venerdì 8 giugno 2012

« Poiché non abbiamo messo fine alla crescita se ne occuperà la natura »


« Poiché non abbiamo messo fine alla crescita se ne occuperà la natura »

 

La crescita ininterrotta è possibile in un mondo finito ? Già quaranta anni fa Dennis Meadows  e i suoi colleghi hanno risposto negativamente alla questione. Il ricercatore vede oggi nella crisi i primi segni del crollo del sistema. Qui di seguito vi ho tradotto questa sua intervista in proposito a Terra eco.

Sergio Ghirardi



Nel 1972, in un rapporto voluto dal Club di Roma, dei ricercatori del MIT (Istituto di tecnologia del Massachusset) avevano pubblicato un documento intitolato “I limiti della crescita”. La loro idea è semplice: la crescita infinita in un mondo dalle risorse limitate è impossibile. Se dunque gli uomini stessi non mettono fine alla loro ricerca di crescita, la natura lo farà per loro senza usare i guanti.
Il testo è stato rimesso a giorno per la seconda volta nel 2004 e la sua versione francese è stata appena pubblicata dalle Edizioni «de la Rue de l’echiquier».
In visita a Parigi per presentare l’opera di cui è uno dei principali autori, Dennis Meadows ritorna sulla pertinenza delle proiezioni vecchie di quaranta anni e commenta la crisi della zona euro, la rarefazione delle risorse e il mutamento climatico, primi sintomi, secondo lui, di un crollo del sistema.

Terra eco : Lei ha scritto il suo primo libro nel 1972. Oggi la terza edizione uscita nel 2004 è stata appena tradotta in francese. Perché, secondo Lei, il suo libro è ancora d’attualità?

Dennis Meadows : All’epoca si diceva che avevamo davanti a noi ancora una quarantina d’anni di crescita globale. Questo è quel che mostrava la nostra ipotesi. Dicevamo anche che se non si fosse cambiato nulla il sistema sarebbe crollato. Tuttavia, negli anni 70, la maggior parte della gente stimava che la crescita non sarebbe mai finita. Oggi, invece, siamo entrati nel periodo di arresto della crescita. Tutti i segni lo mostrano. Il mutamento climatico, la dislocazione della zona euro, la penuria di benzina, i problemi alimentari sono i sintomi di un sistema che si ferma. È cruciale capire che non si tratta di problemi ma di sintomi. Se uno ha un tumore può avere il mal di testa o la febbre ma non immaginerebbe mai che prendendo dell’aspirina per eliminare la febbre il tumore possa sparire. La gente tratta queste questioni come se si trattasse di problemi da risolvere affinché tutto vada per il meglio. In realtà, invece, se voi risolvete il problema in un punto, la pressione si sposta altrove e il cambiamento non passerà per la tecnologia ma per delle modificazioni sociali e culturali.

Come innescare il cambiamento ?

Bisogna cambiare la nostra maniera di misurare i valori. Bisogna, per esempio, distinguere la crescita fisica dalla crescita non fisica, cioè la crescita quantitativa dalla crescita qualitativa. Quando avete un figlio, all’inizio siete felici che cresca e si sviluppi fisicamente, ma se continuasse a crescere dopo i 18, 20 anni vi preoccupereste e lo terreste nascosto. Quando la sua crescita fisica è conclusa voi ne desiderate infatti una crescita qualitativa. Volete che si sviluppi intellettualmente, culturalmente. Purtroppo, gli uomini politici non agiscono come se capissero la differenza tra crescita quantitativa e qualitativa, cioè quella che passerebbe per un miglioramento del sistema educativo, per la creazione di media migliori, di luoghi dove gli individui s’incontrino… Spingomo automaticamente il bottone della crescita quantitativa. Eppure è un mito credere che questa possa risolvere il problema della zona euro, della povertà, dell’ambiente… La crescita fisica non fa nulla di tutto ciò.

Perché gli uomini politici s’intestardiscono in questa direzione?

Voi bevete del caffè pur sapendo che non vi fa bene. Tuttavia persistete perché è diventato una droga. I politici sono assuefatti alla crescita. L’assuefazione è qualcosa di deleterio ma a corto raggio fa apparire le cose sotto una luce migliore. La crescita, i pesticidi, le energie fossili, l’energià poco costosa: siamo assuefatti a tutto questo. Eppure tutti, compresi gli uomini politici, sanno che tutto ciò è cattivo.

Eppure continuano a dire che la crescita risolverà la crisi. Lei pensa che non credano a quello che dicono?

Prendiamo l’esempio delle azioni in Borsa. Prima si compravano delle parti di una compagnia perché si pensava che fosse una buona impresa in via di sviluppo e dai profitti in aumento. Ora lo si fa perché si pensa che altre persone lo penseranno e che più tardi si potranno rivendere queste azioni con un buon margine di plusvalore. Penso che i politici funzionino un po’ nello stesso modo. Non pensano davvero che questa cosa chiamata crescita risolverà il problema ma credono che il resto della gente lo pensi. Un detto giapponese dice: “Se il vostro’unico utensile è il martello, tutto assomiglia a un chiodo”. Se andate da un chirurgo con un problema vi risponderà “chirurgia”, uno psichiatra “psocanalisi”, un economista “crescita”. Sono i soli utensili di cui dispongono. La gente vuole essere utile, ha uno strumento e s’immagina dunque che sia utile.

Pensa che utilizzare dei nuovi indicatori di sviluppo sia un buon modo di procedere per cambiare questo tipo di comportamento?

Sì, potrebbe essere utile, ma non risolverà affatto il problema.

Ma allora che cosa risolverà il problema ?

Niente. La maggior parte dei problemi non li risolviamo. Non abbiamo risolto il problema delle guerre nè quello della demografia. Per contro, il problema si risolverà da solo perché non è possibile avere una crescita infinita su un pianeta finito. La crecita è dunque destinata a fermarsi. Le crisi e le catastrofi sono dei mezzi della natura per fermare la crescita. Avremmo potuto fermarla prima, non l’abbiamo fatto e allora la natura se ne occupa. Il mutamento climatico è un buon modo per bloccare la crescita. La rarità delle risorse è un altro buon mezzo. La penuria di cibo pure. Quando dico «buono» non intendo eticamente o moralmente ma dal punto di vista dell’efficacia. Funzionerà.

Ma c’è spazio per l’azione? La natura correggerà comunque le cose?

Nel 1972, eravamo al di sotto della capacità massima della terra nel sopportare le nostre attività, a circa 85 %. Oggi siamo a 150 %. Una cosa è bloccare le cose quando si è al di sotto della soglia critica. Altra cosa tornare indietro quando si è andati al di là. Dunque la natura s’incarica di correggere le cose. Malgrado tutto, in ogni momento si possono rendere le cose migliori di come sono state altrimenti. Non abbiamo più la possibilità di evitare il mutamento climatico ma possiamo attenuarlo agendo subito. Riducendo le emissioni di CO2 e l’utilizzazione dell’energia fossile nel settore agricolo, creando delle vetture più efficienti… Queste scelte non risolveranno il problema ma tra i piccoli e i grandi crolli preferisco i piccoli.

Lei parla spesso di « resilienza ». Di che cosa si tratta esattamente ?

La resilienza è un modo di costruire il sistema affinché, quando arrivano gli shock, sia possibile continuare a funzionare senza un crollo totale.
Ho già pensato a sei maniere di migliorare la resilienza. La prima è quella di costruire dei «tamponi». Per esempio farsi uno stock di cibo in cantina: del riso, del latte in polvere, dei boccali di burro d’arachide… In caso di penuria di cibo potete tener duro per settimane.
A livello di un paese, è l’Austria che costruisce la riserva più grande nel caso in cui la Russia smettesse l’approvvigionamento in gas. Seconda cosa: l’efficacia. Ottenere di più con meno energia, come accade, per esempio, con una vettura ibrida… Oppure scegliere di discutere in un caffè con degli amici anziché fare una gita in macchina. In termini di quantità di felicità per gallone di benzina speso, è più efficace. Terza cosa: erigere delle barriere per proteggere dagli shock. Le dighe di Fukushima sono un esempio. Quarto utensile: il « riciclaggio » che rende meno dipendenti dai mercati. Anziché impiegare una baby-sitter chiedete al vicino di occuparsi dei bambini mentre voi in cambio vi occupate dei suoi problemi idraulici.
C’è anche la sorveglianza che permette un’informazione migliore su quel che succede. Infine la ridondanza che consiste nell’elaborare due sistemi per compiere la stessa funzione in modo da essere pronti il giorno in cui uno dei due sistemi vada in panne. Questi sei metodi aumentano la resilienza, la quale, però, costa del denaro e non dà risultati immediati. Per questo non la si pratica.

A credere a uno schema del vostro libro, siamo quasi arrivati al momento del crollo e oggi entriamo, secondo voi, in un periodo molto pericoloso…

Penso che vedremo più cambiamenti nei prossimi venti anni che negli ultimi cento. Ci saranno dei mutamenti sociali, economici e politici. Siamo chiari: la democrazia in Europa è minacciata. Il caos della zona euro ha il potenziale per mandare al potere dei regimi autoritari.

Perché ?

L’umanità ubbidisce a una legge fondamentale : se la gente deve scegliere tra l’ordine e la libertà sceglie l’ordine. Ciò non smette di verificarsi nella storia. L’Europa entra in un periodo di disordine che scontenterà certe persone. E ci saranno individui pronti a dire: «Posso garantire l’ordine se me ne date il potere».
L’estremismo è una soluzione a breve termine dei problemi. Uno dei grandi presidenti degli Stati Uniti ha detto: «Il prezzo della libertà è un’eterna vigilanza»[1].
Se non si fa attenzione, se si prende la libertà per acquisita, la si perde.
 


Les limites de la croissance (dans un monde fini), Donella Meadows, Dennis Meadows, Jorgen Randers, Edition Rue de l’échiquier.