lunedì 26 dicembre 2011

Buona fine di civiltà e un bell' anno seminuovo



Per la serie: Tanto vale non morire idioti, né talebani né apprendisti stregoni, vi ho tradotto questa riflessione di un militante francese antinucleare, Jean-Luc Pasquinet, secondo me di grande attualità per gli irradiati di tutto il mondo.

Buona fine di civiltà e un bell'anno seminuovo  Sergio Ghirardi


Quali insegnamenti trarre da Fukushima

Quel che doveva arrivare è arrivato: dopo Kychtym, Three Mille Island eTchernobyl ecco una quarta catastrofe nucleare civile a Fukushima in Giappone. Quattro reattori sono dunque esplosi nell’arco di 25 anni…
Il giorno undici marzo 2011 la natura si è scatenata prima con un terremoto di forza 9 sulla scala Richter, senza dubbio il sisma più violento che il Giappone abbia subito a memoria d’uomo, seguito da uno tsunami le cui onde hanno raggiunto e talvolta superato i dieci metri… di fronte a un tale scatenamento degli elementi, la centrale nucleare di Fukushima non ha potuto resistere. La panne elettrica seguita al terremoto avrebbe provocato un arresto prolungato delle pompe del sistema di raffreddamento di uno o più  dei noccioli[1]. Le squadre tecniche della centrale di Fukushima Daiichi hanno allora tentato di utilizzare l’alimentazione di soccorso ma nel giro di un’ora la centrale è stata colpita dallo tsunami. L’altezza dell’onda è arrivata a 14 metri mentre le due centrali sono state concepite per resistere a un’onda di 5,7 metri per Fukushima Daiichi e di 5,2 metri per Fukushima Daini. Le pompe del circuito secondario danneggiate hanno impedito l’evacuazione dell’acqua di mare secondo il circuito normale.
A Fukushima Daiichi,  i gruppi diesel di soccorso si sono fermati bruscamente un’ora più tardi. Il reattore n°2 e ancor di più il n°1, hanno conosciuto immediatamente dei problemi di raffreddamento.
Nelle ore successive al sisma, il personale ha tentato d’installare in serie dei generatori mobili d’urgenza trasportati alla centrale per far ripartire le pompe, ma la mancanza di cavi adatti ha reso impossibile l’allacciamento.
Risultato: tre reattori sono esplosi e tre noccioli sono entrati in fusione…

Oltre alle conseguenze in Giappone, che bilancio si può fare di questa catastrofe nucleare ?


1) L’incidente grave diventa la ragione principale dell’opposizione al nucleare

Ricordiamo che una delle cause dell’insuccesso del movimento antinucleare in Francia è  dovuto alla mancata insistenza sul rischio dell’incidente nucleare.
Negli anni 70, in ogni numero de « La Gueule Ouverte » c’era una pagina intera di Reiser sul solare e sul vento, ma pochi riferimenti alla catastrofe nucleare. Globalmente, l’essenziale non era il possibile disastro di un incidente nucleare che pure era stato ben analizzato negli Stati Uniti nel febbraio 1957 da alcuni scienziati di Brookhaven nel rapporto WASH 740 che dava una veduta d’insieme dell’ampiezza della catastrofe assai prossima a quella che sarà poiTchernobyl.
« Parlare di un disastro nucleare in una riunione antinucleare degli “Amis de la Terre”, del PSU, della CFDT o altri, era molto malvisto, ci si faceva trattare da catastrofisti e accusare violentemente di rendere il movimento poco credibile ».

« Il fallimento dell’antinuclearismo in Francia non è dovuto all’incapacità di bloccare la nuclearizzazione ma al fatto di non avere sviluppato nella popolazione la coscienza dei pericoli inaccettabili dell’energia nucleare che avrebbe consentito di bloccarla »[2].

Ora, dopoTchernobyl e soprattutto dopo Fukushima, le cose stanno cambiando.
Il Rézo evoca ora molto più spesso l’incidente grave come ragione di opposizione al nucleare. Sul suo sito si trova persino l’espressione un tempo bandita di «catastrofe nucleare maggiore», ma se persino il Rezo diventa catastrofista dove andremo a finire? Che diranno Les amis de la Terre ?
Per i cultori  della matematica probabilistica come B. Laponche, è persino il caso di un aumento inquietante della probabilità dell’incidente in Europa. Si sarebbe passati da una probabilità di un milione dopo Tchernobyl a una probabilità su cento dopo Fukushima e per sfortuna ci sono più di cento reattori in Europa…(Global Chance). Tuttavia pur mostrando l’ineluttabilità dell’incidente grave in Europa, Global Chance sostiene un’uscita dal nucleare in 20 anni…ma se si può mettere 20 anni ad uscirne, vuol dire che il nucleare non è poi così pericoloso!
Le autorità ufficiali per bocca del direttore dell’Autorità della Sicurezza NUcleare André-Claude Lacoste[3], lo riconoscono: «Non si può garantire che non ci sarà mai un incidente grave in Francia», ammettendo inoltre «che dei nuovi problemi si pongono».
É lontano il tempo in cui si negava che Tchernobyl fosse una catastrofe nucleare e si affermava che era un incidente sovietico…


2) Il rilancio dell’elettronucleare è fallito

Dopo 25 anni di crescita rapidissima, l’industria nucleare ha conosciuto all’inizio degli anni ottanta una regressione ancora più rapida, prima di una vera e propria traversata del deserto.

Il numero di reattori in cantiere, dopo aver culminato in 233 unità nel 1979, era ricaduto nel 1985 a meno di 35 unità, livello cui s’è mantenuto fino al 2007.
I dati della CEA sono chiarificanti in proposito. Il grafico « elecnuc »[4], indica precisamente un picco di costruzione nel 1985, cioè un anno prima di Tchernobyl, durante il quale si sono costruiti 33 reattori. Questo dato crolla l’anno seguente (24 reattori) per non superare più la dozzina annuale a partire dal 1991 (4 reattori come nel 2005). Elecnuc annuncia anche che a partire dal 2008, la capacità elettronucleare sarebbe diminuita per la prima volta nella sua storia.

Con l’arrivo di GW Bush nel 2000, ha luogo un tentativo di rilancio, ripreso in Francia da Sarkozy, diventato responsabile non solo del nucleare militare ma anche di quello civile con un decreto dell’aprile 2008[5].

Se si considera, però, il numero di ordini previsti e il numero di reattori che raggiungeranno la rispettabile età di 40 anni non c’è compensazione qualitativa.. Va notato, comunque che i gestori prevedono sempre più apertamente di prolungare a 60 anni lo sfruttamento dei reattori più anziani.
Nel 2005, 361 dei 439 reattori in servizio avevano tra 17 e 40 anni. Per questo, dunque, circa 300 reattori saranno messi fuori servizio a partire dal 2025. Anche se 40 reattori[6] sono attualmente in costruzione nel mondo, al ritmo di consegna di 3 o 4 reattori all’anno ci sarà una perdita netta di 240 reattori da adesso al 2025.[7].

Prendendo dunque in conto la speranza di vita dei reattori, si vede un crollo del potenziale energetico nucleare a partire dal 2016 se si considera la durata di vita di 30 anni o a partire dal 2026 se si ipotizza un prolungamento di questa durata a 40 anni.
Per quel che riguarda i 200 progetti in corso di studio più o meno avanzato, è importante precisare che il loro numero è stato valutato prima dell’incidente di Fukushima[8].
Questi dati confermano che la parte di nucleare nel «mix» energetico è nettamente in corso di diminuzione.
Si può, del resto, costruire davvero tutti questi reattori in via di progettazione, allorché per sfruttare tutte queste centrali bisognerebbe produrre una quantità sempre maggiore di uranio, fossile la cui estrazione è sempre più difficile e la cui scomparsa è annunciata nell’arco di 40 o 60 anni in funzione della domanda mondiale?



Nel 2005, l’età media delle centrali era dunque di 22 anni.

In Francia, paese più nuclearizzato del mondo, il declino s’annuncia ancora più rapido.
Persino con lil reattore EPR, mantenendo i reattori in funzione per 40 anni, la potenza disponibile va divisa per 2 a partire dal 2025 per scendere a una divisione per 4 a partire dal 2030 (vedi grafico sotto).


 







Se si guarda l’evoluzione della parte di nucleare nella produzione mondiale di elettricità con uno sguardo globale, si constata che essa non fa che diminuire. Mentre rappresentava fino al 18% negli anni ottanta, essa si stabilisce in 13,6% nel 2009 e continua a seguire una curva discendente sempre più ripida[9].

Dopo Fukushima, la situazione è ancora più catastrofica per l’industria nucleare : la Germania ha deciso di interrompere la produzione, lo stesso la Svizzera, il Giappone di ridurre i suoi ordini dopo aver fermato 45 reattori su 54[10], l’Italia ha rifiutato di rilanciare il nucleare, la Gran Bretagna di fermare la sua unità di produzione di Mox… Il contraccolpo per l’industria nucleare è dunque una realtà qualche mese appena dopo l’ennesima ultima catastrofe.


3) La destra sta diventando antinucleare ?

L’effetto più comico, se questo termine è ancora utilizzabile dopo Fukushima, è il rovesciamento delle posizioni delle destre nel mondo. La destra tedesca ha accettato di uscire dal nucleare in 20 anni, la destra svizzera nel 2034, quella giapponese ha evocato l’uscita dal nucleare per bocca dell’ex Primo ministro Naoto Kan che certo è stato subito licenziato ma che rappresenta, tuttavia, una tendenza (habatsu) importante in seno al PLD.
La destra berlusconiana, infine, ha preso atto del voto referendario che ha rigettato massicciamente il ritorno del nucleare in Italia.
Certo le destre hanno preso atto della pressione popolare e sono antinucleari soprattutto per ragioni finanziarie.

Tuttavia, quando si osservano i bilanci di EDF e soprattutto di Areva in grave pericolo per l’esplosione dei costi del nucleare[11] e per la diminuzione degli ordini, non ci si può che domandare dove sia finita la destra francese. Attenta com’è, in teoria (ma in teoria soltanto), a economzzare il denaro pubblico, quando si deciderà a fare come con la Grecia per accettare non il fallimento dello Stato greco ma quello del nucleare in Francia?



[1] Secondo il canale televisivo giapponese NHK, il sistema di raffreddamento della centrale nucleare di Fukushima sarebbe stato danneggiato dal sisma prima ancora che lo tsunami arrivasse a devastare la regione, Sembrerebbe che “un condensatore di soccorso non abbia funzionato che per dieci minuti dopo la scossa”. Nelle tre ore che sono seguite, la panne non  sarebbe stata riparata per timore che si producesse un abbassamento di pressione nel reattore. “La compagnia presume che gli operai abbiano fermato manualmente il sistema, temendo xhe la pressione nel reattore diventasse troppo bassa fino a danneggiarlo”, si può leggere sul sito del canale televisivo NHK.
[2] Roger Belbeoch : bollettino del Comitato Stop Nogent
[3] Le Monde 31/03/11
[4] ELECNUC « Le centrali nucleari nel mondo » edizione 2006, vedi grafico annesso.
[5] Il decreto n° 2008-378 del 21 aprile 2008 istituisce un consiglio di politica nucleare. La parole “esteriore” è scomparsa dalla politica nucleare del consiglio. L’articolo 1 di questo decreto precisa: «viene istituito un consiglio di politica nucleare presieduto dal presidente della Repubblica. Il consiglio definisce i grandi orientamenti della politica nucleare e sorveglia la loro applicazione, in particolare in materia d’esportazione e di cooperazione inyternazionale, di politica industriale, di politica energetica, di ricerca, di sicurezza, di protezione delle persone e dell’ambiente».
Così un tal decreto riguarda tutta la politica nucleare francese nazionale e internazionale ed è il presidente della Repubblica che si occupa di tutto, compresa la ricerca, la sicurezza e la radioprotezione dell’ambiente. Tratto dalla “Lettera d’informazione n°118 del giugno 2009 del Comitato Stop Nogent sur Seine.
[6]  In effetti c’è stato un rilancio tra il 2005 e il 2011, perché il numero speciale di Le Monde indica che 65 reattori erano in costruzione in quel periodo, ma la maggior parte concentrati in quattro paesi: 20 in Cina, 7 in Russia, 6 in Corea del sud e 2 in India, ma questo prima di Fukushima.
[7]  Paul Chefunka, Energie e popolazione mondiale.
[8] In « Courrier internationale » nh° 956 febbraio 2009.
[9] Stéphane Lhomme nel numero 75 di «  Journal de la décroissance et de la joie de vivre » dicembre 2010.
[10]  In Ottobre 2011.
[11]  Areva in difficoltà.?
     Aumento del costo dell’EPR da 4 a 6 miliardi.
     Diminuzione degli ordini di nuove centrali.
     Areva: da 2700 a 2900 licenziamenti annunciati.
     Conflitto con EDF a proposito del reattore EPR.
     Il corso delle azioni EDF e Areva sceso di quattro volte dal 2007.. Le Figaro, 12/12/2011