Ucraina:
Obama, Putin e ‘il lato giusto’ della storia
Barack Obama dice che, nella crisi ucraina, Vladimir
Putin
“è dal lato sbagliato della storia”. Obama – ormai lo sappiamo – è più bravo con le
parole che con i fatti: la formula ha impatto, anche se, poi, uno si sofferma a
chiedersi quale mai sia il senso giusto della storia e s’interroga su quanto
sia difficile coglierlo vivendo la cronaca momento per momento.
E’ un
problema per noi, i giornalisti e il pubblico, spesso orientati
dall’emotività. Ed è un problema per loro, i presidenti e i leader, quasi
sempre guidati dall’interesse, personale – politico, ben s’intende – o
nazionale.
Obama, a
rafforzare il proprio concetto, accusa la Russia di violare in Ucraina “il
diritto internazionale”: è incontrovertibile, com’è incontrovertibile, in
questa vicenda, l’illegittimità
della destituzione di Yanukovich, presidente democraticamente eletto, e la sua
sostituzione. Ma da un po’ di tempo va di moda, qui da noi, avallare il
rovesciamento, da parte della piazza, dei risultati delle urne: dopo
l’Egitto, l’Ucraina. Eppure, non ci passa neppure per la testa che gli
americani, o i francesi, destituiscano i loro presidenti a metà mandato solo
perché la loro popolarità scende –come spesso avviene- su livelli
bassissimi…
Ma questo è
un altro discorso. Torniamo all’Ucraina, alla Crimea, alla Russia e
all’Occidente, che parla bene e razzola poco. E’ vero. E che dovrebbe fare? Ricorrere
alla forza è escluso: non lo vuole nessuno e, comunque, ci vorrebbe un
mandato internazionale che non c’è e non ci sarà mai stante il diritto di veto
all’Onu della Russia. Adottare sanzioni è possibile: gli Stati Uniti le
minacciano, l’Unione europea potrebbe adottarle giovedì quando ci sarà una
riunione straordinaria del Consiglio europeo.
Tutti, però,
ci vanno cauti, specie gli europei: se le sanzioni sono economiche, c’è il
rischio di farsi più male di quanto se ne procuri, con
la dipendenza energetica dalle forniture russe; se, invece, sono diplomatiche,
lasciano il tempo che trovano – aizzano un po’ di nazionalismo in Russia, sono
una puntura di spillo per il Cremlino.
E allora? La
strada è il dialogo. Con Putin, che adesso ha più o meno ottenuto quello che
voleva – situazione sotto controllo in Crimea, sentimenti filorussi manifesti
nell’Est dell’Ucraina – e può anche stare a parlare (e infatti sospende le
manovre militari ai confini ucraini); e con gli ucraini, perché superino la
logica divisoria che ha caratterizzato la loro breve tumultuosa indipendenza,
durante la quale il Paese è sempre stato alternativamente governato da una metà
contro l’altra.
Ecco, adesso
non pensate subito che io voglia vendere agli ucraini le larghe intese,
anche se riconosco che se loro ce le comprassero e noi ce ne liberassimo
tirerei un sospiro di sollievo, internazionale e nazionale.
L’idea
sarebbe quella di un Paese che si confronti sui programmi e le politiche, non
per aree geografiche e per affinità etnico-linguistiche. Ma i tempi, di qui a
maggio, quando dovrebbero tenersi le presidenziali, sono molto stretti perché
l’Ucraina si metta sulla via giusta della storia. Che, in genere, va avanti
e non torna indietro.
Ucraina: in
attesa del premio Nobel per la pace a Gene Sharp
Dunque,
riassumendo: se una massa di scont
enti (giustificatamente) assalta i palazzi del potere di un qualsiasi paese, li brucia e li conquista, deve essere esaltata e lodata.
enti (giustificatamente) assalta i palazzi del potere di un qualsiasi paese, li brucia e li conquista, deve essere esaltata e lodata.
Questo
è quanto è avvenuto nei giorni scorsi a Kiev, Ucraina. L’Occidente, unanime, ha
esaltato un colpo di Stato violento e sanguinoso, cercando di dipingere
un presidente regolarmente eletto come un “dittatore”, magari anche
“sanguinario”.
Ma questo
non cambia il quadro, sia di fronte alla storia, che alla cronaca.
Da questo
momento in avanti dobbiamo tutti sapere che non c’è più alcuna difesa legale
contro l’eversione organizzata dall’esterno contro un qualsiasi paese. Valga
come lezione per tutti.
E’ molto
peggio del lontano momento in cui un presidente regolarmente eletto
venne rovesciato e ucciso con un colpo di Stato militare. Si chiamava Salvador
Allende. Aveva stravinto un’elezione democratica. Fu rovesciato, come
subito si capì (ma come venne dimostrato in seguito), dalla Cia americana. Ma
allora l’esecrazione fu generale. Nessuno dei leader occidentali di
allora ebbe il coraggio e la sfrontatezza di applaudire il generale
Pinochet.
Oggi è il
contrario: ne abbiamo fatta di strada! Adesso si applicano le tecniche di
“rovesciamento dei dittatori” elaborate dal gran maestro dell’eversione
“democratica” Gene Sharp, altrimenti detto “il Clausewitz della
guerra non violenta”.
Vi piace
l’ossimoro? Non è un ossimoro. La tattica consiste nel “sollevare” gli
scontenti. Prima tappa. Come? Insufflando a suon di milioni le idee
dell’Occidente. Comprando le catene televisive e i giornali. Cioè stipendiando
legalmente centinaia di giornalisti e propagandisti. Pagando stipendi e
“grants” a centinaia di professori universitari. Erogando fondi a centri di
ricerca e fondazioni che lavoreranno a tempo pieno per organizzare la rivolta.
Pacifica s’intende, soprattutto giovanile, s’intende.
Poi, seconda
tappa, si passa all’offensiva con una serie di manifestazioni esterne.
Non importa se sono piccole. Ci pensano i media a ingigantirle. Ci sarà
qualche scaramuccia nelle strade. Anche queste verranno ingigantite dalla
televisioni locali e dai grandi network internazionali. Di regola i governi di
coloro che verranno immediatamente bollati con la qualifica di dittatori
sanguinari, sono impreparati a fare fronte. Non conoscono le strategie
comunicative dell’Occidente. Se non reprimono dovranno cedere subito. Se
reprimono faranno il gioco dei Gene Sharp di turno. La gente semplice vedrà
il sangue e sarà così convinta che il dittatore è davvero sanguinario. E la
protesta crescerà. Alimentata dal sostegno dei governi esterni, tutti
democratici e prosperi. Fino a che la repressione comincerà davvero. Ma sarà
tardi, perché tutto il mondo “civile” sarà ormai schierato a difesa
della “democrazia”.
E, a quel
punto, entreranno in funzione le squadre paramilitari (nel caso ucraino
palesemente naziste) che, nel frattempo, alla chetichella, saranno stato
addestrate, armate, istruite, foraggiate da decine di ricchissime fondazioni,
americane ed europee. Non entriamo in dettagli. Prendiamo la sintesi che ci è
stata offerta dalla signora Victoria Jane Nuland, assistente
segretario di stato per gli affari europei e euroasiatici del Dipartimento di
Stato Usa (e moglie di Robert Kagan, uno dei più visibili neocon di
Washington) : “Abbiamo investito 5 miliardi di dollari per dare all’Ucraina il
futuro che merita”. C’è tutto il necessario per capire.
Il resto è
il disastro che adesso vediamo. Una crisi mondiale, da mettere i
brividi. E la falsificazione completa degli eventi, organizzata dal
mainstream occidentale. Si va in guerra, purtroppo, con alta probabilità.
La grancassa degl’ignoranti e dei mestatori risuona assordante: la colpa è
tutta dei russi, di chiunque possa essere messo alla gogna. La
russofobia si sposa con l’anticomunismo, sebbene non c’entri niente il
comunismo in questa storia, se non in termini di storia. La folla è abbastanza
istupidita per andare alla guerra a testa bassa. Senza nemmeno avere capito di
che si tratta e perché. Roba da manuale. Mi chiedo come mai nessuno ha ancora
avuto l’idea di proporre Gene Sharp per il premio Nobel . Per la pace,
s’intende.
Commento di
Sergio Ghirardi:
Auto segnalo che in nome del pensiero dialettico ho inviato
il commento che segue sia a Chiesa che a Gramaglia:
In Ucraina come dappertutto ci sono due piani della rivolta.
Il vecchio presidente era un mafioso al servizio del dittatore Putin.
Sollevarsi contro di loro non è altro che l'applicazione di quei diritti umani
universali che recitano all'incirca così: un popolo sottomesso ha il diritto/dovere
di rivoltarsi.
Dov'era la democrazia in Ucraina? Solo i servitori volontari
e prezzolati osano chiamare democrazia un parlamentarismo corrotto in mano a
banksters e multinazionali. Certo tra i rivoltosi ci sono anche reazionari al
soldo del Leviatano occidentale, oscurantisti, bigotti e fascisti. Il Leviatano
opera sempre dalle due parti della medaglia produttivistica. Dunque spettatori
per sempre e consumatori frustrati che votano per l'eternità la loro schiavitù?
In passato qualcuno ha detto: quando vedo dei contadini
assalire il castello di un signorotto, prima li sostengo poi chiedo loro perché
lo fanno. Tempi duri per i servitori volontari e i credenti di una democrazia
fittizia. Quella vera sta bussando alla porta. Chi le aprirà? Non certo la UE e
gli USA e tantomeno Putin.