Selva Lacandona Chiapas |
Un
trentacinque anni fa avevo avuto un breve scambio epistolare con Illich (già installato
a Cuernavaca) che alle mie ipotesi di recarmi in Messico aveva risposto
personalmente con una frase che mi ha da allora sempre accompagnato nelle mie
scelte e che cito a memoria poiché l'originale giace nel coacervo della mia
documentazione di psicogeografo accumulata alla rinfusa : "Se so ancora leggere tra le righe non è qui
che Lei troverà risposta alle sue domande".
L’inizio
di una risposta, infatti, l’ho trovata, anni dopo, nel Chiapas zapatista, poi
nei suoi attuali prolungamenti europei in Val di Susa e nella campagna intorno
a Nantes, ovunque si resista in nome di un altro mondo possibile.
Le
diverse comunità contadine in cerca di una modernità non alienata indicano la
strada del superamento della società produttivistica e del dosaggio
coscienzioso dell’uso della tecnica in nome di una felicità umana e non
mercantile.
Nel
Chiapas gli zapatisti sono insorti (tra l’altro) contro un trattato commerciale
internazionale che strangolava il funzionamento di base delle comunità
indigene; in Val di Susa un gran numero di abitanti sostenuti da qualche
alleato spontaneo evocatore del nobile ricordo delle brigate internazionali si è
ribellato alla distruzione del territorio vitale in nome del progresso
dell’imbecillità mercantile redditizia; lo stesso a Notre-Dame-des-Landes,
nella regione di Nantes, dove una fetta importante della popolazione, sostenuta
da gruppi di objecteurs de croissance
e altri umanisti, sta rifiutando la trasformazione di una zona ad alto valore
naturale in un ennesimo, inutile aeroporto proprio all’epoca in cui gli aerei garantiscono
il miglior aumento di Co2 nell’atmosfera, incarnando, di conseguenza, il
miglior auspicio di catastrofe climatica.
Il
capo del governo socialista francese Ayrault, coinvolto in prima persona
nell’affare in quanto promotore dell’aeroporto in questione, ha fatto sapere
che “non si lascerà imporre un’altra
visione del mondo”.
Ha
detto l’essenziale: a Notre-Dame-des-Landes si gioca oggi la stessa
contrapposizione tra due visioni del mondo, tra due forme di umanità e
disumanità già messa in gioco anticipatamente, negli anni settanta, sugli
altopiani del Larzac, con la vittoria - allora - della visione del mondo
contadina in difesa della terra contro l’uso militare programmato dall’esercito
di quell’altopiano situato sui contrafforti del massiccio centrale francese.
Ovunque
sul pianeta, la partita è ormai aperta tra chi vuole trasformare tutto in
business produttivista al prezzo della vita naturale e chi vuole rallentare di
fronte al disastro ormai evidente e ristabilire il predominio del valore d’uso
della vita sul valore di scambio della sopravvivenza artificiale travestita da
progresso.
A
seconda della visione del mondo che uscirà vincente da tutti questi conflitti
esemplari e da quelli che inevitabilmente seguiranno, a prendere il sopravvento
sarà il soffio potente della vita o gli ultimi spiccioli di sopravvivenza
miserabile, la convivialità gaudente o la competizione odiosa e assassina, la
disoccupazione creativa o il lavoro salariato all’ombra inquietante delle
centrali nucleari, il global alienato o il no global festivo della comunità
umana.
Sergio Ghirardi
Il testo che segue è di Aldo Zanchetta:
IN RICORDO DI IVAN ILLICH (1926-2002)
10
anni or sono moriva a Brema Ivan Illich, uno dei grandi pensatori del XX
secolo, il più grande dissero alcuni, certamente un pensatore scomodo perché
“fuori dal coro”. I grandi giornali riaccesero nell’occasione le luci su di
lui, alcuni, come il New York Times, con toni fortemente critici (Ivan Illich,
76, Philosopher Who Challenged Status Quo, Is Dead), altri rilevandone la
statura intellettuale e il ruolo di critico acuto e geniale della modernità.
Dopo la notorietà acquisita a livello mondiale negli anni ’70 con i suoi pamphlets,
su di lui era calato il silenzio della grande stampa. Dopo quegli anni
caratterizzati da forti consensi e da aspre critiche, Illich aveva continuato
in altro modo il suo lavoro instancabile di “archeologo della modernità”.
Il
filosofo francese Jean-Pierre Dupuy, che gli fu amico e che talora dissentì con
lui, un anno dopo la morte scrisse uno dei più incisivi ricordi: « Illich non ha mai
cessato di scrivere né di percorrere il mondo, dalla Germania alle Americhe,
dal Messico alle Indie o al Giappone. Durante tutti questi anni tuttavia, la
base è rimasta la sua casa di mattoni di fango, in un villaggio indiano, vicino
a Cuernavaca. Quindici anni or sono un tumore ha cominciato a tormentarlo. Il
tumore spingeva come un tubercolo fuori dalla sua guancia destra senza
minimamente alterare i suoi lineamenti sorprendenti da uccello predatore, senza
che mai abbia voluto consegnarlo allo scalpello dei chirurghi. Ogni volta che
l’ho incontrato in questi ultimi anni, il dolore terribile che lo torturava non
gli impediva in alcun modo di aprirsi alle gioie dell’amicizia né all’impegno
rigoroso della discussione filosofica.»
In
occasione della morte, in Italia, La Repubblica pubblicò un articolo di Franco
Prattico dal titolo Ivan Illich, l’ultimo contestatore. L’Unità dedicò una
intera pagina all’articolo di Franco La Cecla dal titolo Ivan Illich, abitare l’utopia.
Sempre La Cecla
scrisse su La Stampa:
Illich, l’ossessione della mostruosità mentre il Corriere della Sera, a firma
di Ranieri Polese, pubblicò un ricordo titolando : Ivan Illich, precursore dei
no global. Denunciò gli eccessi della medicina. Carlo Donati lo ricordò su La Nazione, che titolò così:
Illich, l’ultimo Savonarola. Giuseppina Giuffrida, su Il Manifesto, lo ricordò invece
in un articolo titolato : Il rovescio del progresso. E si potrebbe continuare:
L’intellettuale antiistituzionale, A Cuernavaca l’ultimo profeta, Addio a
Illich. criticò la modernità e anticipò i no global, Ivan Illich, quel no
global ante litteram, Ivan Illich: una voce fuori dal coro, e potremmo
continuare.
Fin
dagli anni settanta, Illich aveva previsto la grande crisi in cui siamo oggi
precipitati e l’aveva esorcizzata nel suo libro La Convivialità (Tools for Conviviality, 1973) e successivamente in
Disoccupazione creativa (The Right to
Useful Unemployement, 1978). In questo secondo lavoro scriveva « Ma “crisi” […]
non comporta necessariamente una corsa precipitosa verso l’escalation del
controllo (sulla gente ndt). Può invece indicare l’attimo della scelta, quel
momento meraviglioso in cui la gente all’improvviso si rende conto delle gabbie
nelle quali si è rinchiusa e della possibilità di vivere in maniera diversa. Ed
è questa la crisi, nel senso appunto di scelta, di fronte alla quale si trova
oggi il mondo intero.»
Per
moltissimi, specie i più giovani, il nome di Illich è oggi sconosciuto. Per
molti studiosi, incamminati su strade che egli aveva duramente criticato, è una
dimenticanza volontaria. Per altri ancora, una minoranza certo, è il nome di un
prezioso maestro e di un amico straordinario.
Quale
è oggi il lascito di Illich? Lo sintetizziamo con le parole di due studiosi che
con Illich divisero esperienze di vita e di lavoro in Messico, Jean Robert e
Javier Sicilia: «Nei seminari
e negli scritti di Illich si elaborarono concetti alcuni dei quali sono
divenuti di dominio pubblico: la controproduttività, il monopolio radicale, la
colonizzazione del settore informale, le associazioni di “cittadini colpiti in
modo analogo”, i valori vernacolari,
per citarne solo alcuni, senza dimenticare il più importante. Il concetto
stesso di “strumenti”. Si trattava di costituire “una cassetta di attrezzi intellettuali per i grandi dibattiti maturi di
fine secolo.” Questi grandi dibattiti maturi sono stati ritardati, non sono,
però, divenuti meno necessari; per questo dobbiamo fare tesoro dello strumento
critico elaborato allora. Ogni uomo moderno dovrebbe mettere in dubbio nel suo
foro interiore le certezze moderne. Chi voglia farlo troverà gli strumenti
nell’opera di Ivan Illich.» In ricordo di
Ivan Illich in questo X anniversario della sua assenza vi proponiamo la lettura
de Il Manifesto dei Ribelli che suggellò l’incontro mondiale dei Circoli di
lettura di Ivan Illich tenutosi nel 2007 a Cuernavaca.
UN
RITORNO
Il
nome e il pensiero di Illich stanno riemergendo poco a poco dopo anni di
apparente oblio. In Italia il decimo anniversario della scomparsa di Ivan
Illich sarà ricordato a Lucca da un seminario organizzato dal locale gruppo di
lettori di Ivan Illich Il Granchio di Kuchenbuch, col patrocinio della
Provincia e del Comune di Lucca. Il seminario si svolgerà l’1 e 2 dicembre e
avrà per titolo : La cassetta degli attrezzi. Ivan Illich 10 anni dopo (per
informazioni aldozanchetta@gmail.com,
ameliadefrancesco@gmail.com).
A Bologna il 17 dicembre nell’ambito delle Letture Dossetti 2012, si terrà l’incontro
Pro Memoria Ivan Illich (per informazioni fa.mil@libero.it)
mentre in settembre si è tenuto a Senigaglia un seminario a cura di Mu.So.,
Orto di Mutuo Soccorso. Seminari internazionali in occasione dell’anniversario
si terranno a Dresda, Parigi, Cuernavaca.
DOCUMENTAZIONE
Il
riemergere dell’interesse attorno al pensiero di Illich è confermato dalla
pubblicazione o ripubblicazione recente dei principali libri di Illich o di
nuovi libri su Illich.
*
Nel 2012 La Scuola
ha pubblicato Un profeta postmoderno a cura di A. Gaudio.
*
Quodlibet ha pubblicato, sempre nel 2012, il libro postumo Pervertimento del
Cristianesimo. Conversazioni con David Cayley su Vangelo, chiesa, modernità
mentre aveva pubblicato nel 2009 I fiumi a nord del futuro. Testamento raccolto
da D. Cayley.
*
Nel 2011 Le Edizioni dell’Asino ha pubblicato Vita di Ivan Illich – Il
pensatore del Novecento più necessario e attuale mentre nel febbraio 2013
presenterà gli atti del convegno che si è tenuto a Venezia nel maggio del 2011
(Un nuovo inizio. Ivan Illich, una guida per ripensare ai modelli di sviluppo. Economia
e ambiente, tecnologia e scuola).
*
In Messico vari amici di Illich, fra cui T. Shanin, J. Roberts, A.Escobar, S.
Marcos etc, coordinati da Gustavo Esteva, hanno composto un libro che uscirà il
prossimo 17 dicembre in occasione dell’incontro internazionale El
humanismo radical de Iván Illich (1926-2002) A diez años de su ausencia che si
terrà a Cuernavaca. Il titolo del libro è Repensar el mundo con Ivan Illich, e
la sua traduzione italiana vedrà a breve la luce in Italia per i tipi dell’editore
Asterios di Trieste, che ha recentemente pubblicato di Gustavo Esteva un testo
intriso del pensiero di Illich, Antistasis. L’Insurrezione in corso.
*
Su internet è preannunciato il libro Ivan Illich dieci anni dopo. Un archeologo
della modernità di G. Marcon (30 nov. 2012).
* La Libreria Editrice
Fiorentina ha pubblicato nel 2009 il libro La perdita dei sensi che raccoglie diversi
scritti e conferenze di Illich.
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Boroli editore ha ripubblicato negli anni scorsi 4 delle opere principali (La
Convivialità, Nello specchio del Passato, Disoccupazione creativa, Nemesi
Medica).
*
Mimesis ha ripubblicato nel 2012 Rivoluzionare le istituzioni. Celebrazione
della consapevolezza e nel 2010 Descolarizzare la società.
*
Bollati e Boringhieri ha pubblicato nel 2006 Elogio della bicicletta.
*
Il Centro Studi Erickson ha ripubblicato nel 2008 Esperti di troppo. Il
paradosso delle professioni disabilitanti
*
L’editrice Ancora ha pubblicato nel 2006 Ivan Illich. Una voce fuori dal coro
di Maurizio Di Giacomo
*
Secondo informazioni, non verificate personalmente, l’editore Neri Pozza ha
programmato la pubblicazione in Italia dell’Opera Omnia di Illich in due volumi
già pubblicata in Messico e in Francia.