Ma è così
strano indignarsi davanti allo scempio di una città e di una Regione
malgovernate da decenni che quasi ogni anno contano i morti e all’ipocrisia dei
responsabili che cementificano tutto e poi pontificano in tv col culetto
al caldo nei loro salotti? Davvero parlare di queste porcate chiamandole col
loro nome e chiedendone conto a chi le ha fatte è violazione del bon ton e
rifiuto del contraddittorio? Davvero è bestemmiare gli angeli invitare
uno spalatore diciassettenne a guardare il faccione sformato di chi l’ha
costretto e sempre lo costringerà a spalare, e a pretenderne spiegazioni
anziché farsene ipnotizzare? Non sarà che il problema è opposto a quello
agitato dalle suorine delle buone maniere e della linesotis delle presunte
regole, e cioè che nessuno ha mai detto in faccia a questi sepolcri imbiancati
(di calce) quel che si meritavano, aiutandoli a rimpinzarsi di voti e di soldi
a suon di grattacieli, palazzi-alveare, parcheggi, ipermercati, porti
turistici, dando fra l’altro un sacco di lavoro ai giudici e ai secondini? Se i
colpevoli sono tutti al potere, convertiti in tarda età al renzismo per
rottamare non si sa chi, è anche perché troppa gente si lascia abbindolare dai
diversivi retorici tipo “angeli del fango” che, intendiamoci, fanno
benissimo e vanno ringraziati, purché però non si prestino a distrarre
l’attenzione dai portatori del fango.
Quanto a me,
attendo che qualcuno mi dica un solo fatto non vero tra quelli che ho ricordato
giovedì. Ma temo che anche stavolta, come sempre dal Satyricon di Luttazzi
nel 2001, la domanda resterà inevasa. Molto più facile dipingere i fatti come
“insulti” e le critiche come “rissa”, anche se me ne sono andato proprio per
evitare di trascendere davvero negl’insulti e nella rissa. Restare calmi e
zitti in quella bolgia di bugie e ipocrisie è un’impresa che può riuscire ai
figuranti da talk show, marionette senza sangue che s’incazzano e si placano a
comando, poi vanno a farsi due spaghi insieme. Io, quando sento certe balle e
vedo certe facce, mi indigno per davvero, specie se ci sono morti che
chiedono giustizia. Chi insinua dissensi politici fra il conduttore
renziano e il collaboratore grillino, risentimenti per l’ora tarda, nervosismi
da share, gelosie da primedonne, mente per la gola. Qui la questione è un po’
più seria. Esiste ancora nel talk show uno spazio indipendente per il talk
inteso come racconto di fatti veri al riparo dallo show, cioè del
pollaio gabellato per “contraddittorio” e “ascolto” dove chi ha torto e mente
passa dalla parte della ragione e della verità solo perché se ne sta comodo a
cuccia, certo dell’impunità politica che gli consente di sgovernare da 30
anni, in una notte dove tutte le vacche sono nere? Prima di domandarsi se
il collaboratore fa la pace col conduttore e torna a bordo, andrebbe sciolto un
rebus: cosa rimane, del giornalismo come lo conosciamo tutti, nei talk show?
Resterebbe da
parlare del solito Merlo che, in perfetta simbiosi col mèchato di Libero,
mi accusa su Repubblica di essermi “illividito da maramaldo in
cattiverie biografiche contro Burlando”, anzi “il povero Burlando”, dopo
una vita di “tv dell’insulto” (ma quali? me ne dica uno) “senza
contraddittorio, senza risposte né domande, chiuso e protetto nel recinto del
monologo sprezzante”. Questo presunto giornalista di cui sfuggono le notizie e
soprattutto i lettori (quando Repubblica testava con sondaggi le sue
firme più lette, Merlo guadagnava sempre l’ultima posizione), questo finto frondeur
che si crede Sciascia e Brancati solo perché è nato in Sicilia orientale e
passa il tempo a intrecciare merletti barocchi senza mai prendere posizione, se
non per bastonare chi si oppone al sistema, non ha mai visto una puntata di Annozero
e Servizio Pubblico. Sennò saprebbe che in 8 anni ho risposto a migliaia
di domande e affrontato centinaia di contraddittorii, senza che nessuno
riuscisse a smentire una sola mia parola. Piuttosto, quando mai il Merlettaio
s’è sottoposto al contraddittorio? Perché non chiede al direttore di Repubblica
di affiancare ai suoi articoli una replica del primo che passa? Forse perché
già conosce la replica: “Ma chi è questo Merlo?”.
Commento di
Sergio Ghirardi:
Burlando non è la
croce rossa ma un tank che spara cemento e intasca crediti politici e
sussidiariamente economici. Travaglio è un riformista autentico che di fronte
al belare suddito del sistema del presentatore burocrate, gauchista sdentato e
servitore volontario della democrazia spettacolare, finisce per essere caricato
di una radicalità che non credo affatto egli ami. Tempi cupi quando la sola
risposta udibile di fronte al borbottio indecente del potere è quella
dell'onestà intellettuale di qualche raro uomo coraggiosamente intelligente e
moderato. Siamo al minimo storico di una società libera che libera lo è meno
che mai, tra corruzione e cinismo becero del potere. Difendere oggi Travaglio è
la conditio sine qua non per riaprire
un giorno gli spazi della critica a una vera radicalità che - è bene
sottolinearlo visto che circola costantemente la calunnia contraria che parla
di "radicalizzazione" per parlare dei fanatismi estremisti più
mostruosi - non ha nulla a che fare con l'estremismo mentre ha tutto da
spartire con un progetto di rovesciamento di prospettiva, con una vera
democrazia, con una società finalmente umana.