venerdì 22 giugno 2012

Chi se ne frega della cittadinanza onoraria a Tenzin Gyatso, ma il popolo tibetano sta morendo tra le torture e i soprusi!





Pur se ha il merito indiscutibile di non credere in alcun dio anche il buddismo fa nobilmente parte della panoplia di oppio dei popoli che contribuisce all'alienazione sociale planetaria, al suo mantenimento e al buon funzionamento redditizio della società spettacolar mercantile.
Sia ben chiaro, però, che fosse anche ipocritamente in nome di una laicità di fatto ovunque calpestata, non sostenere il simbolo condiviso al di là delle liturgie da tutto un popolo, icona in carne e sangue della resistenza tibetana al fascismo rosso della Cina capitalsocialista, equivale al tacere sulle leggi razziali, a dare cauzione all'apartheid imposta in questo ultimo mezzo secolo ai tibetani dagli invasori cinesi lasciando sterminare definitivamente un popolo in nome del business.
Tutto ciò si può fare, e infatti si fa, nel cinico mondo miserabile dell'homo œconomicus.
Una tale vergogna resterà però nella storia di un'epoca come una barbarie planetaria, come lo sguardo impotente e vigliacco di quasi tutta una società di schiavi salariati di fronte al genocidio di un popolo dolcemente arcaico di semplicità e intimamente moderno di volontà di vivere, un popolo che è altrettanto cinese che furono francesi o austriaci gli italiani.

Sergio Ghirardi
P. S.
Avevo inviato al Fatto questo breve testo come commento alla notizia della non concessione al Dalai Lama della cittadinanza onoraria di Milano.
Notoriamente, però, i blog si trasformano sovente in celle di una prigione dove i carcerati scarabocchiano sui muri tutta la loro umana disumanità.
Ecco due commenti che di per sé non meriterebbero risposta ma che ho usato per aggiungere qualche elemento a un ancora troppo timido insorgere in nome del superamento della barbarie imperante:
Kenny Craig
“Pur se ha il merito di non avere alcun dio anche il buddismo fa nobilmente parte della panoplia di oppio dei popoli che contribuisce all'alienazione sociale planetaria”
E perche' mai, di grazia?

Risposta mia:

Nella forma e nella sostanza della tua domanda c'è già la risposta, ma il fatto stesso di porla depone a sfavore sulle tue possibilità di trovarla.
Comunque, per avviare una riflessione in merito, le ricerche e le analisi non mancano per chi diffida criticamente del participio presente del verbo credere e magari anche di obbedire e combattere.
Ti consiglio modestamente un titolo assai poco conosciuto ma di grande spessore: W. Reich, Etere, dio e diavolo, Sugar ed., mentre più recente e mondano è il Trattato di ateologia di Onfray, tradotto ormai in italiano a differenza dell'ottimo "De l'inhumanité de la religion"di Vaneigem, Ed. Denoël, finora purtroppo solo in francese.

Dr Drake+Ramoray

A me risulta che prima dell'arrivo della Cina il Tibet fosse una dittatura religiosa, o teocrazia. Il tibet era ad uno stato piuttosto medioevale, la Cina ha portato molte più libertà e progresso di quello che avessero portato i monaci, ed è tutto dire. Non che difenda a priori la Cina, ma ogni tanto sarebbe il caso di guardare le due facce delle medaglie e non sempre è solo la stessa.

Risposta mia:

Mentre tu guardi seduto in poltrona le due facce di una medaglia coniata da burocrati torturatori che giustificano i loro soprusi con una retorica stalinista, degli esseri umani in carne e ossa lottano, resistono e si bruciano in nome della libertà di scegliere che è stata loro tolta.
I tibetani, che ho un po' frequentato e cercato di conoscere prima di permettermi di parlare di loro con affetto critico e non partigiano, sono praticamente tutti dalla parte della resistenza. La propaganda cinese inventa un'identità comune negazionista e antistorica.
Il fatto che i tibetani siano in gran parte acculturati al buddismo mescolato quasi sempre con un animismo ancora più arcaico, fa parte della loro storia come un gran numero di franza o spagna purché se magna sono non a caso cattolici. Ora tra i dieci milioni di excomunisti italiani sposati in chiesa qualche frustrato dal materialismo volgare viene a declamare gli slogan rifritti dell'emancipazione dalla religione.
Trovo insopportabile che degli schiavi che si credono liberi diano lezioni di materialismo a un popolo abituato a vivere in simbiosi con la loro terra e con i propri costumi, a lottare per la libertà da sempre e non a piegarsi di fronte a dittatori, guitti e mafiosi.
Se poi queste scelte siano buone o cattive è tema di libera discussione nell'agorà restituita al popolo di una vera democrazia, mentre usare un'opinione falsa e propagandistica per giustificare un massacro è degno della psicologia di massa del fascismo, sia essa il frutto di mistica o di meccanicismo, di destra o di sinistra, di stupidità o di vigliaccheria.
Ancora Kenny Craig
E in che modo i suoi rispettabili opuscoli sarebbero utili a capire il buddhismo tibetano, che ha una letteratura piu' ampia di quella greca e latina messe insieme e una filosofia di una raffinatezza incomparabile?
Risposta mia :
Bevendo un tè a Tsongo Lake (Sikkim, 4200m.), alla frontiera del Tibet dove un giorno è passato in India il compagno Gyatso, ho fatto un brindisi a tutti gli individui e ai popoli che rifiutano l'addomesticamento insieme a qualche tibetano sorridente e conviviale. Da quarant'anni vado ogni tanto a rigenerarmi corpo e spirito a contatto con quelle montagne e con quelle popolazioni che mi rassicurano sull'umanità dell'uomo ben oltre le loro e le nostre credenze.
Confesso che in quell'occasione non abbiamo letto testi letterari (grazie comunque per la preziosa informazione da agenzia di viaggi organizzati sulla qualità della cultura tibetana, ma io viaggio da sempre al seguito delle mie emozioni e fuori, per quanto possibile, dal business turistico) ma l'umanità della loro cultura è già nello sguardo aperto dei loro volti di esseri umani.
Trovo fastidioso e un po' volgare l'elenco generico, come un capitale culturale che chiude il dibattito prima di aprirlo, di letterature e manuali per farne dei muri di Berlino fobici di qualsiasi critica. Un tale atteggiamento fa pandan perfettamente con quanti elencano i meriti degli invasori cinesi, la cui letteratura fa tranquillamente concorrenza per qualità e quantità a quella tibetana.
La vera questione è un'altra: ogni individuo e ogni popolo ha diritto alla libertà e all'autodeterminazione.
Poi ognuno leggerà e apprezzerà le idee e la letteratura che vuole, magari ricordandosi che la filosofia ha spesso assunto il ruolo imbarazzante di "ancilla theologiae" al servizio della cultura dominante......

  

 ..... Il delirio continua


Corrado:
…Kenny, ma questo è quello che sostiene il dalai lama. Io conoscevo dei sudafricani (di origine italiana) che sostenevano che erano i neri a volere l'hapartehid.

Risposta mia:
A leggere certi commenti mi viene da disperare sulla banalità della barbarie e la possibilità di uscirne. Ben oltre il tema specifico ma nel merito dell'interrogazione posta dal genocidio in atto in Tibet (più di due milioni di morti!) non sono soltanto le tesi a essere scandalose (affermazioni false, ripetizione di slogan ideologici, riscrittura della storia in favola ideologica e lettura dei fatti moralistica o pragmatica fino al cinismo) ma ancor più le emozioni che questi deliri sottendono. Fuoriesce tutto il razzismo ignorante e l'etnocentrismo da analfabeti di individui addomesticati dalla personalità autoritaria (vedi Adorno in proposito). Queste masse di anime morte, queste mandrie di animali impauriti e senza meta non possono tanto (per fortuna) contribuire alla tragedia tibetana ma concorreranno certamente purtroppo, come già in passato, a peggiorare quella italiana che è già a un passo dal baratro.

Corrado:
Secondo i dati del governo in esilio i tibetani sono 6 milioni (gli altri sono cinesi introdotti dal governo) di questi 6 milioni sarebbero morti 2 milioni? Anche in 50 anni è una cifra folle.

Risposta mia:
Sono d'accordo con te: è una cifra folle e ancora più folle se è vera. Non ho difficoltà a riconoscere che non l'ho verificata di persona ma sia in loco (ho vissuto un po' a Katmandu e a Nagarkot (Nepal) in ambito di situazioni gestite da tibetani) che in molti documenti consultati qui in Francia, questa cifra è sistematicamente riportata.
Ma se anche i morti (lasciamo perdere i torturati) fossero solo cinquantamila trovi che cambierebbe qualcosa?
Ecco sì, forse in quel caso anzichè di genocidio si dovrebbe invece parlare di repressione attraverso un massacro sistematico.

Kenny Craig
Le cifre non sono quelle ma nell'ordine delle centinaia di migliaia. La sostanza cambia poco.

Risposta mia che è stata incredibilmente bannata:
Totale dei decessi tibetani risultanti dall’invasione cinese tra il 1949 e il 1979: 1 278 387.
Nel documento di cui ho qui tradotto l’essenziale si specificano le cause del decesso e le regioni di provenienza. (Source : Gouvernement tibétain en exil, Bureau du Tibet, Human Rights)
I ragionieri del massacro che non si accontentano della tragedia visibile dovranno premurarsi gentilmente di aggiungere i morti dal 1979 a oggi.
Naturalmente si può contestare il numero dei morti, ricontarli, discuterne davanti a un buon piatto di momos (ravioli) o di tsamtuk (zuppa di tsampa), mentre i tibetani (ma non si sa quanti) continuano a morire.

Trovando importante la circolazione dei dati cifrati, ho allora fatto lo sforzo di riscrivere così per passare la censura imbecille e intollerabile:

Il totale dei decessi dei tibetani a causa dell'invasione cinese tra il 1949 e il 1979 sono stati valutaiti in 1.278.387 (Source : Gouvernement tibétain en exil, Bureau du Tibet, Human Rights).
Poiché in seguito la situazione in Tibet è andata costantemente peggiorando l'ipotesi di due milioni di morti è oggi, purtroppo, assolutamente realistica.

Corrado:
Il punto secondo me è un altro. La Cina ha invaso questo paese quindi ha torto, ma essendo questa la vita e non il cinema, il fatto che la Cina sia "cattiva" non significa che i monaci buddisti siano i "buoni". Stiamo parlando di uno che pretende di ritornare a comandare un popolo, perchè è la reincarnazione di Budda ! Siamo sicuri che sia quel che vuole il suo popolo??

Risposta mia:
Ai tibetani di deciderlo dunque e a quanto pare, qualunque siano le motivazioni, vogliono tutti l'autonomia del Tibet (il Dalai Lama, oggi in minoranza tra le fazioni politiche tibetane, non chiede nemmeno l'indipendenza come alcune minoranze tibetane radicali recentemente emerse).
Gli unici sicuri del contrario sono gli imperialisti cinesi e i loro portaborse ideologici che confondono progresso umano e addomesticamento alla logica capitalista (sia essa liberalsocialista o nazionalstalinista).
Quanto alla vita e al cinema temo che tu abbia il binocolo rovesciato ma ti lascerò nell'illusione che la società in cui vivi non sia un misero spettacolo fondato sul tuo lavoro salariato (se ce l'hai e se non fai parte delle caste che nutrono i loro privilegi  facendo lavorare gli altri).
Solo la miserabile, fanatica, oscurantista, imperialista cultura monoteista dell'occidente giudeocristiano crede e giudica secondo i criteri manichei di bene e di male per giustificare il sopruso e colpevolizzare le vittime. Per questo, prima di fare i laici devoti che si scandalizzano - giustamente, del resto a livello metastorico - del medioevo tibetano, bisognerebbe lavare prima il sangue davanti alla propria porta di un medioevo cristiano che bruciava gli eretici e Giordano Bruno. Fare delle ridicole graduatorie nell'alienazione religiosa è una pseudofilosofia da tifosi mentre l'umano è tale dovunque, oltre le etnie e le culture.
Ogni individuo e ogni popolo merita di decidere liberamente della propria sorte al di là del bene e del male e del proprio destino senza dipendere da liberatori che assomigliano più a volpi nel pollaio che a compagni solidali di un’internazionale del genere umano ancora tutta da inventare contro sfruttatori e burocrati.