domenica 10 maggio 2020

Quaderni nomadi dal confino - 8. CHE FARE?Prendi la gatta e falla ballare!





8. CHE FARE?Prendi la gatta e falla ballare!





Fin dall’inizio della rivoluzione,
i bolscevichi erano pronti
a prendere il potere immediatamente










Dove c’è autorità non può esserci libertà













Mosca, 1920, dialogo immaginario tra Lenin ed Emma Goldman

Che fare dunque, sul piano politico, al di fuori della contestazione spettacolare – in questo momento ridotta quasi al silenzio?
Sappiamo, ormai, che lo Stato, insieme al Mercato, è il pericolo pubblico numero uno della nostra società da reinventare, ma stiamo ancora imparando che i partiti politici formali (nessuno escluso, dall’ultra estrema destra suprematista fino all’ultimo gruppuscolo ultra gauchista, fosse pure libertario) sono strutture intrinsecamente legate a quella statale. Il loro brodo di coltura comune si nutre di comunitarismo e non ha niente a che vedere con la comunità umana organica e la sua nascente coscienza di specie.
Un conto è la comunità organica degli individui di un gruppo locale in continua evoluzione che discutono tra loro le idee costituenti la loro ricchezza comune; donne e uomini aperti sul mondo e affettuosamente legati da affinità vissute, che decidono insieme per il bene della loro Comune; un altro è l’unione ideologica di un gruppo di pressione, oggettivamente una lobby, il cui scopo è arrivare al potere, quali che siano le sue motivazioni.
Il mondo dei gruppi d’affinità e quello dei partiti politici sono incompatibili e devono restarlo. I partiti sono i figli dello Stato e cercano di occupare il posto del padre che amano o vogliono assassinare. Ogni militante di qualunque ideologia ti spiegherà sempre che il fottuto Stato al potere è un mostro, mentre il suo a venire è la libertà, l’uguaglianza e la fraternità. Nel discorso demagogico di ogni partito politico, lo Stato siamo sempre noi che non abbiamo chiesto niente.
I partiti politici moderni sono nati all’interno dell’organizzazione parlamentare dello Stato-nazione una volta che questo si è sbarazzato dalle pastoie dell’Ancien regime da cui è scaturito come un’evoluzione imperialista dalle Città-Stato del produttivismo arcaico originario. La borghesia rivoluzionaria del 1789, attenta a eliminare tutte le fazioni libertarie che agitavano quei tempi insurrezionali con l’obiettivo proclamato della democrazia diretta, ha costituito una varietà di posizioni politiche convergenti verso un parlamentarismo che garantiva la messa sotto tutela della democrazia nascente, ridotta a una repubblica borghese con la forza delle armi e della ghigliottina.
Da questa confusione violenta è nata la modernità attuale che assomiglia ormai, chiaramente, a un arcaismo: il dominio di classe della borghesia trasformatosi oggi in quello di un’oligarchia finanziaria. Questa ristretta elite di dominanti dal terribile potere tecnocratico ha scremato l’antica classe dei mercanti proprietari dei mezzi di produzione, proletarizzandone una buona parte e integrando il resto – la crema, appunto, i più ricchi o quelli che lo sono diventati approfittando soprattutto della recente tecnologia digitale applicata al business – in una nuova aristocrazia finanziaria che ha fatto della democrazia formale un totalitarismo cibernetico.
Con l’appoggio delle multinazionali che sono l’avanguardia dello Stato unico planetario della merce sovrana in via di costituzione, l’oligarchia e la sua corte[1] tessono la trama di una sedicente democrazia più intimamente totalitaria delle peggiori dittature di un tempo. Opporre al Frankenstein democratico che ci soffoca e ci sfrutta, una democrazia dal volto, dal cervello e dal cuore umani, passa per l’imbrigliatura di un’intelligenza artificiale che si prepara a completare un’artificializzazione della vita già abbondantemente avviata.
Si potrebbe anche andare oltre il concetto di democrazia, troppo legato a un passato in gran parte da seppellire, e parlare piuttosto di autogestione generalizzata della vita quotidiana, ma, più importante delle parole, è l’impegno per evitare che la minima gerarchia possa corrompere le assemblee di base e quelle successive, incaricate di rinsaldare e far funzionare i contatti tra i gruppi di affinità locali e il popolo tutto intero.
Con tutta probabilità, ogni popolo finalmente insorto finirà per opporsi allo Stato che domina ogni nazione antropologica mascherando dietro di essa il suo fascismo nazionalista. Sarà questo il passaggio più difficile perché ogni Stato nazionale si arroga il diritto autoritario della violenza legale che è l’alibi di tutti i suoi crimini, ma, educati dagli effetti del coronavirus, si potrà infettare il suo totalitarismo con uno sciopero generale anticonsumista (senza intaccare minimamente i consumi necessari alla vita!) che nessuno Stato mercantile può sopportare. Passato questo tornante delicato, il popolo potrà amplificare la pratica della sua coscienza di specie nell’ambito di molte nazioni diverse – come potrebbe essere il caso della Comune d’Europa. In una progressione inarrestabile da parte del vecchio mondo in decomposizione, le diverse popolazioni che abitano i continenti della terra, federate oltre le diversità di lingua, di costumi, di gusti e di abitudini, potranno rivoluzionare tranquillamente la società planetaria dando dappertutto tutto il potere ai Consigli, fino a sfociare nel Consiglio generale di un’ONU che abolirebbe la sua perversa caricatura attuale. Ecco un’utopia assolutamente possibile.
Vasto progetto, ne convengo. Partiamo, dunque, da quello di una democrazia diretta che si radichi nel locale per aprirsi al planetario, senza gerarchie che ne inquinino lo spirito e la pratica. Già così, quest’accenno minimo dà un’idea dolcemente e pacificamente sovversiva, del tutto diversa dalla società attuale e da essa assolutamente autonoma.
Si tratta, però, essenzialmente, della stessa idea di fondo per cui hanno lottato, durante tutta l’epoca moderna – per non guardare più lontano –, le Sezioni parigine della Rivoluzione francese, i comunardi, i marinai di Cronstadt, i Machnovisti d’Ucraina, i libertari spagnoli, il movimento delle occupazioni del 1968, i rivoltosi di Seattle, del Chiapas, del Rojava, della Val di Susa, di Notre Dame des Landes. Dimentico[2] qui, senza scordarli, milioni d’individui, migliaia di altre comunità locali insorte, ieri e oggi, contro le prepotenze e i soprusi di qualunque Stato e di ogni Mercato, dappertutto nel mondo, in ogni zona difesa da gruppi di affinità che con cervello e con cuore hanno amato le donne, gli uomini, gli animali e la terra, in cerca costruttiva di un altro mondo possibile, contro la violenza inaudita e miserabile del produttivismo.
Ecco, come il solito, non sono entrato davvero nel merito del “Che fare”, ma forse è anche perché sarebbe pericoloso che qualcuno s’incarichi di dettare dieci nuovi comandamenti per il mondo intero o un nuovo manifesto rivoluzionario. Chi ci ha provato, anche senza prendersi per l’emissario di un Dio, ha finito per cauzionare la psicologia di massa di qualche fascismo che è sempre il peggiore dei misticismi.
Stavolta le decisioni e i valori che le giustificano non dovranno più cadere dal cielo dell’ideologia promettendo il paradiso, ma salire dalla terra e dall’intelligenza collettiva di molte piante diverse, capaci di fare la loro sintesi clorofilliana sociale al riparo dalle divinità e dai signori, godendo semplicemente della gratuità del sole e condividendone la luce.
Altri, prima e meglio di me (non né citerò alcuno, anche se molti ne ho incontrati sui libri e nella vita vissuta), ci hanno già dato parecchi consigli utili per realizzare una democrazia diretta. Io preferisco aspettare che dei nuovi Consigli matricentrici e acratici vedano la luce (locali, regionali, nazionali, continentali fino a un Organo delle Nazioni Unite senza alcun potere decisionale né di veto, ma che sia la sintesi organica di tutte le altre collettività: un’assemblea delle assemblee planetaria). Perché è primordiale che il potere decisionale resti sempre orizzontale, sotto il controllo delle basi locali la cui rete naturale costituisce la comunità umana.
A partire dall’abolizione degli Stati e del Mercato di cui è costituito il produttivismo, quel che ho appena descritto sommariamente è l’unico semplice schema generale che mi permetto di proporre alla discussione: una società consiliare da affinare costantemente perché nessuna organizzazione sociale, come ogni essere vivente, è definitivamente al riparo dalla perversione narcisista, dalla corruzione, dall’inquinamento, dagli errori da correggere e da qualche dose di peste emozionale da curare con il massimo di dolcezza possibile.
Per il resto, vi aspetto ballando con l’ultima felina gioiosa incontrata per caso e che aveva anche lei voglia di ballare. Perché se nella vostra rivoluzione non si potrà ballare, cantare, mangiar bene, bere e godere liberamente, io non vengo.

THE END

             
Sergio Ghirardi, Decameron - il ritorno, 1 maggio 2020



[1] Esperti di ogni tipo, scienziati collusi, spin doctors, pseudo giornalisti, politicanti corrotti e militari capaci di tutto, dal polonio 210 per eliminare un singolo oppositore, alla guerra contro i popoli – chimica, batteriologica e altre quisquilie nucleari come ci ricorda la storia del Giappone da Hiroshima a Fukushima.

[2] Vedi in inglese : James C. Scott, The Art of Not Being Governed: An Anarchist History of Upland Southeast Asia, Yale University Press, 2009; in francese: James C. Scott, Zomia ou l'Art de ne pas être gouverné,  Seuil, Paris 2013.



Cahiers nomades du confinement

8. QUE FAIRE? Invite ta belle et danse avec elle !


Depuis le début de la révolution,
les bolcheviks étaient prêts à prendre
 le pouvoir immédiatement



  







Là où il y a autorité, il ne peut y avoir de liberté













Moscou, 1920, dialogue imaginaire entre Lénine et Emma Goldman
 
Que faire, donc, sur le plan politique, en dehors de la contestation spectaculaire – en ce moment réduite presque au silence?
On sait, désormais, que l’Etat est, avec le Marché, le danger public numéro 1 de notre société à réinventer, mais on est encore en train d’apprendre que les partis politiques formels (sans exception, de l’extrême droite suprématiste au dernier groupuscule ultra gauchiste, fusse-t-il libertaire) sont des structures intrinsèquement liées à celle de l’Etat. Leur bouillon de culture commun est nourri de communautarisme et il n’a rien à voir avec la communauté humaine organique et sa naissante conscience d’espèce.C’est une chose que la communauté organique des individus d’un groupe local en évolution continue qui discutent entre eux les idées constituant leur richesse commune ; des femmes et des hommes ouverts sur le monde et affectivement liés par des affinités vécues, qui décident ensemble pour le bien de leur Commune ; une autre chose est l’agregation idéologique d’un groupe de pression, objectivement un lobby, dont le but est d’arriver au pouvoir, indépendamment de ses motivations.Le monde des groupes d’affinité et celui des partis politiques sont incompatibles et doivent le rester. Les partis sont les fils de l’Etat. Ils cherchent à occuper la place du père qu’ils aiment ou qu’ils souhaitent assassiner. Tout militant de n’importe quelle idéologie, va toujours vous expliquer que le foutu Etat au pouvoir est un monstre, alors que le sien, à venir, est la liberté, l’egalité, la fraternité. Dans le discours démagogique de tout parti politique, l’Etat c’est toujours nous, qui n’avons rien demandé. Les partis politiques modernes sont nés à l’intérieur de l’organisation parlementaire de l’Etat-nation, une fois que celui-ci s’est débarrassé des contraintes de l’Ancien Régime dont il est issu par une évolution impérialiste depuis les Cités-Etat du productivisme archaïque des origines. La bourgeoisie révolutionnaire de 1789, soucieuse d’éliminer toutes les factions libertaires qui agitaient ces temps insurrectionnels avec pour but proclamé la démocratie directe, a suscité une variété d’orientations politiques convergeant vers un parlementarisme qui garantissait la mise sous tutelle de la démocratie naissante, réduite à une République bourgeoise par la force des armes et de la guillotine.De cette confusion violente est née la modernité actuelle qui ressemble, désormais, clairement, à un archaïsme : la domination de classe de la bourgeoise remplacée aujourd’hui par celle d’une oligarchie financière. Cette élite circonscrite de dominants au terrible pouvoir technocratique, a écrémé l’ancienne classe dominante des marchands propriétaires des moyens de production, en prolétarisant un grand nombre d’eux et intégrant le reste – la crème, justement, les plus riches ou ceux qui le sont devenus en profitant surtout de la récente technologie digitale appliquée au business – dans une nouvelle aristocratie financière qui a fait de la démocratie formelle un totalitarisme cybernétique.Avec l’appui des multinationales qui sont l’avant-garde de l’Etat unique planétaire de la marchandise souveraine en voie de constitution, l’oligarchie et sa cour[1] tissent la toile d’une soi-disant démocratie qui n’a rien à envier aux horribles dictatures d’antan. Opposer au Frankenstein démocratique qui nous étouffe et nous exploite, une démocratie au visage, au cerveau et au cœur humains, passe par le bridage d’une intelligence artificielle qui se prépare à achever une artificialisation de la vie déjà abondamment engagée.On pourrait aussi aller au-delà du concept de démocratie, trop lié à un passé dont une grande partie est à enterrer, et parler plutôt d’autogestion généralisée de la vie quotidienne, mais, plus important encore que les mots, est l’engagement à éviter que la moindre hiérarchie puisse corrompre les assemblées de base et celles successives, chargées de souder et de faire fonctionner les contacts entre les groupes d’affinité locaux et le peuple tout entier.C’est probable que chaque peuple finalement insurgé finira par s’opposer à l’Etat qui domine chaque nation anthropologique dissimulant derrière elle son fascisme nationaliste. Cela sera le passage le plus difficile, car chaque Etat national s’arroge le droit autoritaire de la violence légale qui est l’alibi pour tous ses crimes, mais, éduqués par les effets du coronavirus, on pourra infecter son totalitarisme par une grève général anticonsumériste (sans pour autant ne renoncer à rien de la consommation nécessaire à la vie !) qu’aucun Etat marchand ne peut supporter. Passé ce cap délicat, le peuple pourra élargir la pratique de sa conscience d’espèce dans le cadre de plusieurs nations différentes – comme pourrait être le cas de la Commune d’Europe. Dans une progression inarrêtable par le vieux monde en décomposition, les differentes populations qui habitent les continents de la terre, fédérés au-delà de leurs différences de langue, de coutumes, de goûts et d’habitudes, pourront révolutionner tranquillement la societé planétaire en donnant, partout, tout le pouvoir aux Conseils, jusqu’à aboutir au Conseil général d’une organisation des nations unies qui abrogerait sa perverse caricature actuelle. Voilà une « utopie » tout à fait possible.Vaste projet, j’en conviens. Commençons, donc, par celui d’une démocratie directe s’enracinant dans le local pour s’ouvrir jusqu’au planétaire, sans hiérarchies qui en polluent l’esprit et la pratique. Déjà ainsi, cette ébauche minimale donne une idée doucement et pacifiquement subversive, toute autre de la société d’aujourd’hui et absolument autonome d’elle.Il est question, toutefois, pour l’essentiel, de la même idée de base pour laquelle se sont battus, pendant toute l’époque moderne – pour ne pas regarder plus loin –, les Sections parisiennes de la Révolution française, les communards, les marins de Cronstadt, les Makhnovistes d’Ukraine, les libertaires espagnols, le mouvement des occupations de Mai 68, les révoltés de Seattle, du Chiapas, du Rojava, de la Val de Susa, de Notre Dame des Landes. Et j’oublie[2], sans les négliger, des millions d’individus, des milliers d’autres communautés locales quotidiennement insurgées, hier comme aujourd’hui, contre les brimades de l’Etat et du Marché, partout dans le monde, en toute zone défendue par des groupes d’affinité qui, aimant les femmes, les hommes, les animaux et la terre avec le cerveau et le cœur, cherchent à construire un autre monde possible, contre la violence inouïe et misérable du productivisme.Encore une fois, comme toujours, je ne suis pas allé au fond du « Que faire », mais, peut-être aussi parce qu’il serait dangereux que quelqu’un se charge de dicter dix nouveaux commandements pour le monde entier ou un nouvel manifeste révolutionnaire. Ceux qui ont essayé, même sans se prendre pour les émissaires d’un Dieu, ont fini par cautionner la psychologie de masse d’un quelque fascisme qui est toujours le pire des mysticismes.Cette fois les décisions et les valeurs qui les justifient ne devrons plus tomber du ciel de l’idéologie en promettant le paradis, mais monter de la terre et de l’intelligence collective de plusieurs plantes différentes, capables de leur photosynthèse chlorophyllienne sociale à l’abri des dieux et des maîtres, en jouissant simplement de la gratuité du soleil et partageant sa lumière.Bien d’autres avant et mieux que moi (je ne vais pas ici en citer un seul, même si je n’ai rencontré plusieurs, dans les livres et dans la vie vécue), nous ont déjà donné plusieurs conseils utiles pour réaliser une démocratie directe. Je préfère attendre que des nouveaux Conseils matri-centriques et acratiques voient le jour (locaux, régionaux, nationaux, continentaux, jusqu’à un Organe des Nations Unies sans le moindre pouvoir de décision ou de veto, mais qui soit la synthèse organique de toutes les autres collectivités: une assemblée des assemblées planétaire). Car c’est primordial que le pouvoir décisionnel reste toujours horizontal, sous le contrôle des bases locales dont le réseau naturel constitue la communauté humaine.A partir de l’abolition des Etats et du Marché dont le productivisme est constitué, celui que je viens de décrire de façon sommaire est le seul simple schéma général que j’ose proposer à la discussion : une société conseilliste à affiner constamment parce qu’aucune organisation sociale, comme tout être vivant, est définitivement à l’abri de la perversion narcissique, de la corruption, de la pollution, des erreurs à corriger et de quelques doses de peste émotionnelle à soigner avec le maximum de douceur possible.Pour le reste, je vous attends en dansant avec la dernière féline joyeuse rencontrée par hasard et qui avait, elle aussi, envie de danser. Car si dans cette révolution qui nous attend on ne peut pas danser, chanter, bien manger, boire et jouir librement, je ne viens pas.  
      
  

[1] Experts en tout genre, scientifiques corrompus, spin doctors, pseudo journalistes, politiciens véreux et militaires capables de tout, du polonium 210 pour éliminer un opposant particulièrement encombrant à la guerre contre les peuples – chimique, bactériologique et autres bagatelles nucléaires comme nous rappelle l’histoire du Japon, de Hiroshima a Fukushima.

[2] Voir James C. Scott, Zomia ou l'Art de ne pas être gouverné, Seuil, Paris 2013.

THE END

Sergio Ghirardi, Decameron – le retour, 1 mai 2020