Pur se ha il merito
indiscutibile di non credere in alcun dio anche il buddismo fa nobilmente parte
della panoplia di oppio dei popoli che contribuisce all'alienazione sociale
planetaria, al suo mantenimento e al buon funzionamento redditizio della
società spettacolar mercantile.
Sia ben chiaro, però,
che fosse anche ipocritamente in nome di una laicità di fatto ovunque
calpestata, non sostenere il simbolo condiviso al di là delle liturgie da tutto
un popolo, icona in carne e sangue della resistenza tibetana al fascismo rosso
della Cina capitalsocialista, equivale al tacere sulle leggi razziali, a dare
cauzione all'apartheid imposta in questo ultimo mezzo secolo ai tibetani dagli
invasori cinesi lasciando sterminare definitivamente un popolo in nome del
business.
Tutto ciò si può fare, e
infatti si fa, nel cinico mondo miserabile dell'homo œconomicus.
Una tale vergogna resterà
però nella storia di un'epoca come una barbarie planetaria, come lo sguardo
impotente e vigliacco di quasi tutta una società di schiavi salariati di fronte
al genocidio di un popolo dolcemente arcaico di semplicità e intimamente moderno
di volontà di vivere, un popolo che è altrettanto cinese che furono francesi o
austriaci gli italiani.
Sergio Ghirardi
P. S.
Avevo inviato al Fatto questo breve testo come commento alla notizia della
non concessione al Dalai Lama della cittadinanza onoraria di Milano.
Notoriamente, però, i blog si trasformano sovente in celle di una prigione
dove i carcerati scarabocchiano sui muri tutta la loro umana disumanità.
Ecco due commenti che di per sé non meriterebbero risposta ma che ho usato
per aggiungere qualche elemento a un ancora troppo timido insorgere in nome del
superamento della barbarie imperante:
Kenny Craig
“Pur se ha il merito di non avere alcun dio anche il buddismo fa nobilmente
parte della panoplia di oppio dei popoli che contribuisce all'alienazione
sociale planetaria”
E perche' mai, di grazia?
Risposta mia:
Nella forma e nella
sostanza della tua domanda c'è già la risposta, ma il fatto stesso di porla
depone a sfavore sulle tue possibilità di trovarla.
Comunque, per avviare
una riflessione in merito, le ricerche e le analisi non mancano per chi diffida
criticamente del participio presente del verbo credere e magari anche di
obbedire e combattere.
Ti consiglio
modestamente un titolo assai poco conosciuto ma di grande spessore: W. Reich, Etere, dio e diavolo, Sugar ed., mentre
più recente e mondano è il Trattato di
ateologia di Onfray, tradotto ormai in italiano a differenza dell'ottimo
"De l'inhumanité de la religion"di
Vaneigem, Ed. Denoël, finora purtroppo solo in francese.
Dr
Drake+Ramoray
A me risulta che prima
dell'arrivo della Cina il Tibet fosse una dittatura religiosa, o teocrazia. Il
tibet era ad uno stato piuttosto medioevale, la Cina ha portato molte più libertà e progresso di
quello che avessero portato i monaci, ed è tutto dire. Non che difenda a priori
la Cina, ma ogni
tanto sarebbe il caso di guardare le due facce delle medaglie e non sempre è
solo la stessa.
Risposta mia:
Mentre tu guardi seduto
in poltrona le due facce di una medaglia coniata da burocrati torturatori che
giustificano i loro soprusi con una retorica stalinista, degli esseri umani in
carne e ossa lottano, resistono e si bruciano in nome della libertà di scegliere
che è stata loro tolta.
I tibetani, che ho un
po' frequentato e cercato di conoscere prima di permettermi di parlare di loro
con affetto critico e non partigiano, sono praticamente tutti dalla parte della
resistenza. La propaganda cinese inventa un'identità comune negazionista e
antistorica.
Il fatto che i tibetani
siano in gran parte acculturati al buddismo mescolato quasi sempre con un
animismo ancora più arcaico, fa parte della loro storia come un gran numero di franza o spagna purché se magna sono non
a caso cattolici. Ora tra i dieci milioni di excomunisti italiani sposati in
chiesa qualche frustrato dal materialismo volgare viene a declamare gli slogan
rifritti dell'emancipazione dalla religione.
Trovo insopportabile che
degli schiavi che si credono liberi diano lezioni di materialismo a un popolo
abituato a vivere in simbiosi con la loro terra e con i propri costumi, a lottare
per la libertà da sempre e non a piegarsi di fronte a dittatori, guitti e
mafiosi.
Se poi queste scelte
siano buone o cattive è tema di libera discussione nell'agorà restituita al
popolo di una vera democrazia, mentre usare un'opinione falsa e propagandistica
per giustificare un massacro è degno della psicologia di massa del fascismo,
sia essa il frutto di mistica o di meccanicismo, di destra o di sinistra, di
stupidità o di vigliaccheria.
Ancora
Kenny Craig
E in che modo i suoi rispettabili opuscoli sarebbero
utili a capire il buddhismo tibetano, che ha una letteratura piu' ampia di
quella greca e latina messe insieme e una filosofia di una raffinatezza
incomparabile?
Risposta
mia :
Bevendo un tè a Tsongo
Lake (Sikkim, 4200m.), alla frontiera del Tibet dove un giorno è passato in
India il compagno Gyatso, ho fatto un brindisi a tutti gli individui e ai
popoli che rifiutano l'addomesticamento insieme a qualche tibetano sorridente e
conviviale. Da quarant'anni vado ogni tanto a rigenerarmi corpo e spirito a
contatto con quelle montagne e con quelle popolazioni che mi rassicurano
sull'umanità dell'uomo ben oltre le loro e le nostre credenze.
Confesso che in
quell'occasione non abbiamo letto testi letterari (grazie comunque per la
preziosa informazione da agenzia di viaggi organizzati sulla qualità della
cultura tibetana, ma io viaggio da sempre al seguito delle mie emozioni e
fuori, per quanto possibile, dal business turistico) ma l'umanità della loro
cultura è già nello sguardo aperto dei loro volti di esseri umani.
Trovo fastidioso e un
po' volgare l'elenco generico, come un capitale culturale che chiude il
dibattito prima di aprirlo, di letterature e manuali per farne dei muri di
Berlino fobici di qualsiasi critica. Un tale atteggiamento fa pandan perfettamente
con quanti elencano i meriti degli invasori cinesi, la cui letteratura fa
tranquillamente concorrenza per qualità e quantità a quella tibetana.
La vera questione è
un'altra: ogni individuo e ogni popolo ha diritto alla libertà e
all'autodeterminazione.
Poi ognuno leggerà e
apprezzerà le idee e la letteratura che vuole, magari ricordandosi che la
filosofia ha spesso assunto il ruolo imbarazzante di "ancilla theologiae" al servizio della cultura dominante......
..... Il delirio
continua
Corrado:
…Kenny, ma questo è
quello che sostiene il dalai lama. Io conoscevo dei sudafricani (di origine
italiana) che sostenevano che erano i neri a volere l'hapartehid.
Risposta mia:
A leggere certi commenti
mi viene da disperare sulla banalità della barbarie e la possibilità di
uscirne. Ben oltre il tema specifico ma nel merito dell'interrogazione posta
dal genocidio in atto in Tibet (più di due milioni di morti!) non sono soltanto
le tesi a essere scandalose (affermazioni false, ripetizione di slogan
ideologici, riscrittura della storia in favola ideologica e lettura dei fatti
moralistica o pragmatica fino al cinismo) ma ancor più le emozioni che questi
deliri sottendono. Fuoriesce tutto il razzismo ignorante e l'etnocentrismo da analfabeti
di individui addomesticati dalla personalità autoritaria (vedi Adorno in
proposito). Queste masse di anime morte, queste mandrie di animali impauriti e
senza meta non possono tanto (per fortuna) contribuire alla tragedia tibetana
ma concorreranno certamente purtroppo, come già in passato, a peggiorare quella
italiana che è già a un passo dal baratro.
Corrado:
Secondo i dati del
governo in esilio i tibetani sono 6 milioni (gli altri sono cinesi introdotti
dal governo) di questi 6 milioni sarebbero morti 2 milioni? Anche in 50 anni è
una cifra folle.
Risposta mia:
Sono d'accordo con te: è
una cifra folle e ancora più folle se è vera. Non ho difficoltà a riconoscere
che non l'ho verificata di persona ma sia in loco (ho vissuto un po' a Katmandu
e a Nagarkot (Nepal) in ambito di situazioni gestite da tibetani) che in molti
documenti consultati qui in Francia, questa cifra è sistematicamente riportata.
Ma se anche i morti
(lasciamo perdere i torturati) fossero solo cinquantamila trovi che cambierebbe
qualcosa?
Ecco sì, forse in quel
caso anzichè di genocidio si dovrebbe invece parlare di repressione attraverso
un massacro sistematico.
Kenny Craig
Le cifre non sono quelle
ma nell'ordine delle centinaia di migliaia. La sostanza cambia poco.
Risposta mia che è stata
incredibilmente bannata:
Totale dei decessi
tibetani risultanti dall’invasione cinese tra il 1949 e il 1979: 1 278 387.
Nel documento di cui ho
qui tradotto l’essenziale si specificano le cause del decesso e le regioni di
provenienza. (Source :
Gouvernement tibétain en exil, Bureau du Tibet, Human Rights)
I ragionieri del
massacro che non si accontentano della tragedia visibile dovranno premurarsi
gentilmente di aggiungere i morti dal 1979 a oggi.
Naturalmente si può
contestare il numero dei morti, ricontarli, discuterne davanti a un buon piatto
di momos (ravioli) o di tsamtuk (zuppa di tsampa), mentre i tibetani (ma non si
sa quanti) continuano a morire.
Trovando importante la circolazione
dei dati cifrati, ho allora fatto lo sforzo di riscrivere così per passare la
censura imbecille e intollerabile:
Il totale dei decessi
dei tibetani a causa dell'invasione cinese tra il 1949 e il 1979 sono stati
valutaiti in 1.278.387 (Source : Gouvernement tibétain en exil, Bureau du
Tibet, Human Rights).
Poiché in seguito la
situazione in Tibet è andata costantemente peggiorando l'ipotesi di due milioni
di morti è oggi, purtroppo, assolutamente realistica.
Corrado:
Il punto secondo me è un
altro. La Cina
ha invaso questo paese quindi ha torto, ma essendo questa la vita e non il
cinema, il fatto che la Cina
sia "cattiva" non significa che i monaci buddisti siano i
"buoni". Stiamo parlando di uno che pretende di ritornare a comandare
un popolo, perchè è la reincarnazione di Budda ! Siamo sicuri che sia quel che
vuole il suo popolo??
Risposta mia:
Ai tibetani di deciderlo
dunque e a quanto pare, qualunque siano le motivazioni, vogliono tutti
l'autonomia del Tibet (il Dalai Lama, oggi in minoranza tra le fazioni
politiche tibetane, non chiede nemmeno l'indipendenza come alcune minoranze
tibetane radicali recentemente emerse).
Gli unici sicuri del
contrario sono gli imperialisti cinesi e i loro portaborse ideologici che
confondono progresso umano e addomesticamento alla logica capitalista (sia essa
liberalsocialista o nazionalstalinista).
Quanto alla vita e al
cinema temo che tu abbia il binocolo rovesciato ma ti lascerò nell'illusione
che la società in cui vivi non sia un misero spettacolo fondato sul tuo lavoro
salariato (se ce l'hai e se non fai parte delle caste che nutrono i loro
privilegi facendo lavorare gli altri).
Solo la miserabile,
fanatica, oscurantista, imperialista cultura monoteista dell'occidente giudeocristiano
crede e giudica secondo i criteri manichei di bene e di male per giustificare
il sopruso e colpevolizzare le vittime. Per questo, prima di fare i laici
devoti che si scandalizzano - giustamente, del resto a livello metastorico -
del medioevo tibetano, bisognerebbe lavare prima il sangue davanti alla propria
porta di un medioevo cristiano che bruciava gli eretici e Giordano Bruno. Fare
delle ridicole graduatorie nell'alienazione religiosa è una pseudofilosofia da
tifosi mentre l'umano è tale dovunque, oltre le etnie e le culture.
Ogni individuo e ogni
popolo merita di decidere liberamente della propria sorte al di là del bene e
del male e del proprio destino senza dipendere da liberatori che assomigliano
più a volpi nel pollaio che a compagni solidali di un’internazionale del genere
umano ancora tutta da inventare contro sfruttatori e burocrati.