giovedì 29 novembre 2012

Dal Chiapas alla Val di Susa e a Notre-Dame-des-Landes, pensando a Ivan Illich


Selva Lacandona Chiapas


Un trentacinque anni fa avevo avuto un breve scambio epistolare con Illich (già installato a Cuernavaca) che alle mie ipotesi di recarmi in Messico aveva risposto personalmente con una frase che mi ha da allora sempre accompagnato nelle mie scelte e che cito a memoria poiché l'originale giace nel coacervo della mia documentazione di psicogeografo accumulata alla rinfusa : "Se so ancora leggere tra le righe non è qui che Lei troverà risposta alle sue domande".
L’inizio di una risposta, infatti, l’ho trovata, anni dopo, nel Chiapas zapatista, poi nei suoi attuali prolungamenti europei in Val di Susa e nella campagna intorno a Nantes, ovunque si resista in nome di un altro mondo possibile.
Le diverse comunità contadine in cerca di una modernità non alienata indicano la strada del superamento della società produttivistica e del dosaggio coscienzioso dell’uso della tecnica in nome di una felicità umana e non mercantile.
Nel Chiapas gli zapatisti sono insorti (tra l’altro) contro un trattato commerciale internazionale che strangolava il funzionamento di base delle comunità indigene; in Val di Susa un gran numero di abitanti sostenuti da qualche alleato spontaneo evocatore del nobile ricordo delle brigate internazionali si è ribellato alla distruzione del territorio vitale in nome del progresso dell’imbecillità mercantile redditizia; lo stesso a Notre-Dame-des-Landes, nella regione di Nantes, dove una fetta importante della popolazione, sostenuta da gruppi di objecteurs de croissance e altri umanisti, sta rifiutando la trasformazione di una zona ad alto valore naturale in un ennesimo, inutile aeroporto proprio all’epoca in cui gli aerei garantiscono il miglior aumento di Co2 nell’atmosfera, incarnando, di conseguenza, il miglior auspicio di catastrofe climatica.
Il capo del governo socialista francese Ayrault, coinvolto in prima persona nell’affare in quanto promotore dell’aeroporto in questione, ha fatto sapere che “non si lascerà imporre un’altra visione del mondo”.
Ha detto l’essenziale: a Notre-Dame-des-Landes si gioca oggi la stessa contrapposizione tra due visioni del mondo, tra due forme di umanità e disumanità già messa in gioco anticipatamente, negli anni settanta, sugli altopiani del Larzac, con la vittoria - allora - della visione del mondo contadina in difesa della terra contro l’uso militare programmato dall’esercito di quell’altopiano situato sui contrafforti del massiccio centrale francese. 
 Ovunque sul pianeta, la partita è ormai aperta tra chi vuole trasformare tutto in business produttivista al prezzo della vita naturale e chi vuole rallentare di fronte al disastro ormai evidente e ristabilire il predominio del valore d’uso della vita sul valore di scambio della sopravvivenza artificiale travestita da progresso.
A seconda della visione del mondo che uscirà vincente da tutti questi conflitti esemplari e da quelli che inevitabilmente seguiranno, a prendere il sopravvento sarà il soffio potente della vita o gli ultimi spiccioli di sopravvivenza miserabile, la convivialità gaudente o la competizione odiosa e assassina, la disoccupazione creativa o il lavoro salariato all’ombra inquietante delle centrali nucleari, il global alienato o il no global festivo della comunità umana.
 Sergio Ghirardi



Il testo che segue è di Aldo Zanchetta:

IN RICORDO DI IVAN ILLICH  (1926-2002)

10 anni or sono moriva a Brema Ivan Illich, uno dei grandi pensatori del XX secolo, il più grande dissero alcuni, certamente un pensatore scomodo perché “fuori dal coro”. I grandi giornali riaccesero nell’occasione le luci su di lui, alcuni, come il New York Times, con toni fortemente critici (Ivan Illich, 76, Philosopher Who Challenged Status Quo, Is Dead), altri rilevandone la statura intellettuale e il ruolo di critico acuto e geniale della modernità. Dopo la notorietà acquisita a livello mondiale negli anni ’70 con i suoi pamphlets, su di lui era calato il silenzio della grande stampa. Dopo quegli anni caratterizzati da forti consensi e da aspre critiche, Illich aveva continuato in altro modo il suo lavoro instancabile di “archeologo della modernità”.
Il filosofo francese Jean-Pierre Dupuy, che gli fu amico e che talora dissentì con lui, un anno dopo la morte scrisse uno dei più incisivi ricordi: « Illich non ha mai cessato di scrivere né di percorrere il mondo, dalla Germania alle Americhe, dal Messico alle Indie o al Giappone. Durante tutti questi anni tuttavia, la base è rimasta la sua casa di mattoni di fango, in un villaggio indiano, vicino a Cuernavaca. Quindici anni or sono un tumore ha cominciato a tormentarlo. Il tumore spingeva come un tubercolo fuori dalla sua guancia destra senza minimamente alterare i suoi lineamenti sorprendenti da uccello predatore, senza che mai abbia voluto consegnarlo allo scalpello dei chirurghi. Ogni volta che l’ho incontrato in questi ultimi anni, il dolore terribile che lo torturava non gli impediva in alcun modo di aprirsi alle gioie dell’amicizia né all’impegno rigoroso della discussione filosofica.»

In occasione della morte, in Italia, La Repubblica pubblicò un articolo di Franco Prattico dal titolo Ivan Illich, l’ultimo contestatore. L’Unità dedicò una intera pagina all’articolo di Franco La Cecla dal titolo Ivan Illich, abitare l’utopia. Sempre La Cecla scrisse su La Stampa: Illich, l’ossessione della mostruosità mentre il Corriere della Sera, a firma di Ranieri Polese, pubblicò un ricordo titolando : Ivan Illich, precursore dei no global. Denunciò gli eccessi della medicina. Carlo Donati lo ricordò su La Nazione, che titolò così: Illich, l’ultimo Savonarola. Giuseppina Giuffrida, su Il Manifesto, lo ricordò invece in un articolo titolato : Il rovescio del progresso. E si potrebbe continuare: L’intellettuale antiistituzionale, A Cuernavaca l’ultimo profeta, Addio a Illich. criticò la modernità e anticipò i no global, Ivan Illich, quel no global ante litteram, Ivan Illich: una voce fuori dal coro, e potremmo continuare.
Fin dagli anni settanta, Illich aveva previsto la grande crisi in cui siamo oggi precipitati e l’aveva esorcizzata nel suo libro La Convivialità (Tools for Conviviality, 1973) e successivamente in Disoccupazione creativa (The Right to Useful Unemployement, 1978). In questo secondo lavoro scriveva « Ma “crisi” […] non comporta necessariamente una corsa precipitosa verso l’escalation del controllo (sulla gente ndt). Può invece indicare l’attimo della scelta, quel momento meraviglioso in cui la gente all’improvviso si rende conto delle gabbie nelle quali si è rinchiusa e della possibilità di vivere in maniera diversa. Ed è questa la crisi, nel senso appunto di scelta, di fronte alla quale si trova oggi il mondo intero.»
Per moltissimi, specie i più giovani, il nome di Illich è oggi sconosciuto. Per molti studiosi, incamminati su strade che egli aveva duramente criticato, è una dimenticanza volontaria. Per altri ancora, una minoranza certo, è il nome di un prezioso maestro e di un amico straordinario.
Quale è oggi il lascito di Illich? Lo sintetizziamo con le parole di due studiosi che con Illich divisero esperienze di vita e di lavoro in Messico, Jean Robert e Javier Sicilia: «Nei seminari e negli scritti di Illich si elaborarono concetti alcuni dei quali sono divenuti di dominio pubblico: la controproduttività, il monopolio radicale, la colonizzazione del settore informale, le associazioni di “cittadini colpiti in modo analogo”, i valori vernacolari, per citarne solo alcuni, senza dimenticare il più importante. Il concetto stesso di “strumenti”. Si trattava di costituire “una cassetta di attrezzi intellettuali per i grandi dibattiti maturi di fine secolo.” Questi grandi dibattiti maturi sono stati ritardati, non sono, però, divenuti meno necessari; per questo dobbiamo fare tesoro dello strumento critico elaborato allora. Ogni uomo moderno dovrebbe mettere in dubbio nel suo foro interiore le certezze moderne. Chi voglia farlo troverà gli strumenti nell’opera di Ivan Illich.» In ricordo di Ivan Illich in questo X anniversario della sua assenza vi proponiamo la lettura de Il Manifesto dei Ribelli che suggellò l’incontro mondiale dei Circoli di lettura di Ivan Illich tenutosi nel 2007 a Cuernavaca.

UN RITORNO
Il nome e il pensiero di Illich stanno riemergendo poco a poco dopo anni di apparente oblio. In Italia il decimo anniversario della scomparsa di Ivan Illich sarà ricordato a Lucca da un seminario organizzato dal locale gruppo di lettori di Ivan Illich Il Granchio di Kuchenbuch, col patrocinio della Provincia e del Comune di Lucca. Il seminario si svolgerà l’1 e 2 dicembre e avrà per titolo : La cassetta degli attrezzi. Ivan Illich 10 anni dopo (per informazioni aldozanchetta@gmail.com, ameliadefrancesco@gmail.com). A Bologna il 17 dicembre nell’ambito delle Letture Dossetti 2012, si terrà l’incontro Pro Memoria Ivan Illich (per informazioni fa.mil@libero.it) mentre in settembre si è tenuto a Senigaglia un seminario a cura di Mu.So., Orto di Mutuo Soccorso. Seminari internazionali in occasione dell’anniversario si terranno a Dresda, Parigi, Cuernavaca.

DOCUMENTAZIONE
Il riemergere dell’interesse attorno al pensiero di Illich è confermato dalla pubblicazione o ripubblicazione recente dei principali libri di Illich o di nuovi libri su Illich.
* Nel 2012 La Scuola ha pubblicato Un profeta postmoderno a cura di A. Gaudio.
* Quodlibet ha pubblicato, sempre nel 2012, il libro postumo Pervertimento del Cristianesimo. Conversazioni con David Cayley su Vangelo, chiesa, modernità mentre aveva pubblicato nel 2009 I fiumi a nord del futuro. Testamento raccolto da D. Cayley.
* Nel 2011 Le Edizioni dell’Asino ha pubblicato Vita di Ivan Illich – Il pensatore del Novecento più necessario e attuale mentre nel febbraio 2013 presenterà gli atti del convegno che si è tenuto a Venezia nel maggio del 2011 (Un nuovo inizio. Ivan Illich, una guida per ripensare ai modelli di sviluppo. Economia e ambiente, tecnologia e scuola).
* In Messico vari amici di Illich, fra cui T. Shanin, J. Roberts, A.Escobar, S. Marcos etc, coordinati da Gustavo Esteva, hanno composto un libro che uscirà il prossimo 17 dicembre in occasione dell’incontro internazionale  El humanismo radical de Iván Illich (1926-2002) A diez años de su ausencia che si terrà a Cuernavaca. Il titolo del libro è Repensar el mundo con Ivan Illich, e la sua traduzione italiana vedrà a breve la luce in Italia per i tipi dell’editore Asterios di Trieste, che ha recentemente pubblicato di Gustavo Esteva un testo intriso del pensiero di Illich, Antistasis. L’Insurrezione in corso.
* Su internet è preannunciato il libro Ivan Illich dieci anni dopo. Un archeologo della modernità di G. Marcon (30 nov. 2012).
* La Libreria Editrice Fiorentina ha pubblicato nel 2009 il libro La perdita dei sensi che raccoglie diversi scritti e conferenze di Illich.
* Boroli editore ha ripubblicato negli anni scorsi 4 delle opere principali (La Convivialità, Nello specchio del Passato, Disoccupazione creativa, Nemesi Medica).
* Mimesis ha ripubblicato nel 2012 Rivoluzionare le istituzioni. Celebrazione della consapevolezza e nel 2010 Descolarizzare la società.
* Bollati e Boringhieri ha pubblicato nel 2006 Elogio della bicicletta.
* Il Centro Studi Erickson ha ripubblicato nel 2008 Esperti di troppo. Il paradosso delle professioni disabilitanti
* L’editrice Ancora ha pubblicato nel 2006 Ivan Illich. Una voce fuori dal coro di Maurizio Di Giacomo
* Secondo informazioni, non verificate personalmente, l’editore Neri Pozza ha programmato la pubblicazione in Italia dell’Opera Omnia di Illich in due volumi già pubblicata in Messico e in Francia.