Già da ragazzo attraversare Cornigliano per andare nel
centro di Genova significava immergersi in un'atmosfera nebbiosa e dai colori
improbabili mentre sotto una cappa di piombo odori marcescenti inondavano l'aria.
La coscienza ambientale era allora ancora addormentata
mentre quella operaia si stava definitivamente piegando all'addomesticamento
produttivista.
Mezzo secolo dopo, la pedagogia planetaria di un
capitalismo altrettanto arrogante che stupido ha prodotto i suoi risultati e i
primi che dovrebbero battersi per chiudere le fabbriche in cui si ammalano e
fanno ammalare e dove lavorano poco, pagati peggio, difendono invece la
continuità del mostro che ne sfrutta le povere vite. Hanno il mutuo da pagare,
la famiglia da mantenere e a un primo approccio, come non essere solidali con
cotanta tragedia umana?
Poi mi dico che nell'abbondanza inquinata del mostro
produttivista a meno di essere totalmente addomesticati, isolati e incapaci di
lottare non si può più morire di fame, piuttosto di noia, di cancro e di stress
in una vita inquinata e ridotta a spettacolo. Poi mi ricordo quei compagni di
avventura dell'Italsider, dell'Ansaldo, delle facoltà di Lettere o di medicina
o di altrove già capaci mezzo secolo fa di mettere in discussione il ruolo
operaio e il produttivismo in nome di una vita umana degna di questo nome.
"Non lavorate mai" si cantava giocando a ping pong nelle fabbriche.
Sacrilegio!
Oltre e contro le ideologie di una sinistra asservita al
capitalismo (che importa se liberale o di Stato) come a una seconda natura
umana sono emerse le coscienze pratiche di operai e studenti uniti per
trasformare un mondo invivibile in una società umana. L'illuminismo di quelle
avanguardie di un'aristocrazia operaia e sociale sosteneva un'utopia che il
buon senso dei sottomessi si rifiuta ancor oggi d'intendere di fronte al
disastro di un paese corrotto e vampirizzato. Eppure quegli elogiatori di una
pigrizia solidale con l'emancipazione operaia hanno anticipato di mezzo secolo
l'unica prospettiva di salvezza ormai rimasta agli umani: abolizione del modo
di produzione capitalista e trasformazione del produttivismo in un'autogestione
generalizzata della vita quotidiana che faccia della decrescita piacevole un
punto d'inversione della prospettiva sociale. Autocostruzione e produzione
funzionale alle esigenze umane e non al mercato e agli Stati canaglia. Fine del
profitto in nome dell'economia antiutilitarista.
Il capitalismo stesso sta dimostrando che la civiltà del
lavoro salariato è un ancien régime
in via d’estinzione e che la salvezza passerà per una reinvenzione del sociale
e per la redistribuzione equa delle ricchezze sottratte all'ingordigia senza
limiti delle caste dei privilegiati affaristi.
Un secolo d'illuminismo ha preceduto 1789.
Quanto ci resta per arrivare al nodo storico in cui
abolire il capitalismo prima dell'estinzione della specie?
Sergio Ghirardi
Caro Jacopo,
Taranto: la diossina e la disoccupazioneuccidono
che lo zelante burocrate addetto alla premoderazione ha deciso di
censurare.
Ti invio il riferimento per poterlo leggere e valutare se come credo una
tale censura non funzioni gravemente da recupero autoritario di ogni pensiero
critico alla logica dominante. La stessa cosa capita spesso ed era già arrivata
nel blog della Collevecchio sul tema dell'amore. E guarda caso ogni volta che
il mio pensiero critico mette in discussionre il manicheismo su cui funziona
l'addomesticamento capitalistico di destra e di sinistra. Spero che come Lei ti
attiverai per far riemergere il censurato non tanto perché importante in se, ma
perché è importante che il pensiero critico sia messo in grado di riaprire i
giochi troppo volgarmente truccati dal conformismo bigotto.
Ho fiducia nella tua onestà intellettuale e se anche questo terribile
commento sarà cancellato, ti scriverò direttamente visto che il nostro contatto
diretto ha già funzionato in passato. Preferisco però, ovviamente, che questa
mia denuncia passi alla luce del sole di un'agora virtuale così importante e
così malmenata.
saluti
Sergio
Seguito delle peripezie di un’agora virtuale in
pessima salute
Un terzo mio commento è stato rimosso e dunque censurato. Non l’ho
registrato, ma vi denunciavo brevemente e tranquillamente il razzismo e il
becerismo insito nel definire radical chic chiunque critichi la retorica
operaista.
Intanto i tifosi del masochismo operaio imperversano invece impunemente a
cavallo dell’asino dei loro stupidi clichè.
La risposta seguente di un anonimo coglione al mio terzo commento censurato
e rimosso(non so come abbia potuto leggerlo e commentarlo, mistero) è stato (e tanto
meglio!) pubblicato:
Molto più disgustoso il clichè dell'operaio
ignorante, fatto proprio da chi dovrebbe in qualche modo capirli. A meno che
non si arrivi a un'amara conclusione, che i clichè (inclusi i radical chic con
il cocktail in mano) sono in fondo veri.
Ho chiuso allora, ben conscio del potere miserabile della censura,
denunciando il moderatore a se stesso ma risulta evidente che così non si può
più continuare: l’agora sta morendo soffocata dalla burocrazia e
dall’autoritarismo idiota di moderatori sprovvisti di moderazione.
Mi stupirebbe che questo mio ultimo commento sia messo in circolazione, ma c’è
da tener conto che il confusionismo coatto è spesso imprevedibile:
La preignoranza del premoderatore
impedisce ogni chiarimento mentre i luoghi comuni circolano liberamente in
un'orgia pubblicitaria di retorica operaista e di razzismo piccoloborghese.
Rimuovere, rimuovere che non si
sappia nulla di queste indecenti critiche!!!!
THE END