sabato 11 maggio 2013

LO SPETTACOLO È UNA COSA SERIA





Il neologismo deturnamento, dal francese détournement, s’impiega per abbreviazione della formula: deturnamento di elementi estetici artificiali. Integrazione di produzioni attuali o passate delle arti in una costruzione superiore dell’ambiente. In questo senso, non ci può essere pittura o musica situazionista, ma un uso situazionista di questi mezzi. In un senso più primitivo, il deturnamento all’interno delle sfere culturali classiche è un metodo di propaganda che testimonia dell’usura e della perdita d’importanza di queste sfere.

 Internazionale situazionista, n°1

Tutto si espone in piena luce, come per magia e a prima vista sembra facile raccapezzarsi di fronte all’evidenza. Invece è tutt'altro che facile prendere posizione di fronte allo spettacolo politico senza cadere in una delle innumerevoli trappole che il sistema di manipolazione delle coscienze articola e prevede nel tessere la sua tela di mantide più religiosa che mai.
Nel laboratorio italiano ancora più che altrove, lo schifoso compromesso preistorico tra mafiosi e burocrati risalta ormai agli occhi di tutti.
Dovunque, però, nella fase terminale del capitalismo planetario e nella decomposizione accelerata del meccanismo usuale della società produttivistica in crisi strutturale, nessun dubbio resta possibile: esiste un’alleanza obiettiva di tutti gli apparenti antagonisti che partecipano allo spettacolo della democrazia per spartirsi il bottino offerto dallo Stato come premio per aver favorito spudoratamente il Mercato contro gli interessi dei cittadini.
Destra e sinistra di uno stesso programma produttivistico alternano le loro ideologie per servitori volontari sempre più scemi, intrappolando popoli e individui in una crisi che non li riguarda ma che sono costretti a subire come fosse la loro.
Così, in un’oscena batracomiomachia, i cittadini-spettatori si accapigliano nel derby permanente tra destre sinistre e sinistre maldestre di un’unica fatiscente polis/prigione capitalista, fingendo d’ignorare che il risultato della partita è assolutamente preconfezionato a tavolino.
Il recente abbraccio in Parlamento tra Bersani e Alfano, foriero di tanto scalpore virtuale, è solo uno spot occasionale, un lapsus fotografico di quel che tutti sanno.
Ora, visto che la nemesi calcistica è l’unico linguaggio filosofico che fa ancora fremere la sensibilità ottusa degli indiani rinchiusi nella riserva dello stivale, diciamo che è imbarazzante vedere Totti e Chinaglia abbracciarsi fraternamente dopo una partita senza reti il cui risultato permette di dividersi scudetto e salvezza.
Una tale metafora di cotanta presa in giro dovrebbe far svegliare anche i tifosi più zombi. Macché, continuano a sbraitare le loro retoriche fasciste e antifasciste accomunati da una peste emozionale che restituisce attualità alla vecchia e cinica profezia di Bordiga: “L’antifascismo è il peggior prodotto del fascismo”.
Forza Lazio, forza PDL, forza Roma, forza PD (ma c’è sempre una nuova squadra per ogni alienazione che compare sul mercatino delle pulci dell’ideologia): tutti questi lavoratori frustrati che arrancano nella competizione capitalistica, non sono altro che piccolissimi gerarchi che s’ignorano, padri di famiglia che alimentano spesso la gerarchia sociale umiliando banalmente e malamente le mogli e i figli al rientro nelle loro gabbie familiari, con la coda tra le gambe miseramente salariate o disoccupate.

In questa polveriera senza miccia, il M5s ha rappresentato, sullo squallido palcoscenico italiano, non solo la miccia ma anche l’accendino.
Il suo unico compito storico possibile sarebbe quello di traghettare un popolo confuso e reso demente da secoli d’umiliazione dal daily hospital della democrazia parlamentare all’agorà conviviale di una democrazia reale tutta da re-inventare.
Prima di inventare una democrazia, però, parafrasando un sillogismo storicamente italiano, bisognerebbe inventare i democratici. Dei soggetti, cioè, che abbiano colto l’essenza sociale dell’individuo e la necessità di tendere alla felicità dell’emancipazione insieme con gli altri e non contro di loro.
Ad avere inventato la forma moderna della democrazia, (la Grecia è sempre un modello molto interessante e utile da studiare, ma risale a una realtà sociale precapitalistica lontana dal nostro complicato presente) ci avevano, infatti, già pensato per secoli, dopo la rivoluzione borghese del 1789, i rivoluzionari pacifici che dalla Comune di Parigi in poi hanno proposto al mondo intero una patria comune e il concreto progetto di una democrazia orizzontale dove, abolite le classi e l’appropriazione privativa, ognuno contasse uno e tutti decidessero insieme della loro sorte e del buon fine dei loro progetti sociali.
Contrariamente alla propaganda che incita gli analfabeti coltivati nelle serre virtuali dello spettacolo a credere l’opposto, questi tentativi hanno sempre funzionato benissimo, tra gioia, poesia e voglia di continuare a mostrare la loro superiore capacità di fornire un modus vivendi degno dei valori umani fondamentali: libertà, fratellanza e uguaglianza, nella diversità rispettata di ognuno e nella comune volontà di godimento della vita di tutti i propri simili.
Solo la volontà di potenza dei parassiti del modo di produzione capitalista, erede di tutta la civiltà della divisione del lavoro e del suo sfruttamento redditizio, ha sempre aggredito fisicamente e militarmente ogni comunità umana insorgente, imponendo con la forza e la manipolazione a tutte le tribù di esseri umani reali la pax totalitaria di una casta becera e avida di potere. La vera forza di questa genia maledetta si fa da sempre forte di pedagoghi affaristi, polizie, eserciti e magistrature (in una parola lo Stato formale e informale).

Oggi più che mai lo Stato è il detentore della violenza legale e dello schiavismo organizzato e mascherato da diritto sempre più ipotetico al lavoro, schiavismo formalmente abolito per meglio preservarne l’esistenza reale. Oltre ogni ipocrita liberalismo predatorio, del resto, la schiavitù resta l’anima del potere, il cuore del business che distrugge la vita e lo stesso mondo che la ospita.
Un fatto di cronaca recentissimo mi pare incarnare orribilmente meglio di ogni analisi la condizione umana presente: le quattro femmine di Cleveland sottrattesi per caso all’ipnosi di un sequestro decennale nel cuore di una favela della normalità, si caricano nell’inconscio collettivo di tutta l’umanità umiliata di una violenza patriarcale di genere e di classe, mentre il loro sequestratore, maschio dominante, predatore e stupratore, incarna mostruosamente a pennello la minoranza predatrice che colleziona esseri come averi, impotente ad amare e carica di odio persecutorio.
L’appropriazione è fittizia perché il padrone non possiede per amore, non conosce dono e cerca soltanto di apparire a se stesso, nei suoi specchi deformanti e deformati di una sopravvivenza vomitevole, come immagine spettacolare di un’inconfessabile riuscita sociale. Anziché in orgasmi liberatori, il suo godimento reale si riduce dunque a sfoghi miserabili, vendette misogine consumate nell’imposizione di un’autorità perversa e nella sofferenza inflitta a qualcuno piegato al dominio crudele del suo torturatore.
Nella perversione delirante di una tale volontà di potenza predatrice, soltanto la priva(tizza)zione dello schiavo/a è reale ed è il risultato tragico di una guerra mai ufficialmente dichiarata ma vinta vergognosamente, di nascosto. Siamo di fronte a un Pinochet del quotidiano, imbevuto dello stesso liberalismo conseguente e cinico dei Chicago boys di Friedman, un mostro autodidatta fatto in casa, spontaneamente, nella succursale di Cleveland.
Choc economy al quotidiano: più normale di così c’è solo uno spot pubblicitario.
Dieci anni di qualche vita individuale torturata e perduta corrispondono a secoli di vite sociali altrettanto cinicamente mandate in malora dalla perversione della libertà che il liberalismo incarna insieme al capitalismo che lo genera.
Natica oltraggiosamente liberale di destra e un po’ meno, ma ormai neanche tanto, di sinistra, sono entrambe prezzolate per nascondere l’ineluttabile conclusione dello stupro sociale che sta desertificando il mondo e che qualcuno osa ancora chiamare civiltà.
Le parabole macabre della società dello spettacolo mostrano sempre più nudo il retro di un potere che logora il culo di chi non ce l’ha, ma nessuno osa ancora scardinare la porta che restituirebbe la libertà.

Probabilmente senza misurarne davvero la portata, Grillo si è presentato come il portiere imprevisto e imprevedibile del campo di concentramento italico.
La sua indignazione e il privilegio senza vergogna di una sopravvivenza agiata (che aiuta a non sottostare ai ricatti economici sui quali si fonda il mondo del business planetario), si sono probabilmente mescolati nel fargli scegliere di indicare col suo grosso dito scandaloso di star mediatica la luna di una società umana non spettacolare.
Tanto meglio e onore alla sua passione se, come sembra, non nasconde zone oscure, ma qui comincia il problema e non finisce affatto lo spettacolo.
Democrazia spettacolare e parlamentare o democrazia diretta?
Abbastanza liberamente da sposare l’esigenza comune e generica di cambiare davvero un mondo di cui un numero sempre crescente d’individui sociali non ne può davvero più, questa questione dirimente è stata finalmente posta da qualche coscienza individuale, inevitabilmente carica - come tutte - di primitivismi e contraddizioni.
Un tale slancio di umanità, un tale risorgimento della passione politica da troppo tempo ridotta a calcolo opportunista e redditizio, non genera, infatti, purtroppo, (e come potrebbe?) né assoluta lucidità né garanzia di riuscita. Per questo, del resto, è lodevole l’invito rivolto da Grillo a votanti e devoti a investirsi in prima persona nel cambiamento senza atteggiamenti da voyeur, sudditi incapaci di agire ma facili alla disillusione repentina.
Eppure non basta: vecchi primitivismi cattolici (moralismo e francescanesimo) si mescolano con magie moderniste ipertecnicistiche creando illusioni. Il mito di S Francesco e quello del Web sono due miti di troppo, ma risulta difficile, nell’ignoranza globalizzata che domina il mondo, fare a meno dei miti.

AVER PRATICAMENTE VINTO LE ELEZIONI PARLAMENTARIE È RISULTATO UN GRAVE HANDICAP PER DEI VOLONTARI SPONTANEISTI DELLA DEMOCRAZIA DIRETTA.
http://www.beppegrillo.it/2013/05/montecitorio_abbiamo_un_problema.html#commenti

Poco avvezzi a gestire liturgie e non necessariamente pronti a tanto improvviso spazio sociale, gli eletti a 5 stelle hanno lasciato emergere i limiti di individui che oltre lo sforzo sincero di una critica alla società dominante non avevano pronto per magia, in un cassetto ideologico, anche un progetto preciso del superamento individuale e collettivo di un modo di governo ipocrita e spettacolare. Nessuna colpa in questo, ANZI, ma un enorme boulevard per il recupero propagandistico esercitato dai servi politici e mediatici della società dello spettacolo.
Di fronte alla potenza di fuoco dei loro innumerevoli nemici, i cittadini del M5S si sono trovati di fronte a un compito forse più grande di loro e hanno singhiozzato qualche delirio, parecchi veniali narcisismi e confusionismi inevitabili mentre cominciano a emergere degli inevitabili egoismi carrieristi da parte di qualche eletto scilipoteggiante.
Al momento di affondare la sua sincera critica di Versailles, il M5s non immaginava che Versailles gli avrebbe aperto tutte le porte per meglio intrappolarlo al suo interno e si sono trovati incravattati al passaggio del re, per quanto ormai nudo, senza troppo sapere che fare né a che popolo voltarsi. Troppa grazia S. Francesco!
Puristi rigidi della prima ora (nessuna fiducia a Bersani) e strateghi tardivi ma coerenti dell’ultima (votate Rodotà e faremo il governo insieme), quando ormai il Pd si era ritrovato nella sua profonda anima masochista, succube di Berlusconi e dell’inciucio di giornata, Grillo e i cosiddetti grillini (in realtà cittadini ancora in cerca di soggettività) hanno visto riformarsi davanti a loro lo spettro di un governo di corrotti dal denaro e dall’ideologia, fantasma degno del peggior passato, riformatosi come un’Idra di Lerna dalle amputazioni subite.
Le affermazioni ideologiche della campagna elettorale sono state volgarmente disattese come non mai da Letta e Letta, detectives demenziali di un nuovo episodio del Tintin spettacolare: PD e PDL al paese dei soviet anticomunisti e mafiosi. Mai la sindrome corruttiva del potere era andata così lontano.

AVAMPOSTO SAHARA: IL CAPITAN LETTA DELLA LEGIONE STRANIERA
Ormai la realtà supera ogni metafora che provi a raccontarla. Al giovane vecchio Enrico hanno imposto, o si è scelto, i peggiori ceffi in circolazione. È circondato da ladri, mafiosi, intrallazzatori e varia disumanità. Tutti arruolati senza domande. Come si suol dire, il più pulito ha la rogna, ma lui, dritto in piedi nel suo stivale delle sette leghe (del nord, del centro, del sud, di destra, sinistra e centro + mafie varie), parla forbito di riforme necessarie, di uscita dal tunnel e di superamento della crisi. Sembra un disco rotto che non smette di gracchiare. Nessuno lo ascolta ma tutti - per ora - lo applaudono (i giornalisti) e sono d’accordo (i politici). Sanno che è lì per volere del capo di cui sono tutti dipendenti e che farà fino in fondo i suoi interessi. Con Ghedini in tribunale e Letta al governo chi ha più bisogno di Scilipoti? Persino Andreotti cede il campo agli eredi.



Ma torniamo al dunque. Il M5s è a un bivio cruciale e si ritrova nella bufera spettacolare dove rischia di dimenticare la sua sola ragione di essere: la transizione dalla democrazia spettacolare a una reale. Per mantenere la rotta della sua lotta esemplare non può accontentarsi di una moralizzazione del parlamentarismo ma dirigersi verso il suo superamento. Altrimenti rischia seriamente d’impantanarsi e “i pezzi di merda” di moltiplicarsi e galleggiare nel gruppo misto del recupero ideologico.
Il passaggio del vice presidente  della regione Sicilia a Servizio Pubblico, (servizietto privato di un  Santoro sempre più bigotto al sistema che lo applaude e lo compra come critico di regime) è stato esemplare del nodo gordiano che il M5s deve sciogliere.
Per giustificare il suo evidente opportunismo da sindacalista di se stesso e la voglia di trattenere una parte più grande degli emolumenti in gioco, il poco avventuroso Venturino ha ripreso a suo carico (forse prevedendo un trasbordo scilipottiano) tutta la demagogia piddina. Ha soprattutto dimostrato il già avvenuto trapasso, nella sua piccola testa, da movimento a partito del M5s.
Riguardatevi il suo intervento: chiama il movimento “partito” più di una volta, parla di “emolumenti che gli spettano”, parla di operare all’interno del parlamentarismo per ottenere “più grandi risultati di efficienza politica”. Pochi mesi di addomesticamento e già si sente un politico di lungo corso. O forse è solo un vigliacco opportunista tra i tanti?
Scemo o in malafede non so, ma l’orrido burocrate ha gettato la maschera. Per lui il M5s è stato il cavallo di Troia per penetrare in Parlamento (Regionale o nazionale poco importa) e diventare un eletto del popolo come tutti gli altri, ma con un preteso primato morale (come la sinistra in tempi altrimenti sospetti); primato poco rivendicabile, effettivamente, da mafiosi, affaristi e intrallazzatori quali sono i sempiterni politici mercenari porcellumdipendenti di destra e sinistra.

Movimento o partito mascherato? Realtà virtuale o virtualità (ir)reale?
Se lo spettacolo è una cosa seria, forse bisognerà smettere di essere seri e cominciare a giocare.
La democrazia diretta potrà affermarsi davvero soltanto con una rivoluzione internazionale, a partire dalla Comune d’Europa che nessuno, o quasi, osa immaginare ma che tutti i potenti temono in quanto risveglio dei popoli di fronte a tutti i loro oppressori dal pensiero unico.
Nessun movimento che finisca in partito parlamentare nazionale cambierà nulla. I singoli finiranno per farsi risucchiare dagli interessi privati perché non la moralizzazione della politica ma una nuova organizzazione della società svilupperà la capacità di ampliare gli spazi e le forme della felicità inventando una società nuova.
Allora vedremo le stelle senza neppure contarle. Più nessuno potrà fermarci quando smetteremo di accettare la morale ipocrita e colpevolizzante del vecchio mondo in nome di Consigli che sostituiscano lo Stato e riducano l’economia alla sua dimensione reale: quella dell’economia domestica, né più né meno.

Sergio Ghirardi