Ho appena ricevuto questo messaggio mail dall'amico Raoul e ve
l’ho semplicemente tradotto immediatamente nella sua interezza per contribuire
a un’informazione trasparente e necessaria su quel che accade nel mondo e che
riguarda tutti.
Sergio Ghirardi
A tutte e tutti,
Ho appena ricevuto le ultime notizie dal Cile. Desidero che
siano tradotte e diffuse da quanti prendono coscienza dell’importanza che
l’insurrezione cilena riveste per il mondo e in particolare per la Francia dove
la durata e la radicalità della resistenza sono ugualmente esemplari (noterete
en passant che il gilet jaune è in Cile l’uniforme dei collaboratori del regime
– ecco almeno un’esportazione riuscita da Macron).
La vita non rinuncia a niente. Non so se si stia costruendo
un’Internazionale del genere umano, ma tutto ciò le assomiglia.
Raoul Vaneigem
Caro amico,
Lo Stato-capitale si è ridotto
alla gestione sempre più repressiva della violenza e i suoi cani da guardia non
esitano a schiacciarci non appena cerchiamo di rompere il giogo della merce. Le
forze dell’ordine entrano sparando in scuole e ospedali, ci terrorizzano nelle
nostre case, ci fanno sparire, ci incarcerano, ci mutilano in strada. Il teatro
politico cerca la normalizzazione usando gli strumenti e i meccanismi della
democrazia. Alcuni giorni fa è stato convocato il Consiglio di Sicurezza
Nazionale che raggruppa i massimi rappresentanti della dittatura
burocratico-militare, per organizzare la repressione e annunciare una serie di
progetti di legge per criminalizzare la protesta.
Dall'inizio è stata una lotta
tenace contro la logica del mondo della merce in quanto tale. Gli studenti che
hanno acceso la prima scintilla dell’insurrezione rifiutandosi di pagare hanno
affermato la possibilità di una nuova forma di vita contro la barbarie
economica. Perciò questo sollevamento ha trovato rapidamente i suoi complici in
tutti i territori. Quel che accomuna gli insorti è la coscienza che la vita
sottomessa al dominio del denaro è materiale e spiritualmente miserabile e non
dovrebbe essere così.
Ora che la nostra energia
libidinale si è liberata – per un istante – della tirannia del lavoro
salariato, si trasforma in pura creatività e in festa per le strade! Lo si può
percepire in molte maniere. In diverse città, per esempio, alcuni si sono
incaricati del nobile sforzo di abbattere i monumenti dei repressori coloniali
e moderni mettendo in scena grandi atti di giustizia poetica come mettere la
testa di uno di loro in mano a una delle figure eroiche della resistenza
Mapuche oppure saccheggiare le chiese e costruire barricate con il loro
mobilio. Alcune strade e piazze sono state rinominate spontaneamente in memoria
degli eventi che abbiamo vissuto nelle ultime settimane (Piazza della Dignità,
18 Ottobre, ecc.). In tutte le strade c’è una festa spontanea in mezzo ai
lacrimogeni e alle pallottole, con un cucchiaio di legno e una pentola ammaccata
sono tutti musicisti! Tutti sanno quel che vogliono fare mostrando a quanti
hanno una tendenza da tecnocrati che nessuna autorità è necessaria per prendere
decisioni nel rispetto dell’organizzazione della vita. L’intelligenza e la
generosità scaturiscono dalla massa di chi è vivo.
Come affrontare il terrorismo di
Stato? I media dell’istupidimento di massa ripetono il messaggio dei politici e
degli esperti come un mantra: a qualunque costo bisogna ritornare alla pace. Di
che cosa parlano? Questa pace non era altro che la “coesistenza pacifica” delle
menzogne regnanti. Quale normalità quella che concentrava il massacro contro i
Mapuche nel sud del Cile, contro le popolazioni marginali delle città (La
Legua, Lo Hermida, ecc.), nei territori fortemente contaminati dal lucro
(Quintero, Puchuncavi, ecc.) o mantenuti a “bassa intensità” poiché la vita che
conducevamo ci uccideva a poco a poco con infarti, tumori maligni o
depressione. Oggi, invece, è saltato l’involucro delle relazioni sociali
capitaliste e vediamo emergere la violenza strutturale che esse generano. “Il
Cile si è svegliato” segnala il grido collettivo.
Nel grottesco estremo del mondo a
rovescia i politici attaccati al potere tentano di dividerci usando la vecchia
retorica moralista e colpevolizzante. Negli ultimi giorni si è sviluppata una
nuova forma di manifestazione sociale. La massa interrompe il traffico, gli
automobilisti devono scendere dall'’auto e ballare insieme alla gente se
vogliono poter passare. Nel pomeriggio di domenica un cittadino statunitense
trovatosi nel mezzo di una di queste manifestazioni ha scaricato la sua arma di
fronte a quanti protestavano pretendendo una “legittima difesa”. Da allora lo
Stato condanna questo tipo di manifestazione come una tortura psicologica.
Dicono che è una “pratica fascista”, “una forma di umiliazione per toglierti la
dignità e dirti che non sei il proprietario della tua vita, che noi la
controlliamo e ti diciamo quel che devi fare”. Che assurdo ridicolo! Per loro
questa forma d’incontro sociale è comparabile alla violenza dello sterminio
nazista perché la loro corazza neuronale impedisce qualunque spontaneità e, di fronte all’irruzione della vitalità, sperimentano per la prima volta il terribile
dolore del suo congelamento. Non possono giocare, tutto quel che riescono a
desiderare è che andiamo a leccar loro gli stivali nel silenzio della loro
assenza di vita. Sono questi i gilet jaunes che escono armati (mazze da
baseball, bastoni da golf e pistole), cantando l’inno nazionale e pregando per
difendere questo mondo che sta crollando mentre assicurano che la gente che
regala cibo e acqua durante la protesta è stata finanziata da fazioni della
sinistra internazionale. Poverini! Non hanno mai conosciuto la solidarietà
umana, per loro tutto si compra compresa l’empatia.
Anche se vogliono continuare a
succhiarci il sangue e che torniamo a lavorare, a isolarci, a vivere per
comprare, a tentar di canalizzare l’energia di questo sollevamento offrendoci
una nuova ripartizione delle miserie, la maschera del benessere sociale del
potere è caduta. Per la prima volta osserviamo collettivamente, senza paura, il
rostro grottesco del clientelismo politico, la natura violenta della
democrazia, il cinismo dei gestori della riorganizzazione sociale e il
terrorismo dello Stato mafioso e prendiamo atto del fatto che abbiamo una sola scelta:
liberarci della schiavitù volontaria e auto organizzare la produzione di tutti
gli aspetti della nostra vita sociale.
Sono più di venti giorni che dura
questo lavoro frutto di un parto collettivo. Siamo sempre svegli, più vivi che mai.
Ci hanno tolto tanto che abbiamo perso anche la paura. Con o senza convocazione
ufficiale la gente scende in piazza massivamente in varie città di tutto il
Cile. Sembra quasi che la lotta per la
vita si sia trasformata in una forma di vita.
La realtà dei nostri morti tende a farci riscoprire nuova vita in noi.