Guardare su Internet in Francia il solo programma televisivo gestito dal ribelle ufficiale dei media italici è un po’ come leggere il Fatto Quotidiano in quanto unico giornale quotidiano non finanziato, loro malgrado, dai cittadini del bel paese dello stracchino, del parmigiano e della mozzarella.
Ho
fatto entrambe le cose, lo ammetto, con la voglia naif, ma non troppo, di
respirare un’aria meno mefitica di quella che in generale la cultura bigotta
della succursale del Vaticano diffonde in un remake grottesco di minculpop
postfascista a colpi di lupara e di manganello alternati a pentimenti e
confessioni, dalla Sicilia alla Lombardia.
Ed
ecco che mentre il Fatto Quotidiano si barrica in modo insopportabile dietro
l’ipocrita censura preventiva dei suoi blog politicamente corretti e pieni di
insulti da subburra sottoproletaria, il servizietto pubblico reso agli italiani
dalla 7 è zeppo di Santanché e di Briatori che rappresentano sicuramente al
meglio la volgarità becera dello sfruttamento e dell’alienazione.
Perché
c’è un cattivo gusto oltre che della disinformazione nel far parlare questi
inviati speciali nelle cloache economiciste da cui non può uscire che quel che esse
contengono: denaro e escrementi.
Il
peggio non sono le menzogne o l’idiozia ma la poesia mefitica con cui questi
eccelsi esempi di riuscita sociale postmoderna si industriano a dare lezioni su
ciò di cui non gliene può fottere di meno.
Lasciando
la Santanché
alla corrosione visibile dei suoi anni che assume molto peggio della volgarità vuota
delle sue provocazioni squadriste è la presenza successiva di Briatore che, lo
ammetto, mi ha un po’ scombussolato.
Poiché
l’analisi è stata rapidamente sopraffatta dal disgusto e dalla perplessità, mi
sono chiesto se San Toro ci è o ci fa proponendo a un becero disumano che si è
fatto da solo ( e si vede) di venire a spiegare al popolo la situazione
italiana e le sue soluzioni, quasi fosse
De Gasperi (e scelgo apposta un democristiano mitico per ridicolizzare il mito,
ma avrei potuto dire anche Malagodi o meglio ancora Almirante in modo da
avvicinarmi di più allo spessore irreale di questo personaggio fuori dal tempo).
Messo
alle strette dai piccoli burocrati di servizio (contenti di potergli fare un
po’ di morale denunciando i suoi inghippi passati in prescrizione tacendo sull’oggettiva
immoralità diffusa di un presente indegno a destra come a sinistra, da bravi
giornalisti di mestiere si sono tuttavia lasciati copiosamente insultare per
par condicio e spontanea sottomissione a ogni forma di potere), ha lasciato
uscire finalmente qualche sentimento autentico: il suo odio per l’informazione
equiparata a una delazione e per le maestrine (simbolo di un rapporto umano
intergenerazionale che gli suscita ovviamente un profondo disprezzo per il
sapere, ostacolo alla navigazione del suo panfilo di imprenditore che non ha
tempo da perdere) e il suo amore per quella zona grigia del business dove
bazzica feroce e banalizzata la logica dello sfruttamento (la sua amicizia con
Berlusconi è un pegno indelebile della sua etica spavalda) con cui ogni
imprenditore realista accumula capitale.
Perché
la retorica idiota e ormai accettata da tutti - signori e schiavi, Santoro in
testa - che chi intraprende privatamente prende dei rischi degni di rispetto è
la bufala più ridicola su cui si appoggia la mostruosità del capitalismo.
Chi
intraprende non lo fa per dare lavoro agli affamati (massimo di generosità
un’elemosina pubblicitaria di 6000 euro - una tantum - come quella
paternalisticamente promessa da Briatore a una donna in difficoltà sul
palcoscenico in cui si è servito del pubblico con l’accondiscendente complicità
di San Toro) ma sfrutta la loro forza lavoro finché è redditizia per poi dargli
un calcio in culo e salvare il malloppo alle Cayman quando la crisi infuria.
Quanti
posti di lavoro ha creato lei? E chi se ne frega, risponderebbe un essere umano
non inchiodato alla cultura dell’alienazione e della sopravvivenza condivisa da
destra e sinistra.
Poi
però parla Landini e il suo discorso sensato, semiumano eppur sempre totalmente
all’interno di una visione del mondo economicista mostruosa mi riporta alla dura
realtà e devo ammettere, porca vacca, che forse San Toro non ha tutti i torti:
meglio far parlare i Briatore, che quando il discorso è portato da gente di
sinistra si misura con orrore che se un altro mondo è possibile non è certo con
loro, con i Renzi, i Bersani o altre marche ideologiche del riformismo parrocchiale
che si troverà la porta per uscire dal vecchio mondo in via di decomposizione.
Sergio Ghirardi