Per la serie: democristiani di destra, sinistra ed estremo
centro inquinanti a tutto campo, un articolo tratto da A SUD che merita
diffusione.
Sergio
Ghirardi
Il primo passo del Governo Letta tra
contaminazioni della falde acquifere, subordinazione del diritto alla salute e
mega-progetti: ecco il decreto da non fare.
In
tempo di crisi, il primo passo del governo della larga maggioranza detta una
lista di priorità da far tremare le gambe: diritto alla salute subordinato alla
sostenibilità economica, contaminazioni delle falde acquifere “attenuate”
invece che bloccate, incentivi ai mega-progetti a scapito dei trasporti
pubblici. Il governo consegna un baule d’oro alle grandi imprese che, vincitrici
nei confronti del temuto principio “chi inquina paga”, potranno partire in
vacanza con una baule carico d’oro, tra appalti per le infrastrutture e soldi
risparmiati dalle bonifiche.
Per
capire nel dettaglio che cosa questo decreto detto “del Fare” stia invece
cercando di “disfare” è necessario guardare punto per punto le modifiche
attuate dal governo delle grandi maggioranze. Il linguaggio giuridico di primo
impatto non aiuta a capire che cosa sta succedendo nel nostro paese e a quanto
velocemente la logica economica si stia imponendo su numerosi settori del
nostro vivere comune. Il tutto, giustificato dalla crisi e quindi fatto passare
come utile e necessario al rilancio del paese.
Ma
vediamo in dettaglio che cosa accade.
Via libera alle grandi opere, costose infrastrutture ad alto
impatto ambientale ed inaccessibili ai più.
Il decreto stabilisce la creazione di un fondo per lo sviluppo
delle infrastrutture di 2.069 milioni di € per il quadriennio 2013-2017 .
Secondo il testo le sole opere finanziabili da subito con questo fondo sono
alcune tra le più grandi e costose opere infrastrutturali a cui da anni
numerosi comitati locali si oppongono: corridoi europei, la così blandamente
definita linea ferroviaria Piemonte-Val d’Aosta - nel territorio già massacrato
dalla TAV - passaggio della Pedemontana Veneta, linea di collegamento stradale
a scorrimento veloce Agrigento Caltanissetta, Tangenziale Est di Milano, Terzo
valico di Giovi.
Questo sviluppo infrastrutturale testimonia una volontà
d’implementazione all’uso del trasporto privato e una conseguente
subordinazione del trasporto pubblico, posto nella lista degli aventi diritto
al finanziamento “nel limite delle risorse annuali”. Tra questi, l’apertura e
l’ampliamento delle linee delle metropolitane di Roma, Milano e Napoli, attorno
alle quali ruotano da anni progetti bloccati, cantieri a cielo aperto fermi e
dissestati, flussi di denaro la cui trasparenza resta ancora da accertare.
C’est à dire: se avanzano bruscolini a fine anno qualche cosa la facciamo.
Come se non bastasse, all’art.19 il decreto modifica la normativa
in vigore in materia di concessioni e defiscalizzazioni, rendendo l’
”equilibrio economico finanziario” l’unico criterio per selezionare le opere
degne di finanziamenti o agevolazioni. L’importanza delle opere viene quindi
valutato solo in termini economici, non di utilità territoriale, rispetto
dell’equilibrio dell’ecosistema, emissioni, diritto alla salute, reale
necessità degli abitanti, etc. La crisi sembra essere l'occasione per scavalcare
diritti dei cittadini, difesa del territorio e dei beni comuni. Una manna dal
cielo per i grandi imprenditori.
Contaminazione delle falde acquifere, bonifiche e rischi per la
salute.
Questa attitudine sembra essere confermata dal terribile articolo 243
del Testo Unico Ambientale (decreto legislativo n.152/2006) relativo alle
gestione delle acque sotterranee emunte. La redazione del nuovo articolo - che
accorpa ed implementa il precedente - racchiude in se la logica puramente
emergenziale della gestione del danno ambientale e la subordinazione del
diritto alla salute alla sostenibilità economica.
Secondo
il testo “Nei casi in cui le acque di falda contaminate determinano una
situazione di rischio sanitario, oltre all'eliminazione della fonte di contaminazione
ove possibile ed economicamente sostenibile, devono essere adottate misure di
attenuazione della diffusione della contaminazione conformi alle finalita'
generali e agli obiettivi di tutela, conservazione e risparmio delle risorse
idriche stabiliti dalla parte terza”.
Qui
risultano chiari alcuni elementi molto pericolosi. Prima di tutto,
l’introduzione della contabilizzazione del costo degli interventi come fattore
primario di valutazione di fattibilità delle bonifiche delle falde acquifere
contaminate. Il criterio è quello della sostenibilità economica
dell’intervento, che subordina la salvaguardia dello status di salute dei
cittadini all'equilibrio economico. In tempo di crisi, si sa, tutto è
concesso per “salvare” il paese. Ma quale parte di esso? Non lo stato di salute
dei cittadini.
Nel
procedimento di modifica a cui il Testo Unico Ambientale è sottoposto da anni,
questo è il secondo passo verso l'introduzione dei principi di sostenibilità
economica come cardine della disciplina di riparazione e bonifica ambientale.
Già nel 2008, l'art.242
dello stesso stesso era stato modificato e al testo, i “costi sostenibili”
erano stati introdotti tra i “criteri per la selezione e l'esecuzione degli
interventi di bonifica e ripristino ambientale, di messa in sicurezza operativa
o permanente, nonche' per l'individuazione delle migliori tecniche di
intervento a costi sostenibili”. E il diritto alla salute? L'analisi del
rischio ambientale? Nel testo Unico questi elementi compaiono, ma con la frase
introdotta al comma 1 del nuovo testo, sembrano rendersi vani.
Con
la modifica dell’art.243, viene cambiato lo scopo stesso degli interventi di
bonifica da “rimozione delle fonti inquinanti” a “attenuamento della diffusione
della contaminazione”, facendo irrompere sulla scena il carattere
emergenziale dell’intervento.
La
dicitura “attenuamento del rischio” è infatti caratteristica di una prima messa
in sicurezza dei siti contaminati, secondo il Testo Unico, a cui devono però
succedere la messa in sicurezza operativa ed un eventuale messa in sicurezza
permanente, di cui al nuovo articolo non vi è traccia.
Nessuna
prevenzione, nessun obbligo e nessuna coerenza con la definizione di “danno
ambientale” inclusa nell’art.300 che definisce lo definisce come “qualsiasi deterioramento
significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale
provocata (…) al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio
significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a
seguito dell'introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze,
preparati, organismi o microrganismi nocivi per l'ambiente. E qui arriviamo al
punto chiave del decreto beffa, dal punto di vista dei diritti dell’individuo:
il rischio di compromesso dello stato di salute delle persone dovuto alla
contaminazione di un territorio o delle falde acquifere.
Il
trattamento di bonifica diventa quasi opzionale, solo quando non è possibile
fare altro. Ma se il “rischio sanitario” resta “accettabile” le vie da
percorrere meglio che siano altre, e preferibilmente sostenibili
economicamente. Quando il grado degli effetti nocivi sulla salute umana si a
“accettabile” resta ancora un gran mistero. Quando una malattia può essere
accettabile? Non si parla più di eliminare le cause di contaminazione come
obiettivo primario, ma far rientrare l’onda entro un certo limite di
“diffusione” della contaminazione.
A
livello giuridico, questa parte del decreto sembra cozzare con una più ampia
normativa, tanto europea quanto internazionale. A seguito della dichiarazione
di Rio del 1992, con il Trattato di Maastricht l'Unione Europea recepì il principio
di precauzione come caposaldo della giurisprudenza in materia ambientale,
ad oggi integrato nel Trattato di Funzionamento dell'Unione Europea del 2009.
Elencato tra gli obiettivi e i principi della politica ambientale dell'Unione,
il principio di precauzione può essere invocato anche qualora il rischio non
sia determinato con certezza scientifica, ma siano presenti effetti anche solo
potenzialmente pericolosi per la salute e l'ambiente. Ma non solo. Volendo
proprio fare le pulci, è difficile capire come la nuova normativa possano
restare in equilibrio con più ampi principi di difesa dei diritti umani, quali
l'art.25 delle Dichiarazione Universale secondo cui "ogni individuo ha
diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il
benessere proprio e della sua famiglia" con particolare riguardo
all'alimentazione, all'abitazione e alle cure mediche.
A
livello nazionale, lo stesso Testo Unico Ambientale recepisce tale principio,
obbligando gli enti pubblici e privati, nonché le persone fisiche, ad agire in
virtù della precauzione e ad impegnarsi alla correzione alla fonte dei
danni causati all'ambiente, nonché al principio di “chi inquina paga”. Dulcis
in fundo, il nuovo scintillante art.243 sembrerebbe non rispettare la stessa
Costituzione Italiana che all'art.2–32 diritto ambiente salubre, connubio tra
ambiente e salute, che include la protezione delle condizioni indispensabili “o
anche solo propizie” alla salute dell'uomo. Se la crisi ci impone tagli e
riforme, non è della tutela di un diritto fondamentale quale quella della
salute che possiamo fare a meno.
Addio bonifica. Benvenuta grande impresa.
Ultimo, ma non per importanza, aspetto della modifica di questo
piccolo ma potente articolo, l'opzionalità della bonifica avrà delle forti
conseguenze sulla responsabilità delle più grandi imprese del paese. Basti
pensare a territori come Marghera, Porto Torres, Taranto, solo per fare alcuni
nomi, da anni in attesa di bonifiche e risanamenti che le grandi imprese
potrebbero ora non essere più costrette a mettere in atto. La speranza di un
risanamento ambientale potrebbe svanire, così come l'attribuzione della responsabilità
penale delle imprese contaminanti.
Di
tutto ciò è necessario parlare e capire che cosa possa nascondersi dietro
alcuni piccola comma che, a ben guardare, hanno il potere di sconvolgere il
nostro sistema di diritti.
Il
primo passo di questo governo spaventa, fa riflettere sul potere dell'economia
e delle grandi imprese nel nostro paese e di come questa lunga ed estenuante
crisi economica possa diventare lo strumento per far entrare nelle nostre
normativi i dogmi del neoliberismo.
Matilde Cristofoli / A Sud
COMUNICATO STAMPA
Inoltriamo
di seguito il comunicato diffuso oggi dal Forum Italiano dei Movimenti per
l'Acqua:
Addio Bonifiche, il Governo
Letta condanna per Decreto la tutela delle falde acquifere: chi inquina
non pagherà più
Appello al Ministro
dell'Ambiente Orlando per la tutela della qualità dell'acqua
Altro che il principio “chi
inquina paga”, con il cosiddetto “Decreto del Fare” festeggiano gli
inquinatori, viene messa a rischio la salute dei cittadini e la qualità
dell'acqua delle falde, un patrimonio comune di straordinaria importanza per
la vita del paese.
Da circa un anno si erano moltiplicati i
tentativi per inserire di straforo nei vari decreti urgenti, senza alcun
confronto pubblico preliminare con i cittadini, una contro-riforma sulle
bonifiche. Ora il Governo Letta e le lobby industriali hanno introdotto nel
cosiddetto “Decreto del Fare” una norma di modifica del testo Unico
sull'Ambiente D.lgs. 152/2006 che fa ritornare all'anno zero il settore delle
bonifiche.
Si legge nel decreto “Nei casi in cui le
acque di falda determinano una situazione di rischio sanitario, oltre
all'eliminazione della fonte di contaminazione ove possibile ed
economicamento sostenibile, devono essere adottate misure di attenuazione
della diffusione della contaminazione”. La qualità dell'acqua è subordinata
alle logiche economiche, da oggi se chi inquina è d'accordo, si attenuerà
l'inquinamento senza eliminare le sue fonti. E' assolutamente grave che venga
inserito il principio della sola “attenuazione” dell'inquinamento anche in
presenza di rischio sanitario conclamato.
In Italia circa il 3% del territorio è
gravemente inquinato e classificato nei Siti di Interesse Nazionale per le
Bonifiche in cui gli interventi sono gestiti direttamente dal Ministero
dell'Ambiente. In realtà oltre a queste situazioni estreme (da Priolo a
Bussi, passando per Taranto, Brindisi, Brescia ecc.) si aggiungono una
miriade di siti inquinati o potenzialmente inquinati sparsi su tutto il
territorio nazionale la cui procedura di bonifica nella stragrande dei casi
viene seguita dai comuni (si stimano in diverse migliaia, da discariche
incontrollate a pozzi inquinati).
Recentemente lo Studio SENTIERI
dell'Istituto Superiore di Sanità ha dimostrato l'enorme impatto sanitario
dell'inquinamento, con migliaia di morti in più rispetto all'atteso nei 37
siti monitorati.
In questo contesto che richiederebbe la
messa in cantiere della vera grande opera, la bonifica del territorio
italiano, il Governo Letta ha introdotto una norma sull'inquinamento delle
falde acquifere che azzera ogni possibilità di bonifica definitiva delle aree
inquinate, subordinando gli interventi di bonifica agli interessi economici
di chi inquina anche in caso di concreto rischio sanitario.
Secondo Enzo Di Salvatore, professore di
Diritto Costituzionale all'Università di Teramo «Subordinare l'eliminazione
della fonte di inquinamento oltreché a possibilità tecniche anche al
presupposto che ciò sia economicamente sostenibile per il privato che inquina
si sostanzia in una prevalenza degli interessi economici del privato sul
diritto alla salute e all'ambiente salubre. Ciò viola anche il diritto
dell'Unione europea e segnatamente il principio chi inquina paga».
Il Forum Italiano dei Movimenti per
l'Acqua lancia un appello al Ministro dell'Ambiente Orlando, che ha
dichiarato il tema della tutela dell'acqua tra quelli prioritari per il suo
mandato, affinché il Governo riveda profondamente una posizione del tutto
inaccettabile su un bene comune come l'acqua.
Il Forum chiede ai
parlamentari di tutti i gruppi di intervenire per stralciare o almeno
modificare profondamente le norme dal provvedimento nell'iter di conversione
in legge in modo da rendere le norme realmente utili alla tutela della
qualità dell'acqua.
Il Forum metterà in campo una serie di
iniziative per contrastare quest'attacco all'accesso all'acqua potabile che
l'ONU ha sancito essere un diritto umano, essenziale al pieno godimento della
vita e di tutti i diritti umani.
Roma, 5
Luglio 2013
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