Il nucleare è la
follia che comprende tutte le deliranti follie nichiliste di un capitalismo
ormai deciso a sfidare la natura come da sempre ha sfidato quegli stessi uomini
che l’hanno inventato. Da società ingiusta la società produttivistica è
diventata una società folle che sega il
ramo su cui è seduta, nell’illusione di poter ridurre l’albero della natura a
suo schiavo redditizio.
La natura è ormai pacificamente
in rivolta e distruggerà coloro la cui “ubris”
sfida l’intelligenza sensibile e ogni buon senso. Ormai l’umanità ha una sola
scelta: salvarsi con la natura o morire con il capitalismo.
La traduzione che
segue mi pare esemplare e vale bene una riflessione.
Sergio
Ghirardi
La
leggenda Fukushima
TRIBUNA
di Cécile ASANUMA-BRICE ricercatrice associata al centro di ricerca della Casa
franco-giapponese di Tokio
Nei dibattiti sull’
energia e di fronte al cambiamento climatico, l’industria nucleare sembra
ancora fare la promozione della
sicurezza dei suoi servizi, dopo disastri umani come Chernobyl o Fukushima che
avrebbero dovuto bastare per mettere in evidenza il costo umano inaccettabile
del nucleare e per prevedere dei cambiamenti radicali, come è stato il caso in
certi paesi europei.
In questo contesto la
leggenda dei “zero morti” compiacentemente coltivata da certi scienziati, gioca
un ruolo strategico a ogni catastrofe e ormai l’intendiamo a proposito di
Fukushima; proprio quando le autorità e i cittadini dei paesi coinvolti devono
affrontare una recrudescenza della mortalità della popolazione.
Tre anni e mezzo dopo
l’incidente di Fukushima il numero di decessi legati all’esplosione della
centrale nucleare Tepco Daiichi di Fukushima non cessa di crescere. Secondo il
giornale Tokyo Shimbun, più di 1100
decessi sono rilevati l’undici settembre. La popolazione sempre più vecchia,
rialloggiata in locali “provvisori” è stata la prima colpita. Non essendole
stato accordato il diritto al rifugio, nonostante le raccomandazioni
dell’estensore del rapporto sui diritti dell’uomo dell’ONU, Anand Grover, in
seguito alla sua missione in Giappone della fine del 2012, nessun
accompagnamento finanziario permette di rialloggiare questi abitanti. Le loro
condizioni sanitarie si degradano progressivamente col passare del tempo,
mentre altri decidono di partire a loro spese di fronte all’instabilità ambientale
insopportabile al quotidiano. La caduta in una spirale di pauperizzazione tocca
una parte di loro, abbandonati alla depressione e all’alcolismo. Le città di
Namie (333 morti), Tomioka (250 morti), Futaba (113 morti) e Okuma (106 morti),
adiacenti alla centrale le cui perdite di acqua contaminata sono sempre fuori
controllo, contano in totale 802 morti, identificati ufficialmente come
conseguenti all’esplosione della centrale (55 sono stati registrati negli
ultimi sei mesi). Il giornale Fukushima
Minpo suonava l’allarme il 21 giugno, rapportando il discorso del ministero
degli Interni sul numero di suicidi in recrudescenza. La moltiplicazione del
numero di tumori della tiroide va egualmente presa in conto nel bilancio delle
conseguenze sanitarie dell’esplosione. Secondo la Commissione d’Inchiesta del
dipartimento di Fukushima, 104 bambini di meno di 18 anni, tra i 300000 del
campione considerato, sono stati diagnosticati come affetti da un tumore della
tiroide. I pareri degli epidemiologi all’interno e all’esterno del Giappone si
levano contro la posizione degli esperti della commissione dipartimentale di
Fukushima secondo la quale questi tumori non sarebbero conseguenza
dell’esplosione. Essi “giustificano” l’aumento del numero dei casi con il
perfezionamento degli utensili radiologici attuali.
Nella stessa logica
di un tentativo di riconforto morale degli abitanti e nella doppia prospettiva
di riaprire la zona d’evacuazione per
rialloggiarvi al più presto la popolazione e fare ripartire il programma
di due centrali nel 2014, il ministero dell’Ambiente sostiene, in un rapporto
del 17 agosto, che al di sotto di 100 msv/anno non esiste alcuna conseguenza
per la salute.
Il professor Tsuda
Toshihide dell’università d’Okayama, specializzato in epidemiologia, ha messo
in causa pubblicamente l’inchiesta dell’università medica di Fukushima,
affermando da un lato che il rapporto dell’OMS del 2013 notifica un aumento
presente e a venire del numero di tumori a Fukushima, dall’altro che la
posizione del governo giapponese che nega le conseguenze sanitarie al di qua
dei 100 msv è un’aberrazione scientifica. Il professor Keith Baverstock,
epidemiologo, antico membro dell’OMS, attacca, in una lettera aperta al
Comitato scientifico dell’ONU sulle conseguenze delle emissioni radioattive
(UNSCEAR), il rapporto 2013 dell’ UNSCEAR precisando che questo documento non è
apparso che tre anni dopo l’inchiesta sulla quale è basato in ragione dei
conflitti tra i membri che compongono la commissione. Uno di loro, il dottor
Wolfgang Weiss, si è opposto alla sua pubblicazione che si conclude con la
negazione di ogni aumento del numero di tumori in rapporto con l’esplosione.
Tuttavia questo rapporto non nega il fatto che l’incidente non è affatto
concluso poiché, secondo le stesse dichiarazioni di Tepco (in maggio), la
radioattività fuoriesce sempre dalla centrale nell’oceano Pacifico e nell’aria.
Di fronte ai dubbi
emessi dagli esperti sui rapporti ufficiali, altri, che emanano tuttavia dalle
stesse organizzazioni (OMS, IAEA, ICRP) tranciano al momento del terzo simposio degli esperti
internazionali a Fukushima, organizzato dalla fondazione Sasakawa e
dall’università Medica di Fukushima, l’otto e il nove settembre. Il titolo
annunciava il superamento delle discussioni epidemiologiche per toccare infine
le vette promettenti della resilienza e della ricostruzione. Per Abel Julio Gonzales,
che pur essendo membro dell’UNSCEAR occupa la funzione di membro della
commissione sulle norme di sicurezza della IAEA, è tutta questione di
comunicazione e si tratta prima di tutto di calmare le inquietudini “irragionevoli” delle popolazioni dovute,
secondo lui, al termine “contaminazione”
che riferendosi alla patologia fa pesare sull’irradiazione un’immagine
negativa. Idea ripresa da Emilie van Deventer (OMS) che propone l’integrazione
di workshops sull’irradiazione e sui suoi benefici comparabili a quelli del
sole, nella formazione dei bambini delle elementari. “Comunque vada - conclude - noi
dobbiamo vincere lòa scommessa del costo beneficio”.
Questi esperti tanto
certi del valore dei loro postulati psicologici sulle paure dell’opinione e sui
mezzi di manipolarle, non dovrebbero piuttosto interessarsi ai dati e
all’evidenza delle conseguenze in termini di salute pubblica che questa breve
constatazione della situazione ci ha permesso di mostrare?