giovedì 28 giugno 2012

I QUATTRO PILASTRI DELL'IMPERIALISMO NATO





ricevo dal Comidad e inoltro




Con espressione del tutto incongrua, ci si riferisce spesso alle "bugie" del potere, come se si trattasse di birichinate di bambini. In realtà, si tratta non di semplici bugie, ma di frodi. L'aggressione NATO contro la Siria viene spacciata per emergenza umanitaria e, dato che ormai l'emittente del Qatar, Al Jazeera, ha perso ogni credibilità, tocca adesso ad Amnesty International farsi carico di alimentare la propaganda interventista. Viene il sospetto che si sia permesso che venisse prodotto un film come "Diaz", solo perché nella locandina del film Amnesty International potesse ancora accreditarsi come ultimo baluardo dei diritti democratici. [1]    
Con l'incidente dell'abbattimento del proprio caccia, anche il governo turco ha aggiunto un ulteriore mattone all'edificio fraudolento montato attorno all'aggressione NATO contro la Siria. Ci si potrebbe chiedere quale legittimo interesse nazionale possa accampare Erdogan nel cercare di destabilizzare un Paese vicino con il quale i rapporti sono sempre stati ottimi, persino nel periodo della guerra fredda, quando i due Stati confinanti stavano in schieramenti opposti.
La massoneria militare che ha dominato la Turchia per ottanta anni - nonostante la sua sudditanza all'imperialismo britannico prima, ed all'imperialismo statunitense poi -, non aveva mai manifestato gli atteggiamenti avventuristici che oggi invece esibisce Erdogan. Meno di due anni fa, Erdogan rappresentava ancora una speranza per settori dell'antimperialismo, mentre ora è diventato un fantoccio della NATO.  Si tratta di un'ulteriore smentita del mito dell'antiamericanismo islamico, dato che l'islamismo "moderato" di Erdogan dimostra la stessa sudditanza agli USA dell'islamismo "radicale", rappresentato da quella accozzaglia di milizie etichettata come "Al Qaeda".
Il punto è che l'islamismo politico, in qualsiasi versione, risulta troppo dipendente nelle sue fortune, sia elettorali che militari, dal denaro delle monarchie petrolifere del Golfo. L'islamismo politico è un prodotto del denaro, e quindi segue il denaro. Ciò deve costituire un invito alla prudenza anche per coloro che si fanno illusioni per la vittoria elettorale dei Fratelli Mussulmani in Egitto.
Nulla di strano quindi che Erdogan abbia trasformato il suo Paese in una base per le aggressioni delle milizie islamiche contro la Siria, poiché il denominatore comune sia di Erdogan, che dei cosiddetti al-qaedisti, è il denaro del Qatar, la monarchia che oggi fa da punta di diamante delle aggressioni della NATO nel Mediterraneo ed in Medio Oriente.
Dal 2009 la collaborazione tra il Qatar ed il Pentagono è diventata strettissima. In un libro del 1970, "Pentagon Capitalism", Seymour Melman illustrava come il Pentagono dagli anni '60 sia diventato un vero e proprio ministero delle Partecipazioni Statali, che finanzia, indirizza ed organizza la produzione bellica di varie multinazionali. Questo capitalismo di Stato è ovviamente finalizzato anche all'esportazione di armi. Il Pentagono è infatti il maggiore esportatore di armi del mondo, ed il Qatar, l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti ne sono i maggiori acquirenti. [2]
Seguendo il denaro ci si spiega Erdogan, ma anche la strategia NATO di cui egli fa parte. La Siria non può essere sconfitta sul piano militare, poiché ha comunque risorse tali da infliggere all'aggressore dei danni irreparabili. In un'area desertica è sufficiente un'artigliera a proiettili chimici per rendere insopportabilmente dispendiosa qualsiasi avanzata di eventuali aggressori. La guerra permanente, la "guerra infinita" degli USA e della NATO contro gli innumerevoli "nuovi Hitler" di turno, rappresenta un nonsenso dal punto di vista militare; poiché una guerra infinita richiederebbe uno sforzo bellico infinito, che neppure le gigantesche spese militari statunitensi potrebbero assicurare.  
Infatti la NATO, ancora una volta, punta solo in parte sulla carta militare per vincere, mentre è la frode a diventare la carta vincente. Occorre prima aggredire, per poi spingere l'aggredito a intavolare trattative, che per la NATO non sono altro che l'occasione fraudolenta per stabilire gli agganci utili per corrompere qualcuno della controparte. Si tratta di prendere Damasco così come sono state prese Belgrado, Baghdad e Tripoli: comprandosi i funzionari governativi e i generali. Si spende tanto denaro per produrre e comprare armi, per poi scoprire che l'arma principale è il denaro stesso. Nell'attuale situazione del Medio Oriente, i soldi del Qatar costituiscono la vera arma letale.
Le trattative servono anche a corrompere gli alleati della Siria, come la Russia. Il problema non è quello di corrompere Putin - che più corrotto di com'è non potrebbe essere -, ma di riuscire ad agganciare i generali e gli ammiragli che sinora lo hanno costretto a non mollare del tutto la Siria. 
 
L'Islam ha cinque pilastri, invece l'imperialismo NATO ne ha quattro: l'aggressione, la frode, la corruzione e, non meno importante, la mistificazione. Infatti la cosiddetta "lotta alla corruzione" rappresenta un elemento essenziale della mitologia imperiale del sedicente Occidente.
La corruzione viene rappresentata come il male che frena l'economia e falsa le sane regole del mitico "libero mercato". Dalle colonne de "l'Espresso" il noto econo-comico Luigi Zingales ci ammonisce che la crisi è colpa dei corrotti, che non si cresce perché si ruba, e che non se ne esce senza una rivoluzione morale; e, come al solito, indica come faro e come via di salvezza il modello statunitense. [3]
Le spericolate intuizioni di Zingales però non fanno altro che ricalcare le veline giornalistiche fornite dal Consiglio Atlantico della NATO. In una di queste si prende a pretesto il caso Ucraina solo per poter assegnare il primato morale della lotta mondiale alla corruzione agli Stati Uniti, considerati superiori persino alla già "moralissima" Gran Bretagna. [4] 
Gli Stati Uniti sembrano prendere molto sul serio questo ruolo di guida morale del pianeta. Il Segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, fa la morale anche alla Nigeria, colpevole di essere troppo corrotta e di mortificare la "meritocrazia".[5]
Quanto a meritocrazia, neppure il clan dei Clinton scherza, a giudicare dalla irresistibile carriera nei media della figlia di Hillary e Bill, la diletta Chelsea.  Chelsea è anche moglie di un ex alto dirigente di Goldman Sachs, Marc Mezvinsky, un pregiudicato per frode bancaria, che ora gestisce la 3G Capital, una società di investimenti messa su per aggirare la legislazione di controllo sulle banche. Del resto sarebbe ormai una scoperta dell'acqua calda constatare che negli USA il potere si riproduce per via familiare, e che i matrimoni dinastici servono a rafforzarlo. [6]
Un espediente polemico tipico della destra consiste nell'accusare gli oppositori del sistema di non essere affatto moralmente "puri". In questo periodo è Beppe Grillo a fare le spese di questo tipo di propaganda della destra. [7]
In realtà, sia Grillo che i suoi detrattori del "Giornale" berlusconiano, poi mostrano di condividere il mito della moralità pubblica statunitense, che pur non essendo del tutto immune dalla corruzione, almeno sarebbe inflessibile nel perseguirla. Non c'è imperialismo senza razzismo, ed il mito della superiorità morale del mondo anglosassone è alla base del sedicente Occidente. 
In realtà la "moralità pubblica" statunitense è basata su una sfacciata legalizzazione della corruzione e del nepotismo, istituzionalizzati nella forma del lobbying.  Secondo un reportage della ABC, un qualsiasi deputato americano può permettersi il lusso di non intascare mazzette, poiché gli basta far assumere i propri familiari dalle aziende con la qualifica di lobbisti, in tal modo questi familiari possono percepire, del tutto legalmente, stipendi e premi. Il "ci ho famiglia" funziona benissimo, anzi meglio, anche oltre oceano. Visto che in Italia si intende adottare il modello statunitense, è probabile che il governo Monti, dopo il Ddl anti-corruzione, proceda anche ad una legalizzazione del lobbying. [8] 


28 giugno 2012