domenica 1 giugno 2025

Stop Micro Primavera 2025 – Rapporto sul campo

 



 

NONOSTANTE GLI INSULTI E LE MINACCE, ABBIAMO INDOSSATO CON ORGOGLIO I NOSTRI COLORI ALLA MANIFESTAZIONE DEI SOSTENITORI DI SOULÈVEMENTS DE LA TERRE

Venerdì 11 aprile 2025, Anti-Tech Resistance.

 

Dal 28 al 30 marzo il collettivo Stop Micro ha organizzato la mobilitazione a Grenoble chiamata De l’eau, pas des puces! contro l’accaparramento delle risorse da parte delle industrie digitali e della “vita connessa”.

Stop Micro è la lotta locale più anti-tecnologica in Francia. Lì, il termine “tecno critico” è normalizzato, la "transizione verde" è schernita e i “tecnocrati” sono fischiati (perché l'accaparramento dell’acqua e l'inquinamento del territorio sono il prezzo necessario a creare le loro armi da guerra). Un contesto ideale per parlare di strategia rivoluzionaria.

Quest'anno, Soulèvements de la Terre ha co-organizzato l'evento contro il "sistema tecnologico". Anti Tech Résistance era quindi presente.

Da venerdì a domenica abbiamo partecipato a conferenze contro l'estrattivismo e il fantasma della rilocalizzazione. Per quarantotto ore, i relatori descrivono l'orrore strutturale del sistema industriale.

La sua logica coloniale è dannosa in tutto il mondo: sfruttamento del cobalto nel Congo, sfruttamento del litio nelle Americhe e nelle Ande, sfruttamento delle terre rare nel Quebec (attivisti da tutto il mondo vengono a raccontare le storie delle loro lotte contro l'industria mineraria).

Il suo mito della transizione ecologica giustifica un “greenwashing” che impacchetta il disastro in corso in un bell’imballaggio verde.

Stiamo ricostruendo collettivamente la catena di fornitura dei chip (parti di elementi elettronici), le loro miniere, i luoghi di stoccaggio, i siti di lavorazione e assemblaggio, ecc. Come per i nostri murales sull'intelligenza artificiale, è facile rendersi conto che la rilocalizzazione è solo un'illusione.

Eppure si avverte un senso di disagio. Intellettuali e organizzatori vengono a parlare con noi, in privato. I Soulèvements li avrebbero forzati. Costretti a invitare degli stranieri (per reclutarli meglio), costretti ad autocensurarsi, costretti a scegliere con cura gli editori, costretti a escludere determinati autori, costretti a rinunciare alla loro radicalità, costretti a votare per rifiltrarci.

Dovremmo fidarci della loro parola? Conosciamo gli effetti della maldicenza.

Noi crediamo solo nelle azioni. E, in effetti, la parola “rivoluzione” non è mai pronunciata. Eppure stiamo parlando di bambini sfruttati, donne violentate, indigeni sradicati, fabbriche da smantellare.

Un'intera conferenza è incentrata su un'azienda: Fairphone. Essa produrrebbe smartphone con mine “responsabili”. Tenterebbe di studiare la tracciabilità delle materie prime e spingerebbe i criminali climatici a creare “un'industria pulita”. Contraddizione con gli altri interventi. Riconosciamo il segno degli adepti di Soulèvements. Sinceri con il pubblico, gli invitati ammettono il loro fallimento: cambiare il sistema dall'interno non ha mai avuto successo. Pagare di più i bambini schiavi non cambierà il loro destino.

Le grandi multinazionali non hanno più bisogno di fare greenwashing: ci pensa la Pecora Digitale! Si pensa a uno scherzo. Tuttavia queste persone fanno sul serio.

Alla conferenza di Soulèvements de la Terre (SDLT) la verità verrà fuori: siamo qui “contro l'estensione di fabbrica del Grésivaudan”. L'estensione. Non la fabbrica. Non la tecnologia. Non un pezzo di un puzzle ecocida; i “lavoratori” perderebbero “il loro salario”.

Noi crediamo solo nelle azioni. E il giorno dopo c'è una manifestazione. Sorpresa, i Soulèvements de la Terre hanno ancora organizzato una votazione, serrata. Dopo la loro campagna idealistica contro Bolloré, i SDLT sembrano decisi a prendere il controllo di una nuova lotta. La tattica è chiara: per rendere invisibili gli Anti-Tech, s’impadroniscono del nostro terreno, si riappropriano del nostro discorso, occupano ogni spazio per smistare all'ingresso e mettere da parte ogni discorso insurrezionale. Fin dalla nostra critica strategica, è questa la loro priorità. È davvero quella della Terra? “Abbiamo votato democraticamente, è vietato per voi distribuire volantini.” Nessun problema, non tiriamo fuori i nostri volantini, ma uno striscione!

La manifestazione ha inizio e noi lo mettiamo in vista: “CONTRO TUTTE LE INDUSTRIE; RESISTENZA ANTITECNOLOGICA».

Non siamo qui per dividere la lotta ma contro l'industria. Mai ostilità orizzontale di fronte a un nemico comune.

Contemporaneamente, a pochi metri di distanza, alcuni anarchici, disgustati dalla loro brutalità, compagni storici di Stop Micro, mettono in mostra: "STOP ALLA VAMPIRIZZAZIONE DELLE LOTTE DA PARTE DEI SOULÈVEMENTS DE LA TERRE”.

Il tono è dato. Si crea lo scisma.

Noi crediamo solo nelle azioni. L'unica differenza pratica rispetto all'anno scorso sono 1.000 manifestanti in più e un sabotaggio da logoramento. Questo è tutto ciò che vale la “composizione” con EELV?

Meno di dieci secondi dopo la nostra prima dichiarazione, sentiamo delle urla. Arrivano. Il nostro corteo è rapidamente circondato. Ci afferrano le braccia. Erano preparati. Orde marxiste sono sulle nostre tracce, ricoprono di diffamazioni i nostri interventi. Dei camion degli organizzatori e dei carri identificati procedono più velocemente per impedire al pubblico di avvicinarsi. Manca poco che ci schiaccino. Un impianto audio ci accompagna per tutto il percorso, con la musica a tutto volume, nella speranza di mascherare le nostre rivendicazioni. Degli organizzatori vengono a minacciarci indirettamente: “Se non togliete lo striscione, non potremo garantire la vostra sicurezza...”. OK, lo manterremo.

Parecchie decine di persone ci fischiano.

Siamo in 6.

Quindi cosa facciamo? Darsi per vinti e abbandonare questa lotta ai Soulèvements perché la trasformino in zona di sconfitta inclusiva? Perché la lotta contro l’industria diventi una lotta per la riappropriazione dell’industria? Una lotta per delle miniere di litio autogestite?

Fuori questione. ATR è la nostra ultima speranza. Se ci lasciamo escludere da questa lotta, saremo esclusi anche dalle altre. Se non ci saremo, chi porterà la voce di un pianeta malato? Quindi, sopra le loro urla, noi cantiamo. Sopra le ingiurie, noi cantiamo. La nostra determinazione è più forte della loro collaborazione. Siamo in sei, ma siamo più numerosi. I nostri cori finiscono per ricoprire il loro odio e ricominciamo con rinnovato vigore.

Discutiamo con manifestanti curiosi, alcuni dei quali scioccati. Riceviamo messaggi di sostegno da diversi collettivi, che sottolineano il nostro coraggio. Loro si nascondono. Noi osiamo.

Nessun compagno si è arreso. Abbiamo tutti resistito insieme, persino ridendo dell'assurdità della situazione, decisi a continuare le nostre azioni. Contro tutte le industrie.

C’eravamo l'anno scorso. Ci risiamo quest'anno. Ci saremo l'anno prossimo.

Per disarmare il sistema tecnologico. Impossibile senza un'organizzazione disciplinata. Perché noi non crediamo nei discorsi. Noi crediamo solo nelle azioni.

SIAMO TUTTI ANTI SMART CITY

 

 


Stop Micro printemps 2025 – Rapport de terrain

MALGRÉ LES INSULTES ET MENACES, NOUS AVONS PORTÉ NOS COULEURS FIÈREMENT À LA MANIF DES SOULÈVEMENTS

vendredi 11 avril 2025, par Anti-Tech Resistance.

 

Du 28 au 30 mars, le collectif Stop Micro organisait à Grenoble la mobilisation De l’eau, pas des puces! Contre l’accaparement des ressources par les industries du numérique et la «vie connectée».

Stop Micro, c’est la lutte locale la plus anti-tech de France. Là-bas, le mot «techno critique» est normalisé, la «transition verte» est moquée et les «technocrates» sont hués (car accaparement de l’eau et pollution des terres sont le prix pour créer leurs armes de guerre). Un contexte idéal pour parler stratégie révolutionnaire.

Cette année, les Soulèvements de la Terre co-organisaient l’événement contre le «système technologique». Anti Tech Résistance était donc présente.

Du vendredi au dimanche, nous avons assisté à des conférences contre l’extractivisme et le fantasme de la relocalisation. Les conférenciers dépeignent pendant 48 heures l’horreur structurelle du système industriel.

Ses logiques coloniales nuisent aux quatre coins du monde: exploitation du cobalt au Congo, exploitation de lithium aux Amériques et dans les Andes, exploitation de terres rares au Québec (des militants du monde entier viennent conter leurs luttes contre l’industrie minière).

Son mythe de la transition écologique justifie un «greenwashing enrobant le désastre en cours dans un bel emballage vert.»

Nous reconstituons collectivement la chaîne d’approvisionnement des puces - des composants des pièces électroniques-, leurs mines, les lieux de stockage, lieux de transformation et d’assemblage etc. Comme avec nos fresques de l’IA, il est aisé de réaliser que la relocalisation n’est qu’illusion.

Pourtant, un malaise se ressent. Des intellectuels et des organisateurs viennent nous parler, en privé. Les Soulèvements les auraient forcés. Forcés à inviter des étrangers (pour mieux les recruter), forcés à s’autocensurer, forcés à trier les éditeurs sur le volet, forcés à exclure des auteurs particuliers, forcés à renoncer à leur radicalité, forcés à voter pour nous exfiltrer.

Devons-nous les croire sur paroles? Nous connaissons les effets de la rumeur.

Nous ne croyons qu’aux actes. Et en effet, le mot «révolution» n’est jamais prononcé. Nous parlons pourtant d’enfants exploités, de femmes violées, d’autochtones déracinés, d’usines à démanteler.

Une conférence entière porte sur une entreprise, Fairphone. Elle produirait des smartphones avec des mines «responsables». Elle tenterait d’étudier la traçabilité des matières premières, pousserait les criminels climatiques à créer «une industrie propre». Contradiction avec les autres interventions. Nous reconnaissons la marque des Soulèvements. Honnêtes avec le public, les invités avouent leur échec: changer le système de l’intérieur n’a jamais réussi. Mieux payer les enfants-esclaves ne changera pas leur destin.

Les grandes multinationales n’ont plus besoin de faire de greenwashing, le Mouton Numérique s’en charge! On croit à une blague. Mais ces gens sont sérieux.

À la conférence des Soulèvements de la Terre (SDLT), le morceau sera lâché: nous sommes ici « contre l’extension d’usine au Grésivaudan». L’extension. Pas l’usine. Pas la technologie. Pas la pièce d’un puzzle écocidaire; les «ouvriers» en perdraient «leur salaire».

Nous ne croyons qu’aux actes. Et le lendemain, c’est manifestation. Surprise, les Soulèvements de la Terre ont encore organisé un vote, serré. Après leur campagne idéaliste contre Bolloré, les SDLT semblent décidés à prendre le contrôle d’une nouvelle lutte. La tactique est claire: pour invisibiliser les anti-tech, ils s’emparent de notre terrain, se réapproprient notre discours, occupent chaque espace pour trier à l’entrée et mettre de côté tout discours insurgé. Depuis notre critique stratégique, c’est leur priorité. Est-ce vraiment celle de la Terre? «On a démocratiquement voté, vous êtes interdits de tracter». Aucun problème, on ne sort pas nos tracts, mais une banderole!

La manif commence et nous la déployons: «CONTRE TOUTES LES INDUSTRIES; ANTI-TECH RESISTANCE».

Nous ne sommes pas là pour diviser la lutte mais contre l’industrie. Jamais d’hostilité horizontale face à un ennemi commun.

Au même moment, à quelques mètres, des anarchistes écœurées par leur brutalité, des camarades historiques de Stop Micro, déploient «STOP À LA VAMPIRISATION DES LUTTES PAR LES SOULÈVEMENTS DE LA TERRE».

Le ton est donné. Le schisme est créé.

Nous ne croyons qu’aux actes. Et la seule différence pratique avec l’année dernière sont 1000 manifestants en plus et un sabotage d’attrition. Est-ce là tout ce que vaut la «composition» avec EELV?

Moins de 10 secondes après notre première déclaration, on entend hurler. Ils arrivent. Notre cortège est vite encerclé. Nos bras sont attrapés. Ils étaient préparés. Des hordes marxistes nous suivent à la trace, recouvrent nos prises de paroles de diffamations. Des camions d’organisateurs et des chars identifiés roulent plus vite pour éviter au public de se rapprocher. Ils manquent de nous écraser. Une sono nous escorte tout du long, musique à fond, espérant masquer nos revendications. Des organisateurs viennent nous menacer indirectement: «si vous rangez pas votre banderole, on pourra pas assurer votre sécurité…» OK, on va la garder.

Ils sont plusieurs dizaines à nous huer.

Nous sommes 6.

Alors, que devons-nous faire? S’avouer vaincu et abandonner cette lutte aux Soulèvements pour qu’ils la transforment en zone de défaite inclusive? Pour que la lutte contre l’industrie devienne lutte pour la réappropriation de l’industrie? Une lutte pour des mines de lithium autogérées?

Hors de question. ATR est notre dernière chance. Si nous nous laissons exclure de cette lutte, nous serons exclus des autres. Si nous ne sommes pas là, qui portera la voix d’une planète malade? Alors, par dessus leurs cris, nous chantons. Par dessus les injures, nous chantons. Notre détermination est plus forte que leur collaboration. Nous sommes six, mais nous sommes plus nombreux. Nos chœurs finissent par recouvrir leur haine et nous repartons de plus belle.

Nous discutons avec des manifestants curieux, certains choqués. Nous recevons des messages de soutien de plusieurs collectifs, qui soulignent notre courage. Eux se cachent. Nous osons.

Aucun camarade n’a baissé les bras. Nous avons tous tenu bon, ensemble, riant même de l’absurdité de la situation, déterminés à poursuivre nos actions. Contre toutes les industries.

Nous étions là l’année dernière. Nous sommes là cette année. Nous serons là l’année prochaine.

Pour désarmer le système technologique. Chose impossible sans une organisation disciplinée. Parce que nous ne croyons pas aux discours. Nous ne croyons qu’aux actes.

SIAMO TUTTI ANTI SMART CITY