lunedì 6 dicembre 2010

Non ci sono solo schiavi che col diploma tra i denti corrono in schiera a perdere la vita per "guadagnarsela".



Rispondete a Francesca (da Il Fatto)


Francesca ha 21 anni, vive alla periferia di Roma, è iscritta al terzo anno di giurisprudenza. Il padre è autista di autobus, la madre operatrice ecologica, lei fa la cameriera per mantenersi gli studi. Francesca fa parte di una generazione a cui è stato “bloccato il futuro”. Nel 2009 infatti l’Eurostat ha segnalato come in Europa “in genere il tasso di disoccupazione tende a diminuire con l’aumento dell’istruzione”. In Italia, in Portogallo, in Grecia e in Turchia invece più sei istruito e più avrai difficoltà. L’istituto di statistica spiega che il nostro paese ha “registrato il livello di disoccupazione più alto fra le persone con un’età compresa fra i 25 e i 29 anni”. Nel 2007, prima della crisi, i disoccupati con una laurea erano il 19,3%. (leggi l’articolo). Esattamente come quelli diplomati. E oggi va peggio. Anche per questo Francesca ci ha inviato questa lettera per spiegarci perché è scesa in piazza nei giorni scorsi. Le sue motivazioni infatti non hanno a che fare solo con la riforma dell’Università che la maggioranza, “temendo scossoni”, ha deciso di fare slittare dopo il voto di fiducia previsto per il 14 dicembre (leggi l’articolo).

Voi come rispondete a Francesca? Raccontateci le vostre esperienze nei commenti qui sotto

Caro direttore, sono una studentessa romana di 21 anni, iscritta al terzo anno di giurisprudenza. Scrivo al Fatto Quotidiano perché spero che possa dar voce a una generazione ormai troppo spesso ignorata. Per farci ascoltare siamo dovuti scendere in piazza e bloccare le città. E nonostante questo ci hanno dato dei falliti e dei fannulloni.

Io non sono una bambocciona, né sono fuori corso come dice il presidente del Consiglio. Io sono l’orgoglio di una famiglia che spera ancora di potermi dare una vita migliore di quella che hanno avuto loro. Noi studenti non siamo scesi in piazza solo per la riforma. Certo, quella è la punta dell’iceberg di una cultura che questo governo ha voluto imporre: sei ricco? Potrai ancora studiare. Sei povero? Meglio se fai un istituto professionale e ti cerchi un lavoro, perché l’Università non te la potrai permettere. Io fino ad oggi posso garantirmi gli studi grazie alla borsa di studio e al lavoro di cameriera. Se dall’anno prossimo verrà a mancarmi la prima, il secondo non mi basterà più.

Sono stata e tornerò in piazza per far sentire la mia voce insieme a quella degli altri ragazzi che non solo hanno paura di non potersi laureare, ma soprattutto temono che quel foglio di carta guadagnato con immensi sacrifici non valga poi nulla nel nostro paese. Sono pronta ad andare all’estero se necessario, ma perché non possiamo sognare di restare in Italia per valorizzarla con la nostra cultura? Il rischio, restando, è una vita di sacrifici che non porti nemmeno a una pensione decorosa. Anzi, che non porti proprio alla pensione, che forse non riceveremo mai. L’applauso degli automobilisti romani bloccati nel traffico di Roma, martedì, ci ha detto che non siamo soli. Anche loro sperano che i figli possano avere un futuro migliore di quello che questo governo ci sta disegnando. Ai politici la nostra cultura fa paura, preferiscono un popolo ignorante. Ma noi, questa volta, non ci fermeremo. Speriamo neanche voi nel darci voce.

GHIRARDI SERGIO

Cara Francesca,

ti scrive qualcuno che ha avuto la fortuna di avere la tua età quarantadue anni fa. Per un attimo, allora, le università erano diventate dei laboratori autogestiti di cultura e di cambiamento. Mi sono laureato quasi senza accorgermene, divertendomi, tant qu’à faire, e poi mi sono inventato una vita migliore e diversa da quella che il mio mondo (di gente che ha sempre lavorato sodo) e i miei studi (in filosofia e storia) avevano programmato. Non voglio raccontarti la mia avventura per intero (intanto non è finita), ma tengo a ricordarti che la Storia passa all’incrocio tra i destini individuali scelti (nei limiti del possibile) e le condizioni date, sulle quali si può intervenire collettivamente solo in momenti unici e speciali. Oltre il comprensibile pessimismo di Nizan, avere ventanni è anche bello. Che capiti, però, nell’Italia e nel mondo di oggi è certamente una sfiga.

Come me, che vivo essenzialmente in Francia da un secolo, potrai cambiare aria, ma – tolto l’ambiente kafkiano, bigotto e oscurantista del nostro paese (di origine, car io so di essere cittadino del mondo) – l’essenziale di un mondo alienato lo troverai ovunque. Dovunque ti ritroverai davanti a una scelta: provare a diventare quel che veramente sei o adattarti al baratto della tua poesia potenziale con una sopravvivenza più o meno decente in una società disumana.

Non trovo giusto fare la morale a nessuno, ma – senza essere eroi – credo che il bello della vita stia nello scoprire chi siamo davvero, imparare a goderne e farne godere gli altri. Libertà, uguaglianza e soprattutto fraternità non sono specialmente francesi né tantomeno cristiane. Insieme alla gratuità, sono quel che questa società non può sopportare, ma anche ciò su cui si fonda una ricerca di felicità solidale, scopo primario del nostro essere al mondo. Va dove ti portano il cuore e la ragione uniti nella lotta. Sii “megalomane”, non venderti al miglior offerente. Cerca altri con cui abrogare il sistema in modo umano e conviviale. Ti - e ci - auguro tutto il bene possibile.

SILVIA

Cara francesca, anch’io come te ho 21 e sono una studentessa del terzo anno di biologia.

Noi biologi in Italia siamo i disoccupati per eccellenza assieme a quelli che si laureano in filosofia,scienze della formazione e lettere.

Io so già che andrò all’estero perchè in Italia se il governo non investe fondi per la ricerca, sono a spasso. E’ un esilio forzato….perchè lo faccio? Perchè dopo anni di sacrifici (la vita da biologo è lunga,circa 10 anni e oltre) vorrei trovare un lavoro che rispecchi ciò per cui ho studiato e per cui ho dato tutta me stessa! Io mi vedo sempre più le porte chiuse in faccia in questo Paese. Sono senza fututro qui. In italia più hai titoli di studio e meno trovi una occupazione.

Ho protestato come te in piazza ma poi mi sono sentita dire dalla Gelmini che “questi ragazzi non hanno capito di essere usati dai baroni professori” o altre cazzate varie. E’ un paese che non ci ascolta e non ci ascolterà mai se non cambieranno le cose.e io sono arci stufa di questa situazione. Non è possibile che rovinino il nostro futuro!!!! Poi se tutti questi tagli servissero a qualche cosa…! Abbiamo livelli di evasione fiscale credo tra i più alti d’Europa, quindi riparmiano di qua,ma perdono soldi dall’altra parte! E una cosa che non sopporto è il loro stipendio: 20.000 euro. Ma tagliateli del 50% e non del 5%! Comunque non dobbiamo stare zitti se altre cose del genere mineranno il nostro futuro e la nostra istruzione. Dovremo davvero restare uniti e protestare come abbiamo fatto a livello nazionale. Ragazzi, non perdiamo la speranza!

LUCA A.

Scusa, SIlvia, ma se sapevi che in Italia i biologi sono i “disoccupati per eccellenza”, perche’ ti sei iscritta a biologia?

GHIRARDI SERGIO

Magari Silvia amava la biologia, cari épiciers de mes deux (se scrivessi bottegai “del *****”, l’ipocrisia del meccano formattato si metterebbe subito a sparare asterischi).

Non ci sono solo schiavi che col diploma tra i denti corrono in schiera a perdere la vita a guadagnarsela.