SGS
Il
capitalismo pandemico
Nei
paesi in cui prevalgono le moderne condizioni finanziarie, le catastrofi non
sono problemi di un futuro più o meno prevedibile, ma fanno parte della vita quotidiana:
sono il presente. Poiché le catastrofi non si possono più negare, i leader di
oggi non si fanno scrupoli nel proclamarle ad alta voce mentre gli esperti al
loro servizio ne danno conferma con grande accompagnamento mediatico, per poi proporsi
come gli unici in grado di gestirle. Chiedo scusa di dire che tale gestione
presuppone il mantenimento del regime sociale che l'ha provocata, il
capitalismo, poiché la sua indiscutibilità è implicita nel catastrofismo
dominante, ma implica anche forme politiche di eccezione tipiche delle
situazioni di crisi che richiedono la soppressione di alcuni diritti e libertà.
Ci riferiamo a forme dittatoriali. Per ottenere l'acquiescenza della
maggioranza della popolazione non saranno necessarie troppe procedure
coercitive, poiché, ridotta in servitù per il timore trasmesso dalle versioni
ufficiali, la gente piegherà di buon grado il capo senza bisogno di ordini perentori,
e sarà anche disposta a denunciare i disobbedienti degeneri. L'ordine stabilito
ha mezzi sufficienti per falsificare ogni genere di informazione sconveniente,
con il semplice metodo di zittirlo e invadere i media con qualsiasi sostituto,
la cui veridicità resta inverificabile. Così, di fronte a questa valanga di
manipolazioni interessate, balletti di cifre e diagnosi incontrovertibili,
l'opinione pubblica scomparirà e la scomoda verità difficilmente riuscirà a
trovare vie d'uscita. La propaganda per una sopravvivenza tutelata e regolamentata
scorrerà incontrastata nel mezzo di una psicosi indotta e il resto verrà dalla
mano di un'incontestata criminalizzazione del dissenso sotto forma di
emarginazione colpevole, multe e sanzioni.
L'episodio pandemico sarebbe l'ultima catastrofe venuta (che non
esclude l'arrivo di altre) con un impatto maggiore delle precedenti proprio per
le misure drastiche decretate per regolare la vita quotidiana comune, con
scarsi effetti sulla salute, ma con evidenti conseguenze psicologiche,
economiche e sociali ancora a venire. Ovunque i parlamenti hanno abdicato
quando i governi hanno ceduto la decisione a esperti e tecnici -per niente
indipendenti poiché, condizionati dai loro datori di lavoro e corrotti dai loro
sponsor- che hanno ribaltato la bilancia a favore di una dittatura
tecno-sanitaria. Sotto la già citata dittatura medico-politica, i vertici
dovevano risolvere crisi interne e le multinazionali farmaceutiche ottenere
profitti immensi, mentre il mondo avrebbe continuato a digitalizzarsi e
riorganizzarsi sulla base di imperativi finanziari coadiuvati da tecnologie d'avanguardia.
L'assorbimento dello Stato da parte dei "mercati" è stato perlomeno accelerato,
grazie agli acquisti di obbligazioni e di fondi di recupero da parte delle
banche centrali e dell'Unione Europea. I grandi fondi d’investimento continuano
a dominare il mercato dei capitali “a pieno regime”. Vediamo lo stesso effetto
di assorbimento in tutto ciò che riguarda la "transizione ecologica"
o la salute, quindi non possiamo fidarci di uno sviluppo
"sostenibile", né di una scienza medica che, lontana dalla conoscenza
oggettiva, segue le tracce del potere e del denaro. Quelli che parlano di più
in suo nome sono quelli che mentono meglio, e non hanno smesso di farlo.
Sostenibilità e medicina, divenendo strumenti della politica e dell'economia,
si trasformano in montaggio, messa in scena, spettacolo.
Alcuni sostengono che la pandemia sia stata avviata o simulata
per evitare il crollo dei mercati azionari. Secondo quest’analisi, in realtà,
si tratterebbe quindi di un'operazione di salvataggio finanziario con il pretesto
del virus attraverso la quale la Federal Reserve manovrerebbe per coprire i
buchi del mercato dei prestiti interbancari ed evitare al contempo la
conseguente inflazione. Secondo questa ipotesi che chiameremmo
dell'"implosione", le iniezioni di liquidità nella finanza, partendo dal
nulla, hanno richiesto la momentanea paralisi dell'"economia reale"
attraverso una spartizione quasi militare della società, cosa che non poteva riuscire
senza una minaccia mortale, relativamente facile da inventare, venuta a
molestare una popolazione ossessionata dalla salute dalle manovre pubblicitarie
dell'ambientalismo capitalista. Una massa, controllata, sottomessa e
spaventata, correrebbe senza porre domande in qualunque luogo dove le
inoculassero qualunque rimedio, trasformando di colpo gli oligopoli
farmaceutici nel settore più redditizio possibile dell'economia globale, e
quindi, per interesse, il più allarmista. Le grandi multinazionali farmaceutiche
sarebbero così in ultima analisi le responsabili finali dell'intensa
mobilitazione delle legioni mediatiche, delle autorità sanitarie e degli
esperti non ufficiali, propriamente militari, a favore dei confinamenti, del
distanziamento, mascherine, quarantene, coprifuoco e vaccini. In definitiva, la
situazione potrebbe durare quanto richiesto dai giocolieri della finanza,
poiché i risultati ottenuti nella "guerra" contro il virus potrebbero
essere manipolati a piacimento. Un cattivo risultato potrebbe essere colpa
della popolazione per non aver rigorosamente rispettato le misure
impraticabili, o a causa di pericolose varianti virali in agguato. Secondo
questa ipotesi, una volta risolto il vero problema, avverrebbe il miracolo
della guarigione, o come si direbbe oggi, della riduzione del virus a "influenza".
Insomma, la pandemia sarebbe stata solo un altro avatar, il più sconcertante,
della postmodernità neoliberista.
L'ipotesi precedente non si allontana sufficientemente dalle
teorie del complotto, né sfugge al sospetto di amalgamare la gallina e l'uovo,
confondendo le cause con gli effetti. È difficile provare un machiavellismo
così contorto tra i centri decisionali mondiali, quando così tante prove di
irresponsabilità e stupidità sono state fornite dalle loro posizioni più
altolocate. È più plausibile pensare che quando un ente subordinato alle
multinazionali come l'OMS ha dichiarato una "emergenza sanitaria pubblica
di portata internazionale" il 30 gennaio 2020, il momento è stato colto
dai diversi settori della classe dirigente per evocare i propri mali e
migliorare le proprie aspettative, ciascuno spingendo il carrello a modo
proprio. È quindi evidente che la conversione di un'infezione sconosciuta di
bassa letalità in una piaga biblica di notevole mortalità ha avuto a che fare
con la confluenza di potenti e spuri interessi occulti dietro il chiasso delle
notizie e i sinistri discorsi delle star dei media. Tali interessi erano
principalmente finanziari, commerciali e politici, tutti legati tra loro grazie
alle grandi case farmaceutiche. Ora, visto che c’è una pandemia, qual è stata la
sua origine?
La segretezza è una delle caratteristiche principali del dominio
contemporaneo. Le tracce vengono cancellate e quindi nulla può essere provato,
ad esempio l'ipotesi della fuga del chimerico Sars-CoV-2 da un laboratorio
cinese. Sembra il più probabile e ci sono rapporti confidenziali da parte di
agenzie che lo contemplano. Alcuni organi di informazione con un grado di
indipendenza maggiore rispetto alla maggior parte, affidandosi a ricercatori
critici, hanno pubblicato articoli sull'argomento. Infatti, nella metropoli di
Wuhan (e in altre) ci sono centri che indagano sui coronavirus, alcuni
finanziati dagli American National Institutes of Health o dal governo francese.
Siamo interessati alla cosiddetta ricerca "guadagno di funzione", che
cerca di alterare i virus per renderli trasmissibili al fine di anticipare il
lavoro della natura e disporre di trattamenti e vaccini disponibili nel momento
in cui tali virus causano zoonosi da soli. Gli incidenti che si verificano
nei suddetti laboratori non sono rari e la biosicurezza non è quella che ci si
aspetterebbe. Ci sono state segnalazioni di contagio, in particolare quelle
prodotte nel 2019, perché riguardavano una Sars vicina al nostro protagonista.
Il divieto di accesso ad alcuni luoghi da parte delle autorità cinesi, la
distruzione delle banche dati, la pressione morale quasi terroristica sui
virologi dissidenti, ma soprattutto il mancato ritrovamento di un virus uguale
in natura, il fiasco del gruppo di esperti internazionali inviato a Wuhan
dell'OMS e la lettera pubblicata su "The Lancet" firmata da pontefici
della scienza ufficiale che assicurano liberamente l'origine naturale del
virus, ci costringono a pensare all'incidente.
L'esagerazione maliziosa della malattia Covid 19,
unilateralmente definita pandemia, e le misure non preventive ma estreme
raccomandate dall'OMS che hanno bloccato l'economia produttiva, avrebbero
dovuto offrire l'immagine dei governi -che colti di sorpresa hanno ignorato
tutto- con la situazione sotto controllo. L'apparizione dei portavoce di governo non dava
quell'impressione, ma l'isteria collettiva che i loro scopi pacificatori
stavano scatenando preparava il terreno per i nuovi vaccini, o meglio, per le
terapie geniche con quel nome. Non si può dire con certezza che i problemi
finanziari fossero allora al centro delle preoccupazioni dei vertici mondiali,
ma non c'è dubbio che i vaccini fossero visti come l'affare del secolo. Gli Stati
hanno effettuato acquisti massicci senza alcuna garanzia di efficacia o
sicurezza, non conoscendo l'esatta composizione del prodotto e sopportando il
costo del risarcimento in caso di effetti secondari. La salute pubblica ha
continuato a essere semi-smantellata mentre il denaro fluiva verso la società
privata e determinava i passi da seguire. Non si poteva conoscere il numero dei
contagiati dal momento che i test di controllo non erano affidabili, ma si
sapeva che la stragrande maggioranza era asintomatica, non si ammalava. I
vaccini si sono rivelati poco efficaci e la loro capacità di immunizzazione
bassa. Nonostante la maggioranza della popolazione fosse stata vaccinata, si
stavano verificando "ondate" di infezioni. I vaccinati non solo potevano
trasmettere il virus, ma ammalarsi e morire come i non vaccinati. Inoltre, sono
emerse complicazioni associate ai vaccini come trombi o miocarditi: alla fine,
i vaccini non proteggevano molto, né erano molto sicuri. La soluzione data al
problema rientra nella logica folle di un sistema autoritario in cui
predominano gli interessi privati: aumentare le dosi, mantenere misure
restrittive sproporzionate e penalizzare gli oppositori della vaccinazione, i
non credenti, il nemico che deve essere neutralizzato. Chiariamo, tuttavia, che
l'opposizione ai vaccini risale a una vecchia controversia medica che
privilegiava la correzione dello squilibrio organico responsabile delle
infezioni rispetto al vaccino. Il corpo doveva diventare avverso ai germi, cioè
autoimmunizzarsi, attraverso abitudini igieniche, esercizio fisico,
alimentazione sana e sviluppo delle difese, non attraverso l'inoculazione di
agenti patogeni. In passato, la medicina naturopatica ha avuto un'accoglienza
speciale negli ambienti libertari, come testimoniano numerose pubblicazioni.
Attualmente ci sono minoranze che la professano, ma la promiscuità
megalopolitana ne impedisce l'applicazione e la farmacopea industriale la
denigra come negazionista.
Quando la pandemia sarà finita, niente sarà più come prima. La
grande reinizializzazione che alcuni annunciano significherà soprattutto un
salto di qualità nell'innovazione tecnologica e nella digitalizzazione di tutte
le attività legate all'amministrazione, alla salute, al lavoro, alla cultura e
all’ozio. Si parla addirittura di “digitalizzare il territorio”. La
sottomissione a condizioni peggiori è catalogata dagli esperti come
«resilienza», un importante tentativo di banalizzare il rischio e la
vulnerabilità che le catastrofi comportano. L'attesa della pandemia ha fornito
un'opportunità per la modernizzazione e il dominio che le élite di questo mondo
non trascureranno. Le finanze si ricompongono, l'"internet delle
cose" avanza, l'industria e i servizi si automatizzano, l'ingegneria
genetica rimuove le barriere etiche, l'economia insomma nasconde con vernice
verde la sua fragilità. Gli Stati perfezionano i loro metodi autoritari di
sorveglianza e mobilitazione, la disinformazione e la paura diventano i
principali strumenti di governo, schermi e applicazioni mediano assolutamente
le relazioni sociali e l'essere umano iperconnesso, in questa fase del
capitalismo, si trasforma in un minuscolo algoritmo alloggiato all'interno
della gigantesca tele macchina globale. Sempre nell’attesa che quella
sensazione generale di disgusto che ci invade superi i limiti del sopportabile
e la demolisca.
Miguel Amoros, il 5 febbraio 2022 ad
Anònims (Granollers).Presentazione dei libri delle edizioni Lazo «Contagio
social. Guerra di classe microbiologica in Cina” e “Coronavirus, crisi e confinamento”.
Mio commento anche in seguito
alla lettura del Manifesto
cospirazionista:
Caro Miguel,
Mi conosci abbastanza, credo per
non dubitare che non sono ignaro del sistema né della sua capacità (propensione
testarda e complessa nella sua banalità totalitaria) a utilizzare ogni
pretesto, ogni situazione per battere il chiodo dell’artificializzazione
definitiva della vita sociale con tutto quello che ciò comporta.
Ho letto il tuo testo con attenzione e interesse e, come ti avevo già detto, condivido la visione olistica del dominio così come la tua descrizione critica della strategia del potere di fronte alla pandemia. Un metodo che, del resto, è sempre lo stesso, esercitato su tutti i fronti della guerra sociale. Per i dominanti il virus è solo una variante di sfruttamento, alienazione, reificazione.
Infine, su quanto già detto, mi sono confermato nelle mie
convinzioni che sono soprattutto i miei dubbi. Quello che mi infastidisce è il
miscuglio di fatti e supposizioni di cui non abbiamo prove, una confusione di
cui approfittano certi agit-prop virtuali per amalgamare ripetutamente, alla
rinfusa, certezze e possibilità. Questo mi sembra un punto debole imbarazzante
per la critica radicale. I nostri nemici sono assassini, sì, ma non tutte le
morti sono omicidi e non tutti gli omicidi sono atti dello stesso assassino. Altrettanto
che, se tutti i decessi attualmente conteggiati non sono certamente dovuti al
covid, tutt'altro, meno ancora, però, sembrano plausibilmente dovuti al
vaccino.
Per combattere il sistema dobbiamo fornire la prova di ciò che
sospettiamo, altrimenti sospettiamo in tondo e le critiche si rivoltano contro
di noi. Quello che sappiamo con certezza sul produttivismo e sul capitalismo è
già abbastanza grave per denunciare il loro diritto all'esistenza; manca
piuttosto la pratica collettiva di un'alternativa concreta e diffusa per
scuotere il vecchio mondo. Il sistema lo sa bene, al punto di basare tutta la
sua propaganda su questa debolezza per consolidare, anzi aumentare, le file dei
servitori volontari. Il che non è insignificante o folcloristico, perché se
continuiamo solo in numero limitato a essere determinati a combattere il
Leviatano produttivista in modo radicale, non ci sono possibilità di successo.
Ci manca il tempo, quello delle nostre vite individuali avviate alla fine, ma
anche il tempo collettivo, tra psicogeografia ed ecologia radicale.
Immagina dunque i radicali di una volta che sospettano – a
ragione, ovviamente – il capitalismo di essere un sistema di sfruttamento, solo
per deduzione sospetta, per intuizione intelligente, senza fornire prove
concrete e inconfutabili delle loro convinzioni. Senza la critica dell'economia
politica sviluppata con spirito e metodo scientifico, sarebbe emersa una
coscienza di classe che ha saputo trasformare le jacqueries in rivoluzioni
anche se, ahimè, incompiute e tradite dal suprematismo e dall'industrialismo
produttivista trionfante? Chiamiamola come diavolo vogliamo, ma una nuova
coscienza che sia il superamento della vecchia coscienza di classe sconfitta
dal consumismo è indispensabile per la nostra specie.
Oggi, la vaccinazione a cui il sistema ci ha spinto per le sue
cattive e inconfessabili ragioni ha funzionato, infatti, come un referendum di
mancanza di iniziativa popolare (RMIP) di cui dobbiamo tenere conto se siamo
ancora sostenitori di una democrazia acratica. I vaccinati non sono reazionari,
i non vaccinati non sono rivoluzionari. Invertendo i fattori il prodotto non
cambia. Siamo di fronte a due gestioni autonome e oggettivamente ignoranti
della stessa alienazione. Non c'è vergogna in questo se abbiamo il coraggio
intellettuale di riconoscerlo e tenerne conto per superarlo.
La linea di demarcazione è piuttosto e sempre tra i suprematisti
di ogni tipo e gli acratici di ogni disobbedienza. Perché io, ad esempio, non
ho mai seguito nessun diktat di un potere che combatto il più felicemente
possibile, da un mezzo secolo abbondante, con le mie scelte di vita e i miei
modi di proteggermi. Si può discutere se ho ragione o torto, ma non permetto a nessun
commissario del popolo di giudicare la mia scelta e decidere per me. Come tanti
altri, anche oggi, disprezzando le pressioni quanto i privilegi che ne derivano,
ho fatto la mia scelta, discutibile e mutevole quanto la scelta contraria.
Opporre gli ebrei ai comunisti, gli omosessuali agli zingari,
non ha aiutato ad aprire le porte di nessun ghetto concentrazionario, vero? Al
contrario, la guerra civile in vitro rafforza il suo filo spinato ideologico. È
sulla base di questa osservazione che non condivido né il titolo né le conclusioni
filosofiche e politiche del recente "Manifesto cospirazionista" che
mi sembra accentuare le posizioni del "comitato invisibile",
movimento in cui, secondo me, si dissimulano male dei leninisti che si ignorano
(ma questi intellettuali tiqunisti si
ignorano davvero?).
Segno dei tempi, queste anime
buone, folgorate sulla via di Damasco da una rivoluzione che, a sentir loro,
sta arrivando senza che nessuno sappia veramente quando e come, si autoproclamano
scismatiche e non eretiche della religione dominante e avanzano mascherate,
come un segno dei nostri tempi, sotto la protezione ideologica del loro
Comitato Centrale invisibile. Ti risparmio il resto dell'analisi che ho fatto
dopo aver letto questo manifesto cospirazionista, i cui sospetti ampiamente
diffusi sono spesso intelligenti e pertinenti. Tuttavia, non c'è bisogno di
cospirare attorno al totem della pandemia per sapere che “i potenti” ci
prendono in giro. Il produttivismo transumanista basta come novità putrefatta
di una vecchia pantomima.
Il cospirazionismo teorizzato da questi prositus
antisituazionisti scivola così ai miei occhi nell'ideologia del complotto,
mentre l'etimologia della parola "cospirare" è invece piuttosto ricca
del desiderio costruttivista di "respirare insieme". Ammetto che all’apologia
dell'anima, supremo scoop filosofico, ultimo spettacolo pirotecnico di questo
testo molto ben messo in scena e puntualmente nelle librerie, come l'alluvione
dopo la tempesta, preferisco di gran lunga l'elogio dell'energia vitale e del
mutuo soccorso di cui la rivoluzione sociale è portatrice quotidianamente. È
quindi con una strizzatina d'occhio che chiudo questo piccolo amichevole
contributo a un dialogo costruttivo tra noi, parafrasando, a memoria, il
giovane Marx della Gazzetta Renana:
"La rivoluzione politica (mutatis mutandis, questa cospirazione politica
che, en passant, si proclama vendicatrice) ha sempre un'anima angusta, la
rivoluzione sociale (questa cospirazione sociale dove si respira insieme la
gioia di vivere nel rifiuto di servire) ha sempre in sé un'anima universale».
Con la mia amicizia, sergio
Ulteriore messaggio di Miquel:
Caro Sergio,
Ti mando l'ultima versione della mia bozza. Non credo che tu
abbia letto bene la versione precedente. Ho voluto soffermarmi su quanto
sappiamo della vicenda sars-cov-2, mostrare ai combattenti della resistenza una
visione panoramica e sintetica della questione, partendo dalla riflessione di
Debord sull'impero del segreto e sulla distruzione della ragione, quindi, dalla
verità. Quando il falso è irresponsabile, i mezzi per farsi un'idea, per
formulare un'opinione obiettiva, sono gravemente carenti. In queste condizioni,
evolviamo tra ipotesi. Ho cercato di discernere il più veritiero, ecco tutto.
Possiamo dedurlo a contrario, ma possiamo anche leggere quanto pubblicano su
questo argomento Le Monde, The Economist, Le Point o La Décroissance. Inoltre
si possono ascoltare i ricercatori dissidenti. Ci sono crepe nel consenso che
ci permettono di fare ipotesi credibili senza abbandonare il terreno
dell'obiettività. Questo non ci avvicina in nessun modo alla cospirazione dei
comitati postmoderni "invisibili".
Ciao M.
E la mia risposta:
grazie Miguel, specifico che aver criticato il Manifesto cospirazionista alla fine del messaggio
non intendeva affatto confonderti con loro. Indica piuttosto dove secondo me
c'è una deriva che non condivido e critico. Condivido ciò che mi hai appena
scritto, che spiega meglio il tuo approccio e che avevo capito, credo, perché
anch'io non mi privo di alcuna congettura utile per capire. Prendendo, invece,
le distanze dal radicalismo spettacolare, intendo semplicemente sottolineare la
linea di demarcazione tra suprematismo e sensibilità acratica che condivido – a
modo mio, indipendentemente dalle scelte possibili e dalle diverse analisi –
con te, Raoul e, per fortuna, con un buon numero di altri compagni (ma non
abbastanza numerosi per i miei gusti).
Un abbraccio Sergio
Echanges
sur le pont vers un nouveau monde qui n’existe pas encore
Je vous
propose cet échange entre moi et Miguel Amorós comme une modeste contribution à
désépaissir le brouillard du confusionnisme déferlant et du détournement
spectaculaire en cours de la question sociale. SGS
El capitalismo pandémico
En los países donde imperan las
condiciones financieras modernas, las catástrofes no son cosa de un futuro más
o menos previsible, sino que forman parte de la cotidianidad: son el presente.
Puesto que ya no se pueden negar, las catástrofes son algo que los líderes
actuales no tienen empacho en proclamar de viva voz, y los expertos a su
servicio, en confirmar con gran acompañamiento mediático, para acto seguido
postularse como los únicos capaces de gestionarlas. Excusamos decir que tal
gestión presupone el mantenimiento del régimen social que las ha provocado, el
capitalismo, puesto que su incuestionabilidad está implícita en el
catastrofismo dirigente, pero además, implica formas políticas de excepción
típicas de los estados de alarma, que requieren la supresión de determinados
derechos y libertades. Nos referimos a formas dictatoriales. Para conseguir la
aquiescencia de la mayor parte de la población no harán falta demasiados
procedimientos coactivos, ya que, reducida esta a la servidumbre por el miedo que
transmiten las versiones oficiales, inclinará la cerviz sin necesidad de
órdenes perentorias, e incluso se mostrará dispuesta a delatar a los
descarriados que las desobedezcan. El orden establecido dispone de medios
suficientes para falsificar todo tipo de información inconveniente por el
sencillo método de silenciarla e invadir los medios con cualquier sucedáneo,
cuya veracidad jamás podrá comprobarse. Así pues, ante esa avalancha de
manipulaciones interesadas, bailes de cifras y diagnósticos incontrastables, la
opinión pública desaparecerá y la incómoda verdad difícilmente podrá encontrar
vías de salida. La propaganda por una supervivencia tutelada y reglamentada
discurrirá sin oposición notable en medio de una psicosis inducida, y el resto
vendrá de la mano de una criminalización sin réplica de la disidencia en forma
de marginación culpable, multas y sanciones.
El episodio pandémico sería la
última catástrofe habida (que no excluye otras venideras) de un impacto mayor
que las anteriores precisamente por las drásticas medidas decretadas para
regular la vida cotidiana del común, de escaso efecto en la salud, pero de
evidentes consecuencias sicológicas, laborales y sociales. En todas partes, los
parlamentos abdicaron, cediendo los gobiernos la decisión a los expertos y
técnicos -en absoluto independientes, ya que están condicionados por sus
empleadores y sobornados por sus patrocinadores- quienes han inclinado la
balanza en favor de una dictadura tecno-sanitaria. Bajo la susodicha dictadura
los dirigentes habían de atajar crisis internas y las multinacionales
farmacéuticas tenían que obtener inmensos beneficios, mientras que el mundo
seguiría reorganizándose en función de los imperativos financieros asistidos
por tecnologías punteras. Como poco, se ha acelerado la absorción del Estado
por «los mercados» gracias a las compras de bonos y los fondos de recuperación
por parte de los bancos centrales y la Unión Europea. Los grandes fondos de
inversión continúan llevando la batuta en un mercado de capitales «a pleno
rendimiento». Igual efecto de absorción comprobamos en todo lo relativo a la
«transición ecológica» o a la salud, luego no podemos fiarnos de un
desarrollismo «sostenible», ni de una ciencia médica que, alejados del
conocimiento objetivo, siguen el rastro del poder y del dinero. Quienes más
hablan en su nombre, son los que mejor mienten, y no han parado de hacerlo. La
sostenibilidad y la medicina, al volverse herramientas de la política y la
economía, se transforman en montaje, puesta en escena, espectáculo.
Hay quien afirma que la pandemia
fue iniciada o simulada para evitar el hundimiento de los mercados bursátiles.
De acuerdo con ese análisis, en realidad, se trataría pues de una operación de
salvamento financiero con el pretexto del virus, mediante la cual la Reserva
Federal maniobraría a fin de tapar los agujeros del mercado de los préstamos
interbancarios y soslayar al mismo tiempo la inflación subsiguiente. Según esta
hipótesis que llamaríamos «de la implosión», las inyecciones de liquidez en las
finanzas desde la nada exigían la parálisis momentánea de la «economía real»
mediante un acuartelamiento casi militar de la sociedad, algo que no podría
efectuarse sin que una amenaza mortal, relativamente fácil de inventar, viniera
a acosar a una población obsesionada con la salud por los manejos publicitarios
del ecologismo capitalista. Una masa vigilada, sumisa y asustada correría sin
preguntar a cualquier sitio donde le inocularan un remedio, convirtiendo de
paso a los oligopolios farmacéuticos en el sector más rentable si cabe de la
economía global, y, por consiguiente, por interés, el más alarmista. Las
grandes corporaciones farmacéuticas serían así las responsables finales de la
intensa movilización de las legiones mediáticas, las autoridades sanitarias y
los expertos oficiosos, realmente militar, en pro de los confinamientos, las
distancias, las mascarillas, las cuarentenas, los toques de queda y las
vacunas. En último término, la situación podría prolongarse tanto como los
malabarismos financieros lo requirieran, pues los resultados obtenidos en la
«guerra» contra el virus podían manipularse a placer. Un mal resultado podría
ser culpa de la población por no cumplir a rajatabla las impracticables
medidas, o de peligrosas variantes víricas al acecho. De acuerdo con esta
hipótesis, solucionado el verdadero problema, sobrevendría el milagro de la
curación, o como ahora dicen, de la «gripalización». En definitiva, la pandemia
no habría sido sino otro avatar, el más desconcertante, de la posmodernidad
neoliberal.
La hipótesis anterior no se
desmarca suficientemente de las teorías de la conspiración, ni escapa a la
sospecha de amalgamar el huevo y la gallina, confundiendo las causas con los
efectos. Es difícil de creer un maquiavelismo tan retorcido entre los centros
mundiales de decisión, cuando tantas pruebas de irresponsabilidad y estupidez
han proporcionado sus más altos cargos. Es más plausible pensar que cuando un
organismo supeditado a las multinacionales como la OMS declaró una «emergencia
de salud pública de alcance internacional» el 30 de enero de 2020, el momento
fue aprovechado por los diferentes sectores de la clase dominante para conjurar
sus males y mejorar sus expectativas, empujando cada uno el carro a su manera.
Resulta entonces evidente que la conversión de una infección desconocida de
baja letalidad en una plaga bíblica de mortaldad considerable obedeció a la
confluencia de poderosos intereses espurios ocultos tras el ruido de los
noticieros y los discursos agoreros de las vedettes mediáticas. Y esos
intereses eran principalmente financieros, comerciales y políticos, vinculados
todos entre sí gracias a las grandes empresas farmacéuticas. Ahora bien, puesto
que hay pandemia ¿cuál fue su origen?
El secreto es una de las características
principales de la dominación contemporánea. Las pistas se borran y por lo tanto
nada se puede probar, por ejemplo, la hipótesis de la fuga del quimérico
Sars-CoV-2 de un laboratorio chino. Parece la más verosímil y existen informes
confidenciales de agencias que la contemplan. Algunos medios de comunicación
con mayor grado de independencia que la mayoría, apoyándose en investigadores
críticos, han publicado artículos al respecto. En efecto, en la metrópolis de
Wuhan (y en otras) existen centros que investigan los coronavirus, algunos
financiados por Institutos Nacionales de Salud americanos o por el gobierno
francés. Nos interesan las investigaciones denominadas de «ganancia de
función», que buscan alterar los virus para volverlos transmisibles con el
objeto de anticiparse a la obra de la naturaleza y disponer de tratamientos y
vacunas en el momento en que tales virus originen zoonosis por su propia
cuenta. No son raros los accidentes que ocurren en los laboratorios
mencionados, y la bioseguridad no es la que cabría esperar. Han habido alertas
de contagios, particularmente las producidas en 2019, porque concernían a un
Sars cercano a nuestro protagonista. La prohibición del acceso a determinados
lugares por parte de las autoridades chinas, la destrucción de bases de datos,
la presión moral casi terrorista sobre los virólogos disidentes, pero sobre
todo, el no haberse encontrado un virus igual en la naturaleza, el fiasco del
grupo de expertos internacionales enviados a Wuhan por la OMS y la carta publicada
en «The Lancet» firmada por pontífices de la ciencia oficial asegurando
gratuitamente el origen natural del virus, obligan a pensar en el accidente.
La exageración maliciosa de la
enfermedad Covid 19, unilateralmente calificada de pandemia, y las medidas no
preventivas sino extremas recomendadas por la OMS que bloquearon la economía
productiva, debían ofrecer la imagen de unos gobiernos -que al ser pillados de
improviso ignoraban todo de todo- con la situación bajo control. La
comparecencia ante las cámaras de portavoces gubernamentales no daba esa la
impresión, pero la histeria colectiva que sus propósitos apaciguadores iban
desencadenando preparaba el terreno para lo que fuera, y por qué no, para las
nuevas vacunas sin verificar, o mejor dicho, para las terapias génicas con ese
nombre. No podemos aseverar con rotundidad que los problemas financieros
ocuparan entonces el centro de las preocupaciones de los altos ejecutivos del
mundo, pero no cabe duda de que las vacunas se vislumbraban como el negocio del
siglo. Los Estados efectuaron compras masivas sin ninguna garantía de eficacia
o seguridad, desconociendo la composición exacta del producto y corriendo con
los gastos por indemnización en caso de efectos secundarios. La sanidad pública
continuó semi-desmantelada mientras el dinero fluía hacia la empresa privada y
determinaba los pasos a seguir. La cantidad de contagiados no se podía saber
con precisión pues los tests de detección no eran fiables, pero se sabía que la
inmensa mayoría eran asintomáticos, no enfermaban. Las vacunas se revelaron
poco eficaces y su capacidad de inmunización se mostró pequeña. A pesar de una
mayoría de la población inyectada, las «olas» de contagios se fueron
produciendo. Los vacunados no solo podían transmitir el virus, sino que podían
enfermar y morir como los no vacunados. Además, surgieron complicaciones
asociadas a las vacunas como los trombos o las miocarditis: al final, las
vacunas ni protegían demasiado, ni tampoco eran muy seguras. La solución dada
al problema cae dentro de la lógica demencial de un sistema autoritario donde
predominan los intereses privados: incrementar las dosis, mantener las
desproporcionadas medidas restrictivas y penalizar a los adversarios de la
vacunación, al enemigo que había de ser neutralizado, con la imposición de un
pasaporte sanitario. Maticemos sin embargo que la oposición a las vacunas se
remonta a una vieja polémica médica entre los partidarios de Claude Bernard y
Louis Pasteur. Para los primeros primaba la corrección del desequilibrio
orgánico responsable de las infecciones sobre la vacuna. El cuerpo tenía que
volverse resistente a los gérmenes, o sea, autoinmunizarse, mediante los
hábitos higiénicos, el ejercicio, la alimentación sana y el desarrollo de las
defensas, no por medio de la inoculación de patógenos. En el pasado, la
medicina naturista tuvo especial acogida en los medios libertarios, tal como
testimonian numerosas publicaciones. En el presente, hay minorías que acuden a
ella, pero la promiscuidad megalopolitana impide su correcta aplicación y la
farmacopea industrial la denigra como negacionista.
Cuando remita la pandemia nada
volverá a ser como antes. La gran reinicialización que algunos anuncian
significará sobre todo un salto cualitativo en la innovación tecnológica y la
digitalización de toda actividad relacionada con la administración, la salud,
el trabajo, la cultura y el ocio. Se habla incluso de «digitalizar el
territorio». La sumisión a condiciones peores de supervivencia es catalogada
por los expertos como «resiliencia», intento dirigente de trivializar las
catástrofes. El stand by pandémico ha proporcionado una oportunidad de
modernización y dominio que las élites de este mundo no pasarán por alto. Las
finanzas se recomponen, progresa el «internet de las cosas», la industria y los
servicios se automatizan, la ingeniería genética suprime barreras éticas, la
economía en suma disimula su fragilidad con afeites verdes. Los Estados
perfeccionan sus métodos autoritarios de vigilancia y movilización, la
desinformación y el temor se erigen como principales instrumentos de gobierno,
pantallas y aplicaciones median absolutamente en las relaciones sociales, y el
ser humano hiperconectado, en esta fase del capitalismo, queda convertido en un
minúsculo algoritmo alojado dentro de la gigantesca telemaquinaria global.
Siempre a la espera de que esa sensación general de hastío que nos invade
rebase los límites de lo soportable y la averíe.
Miquel Amorós
Presentación
de los libros de Lazo ediciones «Contagio social. Guerra de clases
microbiológica en China» y «Coronavirus, crisis y confinamiento», el 5 de
febrero de 2022 en la Llibreria Anònims (Granollers).
Mon commentaire (suivant aussi ma lecture du Manifeste conspirationniste):
Cher Miguel,
Tu me connais assez, je crois, pour ne pas douter que je ne suis pas dupe
du système ni de sa capacité (propension têtue et complexe dans sa banalité
totalitaire) à utiliser chaque prétexte, chaque situation pour enfoncer le clou
de l’artificialisation définitive de la vie sociale avec tout ce que cela
comporte.
J’ai lu avec attention et intérêt ton texte et, comme je t’avais déjà dit,
je partage la vision disons holistique de la domination ainsi que ta
description critique de la stratégie du pouvoir face à la pandémie. Méthode qui
est d’ailleurs toujours la même, exercée sur tous les fronts de la guerre
sociale. Pour les dominants le virus n’est qu’une variante de l’exploitation,
de l’aliénation, de la réification.
Finalement, à propos de ce qu’on s’est déjà dit, je me suis confirmé dans
mes convictions qui sont surtout mes doutes. Cependant, ce qui me chiffonne est
le mélange des faits et des suppositions dont on n’a pas des preuves, confusion
dont certains agit-prop virtuels profitent pour amalgamer à répétition,
pêle-mêle, certain et possible. Cela me parait une faiblesse embarrassante pour
la critique radicale. Nos ennemis sont des assassins, d’accord, mais toutes les
morts ne sont pas des meurtres et tous les meurtres ne sont pas toujours les
faits d’un même assassin. Ainsi que, si tous les morts actuellement
comptabilisés ne sont pas dus au covid, loin de là, beaucoup moins encore,
semblent plausiblement dus au vaccin.
Pour combattre le système on a besoin d’apporter des preuves de ce qu’on
soupçonne, sinon on soupçonne en rond et la critique se retourne contre nous.
Ce qu’on sait avec certitude du productivisme et du capitalisme est déjà assez
grave pour en dénoncer le droit à l’existence ; ce qui manque cruellement est
plutôt la pratique collective d’une alternative concrete et diffuse pour
bousculer le vieux monde. Le système le sait bien qu’il fonde sur cette
faiblesse toute sa propagande pour consolider, voire augmenter, les files des
serviteurs volontaires. Ce qui n’est pas anodin ou folklorique, car si nous
continuons à être décidés à combattre de façon radicale le Léviathan
productiviste uniquement en nombre limité, il n’y a aucun chance de réussir. Le
temps nous manque, celui de nos vies individuelles finissantes, mais le temps
collectif aussi, entre psychogéographie et écologie radicale.
Imagine donc les radicaux d’antan soupçonner le capitalisme – bien à
raison, évidemment – d’être un système d’exploitation, uniquement par déduction
suspicieuse, par intuition intelligente, sans apporter des preuves concrètes,
irréfutables de leur convictions. Sans la critique de l’économie politique
développée avec un esprit et une méthode scientifiques, aurait-t-elle vu le
jour une conscience de classe qui a su transformer des jacqueries en
révolutions même si, hélas, inachevées et trahies par le suprématisme et
l’industrialisme productiviste triomphants ? Appelons-la comme diable nous
voulons, mais une conscience nouvelle qui soit le dépassement de l’ancienne de
classe vaincue par le consumérisme est indispensable à notre espèce.
Aujourd’hui, la vaccination à laquelle le système nous a poussé pour ses
mauvaises et inavouables raisons a fonctionné, en fait, comme un referendum de
manque d’initiative populaire (RMIP) dont on doit tenir compte si on est
toujours les partisans d’une démocratie acratique. Les vaccinés ne sont pas des
réactionnaires, le non vaccinés pas des révolutionnaires. Ni le contraire. On
est face à deux gestions autonomes et objectivement ignorantes d’une même
aliénation. Il n’y a pas de honte à cela si on a le courage intellectuel de le
reconnaître et en tenir compte pour le dépasser.
La ligne de démarcation est plutôt et toujours entre les suprématistes de
tout bord et les acratiques de toute désobéissance. Car moi, par exemple, je
n’ai jamais suivi aucun diktat d’un pouvoir que j’emmerde le plus joyeusement
possible, depuis un demi-siècle abondant, avec mes choix de vie et mes manières
de me protéger. Que j'aie raison ou tort on peut en discuter, mais je ne
permets à aucun commissaire du peuple de juger de mon choix et de décider à ma
place. Comme beaucoup d’autres, aujourd’hui aussi, en méprisant les pressions
autant que les privilèges à la clé, j’ai fait mon choix discutable et
modifiable autant que le choix contraire.
Opposer les juifs aux communistes, les homosexuels aux gitans, cela n’a pas
aidé à ouvrir les portes d’aucun ghetto concentrationnaire, n’est pas ? Au
contraire, la guerre incivile en vitro en renforce les barbelés idéologiques.
C’est à partir de ce constat que je ne partage pas ni le titre ni les
conclusions philosophico-politiques du récent "manifeste
conspirationniste" qui me parait accentuer les positions du "comité
invisible", mouvance où se cachent mal, selon moi, des léninistes qui
s’ignorent (mais s’ignorent-t-ils vraiment ces intellectuels tiqunistes ?).
Signe des temps, ces bonnes âmes
foudroyées sur la route de Damas par une révolution qui, à les entendre, vient
sans qu’on ne sache bien quand ni comment, s’autoproclament schismatiques et
non pas hérétiques de la religion dominante, avançant masqués, comme un signe
de nos temps, à l’abri idéologique de leur Comité central invisible. Je
t’épargne le reste d’analyse que j’ai fait après lecture de ce manifeste
conspirationniste dont les soupçons abondamment étalés sont souvent
intelligents et pertinents. Néanmoins, il n’y a pas besoin de conspirer autour
du totem de la pandémie pour savoir que « les puissants » se moquent
de nous. Le productivisme transhumaniste suffit comme nouveauté pourrie d’une
ancienne pantomime.
Le conspirationnisme dont ces prositus anti situationnistes font
l’apologie, glisse ainsi à mes yeux dans l’idéologie complotiste alors que
l’étymologie du mot « conspirer » est riche plutôt de la volonté
constructiviste de « respirer ensemble ». Je t’avoue qu’à l’apologie
de l’âme, scoop philosophique suprême, feu d’artifice final de ce texte très
bien mis en scène et ponctuellement en librairie comme l'alluvion après la
tempête, je préfère de loin l’éloge de l’énergie vitale et de l’entraide dont
la révolution sociale est porteuse au quotidien. C’est donc par un clin d’œil à
propos de l’âme que j’achève cette petite contribution amicale à un dialogue
constructif entre nous, en paraphrasant, de mémoire, le jeune Marx de la
Gazette Rhénane : « La révolution politique (mutatis mutandis, cette
conspiration politique qui, en passant, s’autoproclame vengeresse) a toujours
une âme étriquée, la révolution sociale (cette « conspiration sociale »
où on respire ensemble la joie de vivre dans le refus de servir) a toujours en
soi une âme universelle ».
Amitié sergio
Message ultérieur de Miquel :
Cher Sergio,
Je t'envoie la dernière version de mon
brouillon. Je crois que tu n'as pas bien lu la version antérieure. Je voulais
mettre au point ce qu'on sait de l'affaire sars-cov-2, montrer aux résistants
une vue panoramique et synthétique de la question, en partant de la réflexion
de Debord sur l'empire du secret et la destruction de la raison, donc, de la vérité.
Quand le faux est sans réplique, les moyens pour se faire une idée, pour
formuler une opinion objective, font cruellement défaut. Dans ces conditions on
évolue entre hypothèses. J'ai cherché de discerner la plus vraie, c'est tout.
On peut la déduire a contrario, mais aussi on peut lire ce qui publient à ce
sujet Le Monde, The Economist, Le Point ou La Décroissance. Aussi on peut
écouter les chercheurs dissidents. Il y a des fissures dans le consensus qui
nous permettent des suppositions crédibles sans abandonner le terrain de
l'objectivité. Cela ne nous approche pas de tout au complotisme des comités
postmodernes "invisibles".
Salut
M.
Et ma réponse:
merci Miguel, je te précise qu'avoir
critiqué en fin de message le manifeste conspirationniste n'entendait pas du
tout te rapprocher à lui. Plutôt indiquer où selon moi porte une dérive que je
ne partage pas et je critique. Je partage ce que tu me dis là, qui explique mieux
ta démarche et que j'avais compris je crois, car moi aussi je ne me prive pas
d'aucune conjecture utile à comprendre. En prenant, en revanche, les distances
du radicalisme spectaculaire, je veux simplement souligner la ligne de démarcation
entre suprématisme et sensibilité acratique que je partage – a modo mio, indépendamment des éventuels
choix et analyses differentes – avec toi, Raoul et, heureusement, pas mal d'autres camarades (mais pas
assez en nombre à mon gout) .
je t'embrasse sergio