mercoledì 15 febbraio 2012

NELLO SPETTACOLO IL VERO È UN MOMENTO DEL FALSO.



Mai come guardando Celentano (sul Fatto che, per fortuna, in Francia la Rai gratis in TV non arriva più mentre Berlusconi, purtroppo, sì, eccome) ho avuto la verifica che NELLO SPETTACOLO il VERO E' UN MOMENTO DEL FALSO.
Tre minuti di bombardamenti e poi arriva Lutero che critica i preti perché non parlano abbastanza di Dio, Una propaganda fidei immonda per una società laica. Quindi perfetta, progressista, addirittura rivoluzionaria per un paese clericale e mafioso.
Il molleggiato è quello stesso profeta, appena invecchiato ma bene, che pretendeva, mentendo spudoratamente, che chi non lavora non fa l'amore; lo stesso che ha anticipato nella via Gluck il tema ecologico come centrale ante litteram.
Questo credente probabilmente sincero e sicuramente tormentato, ricco ma dalla parte dei poveri, oggi difende, con un atteggiamento recuperatore da prete operaio, delle cause giuste che si accumulano nel mondo cinico e mostruoso della società produttivista.
L'assenza di opposizione radicale laica, criminalizzata quanto rarefatta, apre a chi come Celentano è un figlio arricchito del capitalismo etico protestante in ambito cattolico. Celentano è un eretico, l'Italia, come il mondo, ha bisogno di agnostici.
Celentano ama il blues almeno quanto me e non può che essermi individualmente simpatico come un fratello di cui condivido l'umanità sorgiva ma che finisce per misticismo confusionista dall'altra parte della barricata che oppone la lotta per una vera vita in terra alla società dello spettacolo e dei paradisi per l'aldilà. Uno spettacolo che ci lega con la stessa catena a qualunque dio e a qualunque merce.

Che i cattolici trovino in lui un modernismo necessario posso capirlo, ma l'emancipazione comincerà quando Celentano diventerà il consevatore indignato che è, non molto più alto di Pupo. Oppure quando smetterà la propaganda fidei perché anche se denuncia quasi tutto ciò che è effettivamente denunciabile, alla fine del suo spettacolo tutti tornano a casa come se la rivoluzione fosse finita, più sovrani impotenti che mai. E la RAI gattopardo continua le sue messe; e le sue omelie sono sentite distintamente dappertutto da intellettuali e analfabeti, papaveri e papere.