Ucraina, come si fa un golpe
‘moderno’
Nel mare magnum delle menzogne, delle imbecillità e,
soprattutto, delle omissioni, viste e non viste (per la contraddition che nol
consente) lette e non lette (idem come sopra), spiccano alcuni silenzi
del mainstream occidentale. La signora Victoria Nuland, assistente
del Segretario di Stato Usa, per esempio, ne ha fatte e dette di cotte e di
crude in questi mesi. Parlando
con il suo ambasciatore a Kiev, ben prima del rovesciamento del legittimo (quanto
inviso) presidente Yanukovic, la signora Nuland decideva già la
composizione del nuovo governo rivoluzionario che si sarebbe insediato a Kiev, dando indicazioni su chi si
sarebbe dovuto includere o escludere.
Tutti i media europei s’indignarono molto per il
finale di quella conversazione, elegantemente chiusa con un “fuck EU”,
all’indirizzo degli alleati europei, a giudizio della Nuland non sempre
completamente sdraiati a leccare i piedi di Washington. Nel grande scandalo,
tuttavia, tutti dimenticarono di riferire, appunto, il resto di quella
conversazione, che mostrava tutta intera la tracotanza dell’Amministrazione americana
contro un paese sovrano. La Nuland già aveva venduto la pelle dell’orso:
sapeva in anticipo come sarebbe finita.
Ma la signora Nuland – repetita iuvant –
assistente del segretario di Stato Usa, aveva fatto di meglio nel dicembre
scorso, quando – parlando al Press Center di Washington – aveva informato il
colto e l’inclita che gli Stati Uniti “hanno
investito cinque miliardi di dollari per dare all’Ucraina il futuro
che merita”. Una frase davvero storica, non
solo per la cifra, ma per l’eccezionale assunzione di responsabilità: il futuro
dell’Ucraina non è nelle mani degli ucraini, ma nelle mani dell’America. La
quale decide qual è il futuro che l’Ucraina “merita”.
Come siano stati spesi quei denari non è difficile
indovinare. In parte essi sono andati a rendere migliore il futuro di quelli
che Maria Rozanova (la vedova del dissidente Andrej Siniavskij)
definiva come i “figli del capitano Grant”, amabilmente giocando sul termine “grant”,
che in inglese significa anche “stipendio”. Così, infatti, sono stati comprati
centinaia, anzi migliaia, di docenti, ricercatori, funzionari pubblici,
studenti dei paesi est-europei, di Ucraina, di Russia. Chi poteva resistere
alla tentazione di moltiplicare per cento il proprio stipendio? Di visitare un ricco
paese straniero? Di tornare in patria un po’ più benestante, magari con i soldi
per un’auto occidentale? Certo, per poter tornare a godere di un tale
privilegio si deve poi restituire qualche cosa. Questi programmi “culturali”,
ben finanziati da decine di ricche fondazioni americane, hanno rappresentato il
primo contingente di una grande offensiva politica. Così sono state create
migliaia di “quinte colonne”, di propagandisti indefessi dell’”american
way of life”. Analoghi metodi di reclutamento sono stati effettuati con i
giornalisti, che potremmo definire moltiplicatori di propaganda. Lo si è
visto con Otpor, in Jugoslavia, che fu artefice principale del
rovesciamento “pacifico” di Slobodan Milosevic. Lo si è visto nella
“rivoluzione arancione” che portò al potere in Ucraina Viktor Yushenko e
la Iulia Timoshenko. Lo stesso tentativo è stato fatto
ripetutamente in Russia, prima e dopo il crollo dell’Urss.
Sono cose note – per lo meno dovrebbero esserlo,
sebbene troppi giornalisti le ignorino – che hanno costellato la storia degli
ultimi trent’anni. Ma quello che vorrei qui ricordare è un evento storico,
molto simile a quanto il
ministro degli Esteri estone, Urmas Paet, ha raccontato a Catherine
Ashton, capo della diplomazia europea. Paet avvertiva la Ashton che, secondo testimonianze
che egli considerava attendibili, la mattanza del 20 febbraio in piazza
Maidan sarebbe stata attuata non dalla polizia di Yanukovic, ma da cecchini
piazzati sui tetti dall’”opposizione”. Leggendo le parole di quella telefonata
assai riservata – rubata evidentemente da qualche servizio segreto che ha
imparato le regole della Nsa – mi è venuta in mente la storia del dramma che
avvenne a Vilnius, Lituania, il 15 gennaio 1991.
L’analogia è impressionante sotto ogni profilo. Sono
andato a rivedere su Youtube come quel dramma viene descritto. Il titolo di un
filmato dice così: “Le
truppe sovietiche contro cittadini lituani disarmati a Vilnius”. Dunque alla storia è consegnata
dal web, per sempre, la responsabilità sovietica per un massacro di civili.
Quell’episodio è diventato addirittura il momento fondante della Repubblica
indipendente di Lituania, ora membro della Nato e uno dei 28 paesi
dell’Unione Europea. Ma adesso sappiamo che tutta quella storia fu scritta da
altre mani, ben diverse da quelle del “popolo lituano”.
Raccontai questa scoperta, il 18 febbraio 2012,
nella
recensione al libro di Gene Sharp Come abbattere un regime, sottotitolo “Manuale di
liberazione non violenta”. La scoperta mi fu squadernata dall’ex ministro della
Difesa della Lituania, Audrius Butkevicius, l’organizzatore di una
sparatoria che si trasformò in un massacro di civili. Situazione quasi
identica a quella della piazza Maidan di Kiev del 20 febbraio 2014. Qui cito il
me stesso di quella recensione: “Fu una operazione da servizi segreti, predisposta,
a sangue freddo, con l’obiettivo di sollevare la popolazione contro gli
occupanti. Chiedo al lettore di sopportare la lunga citazione dell’intervista
che venne pubblicata nel maggio-giugno 2000 dalla rivista Obzor e
che è stata recentemente ripubblicata sul giornale lituano Pensioner.
Sarà una fatica non inutile, perché coronata da una preziosa scoperta, che ci
aiuterà a capire diverse cose del libro di cui stiamo parlando.
<Non posso giustificare il mio operato di fronte ai
familiari delle vittime – dice Butkevicius, che allora aveva 31 anni – ma davanti
alla storia io posso. Perché quei morti inflissero un doppio colpo violento
contro due cruciali bastioni del potere sovietico, l’esercito e il KGB. Fu così
che li screditammo. Lo dico chiaramente: sì, sono stato io a progettare tutto
ciò che avvenne. Avevo lavorato a lungo all’Istituto Einstein, insieme al
professor Gene Sharp, che allora si occupava di quella che veniva definita
la difesa civile. In altri termini ci si occupava di guerra psicologica.
Sì, io progettai il modo con cui porre in situazione difficile l’esercito
russo, in una situazione così scomoda da costringere ogni ufficiale russo a
vergognarsi. Fu guerra psicologica. In quel conflitto noi non avremmo potuto
vincere con l’uso della forza. Questo lo avevamo molto chiaro. Per questo io
feci in modo di trasferire la battaglia su un altro piano, quello del confronto
psicologico. E vinsi”.
Spararono dai tetti vicini, con fucili da caccia,
sulla folla inerme. Come hanno fatto in Libia, come hanno fatto in Egitto, come
stanno facendo in Siria.
Adesso avete capito. Gene Sharp era là, in spirito. Fu lui che insegnò a
Butkevicius come vincere, “trasferendo la lotta sul piano psicologico”. Peccato
che, lungo la strada, morirono 22 persone innocenti. Ma, “di fronte alla
storia”, cosa pretenderanno i nostri difensori dei diritti umani?
Il libro di Sharp va dunque letto sotto un’altra luce.
Ed è, sotto questa luce, un’opera geniale. E’ stato scritto proprio per le
giovani generazioni, che sono ormai totalmente prive di ogni memoria storica,
già omologate dalle televisioni, ora intrappolate nei social network, che non
hanno mai fatto politica, che sono digiune di ogni forma di
organizzazione. Per questo è scritto con sconcertante semplicità, per essere
compreso da un ragazzo o una ragazza della scuola media: per introdurli nella
lotta politica e psicologica rese possibili dai tempi moderni, ma in modo tale
che siano strumenti non in grado di capire ciò che fanno e per chi lavoreranno.
E’ un manuale per organizzare la “sovversione dall’interno”, di tutti i
paesi “altri” rispetto all’America e all’Europa; per armare, con la “non
violenza” le quinte colonne che devono far cadere tutti i regimi che sono
esterni al “consenso washingtoniano”>
Questi metodi sono stati dunque accuratamente
preparati, e ripetutamente già sperimentati. Bisogna dire che, purtroppo, funzionano.
E funzionano perché il grande pubblico non può neppure immaginare tanta astuzia
e crudeltà. Funzionano perché i giornalisti sono troppo stupidi, o troppo
corrotti per poter raccontare verità che non capiscono o che non vogliono
capire e vedere. La signora Ashton non reagisce alla rivelazione di Urmas Paet.
Non dice nulla. Si presenterà ai giornalisti ripetendo che la
responsabilità è tutta di Yanukovic. Il presidente Obama chiederà a
Yanukovic di smetterla con la repressione. Fino a che Yanukovic cadrà. Come
fece con Gheddafi, come si appresta a fare con Bashar Assad.
Dove sta la differenza? Sta nel fatto che, fino al febbraio 2014, si erano
abbattuti, con il manuale di Gene Sharp, i “dittatori violenti e sanguinari”,
i regimi dei “paesi canaglia”. Adesso si fa di più e di meglio. Con gli stessi
metodi si abbatte un governo e un presidente legittimamente eletti da un
popolo. Quello ucraino temo sarà soltanto il primo di una serie. E milioni di
cittadini dell’Occidente intero leggono – e credono – che l’aggressore è stato
Vladimir Putin, il dittatore di turno da abbattere. Sono i tempi in cui le
rivoluzioni le fa il Potere.
Commento di Sergio Ghirardi:
Compagno Chiesa, quando intorno al '68 ti eri presentato a
Balbi occupata come rappresentante della FGCI ti avevamo sbattuto fuori come “professorino
del PCI” non perché fossimo pagati dalla CIA ma perché eravamo convinti che il
Leviatano rosso e il Leviatano bianco operano per lo stesso scopo. il potere
che noi volevamo combattere radicalmente.
Mezzo secolo dopo usi ancora gli schemi del ricatto
manicheista (la manipolazione è sempre presente in ogni rivolta, non esistono
rivolte pure, ma non per questo non hanno ragioni umane da vendere, anzi da
donare) per continuare a ridurre anacronisticamente la scelta politica tra le
due teste ideologiche, mutevoli nel tempo, del mostro le cui due teste
immutabili sono Stato e Mercato.
Ancora uno sforzo Giulietto per diventare una buona volta
rivoluzionario con Machno (anche lui pagato dalla CIA?) e non
controrivoluzionario con gli eredi di Trotskij e postbolscevichi fascisti rossi
che fanno il paio con quelli che esecri con il tuo complottismo adialettico.