sabato 6 ottobre 2012

DIBATTITO OGM: dallo scienziato al consumatore passando per l’agricoltore




José Bové si era fatto conoscere anni fa come rappresentante del sindacato contadino francese de la Confédération Paysanne per una partecipazione assidua alle azioni di resistenza all’introduzione degli OGM in agricoltura.
Con altri “faucheurs d’OGM” (falciatori di OGM) ha subito diversi processi intentati dalle multinazionali del business transgenico e ha pure purgato in proposito un po’ di prigione.
Eletto al parlamento europeo con il gruppo ecologista di Cohn-Bendit (EE-LV) ha poi abbandonato la critica al Trattato europeo contro il quale si era appena battuto vittoriosamente sostenendo il no al referendum del 2005, prima di essere eletto in Europa con gli ecologisti del sì che partecipano oggi supinamente al governo socialcapitalista di Hollande.
Incoerenza più o meno, sembra ormai pacatamente rientrato come un buon riformista nell’ovile redditizio della democrazia parlamentare, accedendo ai 7000 euro del salario di base da deputato europeo.
Comunque sia, nel momento della grande diatriba suscitata dalla ricerca del dottor Séralini che ha denunciato i gravi rischi per la salute inerenti all’uso del mais OGM NK 603 della Monsanto, questo suo articolo (su Libération del 5/10/2012), lontano anni luce da ogni passione partigiana e da qualunque bellicosità radicale, mi è sembrato sottolineare ancor meglio l’intollerabilità della messa in mora del principio di precauzione contro la sfrenata ingordigia degli affaristi delle mutazioni genetiche artificiali. La loro cinica spinta produttivistica e le manipolazioni mediatiche di cui sono da tempo gli autori non dovrebbero ormai lasciare più dubbi se non tra gli schiavi predestinati di una servitù sempre più volontaria.

Sergio Ghirardi


Eccone la traduzione:

Non sono uno scienziato e non mi permetterei d’impormi in un dibattito sulla metodologia da impiegare per sperimentare su dei topi di laboratorio una varietà di mais OGM NK 603 fabbricato dalla Monsanto. La polemica sta crescendo di giorno in giorno ben oltre i circoli degli esperti delle tecnologie transgeniche. Le critiche infuriano sul tipo di topi utilizzati dal dottor Séralini e dalla sua equipe per realizzare la loro ricerca. Le dosi utilizzate sono passate al setaccio. Domani saranno ugualmente messi in discussione altri criteri, come la taglia delle gabbie, l’intensità luminosa, la temperatura dei locali e chissà che cos’altro ancora.
Per molti, il dott. Séralini è chiaramente identificato nella comunità scientifica come un anti-OGM. Dall’altra parte, in un’intervista concessa a caldo a “Le Monde” del 20 settembre, M. Gerard Pascal, ex ricercatore dell’Inra, smontava i risultati ottenuti dal suo collega senza avere una conoscenza sufficiente dei lavori in questione. L’articolo non precisava che M. Pascal, ancora nel 2010, era membro del consiglio d’amministrazione dell’International Life Sciences Institute (ILSI). L’Ilsi è una lobby mondiale dell’agroalimentare che raggruppa le principali multinazionali delle biotecnologie. Fin dal settembre 2010, avevo personalmente denunciato il fatto che madame Bannati, presidente dell’autorità europea per la sicurezza degli alimenti (AESA) era anche membro dell’Ilsi. Questo conflitto d’interesse era inaccettabile. Dopo due anni di pressioni, madame Bannati ha finalmente dato le dimissioni dall’AESA per diventare la direttrice dell’Ilsi in Europa. Nella comunità ambientalista, M. Gerard Pascal è chiaramente identificato come uno scienziato attivista pro-OGM.
Smettiamo, dunque di far finta di non vedere: gli scienziati sono persone come le altre, influenzate dai loro incontri, dai loro percorsi professionali, dalla loro sensibilità filosofica e politica e, come un buon numero di salariati, dalla paura di perdere il posto. In tali condizioni, il postulato dell’imparzialità della scienza vola in pezzi soprattutto quando si tratta di valutare delle tecnologie messe sul mercato da attori economici che attendono dei ritorni sull’investimento in denaro contante e tintinnante, ritorni traducibili in brevetti e licenze di sfruttamento.
Per rendere le cose ancora più complesse, i governi hanno costretto poco a poco le università e i laboratori pubblici a lavorare in stretto partenariato con le imprese. I cercatori devono, ora, far funzionare il loro laboratorio e pagare i collaboratori con denaro investito da imprese. La Commissione europea propone di amplificare quest’orientamento con la sua proposizione quadro sulla ricerca, Orizzonte 2020, che rinforza la privatizzazione della ricerca pubblica subordinandola un po’ di più ancora al settore privato.
La controversia sui risultati dello studio del dott. Sérafini e sulle biotecnologie in generale è salutare. Necessita una risposta urgente: fare dei nuovi studi sulla tossicità degli OGM su un arco di due anni, finanziati da fondi pubblici che associno nella concezione e nella realizzazione alcuni scienziati pro-OGM e altri anti-OGM. Nell’attesa dei risultati di questi lavori, la Commissione europea deve imporre una moratoria sugli OGM coltivati in Europa o importati, sospendendo l’adozione dei futuri regolamenti sulla loro valutazione. Parallelamente non possiamo più evitare il dibattito su delle questioni fondamentali per l’avvenire delle nostre società vincolate dalle tecniche. Come costruire o inventare una verifica indipendente che permetta ai politici di valutare i rischi potenziali sconosciuti? Come valutare l’utilità sociale di queste tecnologie per l’insieme della società? Come differenziare la pressione tecnologica e la ricerca scientifica?
L’ora è giunta di mettere attorno a un tavolo la diversità dei campi del sapere per elaborare le basi di una verifica sugli OGM che inglobi contemporaneamente il tappeto del laboratorio, il campo del contadino e il piatto del consumatore.


José Bové, Eurodeputato. Vicepresidente della Commissione Agricoltura e sviluppo rurale al Parlamento Europeo