domenica 4 maggio 2014

Io sto con la volontà di vivere contro il partito della morte




Io sto con Pelù (e con Vauro)
Conosco e stimo Piero Pelù. E’ un amico. Le parole su Renzi dette ieri al Primo Maggio, le aveva dette anche altrove. “Boy scout di Licio Gelli” si trova anche nel suo libro. E quella definizione, come altre, Pelù le ha commentate alcune settimane fa con me a Reputescion (la puntata andrà in onda lunedì prossimo. Ve la consiglio. Ha parlato anche della sua “intervista” a Gelli nel ’95 a Villa Wanda). Avendo osato distaccarsi dal coro jovanottiano dei renziani giulivi, Pelù è stato subito massacrato da buona parte dei media, che hanno minimizzato l’attacco di Pelù sostenendo che “rosica perché Renzi non lo ha confermato all’Estate fiorentina”.
La solita buffonata: se critichi Renzi, sei invidioso. Non si capisce di che, ma sei invidioso. Puntualmente comica la replica piccata del Ministro Karina Huff Boschi: “Paradossali le critiche da chi è milionario”. Risulta ancora più becera la reazione delle groupies renziane, tipo la Moretti (peraltro una renziana tardiva), che replicano così: “Si limiti a fare il cantante”. Oppure: “I comici devono pensare solo a far ridere”. Esattamente la stessa reazione che solevano avere i berlusconiani quando qualche artista osava criticare il loro Capo. La storiella che “i cantanti devono solo cantare” è una delle tante puttanate di questo paese. I cantanti devono esporsi, come devono farlo gli intellettuali e gli artisti. Anzi: loro devono farlo più degli altri. L’Italia, negli ultimi vent’anni, è stata umiliata e ammazzata anche dall’eccessivo paraculismo furbino di tanti “artisti” che hanno sempre preferito il quieto vivere al rischio. Sempre più pompieri e sempre meno incendiari. E oggi quegli “artisti” son quasi tutti renziani: toh, che coincidenza.
Di Pelù, a quel che vedo, ce ne sono sempre di più, da Fossati a Santamaria, ma non è questo il punto. E neanche so se hanno ragione. Io ascolto con estrema attenzione quando Vauro o Servillo, persone che stimo oltremodo (e il primo per me è un autentico fratello maggiore), attaccano duramente il M5S: io, da un artista, voglio questo. Voglio il pungolo, non voglio il lieto fine. Andatevi a riascoltare “La domenica delle salme”: chi ha lingue “adatte al vaffanculo” non può esimersi dal suo ruolo. Non mi importa chi abbia ragione. Mi preme piuttosto sottolineare come sia semplicemente indecente e vile reagire a una critica attivando la macchina del fango(a Pelù sta accadendo) o rispondendogli “canta e basta”.
Care e cari renziani, senza offesa: non è un decreto regio credere che il pingue Mister Bean di Rignano sull’Arno sia il Nazareno. Non è obbligatorio votarlo. E – a quel che leggo e vedo – mi sa che sono in tanti a non eccitarsi all’idea di votare Picierno il 25 maggio.

Commento di Sergio Ghirardi:

Di pelu manco mi cale. Figuriamoci di vauro che dice ridendo vecchi sproloqui stalinisti travestiti da orribile buon senso di un umanesimo cattolico e postcomunista.
Perché prendere sempre parte allo spettacolo scegliendosi una bandiera per l'ignoranza e l'impotenza sociale applaudendo a un qualunque punto di vista appunto spettacolare? Resta il fatto che il contenuto di quel che ha detto il per me ignoto Pelù è vero ma molto insufficiente. Ciò che ci manca di più è un discorso articolato che trovi spazio nelle coscienze invase dalla propaganda di media e politica prezzolate e ricattabili, fino a farsi rifiuto del parlamentarismo mafioso e proposta di democrazia reale, diretta e consigliare. Una rivoluzione insomma, perché non c'è libertà possibile né intelligenza sensibile praticabile all'ombra di nessuna cappella ideologica del vecchio mondo in decomposizione. A noi tutti fare di questa rivoluzione culturale ancora sotterranea ma già in corso, una prospettiva concreta riducendo i Saletti di turno ai patetici burocrati del quotidiano(1)  che sono. Progressisti dell'orrore sindacalizzato.


 (1) aggiungo interpretando liberamente: quotidiano anche nel senso del "fatto quotidiano" e quindi del "giornale quotidiano" e del quotidiano nel senso di "vita quotidiana" il luogo del consumo dello "spettacolo" della merce e della vita che vi è sacrificata, oltre che l'occasione per la rivoluzione che non abbiamo mai smesso di desiderare e per la quale co-spiriamo -gilda caronti