Il processo del M5S alla Gambaro lede il diritto alla libertà d’opinione
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, Art. 21: Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.
Beppe Grillo e i suoi più fedeli seguaci ha deciso di ledere questo diritto insindacabile?
Persino la nostra psiche ha bisogno della diversità: la rigidità dell’io, del Super-io, sono dannose per il singolo individuo e portano a nevrosi. Affinché ci sia sanità mentale la nostra psiche ha bisogno di sintesi tra antinomie, di più visioni, di elasticità. Un individuo rigido mentalmente oltre a soffrire personalmente struttura la sua vita in regole inficianti e difficili da sostenere anche per gli altri. Le regole sono cosa buona e giusta fino a quando non diventano pensiero unico, rigidità e paranoia.
Tutto questo trasportato in un gruppo diventa pernicioso. Se il mito fondante di un gruppo si basa su paranoia, rigidità, mito messianico e terrore del pensiero libero e delle differenze, come si può pensare che i fini di questo gruppo possano contribuire alla democrazia? Se persino la democrazia individuale è assicurata da una mente elastica che sa vagliare vari punti di vista, figuriamo in un gruppo, per di più politico, quanto sia importante saper tollerare, accogliere e riflettere sulle diversità di vedute. Che Grillo interrompa subito questo scempio.
Chi ha una critica da esporre, chi ha il coraggio di esprimere un’opinione diversa, va accettato, ascoltato , rispettando il diritto al libero pensiero. Questo processo alla senatrice Gambaro è uno spettacolo indecoroso e può sancire una deriva da cui sarà difficile tornare indietro.
Commento
di Sergio Ghirardi, finalmente apparso sul Fatto dopo esser passato tra le
grinfie del moderatore, tipico esempio di rispetto della libertà d’espressione:
Comincio
a preoccuparmi. Non per Grillo che per me, urli o sussurri, dica cose sensate o
deliri, conta uno e non è il rappresentante ufficiale di niente. Non per la Gambaro che sul filo del
rasoio tra eletta narcisista ben retribuita e cittadina anticasta al servizio
del bene comune farà le sue scelte.
La
questione sociale va posta per intero non con lo spezzettamento utile ai
moralismi borghesi e all'embrassons nous tra carogne sempre pronte a intese
più larghe.
Certo
io difendo la totale, assoluta libertà d'espressione per tutti e comunque,
persino per i mostri. Figuriamoci per chi dissente in un gruppo politico.
Dissentire, però, non può essere neutro e senza conseguenze. Lo psicodramma
coltivato sulle espulsioni è l'albero marcio che nasconde la foresta inquinata.
Puzza di un conformismo piccolo borghese che si gargarizza di diritti dell'uomo
per ignorare che in loro nome si ledono meglio.
Un
gruppo che ha idee, comportamenti e regole esplicite e chi - magari a
ragione - non è più d'accordo, devono separarsi. Il divorzio è il cuore di ogni
matrimonio che non pretenda di essere sacro. La politica sacra è bigottismo
opportunista. Chi vuole mandare a V day Grillo lo faccia liberamente, ma non
pretenda di continuare a dormire nello stesso letto. A chi appartiene il letto?
Ecco il nodo gordiano da affrontare ben oltre il M5s: la proprietà privata, che
insieme alla famiglia e allo Stato determinano la società capitalista da cui
sarebbe ora, Grillo o non Grillo, di uscire.