Claude Lefort, L’invention démocratique, Fayard, Paris
1994.
Qualche secolo di capitalismo ha permesso al produttivismo multi millenario d’instaurarsi come progetto globale definitivo dell’umanità disumanizzata. I re e i signori delle prime città-stato hanno lasciato il posto al coacervo di oligarchie finanziarie tutte infiltrate da un’insopportabile vocazione autoritaria ma suddivise secondo le situazioni in democrazie parlamentari o autocrazie totalitarie.
La truffa che le religioni hanno imposto agli umani per millenni indicando con un dito il cielo e impugnando nell’altra mano il bastone dello sfruttamento e del terrore, si è trasformata in un ben terrestre raggiro perpetuato dall’inganno ideologico chiamato economia politica. La modernità è consistita essenzialmente in questo, ma ha smesso ormai di essere moderna. Del resto, questo potere apparentemente materialista non ha mai smesso di essere una teologia e come in tutte le religioni, il suo clero ha lavorato alacremente per far credere ai dominati che il dominio che subivano era il loro bene più prezioso da difendere con le unghie, con i denti, poi con il portafoglio e infine con la carta di credito (e soprattutto sempre in ginocchio) contro tutti i diavoli predicatori di un’emancipazione bollata come diabolica. In cielo o in terra, gli dei e i loro apostoli non hanno mai smesso di giocare ai gendarmi dello Stato e del Mercato.
Oggi, tuttavia, mentre
lo spettacolo politico-sociale si sforza inutilmente di mostrare che tutto
continua come prima[1],
la realtà dei fatti continua a peggiorare visibilmente e uno sconcerto sempre
più inquieto s’insinua nel cuore e nelle teste degli spettatori e delle
comparse di una miserevole sopravvivenza in pericolo. Nel frattempo gli attori
principali dello spettacolo sociale recitano ormai nel vuoto, inascoltati e umanamente
impotenti, capaci solo di incarnare il potere con spot pubblicitari fuori tempo
e fuori luogo. La propaganda del sistema vigente continua, infatti, imperterrita,
come la pubblicità della merce sacralizzata che essa sottende. Il capitalismo verde è solo una fuga
in avanti nello sviluppo suicida del produttivismo. Del resto, siamo
tutti merce per la logica sistemica del dominio reale del Capitale sul lavoro forzato
degli esseri umani. Siamo il capitale umano. La pubblicità ti fa comprare lo yogurt
che lava più bianco come ti fa votare Meloni o Macron, concependo sempre nuove
merci ideologiche di sostituzione per rinnovare lo spettacolo del cambiamento e
garantire la continuità reale del dominio. Quando poi la nausea ti scuote le
viscere e non voti più, il voto degli altri decide per te. Tutto è programmato,
diretto, previsto come un funesto “incidente” nucleare catastrofico (Hiroshima ou Fukushima, quien sabe !),
statisticamente ineluttabile a forza di giocare cupidamente con l’energia
atomica.
Il popolo si è
abituato a non contare niente fino al momento in cui, come per magia –
in realtà per coscienza di specie –, finirà per
decidere di essere tutto. Se un tempo impugnava rapidamente i forconi per battersi
contro la gabella, oggi si piega, depresso, al destino, anche se gli levi gli
spaghetti dalla bocca raddoppiandone il prezzo. Il popolo addomesticato chiede
solo di poter continuare a ricevere il messaggio subliminale che questo è il
migliore dei mondi possibili, anzi l’unico possibile al di fuori della
catastrofe e dell’apocalisse. Sì, ma fino a quando?
Perché la
catastrofe e l’apocalisse si stagliano morbose sopra la civiltà produttivista.
Il formicaio è sconvolto, le formiche non rispondono più agli ordini. Non che
la lucidità imperi. I peggiori servitori volontari sono quelli che sbraitano immaginando
dei complotti per spiegare il marcio e la sua puzza diventata insopportabile.
Aggrappati al portatile che li controlla al lavoro, nel letto e persino nel
cesso (come direbbe il repellente diavoletto Putin), denunciano il complotto
degli “illuminati”, degli extraterrestri o altre malevole chimere come ai
primordi si temevano gli spiriti e i folletti e come, più tardi, per secoli, la
borghesia ha denunciato i misfatti di un comunismo mai esistito. In realtà, i
misfatti c’erano davvero e ci sono ancora, sia chiaro, e la nomenclatura pseudo
sovietica si è mostrata altrettanto cinica e assassina che la borghesia
cristiana moderna, coloniale e industriale. Dei sedicenti comunisti corazzati
di fascismo caratteriale hanno effettivamente imitato e forse superato la
mostruosità prefascista dell’inquisizione cattolica, ma quelli che li
denunciavano in nome del mondo libero e democratico erano, e sono ancora, più
che mai, i servitori volontari o i kapò di quella società mercantile
spettacolare che, dopo aver sterminato, bruciato e sgozzato dovunque popoli
interi nel sacro nome del produttivismo predatore e bigotto, sta oggi distruggendo
democraticamente la vita stessa della specie.
Opporre stalinisti
e fascisti di altro tipo è una spettacolare trappola binaria funzionale alla
società di classe morente; un inganno devastatore il cui effetto è oggi passato
dalla tragedia alla farsa, per esempio con i provax e i no-vax[2]. L’importante per il
potere reale è spingere sempre gli schiavi alla batracomiomachia[3] per distoglierli dall’idea
di un incendio del ghetto globale. Non nego affatto l’esigenza concreta e
inevitabile per ognuno, di fronte alla realtà pandemica, di scegliere tra i
rischi del vaccinarsi e i pericoli del virus. Ognuno si è inevitabilmente
confrontato alla propria paura e ignoranza, con il proprio principio di
precauzione. Dall’ipocondriaco al mistico, le patologie si scontrano, si
mescolano e si moltiplicano, ma la peggiore di tutte, la più devastatrice, è
quella che spinge a scaricare le proprie paure soggettive sull’altro senza
riconoscerle come proprie, delirando qui sugli untori[4]
che non si vaccinano, là sui milioni di morti causati dalla puntura vaccinale.
Tutto questo mi sconforta,
mi è insopportabile perché è il segno che l’essere umano più è disumanizzato
più è mistico; più rinuncia a vivere non capendoci nulla più dà lezioni di vita
e vuole imporre la sua verità sacra e sovrumana, mentre nulla è sacro, tutto
deve potersi dire ed essere scelto senza mai essere imposto agli altri con il
sopruso e la forza.
Per questo il pass
sanitario obbligatorio è un crimine contro l’umanità quanto l’incendio dei
luoghi di vaccinazione; delirare sulla pericolosità dei non vaccinati è una
stupida menzogna dal sapore razzista altrettanto che la denuncia dell’inoculazione
di agenti di controllo attraverso il vaccino è una paranoia delirante. Non che i
manipolatori della servitù volontaria siano insospettabili di tali azioni, figuriamoci,
ma pur supponendo che ne avessero la capacità, non ne hanno bisogno. L’universo
virtuale è già un campo di concentramento planetario dove il lavoro sulla
tastiera rende liberi e il telefono portatile liberamente consentito è una
stella di Davide dissimulata nella tasca di prigionieri che si credono liberi.
Non ho niente
contro l’uso del telefono, intendiamoci. Non sono un primitivista, non aderisco
a quest’ennesima tribù di mistici cugini di uno spirito sospettoso ma non
libero; tuttavia non amo neppure i credenti del consumismo spettacolare la cui
croce è il portatile. Mi ribello a un’alienazione introiettata in cui il
rapporto tra l’umano e l’utensile è rovesciato dal feticismo della merce al
punto che il selfie ha sostituito l’erotismo alienato e artificiale dell’immagine
fissata all’erotismo affettuoso vissuto nell’abbracciarsi. A proposito della
fobia autistica così veicolata, preciso, in questi tempi di crescente
conflittualità di genere, che mi riferisco a un abbraccio libero, consentito e
desiderato da donne e uomini dalla sensibilità gilanica[5], non suprematista, né patriarcale,
né produttivista.
In questo quadro
indigente la novità che non sfugge alla maggior parte dei dominati è che il
meccanismo su cui si fonda la civiltà produttivista si è inceppato e non
funziona praticamente più. La proletarizzazione crescente dell’essere umano,
intrinseca al funzionamento del capitale, si traduce ormai direttamente nella
distruzione della vita sociale nella sua integralità. Se fino a ieri era
possibile bombardare le coscienze con l’ideologia del progresso collettivo nascondendo
e banalizzando le ingiustizie sociali per molti e i privilegi per pochi, la
carota rinsecchita della ricchezza immaginaria a venire non giustifica più la
povertà reale per quelli che ne sono e ne saranno sempre più le vittime. Intere
popolazioni sopravvivono già negli stenti, lavorando incessantemente, mentre
una ricchezza monetaria smisurata si accumula in paradisi fiscali garantiti
dagli inferni produttivisti in cui si sfruttano gli umani.
Perché mai
lavorare per una povertà non più soltanto economica ma vitale? Il sistema che
continua ad ammalare e uccidere i suoi schiavi non garantisce più neppure le
cure né le sepolture. Lo spettacolo macabro dei cadaveri di malati accumulati
intorno agli ospedali di Bergamo all’inizio della pandemia di Covid è un
esempio patente tra i tanti di una tragedia che sconvolge il mondo intero da
anni e che è destinata a ripetersi.
Mentre alcuni
cercavano le origini del prevedibile ma inatteso misfatto pandemico tra Wuhan,
il pangolino e il presunto complotto della mafia farmaceutica, il capitalismo
planetario ha continuato imperterrito, a Wuhan e nel resto del mondo, il suo
processo globalmente mafioso di artificializzazione del vivente (di cui la
vaccinazione fa parte come ogni elemento manipolabile, utile o inutile che sia).
Nel business planetario c’è posto per tutti, compresi quelli che denunciano la
cospirazione deviando la rabbia e soprattutto le critiche del capitalismo verso
i vespasiani ideologici del complottismo.
Lo spettacolo
integrato si nutre di fascisti rossi cinesi, oligarchie russe, americane, tedesche,
parigine, siciliane o di altrove, dei Bolsonaro, dei trumpisti e delle masse di
democratici virginali di un mondo globalizzato in cui il lavoro rende liberi
senza nemmeno bisogno di scriverlo all’ingresso del carcere quotidiano. Tutti
questi macabri utili idioti perpetuano, con un’accentuazione costante,
l’espropriazione dell’umano, strutturale per il capitalismo. Nessuna cospirazione
è alle radici della mostruosità, ma la coerente avanzata del dominio della
merce sull’essere umano. Nessuna morale rivoluzionaria ci salverà. Soltanto
l’autogestione generalizzata delle nostre vite in nome della volontà di vivere
e dell’aiuto reciproco potrà salvare i sopravvissuti di una specie in pericolo,
sottraendoli alla civiltà produttivista e al capitalismo che ne è la soluzione
finale.
Il fatto che un
po’ dappertutto un numero importante di persone abbia cominciato a rifiutare il
lavoro in seguito al trauma della pandemia planetaria non è ancora preso in
considerazione in tutta la sua importanza. Si tratta di abbandonare in
qualunque modo praticabile e vivibile questo mondo in rovina. È questione d’identificare
in ogni luogo le zone da difendere e quelle da abbandonare al nemico che avanza
senza neppure preoccuparsi di dissimulare la sua tendenza mortifera. Il solo
diritto che il potere ci concede, sempre e comunque, è lavorare per produrre
valore, sempre più sfruttati, ristretti, artificializzati. Produrre, consumare
e produrre ancora per consumare di nuovo, senza altro godimento che la
sopravvivenza, nonostante il pianeta che langue, nonostante la distruzione del
vivente che continuiamo a operare, nonostante il peggio che ci attende dopo il
male che ci ha colpito. La logica concentrazionaria non ha più gran bisogno di
lager, gli schermi sono sufficienti.
Guardateli i
nostri dirigenti continuare ad adorare la crescita economica come una
prostituta che li eccita, dopo aver detto e ripetuto che essa è la causa di
tutti i mali. Vestiti di verde con i piedi nel petrolio, le mani nei pesticidi e
la testa nel nucleare, continuano a teorizzare la crescita economica imponendo
al contempo ai popoli una decrescita forzata. Il potere è ormai schizofrenico.
Peggio che cattivo, è folle. Non lo riguardano le nostre morti, le nostre
sofferenze, le nostre malattie se non per comporre dei necrologi ipocritamente
umanisti. Esse non hanno importanza purché i sopravvissuti continuino a
produrre valore. Solo importa l’istante presente per un capitalismo cocainomane
in cui il plusvalore che cresce è tutta la storia che conta per i decisionisti
della preistoria contemporanea.
Qualcosa però, ha
rotto l’incantesimo che riduce l’umano a cavie manipolate. Non la pandemia, ma
la distruzione dell’umano che il sistema ha prodotto durante la pandemia è
stata un sintomo molto sentito del fallimento finale di una civiltà tutta
intera, marcando un punto cruciale del nostro presente. Molti individui hanno
cominciato a percepirlo e capirlo. I più pazzi al potere, invece, non si
accorgono di niente e continuano il loro lavoro di vampiri dell’umano. I
servitori più volontari del capitalismo finanziario hanno addirittura deciso di
dichiarare esplicitamente la nostra schiavitù come un bene comune condivisibile
Oggi stesso la
Francia e il suo ancien regime
postmoderno si spingono fino a imporre, senza la minima dissimulazione, il
dovere di lavorare ancora di più per continuare ad arricchire un paese formale
i cui cittadini reali s’impoveriscono fino alla fame, così come la maggior
parte dei cittadini di un mondo in istanza di fallimento. I maggiordomi del
capitalismo finanziario sono talmente deliranti che non tengono il minimo conto
del fatto che la gente si vede morire di malattie e di stenti, di guerre e di calore,
di penuria d’acqua e di fame. Di quale civiltà ci parlano? A quale vita si
riferiscono? Nessun dialogo è ormai possibile, concepibile con questi zombi
virtuali.
Non c’è dubbio che
la Francia sia stata spesso all’avanguardia del meglio e del peggio. Tuttavia,
dovunque nel mondo, la retorica provocatrice del capitalismo ci esorta ora a
soffrire e morire per una patria produttivista che non è mai esistita se non
ideologicamente e che oggi è sparita dai radar della sopravvivenza. Siamo alla
fine di una civiltà planetaria moribonda. Abbiamo da salvare ovunque le nostre
vite umane reali, difendere i nostri spazi ancora vitali con l’aiuto reciproco et
la solidarietà di esseri umani senza soldi, senza dio e senz’altra patria che
il mondo intero strettamente connesso al cortile della propria comunità locale
in cui si pratica la vita quotidiana.
La famiglia umana
tornerà probabilmente di nuovo, come alle origini, a riconoscersi in piccoli
gruppi che difendono la propria zona di vita sopravvissuta al crollo sistemico,
ma quest’apparente regressione sarà ricca di una novità rivoluzionaria che
mancava alle prime comunità umane della preistoria. L’animale primitivo da cui
è scaturito l’umano diffida da sempre della concentrazione del potere in poche
o uniche mani ma gli mancava l’esperienza fallimentare del produttivismo e dei
suoi opportunismi suprematisti pericolosamente seducenti e ingannevoli. Gli
mancava la coscienza a venire della sua hubris mortifera. Ora ne subisce i
danni nel suo quotidiano e la vede su tutti gli schermi. Contro la legge del
più forte nella predazione economica, la coscienza storica attuale ci insegna
tragicamente ma chiaramente che l’umanità è la stessa su tutto il pianeta e che
i suoi membri possono darsi un aiuto reciproco per vivere umanamente coltivando
un’etica gaudente per sé e per gli altri, mentre il potere sta morendo facendo
morire.
Questa
coscienza di specie emergente è legata al fallimento ormai visibile del
produttivismo. Scegliere l’umano rifiutando il conflitto suprematista che ha gettato
l’umanità sugli scogli in cui la barca della sua civiltà sta affondando, può
sembrare un impossibile ritorno indietro mentre è invece il riemergere di un
vero progresso gilanico che l’umanità ha rimosso per millenni sotto il peso
opprimente della peste produttivista e patriarcale. Di fronte al peggio che si
profila solo il meglio è pensabile e auspicabile: l’autogestione acratica di
una vita quotidiana che rispetti se stessi, i propri simili, la natura, il
vivente e le gioie condivisibili dell’esistenza.
Sergio Ghirardi
Sauvageon, 7 marzo 2023
[1]
Ciò nonostante
la guerra posthiroshima in Europa e
nel mondo, la crisi climatica planetaria, le pandemie a ripetizione e il
deperimento catastrofico della biosfera, per limitarsi all’essenziale del
macrosociale, senza scordare gli effetti non meno importanti nel micro sociale.
[2]
Nello psicodramma collettivo della peste emozionale mescolata a
quella virale, la puntura anticovid ha avuto il ruolo delicato e centrale di pharmakos (dal greco antico φαρμακός)
che è trasversale a tre significati distinti: rimedio, veleno e capro
espiatorio. Il primo e il secondo senso si riferiscono al senso quotidiano
della farmacologia, il terzo senso si riferisce al rito del sacrificio umano. “Il pharmakos rappresenta il male, il male
introiettato e proiettato. Benefico in quanto guarisce – e quindi venerato,
circondato da cure – nocivo in quanto incarna le potenze del male – e quindi
temuto, circondato da precauzioni. Angosciante e tranquillizzante. Sacro e
maledetto”. (Jacques Derrida, La
dissémination, Seuil, Paris 1995, P. 166/67). Rileggendo oggi questa
citazione, che cosa viene in mente? Nella tragedia pandemica, il vaccino è
apparso contemporaneamente come salvatore e come male assoluto. Pur se al
prezzo di danni collaterali più o meno importanti e difficilmente valutabili, ha
ridotto i rischi gravi per i più deboli, consolidando, però, il potere
dominante in preda alle sue contraddizioni visibili e all'impasse
insormontabile della sua alienazione produttivista. Arricchendo oscenamente i
felici capitalisti che ne detengono il copyright, è stato frettolosamente
commercializzato e bollato dell’anatema di omicida cannibalistico o diabolico veleno
dai suoi detrattori mistici alla ricerca ossessiva di un capro espiatorio di
sostituzione del dominio reale del capitale sull'uomo al lavoro, schiavo
spettacolare che ignora la sua condizione ma non ne può più.
[3]
Termine parodistico greco per l’epopea comica della battaglia tra rane e topi.
[4] Nella storia
della peste a Milano di Alessandro Manzoni gli untori sono gli individui accusati dalla folla di diffondere la
peste.
[5] Vedi il ricco lavoro di ricerca archeologica e gli
studi di Marija Gimbutas sulla civiltà gilanica (società dell’Europa antica e
di altrove strutturate attorno al femminile in cui la donna era libera senza
matriarcato né strutturali conflitti di genere).
Pensée sauvage et nouveau désordre mondial
« Le propre du
pouvoir en démocratie est de laisser symboliquement vide la place du pouvoir ».
Claude Lefort, L’invention
démocratique, Fayard, Paris 1994.
Quelques siècles de capitalisme ont permis
au productivisme multimillénaire de s'imposer comme le projet global définitif
de l'humanité déshumanisée. Les rois et les seigneurs des premières cités-États ont cédé la
place à l'amalgame d'oligarchies financières, toutes infiltrées par une
insoutenable vocation autoritaire, mais partagées, selon les situations, en
démocraties parlementaires ou en autocraties totalitaires.
L'escroquerie que les religions ont imposée aux humains pendant
des millénaires en pointant un doigt vers le ciel et en tenant le bâton de
l'exploitation et de la terreur dans l'autre main, s'est transformée en une arnaque
bien terrestre perpétuée par la fumisterie idéologique qu’on dénomme économie
politique. La modernité consistait essentiellement en cela, mais elle a
maintenant cessé d'être moderne. D’ailleurs, ce pouvoir apparemment
matérialiste n'a jamais cessé d'être une théologie et comme dans toutes les
religions, son clergé a travaillé avec acharnement pour faire croire aux
dominés que la domination qu'ils subissaient était leur bien le plus précieux à
défendre avec les griffes, avec les dents, puis avec le portefeuille et enfin avec
la carte bleue (et surtout toujours à genoux) contre tous les démons prêcheurs
d'une émancipation stigmatisée comme diabolique. Au ciel ou sur terre, les
dieux et leurs apôtres n'ont jamais cessé de jouer aux gendarmes de l'État et
du Marché.
Aujourd'hui pourtant, alors que le
spectacle sociopolitique cherche en vain de montrer que tout continue comme
avant[1], la réalité ne
cesse de s'aggraver à vue d'œil et un désarroi de plus en plus troublé
s'insinue dans les cœurs et les esprits des spectateurs et des figurants d'une
misérable survie en péril. Pendant ce temps, les principaux acteurs du
spectacle social jouent désormais dans le vide, inécoutés et humainement
impuissants, capables seulement d'incarner le pouvoir dans des spots publicitaires
hors du temps et hors de sens. En fait, la propagande du système établi se
poursuit sans relâche, comme la publicité de la marchandise sacralisée qu'elle
sous-tend. Le capitalisme vert n'est qu'une fuite en avant dans le
développement suicidaire du productivisme. Après tout, nous sommes tous des
marchandises pour la logique systémique de la domination réelle du Capital sur
le travail forcé des humains. Nous sommes le capital humain. La publicité vous
fait acheter le yaourt qui lave plus blanc de même qu’elle vous pousse à voter Meloni
ou Macron, concevant sans arrêt des nouvelles marchandises idéologiques de
remplacement pour renouveler le spectacle du changement et garantir la continuité
réelle de la domination. Quand enfin la nausée secoue vos entrailles et que
vous ne votez plus, le vote des autres décide pour vous. Tout est programmé,
dirigé, prévu comme un néfaste « accident » nucléaire catastrophique (Hiroshima
ou Fukushima, quien sabe !),
statistiquement inéluctable à force de jouer avidement avec l'énergie atomique.
Le peuple s’est habitué à compter pour rien
et continuera à s’y résoudre jusqu'au moment où, comme par magie – en fait par
conscience d'espèce –, il finira par décider d’être tout. Si
auparavant il s'emparait rapidement des fourches pour lutter contre la gabelle,
aujourd'hui, déprimé, il se plie à son destin même si on lui retire les
spaghettis de la bouche en en doublant le prix. Le peuple domestiqué ne demande
qu'à pouvoir continuer à recevoir le message subliminal que nous sommes dans le
meilleur des mondes possibles, voire dans le seul possible en dehors de la
catastrophe et de l'apocalypse. Soit, mais jusqu'à quand ?
Car la catastrophe et l'apocalypse
s’approchent et planent, morbides, sur la civilisation productiviste. La
fourmilière est chamboulée, les fourmis ne répondent plus aux ordres. Non que
la lucidité règne. Les pires serviteurs volontaires sont ceux qui rouspètent en
imaginant des complots pour expliquer la pourriture et sa puanteur devenue intolérable.
Accrochés à l'ordinateur portable qui les surveille au travail, au lit et même dans
les chiottes (comme dirait le repoussant petit diable Poutine), ils dénoncent
le complot des "illuminati", des extraterrestres ou autres chimères
malveillantes, tout comme les génies et les lutins étaient redoutés aux temps
anciens et comme, plus tard, pendant des siècles, la bourgeoisie a dénoncé les
crimes d'un communisme qui n'a jamais existé. Les méfaits, eux, ont vraiment
existé et existent toujours, soyons clairs, et la nomenclature pseudo-soviétique
s'est révélée tout aussi cynique et meurtrière que la bourgeoisie chrétienne moderne,
coloniale et industrielle. Les soi-disant communistes cuirassés par un caractère
fascisant ont effectivement imité et peut-être devancé la monstruosité préfasciste
de l'inquisition catholique mais ceux qui les ont dénoncés au nom du monde
libre et démocratique ont été, et sont encore, plus que jamais, les serviteurs
volontaires ou les kapos d’une société marchande spectaculaire qui, après avoir
exterminé, brûlé et égorgé partout des populations entières au nom sacré du
productivisme prédateur et bigot, détruit aujourd'hui démocratiquement la vie
même de l'espèce.
Opposer les staliniens aux fascistes d'un
autre type est un piège binaire, spectaculaire fonctionnel à la société de
classe mourante ; une tromperie dévastatrice dont l'effet est passé
aujourd'hui de la tragédie à la farce, par exemple avec les provax et les
no-vax[2]. L'important pour
le pouvoir réel est toujours de pousser les esclaves à la batrachomyomachie[3] plutôt qu'à
l'incendie du ghetto mondial. Je ne nie pas du tout la nécessité concrète et
inévitable pour chacun, face à la réalité pandémique, de choisir entre les risques
de la vaccination et les dangers du virus. Chacun a inévitablement été
confronté à sa propre peur et sa propre ignorance,
avec son propre principe de précaution. De l'hypocondriaque au mystique, les
pathologies se télescopent, s’emmêlent et se multiplient, mais la pire de
toutes, la plus dévastatrice, est celle qui pousse à décharger ses peurs
subjectives sur l'autre sans les reconnaître en tant que siennes, délirant ici
sur les « untori »[4] qui refusent de se
faire vacciner, là sur les millions de morts dus à la piqûre vaccinale.
Tout cela me rebute, m'est insupportable
car c'est le signe que plus l'être humain est déshumanisé, plus il est mystique ;
plus il renonce à vivre sans rien y comprendre plus il donne des leçons de vie
et veut imposer sa vérité sacrée et surhumaine, alors que rien n'est sacré,
tout doit pouvoir se dire et se choisir sans jamais être imposé aux autres par
la violence et la force.
En vertu de quoi, le pass sanitaire
obligatoire est un crime contre l'humanité au même titre que l'incendie de
lieux de vaccination ; délirer sur la dangerosité des non-vaccinés est un
mensonge stupide aux relents racistes autant
que la dénonciation de l'inoculation d’agents de contrôle par le vaccin est une
paranoïa délirante. Non que les manipulateurs de la servitude volontaire soient
insoupçonnables de procédés de ce genre, loin de là, mais à supposer qu’ils en
aient la capacité, ils n'en ont pas besoin. L’univers virtuel est déjà un camp
de concentration planétaire où le travail au clavier rend libre et où le
téléphone portable librement autorisé est une étoile de David déguisée dans la poche
de prisonniers qui se croient libres.
Je n'ai rien contre l'utilisation du
téléphone, entendons-nous. Je ne suis pas primitiviste, je n'appartiens pas à cette
énième tribu de cousins mystiques d'un esprit méfiant mais pas libre ;
toutefois je n’aime pas non plus les croyants en la consommation spectaculaire dont
le crucifix est le portable. Je m'insurge contre une aliénation intériorisée où
la relation entre l'humain et l'outil est renversée par le fétichisme de la
marchandise au point que le selfie a
remplacé l'érotisme affectueux vécu dans l'étreinte par l'érotisme aliéné et
artificiel de l'image figée. Concernant la phobie autistique ainsi véhiculée, je
précise, en ces temps de conflits de genre croissants, que je fais référence à
une étreinte libre, consentie et désirée par des femmes et des hommes ayant une
sensibilité gylanique[5], non suprématiste,
ni patriarcale, ni productiviste.
Dans ce tableau indigent, la nouveauté qui
n'échappe pas à la majorité des dominés est que le mécanisme sur lequel repose la
civilisation productiviste est bloqué et ne fonctionne pratiquement plus. La
prolétarisation croissante de l'être humain, intrinsèque au fonctionnement du
capital, se traduit désormais directement par la destruction de la vie sociale
dans son intégralité. Si jusqu'à hier, il était possible de bombarder les
consciences avec l'idéologie du progrès collectif en masquant et en banalisant
les injustices sociales pour le plus grand nombre et les privilèges pour un
petit nombre, la carotte flétrie de la richesse imaginaire à venir ne justifie
plus la pauvreté réelle pour ceux qui en sont et en seront de plus en plus les
victimes. Des populations entières survivent déjà dans la misère, travaillant
sans relâche, tandis que des richesses monétaires démesurées s'accumulent dans
des paradis fiscaux garantis par des enfers productivistes où l'humain est
exploité.
Pourquoi travailler pour une pauvreté qui
n'est plus seulement économique mais vitale aussi ? Le système qui
continue de rendre malades et de tuer ses esclaves ne garantit même plus les
soins ni les enterrements. Le spectacle macabre des cadavres de patients
accumulés autour des hôpitaux de Bergame au début de la pandémie de Covid est un
exemple frappant parmi d'autres d'une tragédie qui choque le monde entier
depuis des années et qui est destinée à se répéter.
Alors que certains cherchaient les sources
du méfait pandémique, prévisible mais inattendu, entre Wuhan, le pangolin et le
prétendu complot de la mafia pharmaceutique, le capitalisme planétaire a continué
imperturbablement, à Wuhan et dans le reste du monde, son processus globalement
mafieux d’artificialisation du vivant (dont la vaccination fait partie comme
toute donnée manipulable, qu’elle soit utile ou inutile). Dans le business planétaire
il y a de la place pour tout le monde, y compris pour ceux qui dénoncent la
conspiration en détournant la colère et surtout les critiques du capitalisme
vers les toilettes idéologiques publiques du complotisme.
Le spectacle intégré se nourrit des
fascistes rouges chinois, des oligarchies russes, américaines, allemandes,
parisiennes, siciliennes ou d’ailleurs, des Bolsonaro, des trumpistes autant
que des masses de démocrates virginaux d'un monde globalisé dans lequel le
travail rend libre sans même qu’il faille l'écrire à l'entrée de la prison
quotidienne. Tous ces macabres idiots utiles perpétuent, avec une accentuation
constante, l'expropriation de l'humain structurelle au capitalisme. Aucune
conspiration n'est à l'origine de la monstruosité, mais l'avancée cohérente de
la domination de la marchandise sur l'être humain. Aucune morale
révolutionnaire ne nous sauvera. Seule l'autogestion généralisée de nos vies au
nom de la volonté de vivre et de l'entraide pourra sauver les survivants d’une
espèce en danger, en les soustrayant à la civilisation productiviste et au
capitalisme qui est sa solution finale.
Le fait qu'un nombre important de personnes
refuse un peu partout de travailler suite au traumatisme de la pandémie
planétaire n'est pas encore mesuré dans toute son importance. Il s'agit
d'abandonner ce monde en ruine par toutes les manières praticables et vivables.
Il est question d'identifier partout les zones à défendre et celles à
abandonner à l'ennemi qui avance sans même se soucier de dissimuler son
penchant mortifère. Le seul droit que le pouvoir nous consente, toujours et en
tout cas, c'est de travailler à produire de la valeur, de plus en plus
exploités, rétrécis, artificialisés. Produire, consommer et produire encore pour
consommer à nouveau, sans autre plaisir que de survivre, malgré la planète dépérissante,
malgré la destruction du vivant que nous continuons à causer, malgré le pire
qui nous attend après le mal qui nous a frappés. La logique concentrationnaire
n'a plus trop besoin de camps de concentration, les écrans suffisent.
Regardez-les nos dirigeants continuer à chérir
la croissance économique comme une prostituée qui les excite, après avoir dit et répété qu'elle est la
cause de tous les malheurs. Vêtus de vert avec les pieds dans le pétrole, les
mains dans les pesticides et la tête dans le nucléaire, ils continuent à théoriser
la croissance économique tout en imposant aux peuples une décroissance forcée. Le
pouvoir est désormais schizophrène. Pire que méchant, il est fou. Il ne se
soucie de nos morts, de nos souffrances, de nos maladies que pour composer des
nécrologes hypocritement humanistes. Elles n’ont pas d’importance pourvu que
les survivants continuent à produire de la valeur. Seul l'instant présent
compte dans un capitalisme cocaïnomane où la plus-value qui s'accroît est toute
l'histoire qui intéresse les décideurs de la préhistoire contemporaine.
Cependant, quelque chose a interrompu le conditionnement
qui réduit les humains à des cobayes manipulés. Non pas la pandémie, mais la
destruction de l'humain que le système a produite pendant la pandémie a été un
symptôme fortement ressenti de l'échec final d'une civilisation entière,
marquant un point crucial de notre présent. De nombreuses personnes ont
commencé à ressentir et comprendre cela. Les plus fous au pouvoir, en revanche,
ne s'aperçoivent de rien et continuent leur travail de vampires de l'humain.
Les serviteurs les plus consentants du capitalisme financier ont même décidé de
déclarer explicitement notre esclavage comme un bien commun partageable.
Aujourd’hui même, la France et son ancien régime postmoderne vont jusqu'à
imposer, sans la moindre dissimulation, le devoir de travailler encore plus pour
continuer à enrichir un pays formel dont les citoyens réels sont appauvris jusqu’à
la faim, comme la plupart des citoyens d'un monde en faillite. Les majordomes
du capitalisme financier sont tellement délirants qu'ils ne tiennent pas compte
le moins du monde du fait que les gens se voient mourir de maladie et de misère,
de guerre et de chaleur, de pénurie d’eau et de faim. De quelle civilisation
parle-t-on ? À quelle vie font-ils référence ? Aucun dialogue n'est
désormais possible, concevable avec ces zombies virtuels.²
Il ne fait aucun doute que la France a souvent
été à la pointe du meilleur et du pire. Pourtant, partout dans le monde, la rhétorique
provocatrice du capitalisme nous exhorte désormais à souffrir et mourir pour
une patrie productiviste qui n'a jamais existé qu'idéologiquement et qui
aujourd'hui a disparu du radar de la survie. Nous sommes à la fin d'une
civilisation planétaire moribonde. Partout, nous devons sauver nos vraies vies
humaines, défendre nos espaces encore vitaux par l'entraide et la solidarité des
êtres humains sans argent, sans Dieu et sans autre patrie que le monde entier en
liaison étroite avec l’arrière-cour de sa propre communauté locale où se
pratique la vie quotidienne.
La famille humaine en reviendra probablement,
comme à ses origines, à se reconnaître en petits groupes défendant leur propre zone
de vie rescapée de l’effondrement systémique, mais cette apparente régression sera
riche d'une nouveauté révolutionnaire qui manquait aux premières communautés
humaines de la préhistoire. L'animal primitif dont sont issus les humains s’est
toujours méfié de la concentration du pouvoir entre quelques mains ou en un
seul individu, mais il lui manquait l'expérience ratée du productivisme et de
son opportunisme suprématiste, dangereusement séduisant et trompeur. Il lui
manquait la conscience à venir de son hybris mortifère. Désormais il en subit
les dégâts dans son quotidien et la voit sur tous les écrans. Contre la loi du
plus fort dans la prédation économique, la conscience historique actuelle nous
apprend tragiquement mais clairement que l’humanité est la même sur toute la
planète et que ses membres peuvent s’entraider pour vivre humainement en
cultivant une éthique jouissive pour eux-mêmes et pour les autres, alors que le
pouvoir se meurt en faisant mourir.
Cette conscience d'espèce émergente est
liée à l'échec désormais visible du productivisme. Choisir l'humain en rejetant
le conflit suprématiste qui a projeté l'humanité sur les récifs où coule la
barque de sa civilisation peut apparaître comme un impossible retour en arrière,
alors que c'est la réémergence d’un véritable progrès gylanique que l'humanité a
refoulé pendant des millénaires sous le poids oppressant de la peste
productiviste et patriarcale. Face au pire qui se dessine, seul le meilleur est
concevable et souhaitable : l'autogestion acratique d'une vie quotidienne
respectueuse de soi, de ses semblables, de la nature, du vivant et des joies
partageables de l'existence.
Sergio Ghirardi Sauvageon, le 7 mars 2023
[1] Ceci malgré la guerre post
Hiroshima en Europe et dans le monde, la crise climatique planétaire, les
pandémies à répétition et la dégradation catastrophique de la biosphère, pour ne
citer que l'essentiel du macro social, sans oublier les effets non moins
importante dans le microsocial.
[2] Dans le psychodrame collectif de la
peste émotionnelle et de la peste virale mélangées, la piqûre antiCovid a eu le
rôle délicat et capital de pharmakos
(du grec ancien φαρμακός) qui revêt trois sens distincts : remède, poison et bouc
émissaire. Les premier et deuxième sens font référence au sens quotidien de la
pharmacologie, le troisième sens concerne le rituel de sacrifice humain.
« Le pharmakos représente le mal, le
mal introjecté et projeté. Bienfaisant en tant qu’il guérit – et par là vénéré
entouré de soins – malfaisant en tant qu’il incarne les puissances du mal – et
par là redouté, entouré de précautions. Angoissant et apaisant. Sacré et
maudit. » (Jacques Derrida, La
dissémination, Seuil, Paris 1995, P. 166/67). En relisant cette citation
aujourd’hui, qu’est-ce qui vous vient à l’esprit ? Dans la tragédie pandémique, le vaccin est apparu
en même temps comme sauveur et comme mal absolu. Au prix de dommages
collatéraux plus ou moins importants, quoique difficilement évaluables, il a réduit
les risques graves pour les plus faibles, tout en confortant le pouvoir
dominant en proie à ses contradictions visibles et à l’impasse insurmontable de
son aliénation productiviste. Enrichissant de façon obscène les heureux
capitalistes propriétaires de son copyright, il a été commercialisé à la hâte
et frappé d’anathème comme tueur cannibale ou poison diabolique par ses
détracteurs mystiques en quête obsessionnelle d’un bouc émissaire à la place de
la domination réelle du capital sur l’homme au travail, cet esclave spectaculaire
qu’ignore sa condition mais qu’il en peut plus.
[3] Terme grec parodique concernant l’épopée
comique de la bataille entre les grenouilles et les rats.
[4] Dans l’histoire de la peste à Milan
d’Alessandro Manzoni, les untori sont
les individus accusés par la foule de répandre la peste.
[5] Voir le riche travail de recherche archéologique et les études
de Marija Gimbutas sur la civilisation gylanique (sociétés de la vieille Europe
et d'ailleurs structurées autour du féminin dans lesquelles les femmes étaient
libres, sans matriarcat ni conflits structurels de genre).