giovedì 5 maggio 2011

Con il consenso entusiasta dei tifosi dell’Amerika

La più grande democrazia del mondo, come adorano ripetere in un mantra bigotto i suoi estimatori planetari, è in realtà un’oclocrazia come le altre. Primus inter pares degli Stati Canaglia che infestano il mondo delle nazioni disunite e afflitte dalla perenne psicosi della guerra economica. Poveri miei amici americani, costretti a vivere in Amerika come in un ghetto dorato dove il dollaro si svaluta incessantemente. What a pity !

Una delle rare caratteristiche simpatiche dell’idiozia è quella di fungere spesso involontariamente da confessione (Berlusconi docet). Ho visto, incredulo, con i miei occhi, circolare tra i festaioli macabri di Ground Zero e della Casa Bianca un fogliaccio con su scritto: Obama 1 Osama 0.

Dunque era e resta un match, al limite tra lo sport e l’etica di contrapposti fanatismi religiosi (Coca cola al bar contro Allah akbar), tra la vendetta e l’appagamento dei sensi o di ciò che ne resta. Un gioco crudele in cui si vince e si perde a turno. Un gioco macabro in cui la vendetta delle proprie sconfitte è la sola vittoria. Vince bene chi perde penultimo, con i pop corn in una mano, una coca nell’altra e un chewing gum nella bocca.

La vendetta è già un segno di tragica e malsana impotenza quando si esprime individualmente. È comprensibile, tuttavia, che il dolore per una perdita irreparabile si inventi un lutto fondato sul fare all’altro qualcosa di analogo a quel che ti ha fatto (e magari qualcosa di peggio).

La vendetta è un sentimento umano dell’individuo che invoca la legge del taglione per alleviare il dolore sfogandolo in scariche rabbiose di odio.

È solo un esorcismo barbaro, ma funziona, soprattutto nella psyche di adulti infantilizzati e terrorizzati da un padre severo; bambini che non hanno mai potuto godere di un’infanzia scevra di violenze e umiliazioni, fatta di mistiche sottomissioni alla violenza paterna mitizzata e di sorridenti rimozioni dei propri desideri fobicamente vietati e trasformati nel culto della merce-dio da un’onnipresente liturgia consumistica di sostituzione del piacere.

Lo stato di diritto è nato come tentativo di organizzare la società su schemi meno barbari e più adatti ad armonizzare la produttività dell’homo economicus trionfante.

L’amerika democratica si è costruita sul genocidio di una civiltà indigena radicalmente massacrata nei due secoli del capitalismo nascente e si è consolidata passando per lo schiavismo nella no man’s land tra la barbarie e lo stato di diritto del capitalismo moderno.

Il linciaggio ha attraversato il suo epico far west come la legge intrinseca di una nuova frontiera costantemente reinventata.

I Pilgrim’s Fathers sono stati i fondatori di un affinamento pragmatico della violenza selvaggia dei conquistadores cattolici. Gli amerikani hanno trovato nello spiritualismo aggressivo dei loro padri fondatori la giustificazione più adatta ad eliminare ogni ostacolo alla loro avidità mascherata in civilizzazione e in progresso.

Siamo di fronte all’essenza del capitalismo come si è mostrata successivamente alla rivoluzione americana, con un diverso tasso di riuscita, tra tutti i popoli di un pianeta invaso dal culto del produttivismo e dell’economicismo sfrenati.

Al di là del coacervo ideologico in cui si mescolavano tutte le confessioni, l’orda culturalmente protestante di un’emigrazione massiccia nel nord del continente scoperto dall’ignaro quanto cinico Cristoforo Colombo, ha fatto meglio, per esempio, in termini di produttivismo, della cattolicissima Spagna nell’America del centro-sud.

L’Amerika è il frutto dell’emigrazione massiccia di dannati della terra, di qualche mistico visionario, di pochi utopisti e di molti avventurieri, delinquenti, cinici opportunisti, affaristi, ciarlatani e mafiosi i cui successivi strati hanno costituito il tessuto sociale della civiltà del Take It Easy.

Gli amerikani sono i più grossi al mondo e il loro Stato il più grande consumatore di energia del pianeta. Sono greedy, avidi di quantità, di possesso, di appropriazione. Sono i campioni della reificazione che inquina il mondo.

Quell’amerikano perfetto che è stato Bush piccolo (il padre e il nonno hanno imperversato precedentemente come una vera e propria dinastia repubblikana) diceva chiaramente quel che i progressisti liberal, bianchi o neri poco importa, nascondono sotto lo spot ipocrita di un rigido formalismo umanitario: “non c’è verso che rinunciamo nemmeno a una briciola del nostro dispendio di energia efferato e inutile ma redditizio”.

Attenti, ora, a non fare confusioni razziste: non sono tutti i singoli americani a parlare così ma l’Amerika multinazionale dell’homo economicus e del business is business.

Bambini viziati da un padre severo e castratore: il peggior cocktail per far passare un torci budelle per un buon whisky. Gli amerikani non sono certo i soli - l’uomo alienato del produttivismo è ormai un prodotto planetario -, ma restano i più grossolani, i più visibili, i più ingenui ma capaci di ogni perversità. Perdono le guerre contro l’umano che osa resistere alla prepotenza, come in Vietnam, ma continuano in prima linea la battaglia planetaria del produttivismo perché per chi ha perso il proprio essere umano sostituito dall’avere delle cose, vincere diventa un’ossessione: Obama 1 Osama 0.

Ho parecchi amici americani e con uno di loro mi sono trovato al bar del mio villaggio, quella mattina dell’11 settembre 2001 che sarebbe diventata una data storica. Incitati da un’amica di passaggio a dare un’occhiata alla televisione, abbiamo abbandonato, riluttanti, il nostro prematuro aperitivo per guardare quel che negli anni a venire sarebbe diventato l’inno visivo di tutti gli spettatori della terra. “Unbelievable”, incredibile, diceva giustamente Pete, ferito e incredulo. Anch’io ero sorpreso, nonostante il fatto che l’aspetto spettacolare del capitalismo crepuscolare fosse per me da tempo una certezza acquisita. Too Much! Mi sono sentito solidale con il dolore di Pete e di tutti quelli che sono stati feriti nel cuore e nella carne, ma, come nel momento dell’esecuzione di Moro da parte delle BR, mi sono detto che il peggio di quella mostruosità doveva ancora venire.

Nel futuro Ground Zero, la nuova, necessaria frontiera veniva stabilita tra fuoco, fumo, distruzione e morte. Un nuovo nemico, che non chiedeva altro che di essere riconosciuto come tale, veniva finalmente a riempire il vuoto lasciato dai mai axxastanza rumpianti comunisti, trasformatisi subitamente tanto in Russia che in Cina in brutali competitori produttivisti ( in realtà lo sono sempre stati ma prima della caduta del muro coprivano di ideologia comunista il loro disumano umanesimo).

So bene che è il loro lavoro, ma a tutt’oggi mi rifiuto di passare il mio tempo a dosare il grado di manipolazione e di complicità operativa dei diversi servizi segreti infiltrati nelle azioni sovversive vere o presunte tali.

Per l’undici settembre, certo, i dubbi affiorati sono molteplici, ma nella società dello spettacolo, per sua propria natura, i cittadini spettatori non possono sapere la verità nascosta da quel che appare. Il che, del resto, non dovrebbe importare molto a chi abbia fatto una chiara scelta di campo anticapitalista: a che pro stabilire quanto l’attentato di Manhattan sia farina del sacco di Bin Laden e quanto della CIA?

Noi aspiriamo a un mondo nuovo, mica a far parte della giuria di un reality show che deve dare un voto alle mostruosità del vecchio. Sappiamo che i nemici di oggi hanno allevato per un po’ i porci (pardon, le vacche) insieme, ma se pare che Gapone fosse diventato comunista dopo avere infiltrato i bolscevichi, non è certo che Bush abbia aderito all’islamismo. E se anche fosse, o viceversa, in che cosa cambierebbe il nostro progetto di autogestione generalizzata della vita quotidiana?

Per chi vuole abolire il capitalismo, è urgente smetterla di giocare ogni volta al piccolo complottista per indicare piuttosto, concretamente, la terza via oltre il “complotto globale capitalista” che in nome del totem della produttività, prepara la fine della specie umana tra manipolazioni e deliri ideologici, pesticidi e centrali nucleari.

Pur se da tempo immaginata - né con lo Stato né con le BR, né con l’amerika né con l’islamismo - la terza via è ancora tutta da imboccare, alla faccia di Bush e di tutti i manicheismi alienanti.

Io dico che se le BR e Bin Laden non fossero esistiti, il capitalismo planetario li avrebbe sicuramente inventati. Dubito fortemente che ne abbia avuto bisogno. Abbiamo verificato storicamente quanto la voglia di cambiare il mondo possa essere recuperata dalla psicologia di massa del fascismo che è alla base una struttura caratteriale mistica e non un’ideologia politica. Molti brigatisti erano sinceramente rivoluzionari, pazzi di ideologia nichilista. La mistica della rivoluzione, del paradiso o della produttività è il brodo di coltura ideale per tutte le follie e per tutte le manipolazioni. Lo stesso vale per ogni fanatismo, per ogni integralismo.

L’islamismo è l’ennesima psicopatologia religiosa nichilista prodotta dalla civiltà del lavoro alienato insieme a tante altre che l’hanno preceduta.

Il pensiero religioso imperversa da millenni. In quanto struttura irrazionale può facilmente abbigliarsi di un razionalismo morboso e scendere materialmente in politica, oppure accompagnare la politica con i suoi anatemi che scoraggiano ogni rivolta dell’umano contro la barbarie. Tutte le ideologie possono servirlo e può servire tutte le ideologie.

L’essenza della religione è credere anziché capire. Sentirsi illuminati dalla Grazia anziché sviluppare la lucidità di sapere di non sapere. Una tale alienazione impedisce la coscienza di appassionarsi alla conoscenza praticando la teoria e verificandola a ogni passo di quella deriva effimera e gioiosa che è la vita.

Nonostante il fatto che l’abbia detto anche il Vaticano (inquinando così la forza laica di quest’affermazione di umanesimo libertario, pacifico ma refrattario a porgere sia l’una che l’altra guancia), non c’è dubbio che festeggiare la morte, anche del peggioir nemico, partecipi alla barbarie e non indichi affatto un grado accettabile di piacere condivisibile di essere al mondo. Sarebbe bello, come diceva Vittorio Arrigoni che ci ha appena lasciati, assassinato a Gaza da una delle tante forme della barbarie corrente, restare umani. Bisognerà prima diventarlo.

Sergio Ghirardi