venerdì 16 novembre 2012

SAN TORO E PORCA VACCA


Guardare su Internet in Francia il solo programma televisivo gestito dal ribelle ufficiale dei media italici è un po’ come leggere il Fatto Quotidiano in quanto unico giornale quotidiano non finanziato, loro malgrado, dai cittadini del bel paese dello stracchino, del parmigiano e della mozzarella.
Ho fatto entrambe le cose, lo ammetto, con la voglia naif, ma non troppo, di respirare un’aria meno mefitica di quella che in generale la cultura bigotta della succursale del Vaticano diffonde in un remake grottesco di minculpop postfascista a colpi di lupara e di manganello alternati a pentimenti e confessioni, dalla Sicilia alla Lombardia.
Ed ecco che mentre il Fatto Quotidiano si barrica in modo insopportabile dietro l’ipocrita censura preventiva dei suoi blog politicamente corretti e pieni di insulti da subburra sottoproletaria, il servizietto pubblico reso agli italiani dalla 7 è zeppo di Santanché e di Briatori che rappresentano sicuramente al meglio la volgarità becera dello sfruttamento e dell’alienazione.
Perché c’è un cattivo gusto oltre che della disinformazione nel far parlare questi inviati speciali nelle cloache economiciste da cui non può uscire che quel che esse contengono: denaro e escrementi.
Il peggio non sono le menzogne o l’idiozia ma la poesia mefitica con cui questi eccelsi esempi di riuscita sociale postmoderna si industriano a dare lezioni su ciò di cui non gliene può fottere di meno.
Lasciando la Santanché alla corrosione visibile dei suoi anni che assume molto peggio della volgarità vuota delle sue provocazioni squadriste è la presenza successiva di Briatore che, lo ammetto, mi ha un po’ scombussolato.
Poiché l’analisi è stata rapidamente sopraffatta dal disgusto e dalla perplessità, mi sono chiesto se San Toro ci è o ci fa proponendo a un becero disumano che si è fatto da solo ( e si vede) di venire a spiegare al popolo la situazione italiana e le sue soluzioni,  quasi fosse De Gasperi (e scelgo apposta un democristiano mitico per ridicolizzare il mito, ma avrei potuto dire anche Malagodi o meglio ancora Almirante in modo da avvicinarmi di più allo spessore irreale di questo personaggio fuori dal tempo).
Messo alle strette dai piccoli burocrati di servizio (contenti di potergli fare un po’ di morale denunciando i suoi inghippi passati in prescrizione tacendo sull’oggettiva immoralità diffusa di un presente indegno a destra come a sinistra, da bravi giornalisti di mestiere si sono tuttavia lasciati copiosamente insultare per par condicio e spontanea sottomissione a ogni forma di potere), ha lasciato uscire finalmente qualche sentimento autentico: il suo odio per l’informazione equiparata a una delazione e per le maestrine (simbolo di un rapporto umano intergenerazionale che gli suscita ovviamente un profondo disprezzo per il sapere, ostacolo alla navigazione del suo panfilo di imprenditore che non ha tempo da perdere) e il suo amore per quella zona grigia del business dove bazzica feroce e banalizzata la logica dello sfruttamento (la sua amicizia con Berlusconi è un pegno indelebile della sua etica spavalda) con cui ogni imprenditore realista accumula capitale.
Perché la retorica idiota e ormai accettata da tutti - signori e schiavi, Santoro in testa - che chi intraprende privatamente prende dei rischi degni di rispetto è la bufala più ridicola su cui si appoggia la mostruosità del capitalismo.
Chi intraprende non lo fa per dare lavoro agli affamati (massimo di generosità un’elemosina pubblicitaria di 6000 euro - una tantum - come quella paternalisticamente promessa da Briatore a una donna in difficoltà sul palcoscenico in cui si è servito del pubblico con l’accondiscendente complicità di San Toro) ma sfrutta la loro forza lavoro finché è redditizia per poi dargli un calcio in culo e salvare il malloppo alle Cayman quando la crisi infuria.
Quanti posti di lavoro ha creato lei? E chi se ne frega, risponderebbe un essere umano non inchiodato alla cultura dell’alienazione e della sopravvivenza condivisa da destra e sinistra.
Poi però parla Landini e il suo discorso sensato, semiumano eppur sempre totalmente all’interno di una visione del mondo economicista mostruosa mi riporta alla dura realtà e devo ammettere, porca vacca, che forse San Toro non ha tutti i torti: meglio far parlare i Briatore, che quando il discorso è portato da gente di sinistra si misura con orrore che se un altro mondo è possibile non è certo con loro, con i Renzi, i Bersani o altre marche ideologiche del riformismo parrocchiale che si troverà la porta per uscire dal vecchio mondo in via di decomposizione.

Sergio Ghirardi