spettacolo.