Chaia Heller 2011
Se
nella vostra rivoluzione non si può ballare, io non vengo.
Emma Goldman
Abbiamo bisogno di ripensare il desiderio in termini sociali, piuttosto che
romantici o individualisti. Questo è fondamentale perché, mentre la nostra
società ci offre una varietà di modi per descrivere le molte dimensioni del
desiderio romantico e individualistico, c’è offerto un vocabolario irrisorio
con cui descrivere una comprensione sociale del desiderio.
Siamo saturati dalla retorica consumistica della "soddisfazione
personale", ma raramente sentiamo discussioni eloquenti sul desiderio di
una società libera e non gerarchica. La nostra società venera la fonte del
capitalismo, le cui acque insaziabili di avidità materiale e dominio sessuale
eliminano l'opportunità di coltivare il desiderio di rigenerare piuttosto che
esaurire le relazioni sociali ed ecologiche cooperative.
L'ecologia riguarda tanto il desiderio quanto il bisogno. Mentre gli
attivisti scendono in piazza per combattere gli organismi geneticamente modificati
che minacciano la sicurezza ambientale e sanitaria, prendono anche il controllo
delle strade, creando una richiesta carnevalesca di comunità, piacere e
significato. L'ecologia risponde a due esigenze, quindi: una quantitativa,
l'altra qualitativa. Nata dalla richiesta di abbastanza acqua, aria e terra per
sopravvivere, l'ecologia è anche la richiesta di una particolare qualità della
vita degna di essere vissuta.
Il desiderio di uno stile di vita ecologico porta in sé la
nascente richiesta di una società ecologica, una richiesta che ha implicazioni
potenzialmente rivoluzionarie. Perché una volta che traduciamo collettivamente
questo desiderio in termini politici, siamo in grado di sfidare un sistema
globale che immiserisce la maggior parte degli abitanti del mondo,
costringendoli a rinunciare ai loro desideri, abbassando le loro attese
ecologiche al livello di mero sostentamento o sopravvivenza. Mantenere un focus
sul desiderio all'interno del movimento ecologico mantiene viva la nostra
richiesta di soddisfazione, vitalità e significato, rafforzando la nostra
capacità di immaginare una società socialmente ed ecologicamente desiderabile.
Tuttavia, la domanda è che tipo di desiderio prenderà forma nei
movimenti ecologici e che tipo di "natura" sarà l'oggetto del
desiderio ecologico? Sarà un desiderio individualistico per una pura
"natura" concepita come esterna alla società? O sarà un desiderio
sociale, una voglia di far parte di una più grande collettività che sfida la
struttura della società per creare un mondo cooperativo ed ecologico?
Tuttavia, mentre dobbiamo ripensare la nostra comprensione del
desiderio, dobbiamo anche ripensare la nostra comprensione della natura. La
"natura" non può essere la "casa di campagna" dei nostri
desideri, il luogo in cui corriamo nei nostri sogni, desiderosi di sfuggire alla
sofferenza e alla confusione della vita all'inizio di un nuovo secolo.
Collocando l'idea di natura all'interno della società stessa, possiamo
trasformare la società in un terreno in cui possiamo costruire,
collettivamente, una nuova pratica sia della natura che della comunità.
Un'ecologia della vita quotidiana traduce il desiderio di "natura" in
un desiderio sociale di creare una società che sia un tutto, umana e piena di senso.
La natura non è una cosa pura e astratta rimossa dalla vita
quotidiana delle persone che vivono nei centri urbani, nelle periferie e nelle
città. Portando l'idea di "natura" sulla terra, l'ecologia diventa la
materia stessa delle nostre vite quotidiane: la strada affollata del nostro
quartiere, l'acqua con cui laviamo i nostri vestiti, sia il grattacielo sia la
ciminiera, così come le piante, gli animali e le altre creature con cui
condividiamo questo pianeta.
Un'ecologia della vita quotidiana trasforma l'ecologia da una
nobile avventura romantica in un continuo lavoro quotidiano d'amore. L'ecologia
riguarda tanto la fornitura di asili nido ai genitori che partecipano
all'organizzazione di riunioni e alla lotta per salvare i quartieri urbani
dalla costruzione di strade e dalla gentrificazione quanto la protezione delle
foreste e degli spazi verdi.
Rimuovendo l'idea di natura dalla sua vetrina incontaminata e
statica, possiamo vedere la natura per quello che è: un processo evolutivo
abbagliante e dinamico che continua a dispiegarsi intorno a noi e dentro di
noi. E a sua volta, possiamo vedere anche il capitalismo per quello che è: un
fuoco vorace che brucia attraverso la società e la natura, riducendo in cenere
tutto ciò che è vivente. Riconoscendo le nostre menti, le nostre mani, le
nostre ossa e i nostri cuori come parte di una storia naturale collettiva –
come eredità evolutiva – siamo indignati da questo fuoco che respiriamo nei
nostri polmoni e che trasformiamo in un oltraggio morale che diventa carburante
per l’azione rivoluzionaria.
Una volta che siamo in grado di collocarci all'interno di questa
evoluzione, possiamo cominciare a misurare le nostre vite quotidiane per come
sono rispetto a ciò che potrebbero essere se solo fossimo liberi di utilizzare
il nostro potenziale per azioni evolutive come cooperazione, creatività,
comunità e auto sviluppo. Improvvisamente, il noioso lavoro d'ufficio, il
quartiere solitario, la povertà o anche il privilegio deludente, tutto assume
un nuovo significato.
L'ecologia fornisce una lente attraverso la quale si può dare
uno sguardo prolungato e spesso straziante alle nostre vite, un'opportunità per
valutare la qualità delle nostre relazioni, sia locali sia globali. E se non
siamo rincuorati da ciò che vediamo, ci rendiamo conto che abbiamo una sfida
enorme davanti a noi. Perché una volta che apprezziamo le interconnessioni
della vita, capiamo che non possiamo semplicemente lavorare per salvare una
certa specie di piante o animali, ci rendiamo conto che dobbiamo anche
trasformare la società stessa.
A sua volta, la richiesta di una società ecologica non può
essere ridotta alla ricerca individuale o personale di una migliore qualità di
vita. Deve essere un desiderio sociale di lottare per la qualità della vita di
tutti, un desiderio che richiede in definitiva una drammatica ristrutturazione
delle istituzioni politiche, sociali ed economiche. Chiede di trasformare il
nostro amore per la natura in una politica attivista rivoluzionaria che si
sforza di portare alla società il meglio di ciò che auspichiamo quando parliamo
di "natura".
Abbiamo bisogno di ripensare i nostri desideri di "semplificare"
le nostre vite, o i nostri desideri di creare zone autonome in cui possiamo
trovare asilo dalla società assordante che il capitalismo crea a sua immagine.
Inoltre, dobbiamo cominciare a confrontarci con quella che io chiamo “la complessità
della complicità”: saper riconoscere che, nonostante i tentativi di districarci
dai sistemi d’ingiustizia attraverso scelti personali su come vivremo, a causa
della pervasività dei sistemi di potere sovrapposti, rimarremo sempre coinvolti,
e quindi complici, all'interno di istituzioni come il capitalismo globale, lo
Stato, il razzismo e il sessismo.
Tuttavia, invece di disprezzare noi stessi per i privilegi che
potremmo avere, si potrebbe iniziare a ridefinire tale senso di colpa come
"privilegio inefficace". Identificando privilegi basati su fattori
quali genere, orientamento sessuale, capacità fisiche, istruzione, classe,
etnia o nazionalità, si possono trasformare dei privilegi particolari in una
potente sostanza da usare per una ricostruzione sociale e politica. Si può
trasformare, ad esempio, la colpa associata al privilegio di classe, razziale o
educativo in tempo, risorse economiche e informazioni utili alle lotte
politiche. Il privilegio all'interno di complessi sistemi gerarchici può essere
trasformato da senso di colpa paralizzante in un processo attivo di pensiero
razionale e compassionevole su come utilizzare risorse particolari per
smantellare i sistemi di potere e ricostruire una nuova società al suo posto.
Questo desiderio di ricostruire rappresenta una sorta di
"libertà visionaria" che va oltre la "libertà di protesta"
che è diventata prominente all'interno dei movimenti sociali. Mentre dobbiamo
esprimere la nostra libertà di protestare contro la disumanità dei nostri
tempi, è anche vitale che realizziamo il nostro potenziale per diventare
pienamente umani, il nostro potenziale per creare un mondo compassionevole,
bello e razionale.
Se vogliamo esprimere la libertà visionaria, allora dobbiamo
cominciare a chiederci che tipo di società dovremmo cominciare a immaginare?
Per immaginare un nuovo tipo di società ecologica, abbiamo bisogno di un nuovo
tipo di politica appassionata, una nuova idea di cosa significhi essere
politicamente impegnati. Dobbiamo esigere una democrazia rivoluzionaria in cui
i cittadini non siano più dominati dallo Stato-nazione. Potremmo ricrearci come
cittadini apolidi autorizzati a gestire direttamente le nostre vite quotidiane.
Dobbiamo sviluppare una nuova comprensione della cittadinanza
che non sia definita in relazione al capitale o allo Stato-nazione, ma sia
invece definita in opposizione al capitale e allo Stato-nazione. Potremmo
diventare cittadini rivoluzionari definiti in relazione alle comunità locali
che fanno parte di una più ampia confederazione di organi di autogoverno.
Potremmo diventare “una comunità di comunità”. Questo nuovo modo di pensare
alla rigenerazione politica si chiama municipalismo libertario. Sviluppato
dall'ecologista sociale Murray Bookchin, il municipalismo libertario propone
per i membri delle comunità un modo di rivendicare l’esistenza d’incontri
politici locali o di creare forum cittadini extra-legali da trasformare
gradualmente in assemblee di cittadini. Tali assemblee costituiscono la sfera
pubblica in cui possiamo riunirci come membri di comunità per gestire
direttamente le nostre vite quotidiane.
Il municipalismo libertario è un modo per prendere pubblicamente
il nostro potere di attori politici, riprendendo il potere decisionale a
politici professionisti, a Stati, a corporazioni e apparati transnazionali come
l'OMC. Come membri di municipalità che formano dei gruppi locali impegnati nel
processo di trasformazione politica, potremmo allearci con altri gruppi di
altre municipalità per creare un vero rapporto di forza, un coordinato e unito contropotere
rispetto allo Stato e al capitale. Se non riteniamo desiderabile questo mondo assordante,
dobbiamo fare di più che protestare: dobbiamo creare il mondo che desideriamo.
Per realizzare il suo potenziale rivoluzionario, l'ecologia deve
diventare il desiderio di infondere negli oggetti, nelle relazioni e nelle
pratiche della vita quotidiana la stessa qualità d’integrità, bellezza e
significato che nei contesti capitalisti industriali le persone riservano comunemente
alla "natura". Significa riformulare molti dei valori spesso
associati alla natura in termini sociali, impossessarsi del potere di creare
nuove istituzioni politiche che incoraggino, piuttosto che ostacolare,
l'espressione del desiderio sociale di una società cooperativa, piacevole ed
ecologica.
Un'ecologia della vita quotidiana consiste nel giungere a questa
società desiderabile, reclamando la nostra umanità come reclamiamo le nostre
capacità di ragionare, di sognare e di prendere decisioni sulle nostre
comunità. Si tratta di esaminare il "deserto" inesplorato della
stessa democrazia diretta, questo processo delizioso, fortificante e
profondamente sociale attraverso il quale diventiamo un'espressione veramente
umana di quella "natura" per la quale abbiamo sempre imparato.
Notes on an Ecology of
Everyday Life
By Chaia
Heller, 06.04.2011
If I can’t dance
in your revolution, I’m not coming. – Emma Goldman
We need to rethink desire in social, rather than
romantic or individualistic terms. This is crucial because, while our society
offers us a variety of ways to describe the many dimensions of romantic and
individualistic desire, we are offered a paltry vocabulary with which to
describe a social understanding of desire.
We are saturated by consumerist rhetoric of ‘personal
satisfaction’ yet rarely do we hear eloquent discussion regarding the craving
for a free and non-hierarchical society. Our society worships at the fountain
of capitalism whose insatiable waters of material greed and sexual domination
crowd out the opportunity to cultivate a desire to regenerate rather than
deplete cooperative social and ecological relationships.
Ecology is as much about desire as it is about need.
While activists take to the streets to fight genetically manipulated organisms
that threaten environmental and health safety, they also take over the streets,
creating a carnivalesque demand for community, pleasure, and meaning. Ecology
speaks to two demands, then –one quantitative, the other qualitative. Born out
of the call for enough clean water, air, and land to survive, ecology is also
the demand for a particular quality of life worth living.
The desire for an ecological way of life carries
within it the nascent demand for an ecological society, a demand that has
potentially revolutionary implications. For once we collectively translate this
desire into political terms, we are able to challenge a global system that
immiserates most of the world’s inhabitants, forcing them to forgo their
desires, lowering their ecological expectations to the level of mere sustenance
or survival. Keeping a desire-focus within the ecology movement keeps our
demand for satisfaction, vitality, and meaning alive, invigorating our ability
to envision a socially and ecologically desirable society.
Yet the question is what kind of desire will inform
ecological movements and what kind of ‘nature’ will be the object of ecological
desire? Will it be an individualistic desire for a pure ‘nature’ that is understood
to be outside of society? Or will it be a social desire, a yearning to be part
of a greater collectivity that challenges the structure of society to create a
cooperative and ecological world?
Yet while we need to rethink our understanding of desire,
we also have to rethink our understanding of nature. ‘Nature’ cannot be the
‘country home’ of our desires—-that place we run to in our dreams, longing to
escape the pain and confusion of life at the beginning of a new century. By
placing the idea of nature within society itself, we may transform society into
a ground in which we may build, collectively, a new practice of both nature and
community. An ecology of everyday life translates the desire for ‘nature’ into
a social desire to create a society that is whole, humane, and meaningful.
Nature is not a pure and abstract thing removed from
the everyday lives of people living in cities, suburbs, and towns. By bringing
the idea of ‘nature’ down to earth, ecology becomes the very stuff of our
everyday lives: the crowded street in our neighborhood, the water with which we
wash our clothes, both sky scraper and smoke-stack, as well as the plants,
animals, and other creatures with whom we share this planet.
An ecology of everyday life transforms ecology from a lofty
romantic venture into an ongoing everyday labor of love. Ecology is just as
much about providing day-care for parents attending organizing meetings and
fighting to save urban neighborhoods from road building and gentrification as
it is about protecting forests and green spaces.
Removing the idea of nature from its pristine and
static display case, we may see nature for what it is: a dazzling and dynamic
evolutionary process that continues to unfurl about us and within us. And in
turn, we may see capitalism for what it is as well: a voracious fire burning
through society and nature, reducing all that is living to ash. By recognizing
our minds, our hands, our bones, and our hearts as part of a collective natural
history –as an evolutionary inheritance– we become outraged by this fire,
breathing it into our lungs, transforming it into a moral outrage that is fuel
for revolutionary action.
Once we are able to locate ourselves within this
evolution, we can begin to measure our everyday lives as they are against what
they could be if only we were free to actualize our potential for such
evolutionary coups as cooperation, creativity, and community and
self-development. Suddenly, the dull office job, the lonely neighborhood, the
poverty, or even the unsatisfying privilege –all take on new meaning.
Ecology provides a lens through which we may take a
long and often excruciating look at our own lives, a chance to evaluate the
quality of our relationships, both local and global. And if we are not
heartened by what we see, we realize that we have an enormous challenge before
us. For once we appreciate the interconnectedness of life, we understand that
we cannot simply work to save a certain species of plant or animal -we realize
that we must also transform society itself.
In turn, the demand for an ecological society cannot
be reduced to an individual or personal quest for a better quality of life. It
must be a social desire to fight for the quality of life for all, a desire that
ultimately requires a dramatic restructuring of political, social, and economic
institutions. It asks that we transform our love for nature into a
revolutionary activist politics that strives to bring to society the best of
what we long for when we talk about “nature.”
We need to rethink our desires to ‘simplify’ our
lives, or our desires to create autonomous zones in which we can find asylum
from the deadening society that capitalism creates in its own image. In
addition, we must begin to grapple with what I call “the complexity of complicity”:
a recognition that, despite attempts to extricate ourselves from systems of
injustice through personal choices about how we will live, because of the
pervasiveness of overlapping systems of power, we will always remain embedded,
and thus complicit within, such institutions as global capitalism, the State,
racism, and sexism.
Yet instead of despising ourselves for privileges we
may have, we may begin to redefine such guilt as “ineffective privilege.” By
identifying privileges based on such factors as gender, sexual orientation,
physical ability, education, class, ethnicity, or nationality –we may transform
particular privileges into a potent substance to be used for social and
political reconstruction. We can transform, for example, guilt associated with
class, racial, or educational privilege into time, economic resources, and
information useful to political struggles. Privilege within complex systems of
hierarchy can be morphed from paralyzing guilt into an active process of
thinking rationally and compassionately about how to utilize particular
resources to dismantle systems of power and to rebuild a new society in its
place.
This desire to rebuild represents a kind of ‘visionary
freedom’ that goes beyond the ‘protest freedom’ that has become prominent
within social movements. While we must express our freedom to protest against
the inhumanity of our times, it is also vital that we actualize our potential
to become fully human, our potential to create a compassionate, beautiful, and
rational world.
If we are to express visionary freedom, then we have
to begin to ask ourselves what kind of society should we begin to envision? To
envision a new kind of ecological society, we need a new kind of passionate
politics, a new idea of what it means to be politically engaged. We must demand
a revolutionary democracy in which citizens are no longer dominated by the
nation-State. We may re-create ourselves as state-less citizens empowered to
directly manage our everyday lives.
We must develop a new understanding of citizenship
that is not defined in relation to capital or to the nation-state but is
instead, defined in opposition to capital and the nation-state. We may become
revolutionary citizens defined in relation to local communities that are part
of a larger confederation of self-governing bodies. We may become “a community
of communities.” This new way of thinking about political regeneration is
called libertarian municipalism. Developed by social ecologist Murray Bookchin,
libertarian municipalism proposes a way for members of communities to reclaim
existing local political forums, or to create extra-legal citizen forums,
gradually transforming them into citizens assemblies. Such assemblies
constitute the public sphere in which we may gather together as members of
communities to directly manage our own everyday lives.
Libertarian municipalism is a way in which we may
publicly seize our power as political actors, taking back decision-making power
from professional politicians, states, corporations, and transnational
apparatuses such as the WTO. As members of municipalities form local groups
engaged in the process of political transformation, we may confederate with
other groups from other municipalities to create a true rapport de force, a
coordinated and united counter-power to the State and capital. If we do not
find this deadening world desirable, then we must do more than protest: we must
create the world we desire.
To fulfill its revolutionary potential, ecology must
become the desire to infuse the objects, relationships, and practices of
everyday life with the same quality of integrity, beauty, and meaning that
people in industrial capitalist contexts commonly reserve for “nature.” It
means recasting many of the values often associated with nature within social
terms, seizing the power to create new political institutions that encourage,
rather than obstruct, the expression of a social desire for a cooperative,
pleasurable, and ecological society.
An ecology of everyday life is about reaching for this
desirable society, reclaiming our humanity as we reclaim our abilities to
reason, dream, and to make decisions about our own communities. It is about
looking into the uncharted ‘wilderness’ of direct-democracy itself, that
delicious, empowering, and deeply social process through which we become a
truly humane expression of that ‘nature’ for which we have learned all along.