Ma con la mafia non si scherza
Mi dispiace Beppe, ma stavolta non ci siamo…La tua affermazione secondo il
quale la mafia è meglio
dei partiti è gravemente sbagliata per almeno tre motivi.
Primo, perché costituisce un insulto alle vittime della mafia alludendo,
sia pure con l’intenzione sarcastica che ti è usuale, a una sua presunta
maggiore bonarietà o minore nocività rispetto ad altri fenomeni. La mafia ha
ucciso politici, magistrati, membri delle forze dell’ordine, imprenditori,
sindacalisti, giornalisti, semplici cittadini. Ed ha ucciso perché
l’assassinio fa parte del suo modo di agire.
Secondo, perché oscura la circostanza che, in molte circostanze, mafia
e settori dei partiti sono stati una cosa sola, nel senso che, come
oramai acclarato sia dall’analisi degli storici che da numerosi accertamenti
operati in sede giudiziale la mafia si è sempre giovata e continua a giovarsi
di precise complicità politiche.
Terzo, perché la mafia, come pure gli analoghi fenomeni esistenti in altre
regioni, è forte finanziariamente e può giocare un ruolo di importanza
e pericolosità crescente nell’attuale contesto, grazie anche a
politiche sbagliate e complici condotte dal governo Berlusconi e non corrette
finora in modo adeguato da quello Monti.
Le recenti “rivelazioni” sul fatto che Berlusconi pagava i
mafiosi
“per stare tranquillo” confermano quanto già sapevamo da tempo e cioè che
esistono precise complicità di settori politici e imprenditoriali con la
mafia.
La stessa esistenza del governo Monti e la sua timidezza nei confronti del
“lascito” del precedente governo, per non parlare degli scandalosi voti con i
quali questo Parlamento delegittimato ha salvato dal carcere Cosentino, dimostra che non si potrà
eliminare la mafia fino a che si continueranno a fare accordi e compromessi con
chi a sua volta da sempre fa accordi e compromessi con la mafia.
Anche da questo punto di vista le tue esternazioni sono gravemente
sbagliate e controproducenti. E non mi pare possano essere minimizzate.
Oltretutto esse evidenziano, caro Beppe, tutti i limiti delle tue analisi.
Se a volte hai colto il bandolo della matassa denunciando determinati aspetti
del sistema ti sfugge tuttavia che
1. esistono ragioni profonde di classe dei fenomeni. Anche la mafia in
fondo è un fenomeno di classe, che non a caso fece il suo
esordio con il massacro dei contadini in lotta il primo maggio di Portella della Ginestra, esattamente sessantacinque
anni fa.
2.non tutti i partiti e i politici sono uguali. Alcuni
infatti, come Pio La Torre, Piersanti Mattarella e Peppino Impastato, sono stati assassinati dalla
mafia perché si opponevano ad essa in nome dei diritti dei cittadini e della
democrazia.
3. riappropriarsi dei beni della mafia e sconfiggerla rappresenta oggi
un’importante opportunità per il superamento dell’attuale crisi e il consolidamento
della democrazia. A tale scopo vanno appoggiate proposte come quella
su cui si è trovato ultimamente d’accordo Leoluca Orlando, unica candidatura seria a
sindaco di Palermo, di ottimizzare la gestione dei beni sottratti alla mafia.
Ma va intensificata anche la lotta contro la crescente presenza della
mafia e di organizzazioni analoghe nell’economia, travolgendo ogni complicità
con il fenomeno mafioso esistente a livello politico. A tal fine va rilanciato
il protagonismo delle popolazioni del Mezzogiorno, vittime sia della mafia che
delle attuali oligarchie partitocratiche.
Da un leader alternativo si aspetterebbero proposte del genere,
caro Beppe e non battute paradossali sulla mafia. Ma tu probabilmente devi
ancora decidere se vuoi diventare effettivamente tale o restare un comico. Basta
che ti decidi e che ce lo fai sapere…
Commento di Sergio Ghirardi:
Che la battuta sulla Mafia sia una solenne idiozia, sia
filosoficamente che strategicamente, mi pare evidente, oltre i distinguo sul
contesto del discorso che i sostenitori di Grillo, pur legittimamente, fanno.
Solo, però, chi vede in Grillo un profeta o un diavolo può dare a
un'esternazione marginale di un cittadino qualunque e senza ruoli istituzionali
l'importanza che i media e i politici corrotti gonfiano a posteriori per
calcolo interessato.
Così come il leit motif insensato di ripetere che Grillo
è come Berlusconi è un insulto all'unicità perversa del sultano di Arcore e ai
suoi rapporti con il business mafioso; ma è pur vero che a soffiare sul fuoco
di questa leggenda metropolitana sono i roditori volontari di una sinistra
burocratica in decomposizione che non ha mai smesso di fare la morale
all'elettorato potenziale mentre s'intrufolava sempre più nel potere politico
finanziarizzato diventato planetario dopo la caduta del muro di Berlino.
Resta il fatto che si sta facendo di Grillo un Giordano
Bruno in cui il comico potrebbe diventare tragico. L'Italia vaticanizzata ha un
bisogno sfrenato di Golgota e capri espiatori sempre nuovi.
Comico e tragico è un paese che si succhia in silenzio
per ventanni gli orrori fascisti prima di sputare sul cadavere di Mussolini; che
si divide tra chiesa cattolica e chiesa stalinista facendo per mezzo secolo di
due buffoni (Camillo e Peppone) il simbolo romantico di una dialettica politica
da schiavi. Per finire poi nella caricatura preventiva di svariati Cetto La
qualunque, figli adottivi della Brianza, uno dal pisello elettrico attira
escort, l'altro col cilicio da penitente in barca tra una comunione in dollari
e una liberazione dal peccato, un altro ancora che l'averlo sempre duro gli va
al cervello. Tutti questi potrebbero tranquillamente rivendicare i diritti
d'autore ad Albanese per plagio.
Da secoli, c'è del marcio in Danimarca e additare Grillo
è un'italianata da strapazzo. Lo dico con l'affetto di chi si sente
intrinsecamente italiano per molti aspetti quanto straniero per voluttà
internazionalista: come rinunciare alla cucina, agli affetti, alla musica, alla
creatività e alla sensibilità che hanno accompagnato la storia di un paese
disgraziato, culla di eterno cinismo e vampirizzato per secoli da predatori e
parassiti?
Dovunque e comunque una sola regola: nessun dialogo con
gli appestati, nessuna comunicazione con gli imbecilli in buona o malafede.