Vista dall’oblò dell’astronave dove, mescolati alla rinfusa, sopravvivono i resti d’umanità non ancora mangiati e digeriti dallo spettacolo sociale, l’Italia orwelliana del partito della Verità, della Libertà e della Bontà in un solo Spirito Santo svela fallicamente il suo atroce assetto prefreudiano.
In realtà, oltre i fatti derisi, spogliati del minimo senso e privati ormai persino dell’appoggio del principio di non contraddizione che accompagna qualunque pensare minimamente funzionale al vivente, vengono al pettine quasi tutti gli orribili nodi di una capigliatura lavorata da millenni fino all’addomesticamento. La parrucca di questo nuovo Ancien Régime è cresciuta all’ombra di un povero cristo mascherato da Pietro, sulla cui pietra ideologica è stata fondata una delle cosche più pericolose tra le innumerevoli sette religiose che impestano il mondo.
C’è chi crede sia stato pescatore, prima di diventare famoso come parrucchiere. Riciclatosi per sfuggire alla vita grama e alla disoccupazione che accompagnano per i più la fase terminale del modo di produzione capitalista, si dice che tra una pettinatura pubica e l’altra dei suoi facoltosi clienti, infiltrasse senza scrupoli filtri d’amore mercenario nelle bevande delle odalische arriviste pronte a tutto pur di farsi accettare nella corte dei miracoli. Quindici minuti di celebrità e una vita di merda a contare gli spiccioli, le auto e gli appartamenti ricevuti in cambio del culo.
Certo che perché una femmina accetti di essere seduta su un conto in banca anziché sulla magia gratuita e sensuale del desiderio orgastico che, foriero di felicità, avvolge e inebria gratuitamente gli esseri viventi, bisogna che la bella signora incontri dei maschi degni di lei, i quali, anche senza arrivare alla perversione di scriverne sul Corriere della Sera come Ostellino, siano seduti sulla sedia a rotelle di una sessualità ingessata e messa costantemente alla prova di una virilità ridotta a carota di asini impotenti ad amare e a essere amati.
Ma torniamo ai miracoli, attorno ai quali si muove il destino del mondo dello spettacolo: laddove, a ogni morte di papa, sanguina o piange una madonna, molto più spesso si compie il mistero della circolazione economica, meno mistica ma più godereccia, di liquidi seminali. Il che avviene su scala industriale grazie al miracolo della trasformazione delle donne in puttane e la moltiplicazione dei tonni che si prendono per tombeurs de femmes a ogni specchio che incrociano.
Così, se S. Gennaro se la ride, la Camorra non piange e neppure la N’ndrangheta.
Tutto va bene nel migliore dei mondi putridi, la crisi non esiste e se esiste, si va altrove. Antigua resta pur sempre vicina, ora che Hammamet non è più così sicura.
L’urgenza delle pulsioni strangolate dai sensi di colpa e dalla miseria sessuale in cui esse sono coltivate, non concede più il beneficio della sacralità a nessun luogo: dalle sacrestie ai set televisivi, dalle toilette fino ai palazzi del potere politico, tutte le situazioni sono buone per far spogliare dalle remore quegli agnelli di Dio, tanto meglio se giovani, che una volta spogliati da un punto di vista economico, non hanno più che gli indumenti intimi da eliminare per provare la loro sincera sottomissione ai loro altruisti benefattori.
Che meraviglia la sacra famiglia!
“Padre, padre, ma perché non mi hai abbandonato?” “Perché voglio occuparmi di te, per il tuo bene, figliolo/a. Io sono fatto così, generoso per natura”, disse lo scorpione alla ranocchia mentre la pungeva.
Meno male che la scemenza c’è: laddove la caricatura di Fantozzi aveva ancora qualche parvenza di una struttura psicologica complessa e realistica, l’homo italicus berlusconizzato non è più che una macchietta da ospedale psichiatrico di cui Cetto Laqualunque col suo pilu è una maschera per difetto.
Che dire, a chi parlare quando estimatori e critici accettano tutti di mettere al centro della tenzone il mitico culo ontologico tipico di chi non sa che vuol dire orgasmo e fa la festa alla minima eiaculazione precoce come di fronte a un miracolo? Quali commenti non scadono in imbarazzanti banalità, quando si è confrontati al funzionamento nevrotico, monomaniaco, ossessivo e, alla fine, tristemente ridicolo di una volontà di potenza plasmata dalla pubblicità della merce?
Moralisti e immoralisti si scontrano e i ruoli si scambiano in un’orgia che non ha davvero niente di sensuale. Niente è più lontano dalla funzione orgastica della sessualità quanto il kamasutra permanente di una società sessuofobica e reificata.
I burocrati della laicità, da perfetti liberali che sono, odiano la libertà facendosene scudo. Si scandalizzano di fronte all’illegalità del peccato, mentre assicurano che non hanno niente contro la libertà sessuale. Come se in una cultura sessuofobica e per giunta cattolica, i fantasmi sessuali potessero fare a meno del tabù e della trasgressione, del peccato, della redenzione, della colpa e del perdono per accendere la miccia bagnata di un desiderio castrato.
(Si consiglia vivamente la lettura dell’Erotismo di Bataille, della Funzione dell’orgasmo di Reich e, perché no, della Psicologia di massa del fascismo dello stesso autore; il consiglio vale per tutti, sfigati coscienti e tombeurs de femmes, e in particolare, se mai osassero, per le ranocchie da acqua benedetta e per tutte le coppie laiche e magari comuniste sposate in Chiesa, ghiacciate nel freezer del dovere coniugale e dell’adulterio che lo accompagna come un triste carnevale. La frigidità che ne consegue è una manna per i maschi e le femmine dell’homo economicus : essa permette infatti ai professionisti del sesso di entrambi i generi di attraversare ed essere attraversati dall’insopportabile senza soffrire troppo, magari con l’ausilio di un po’ di vaselina).
Più chic nella loro leggera silhouette ideologica, i mostruosi bigotti reduci da ingloriose battaglie contro il diritto della donna a interrompere la gravidanza, si dichiarano subitamente libertini, riuscendo in un colpo solo a sputtanare la morale e l’immoralità di cui si ammantano alternativamente tutti gli impotenti e gli eunuchi felici di esserlo.
Per questi perversi informi, le parole sono animaletti da torturare, far squittire e soffrire allo scopo di far paura e umiliare chi commette l’errore di starli a sentire. Con gli sgarbi e i ferrara si corre lo stesso pericolo che a guardare un anaconda: prima di attaccare ti ipnotizza e ti blocca con lo sguardo ( o la parola), poi ti mangia in un solo boccone. Certo che per confondere ferrara con un anaconda bisogna immaginarlo in piena eterna digestione dell’intero bue velenoso che ha dentro di sé.
Questo è, più o meno, il clima pirandelliano in cui un intero paese si trova, costretto a rimuovere l’esistenza dell’inconscio, dei desideri soggettivi, dell’evidenza dei fatti.
Divisa come sempre in guelfi e ghibellini che hanno solo sentito lontanamente parlare del re o dell’imperatore di turno, l’Italia è nell’orbita di un delirio mistico imbarazzante che lasciando spazio alle più misere assurdità, dalla nipote di Mubarak allo zio d’America che salva le giovanette, esclude soltanto una cosa: l’autonomia degli individui e il loro prendersi in mano in quanto soggetti.
Mica è un problema solo dell’Italia: dovunque quell’uomo che in natura nasce potenzialmente libero si ritrova rapidamente incatenato dai lacci della società spettacolare mercantile.
Lo specifico dell’Italia è la forma grottesca e delirante dell’umiliazione, il livello basso e becero della prepotenza e dell’insulto alla sia pur minima intelligenza. Berlusconi non è una causa del male ma un sintomo; un sintomo terminale di uno stadio gravissimo e forse irreversibile della malattia sociale. Non si può neppure più escludere l’amputazione sotto quella forma terribile di regressione che è la guerra civile. Quello che per Gelli era un cinico progetto, rischia di realizzarsi sotto forma di patologia inarrestabile.
La gravità non sta tanto nell’arroganza del potere quanto nella sorridente ottusità con cui l’intervistato di turno afferma la propria fede senza capo né coda in un Premier che lava più bianco; sta nel mentire inconsapevole o quasi, ma comunque da favola del lupo e dell’agnello, nella sistematica irrazionale fucilazione del dubbio dell’intelligenza sensibile in nome di una fiducia oscena, degna di quelli che si fermano ancora nei vicoli malfamati e giocano alle tre carte credendo di vincere e che, probabilmente, fanno solo finta di crederci..
I servitori volontari sono in realtà degli zombi involontari che assolvono semplicemente al loro dover essere di masochisti senza prospettive altre che la sofferenza a cui sono predestinati. Sono soltanto abituati al fatto che tutto si possa impunemente affermare senza doverne rispondere di fronte a una storia apparentemente assente.
Quando Basaglia aveva fatto aprire le porte di un mondo chiuso, dove sorvegliare e punire erano diventati perlomeno imbarazzanti, la poesia di una libertà incerta e ambigua ma reale, sembrò un segnale di superamento possibile della barbarie. Poi il crollo, la regressione, il rimosso. Oggi l’impressione è che il manicomio sia ovunque e che sia difficile inventarsi un altrove per uscirne.
Sergio Ghirardi, 9-2-2011