Ecco fatto. La prima cosa per diventare un politico vero,
tipo quelli dei partiti tanto odiati, insomma il lasciapassare per entrare a
pieno diritto nel club esclusivo della Casta, è dire la qualsiasi su ciò che
passa per la testa.
Così Beppe Grillo non trova niente di meglio da fare che intervenire anche sui Giochi di Londra.“All’elenco sterminato di sport olimpici mancano le freccette da bar, le bocce
e il parcheggio cronometrato in retromarcia”, scrive Grillo, sparando su atleti
di sport minori magari sottoposti a sacrifici pazzeschi per arrivare a quei
risultati. Che male c’è se ogni quattro anni possono avere un po’ di ribalta anche
loro?
Però poi se la prende anche con “tennisti, calciatori,
giocatori di pallacanestro, professionisti che guadagnano cifre immense, fuori
dalla realtà della gente comune, che li applaude come semidei dell’antica
Grecia”. Questo il suo sasso sulle emozioni degli sportivi: “Atleti che sfilano
prima delle gare con tricipiti e pettorali in mostra insieme agli slip
griffati. Grida e pianti, buttati per terra, tarantolati per una stoccata o per
un tiro, come se fosse morto o resuscitato cento volte il gatto di
famiglia”.
Eppure lo sport, quei pianti, anche e a maggior ragione
quelli degli sconfitti, non possono esser derubricati come fa Grillo: “Cosa
rimarrà dei Giochi Olimpici di Londra? Una vecchia regina che si lancia con il
paracadute e un pugno di medaglie da appuntare sul petto della Patria”. Invece,
la storia delle Olimpiadi dimostra ben altro, senza tirare fuori dal passato i
pugni chiusi delle Pantere nere (Città del Messico 1968) o addirittura lo
“schiaffo” di Jesse Owens a Hitler (Berlino 1936), i “tarantolati” per una
medaglia sono momenti altissimi, non solo di sport. E quella corsa di Usain
Bolt verso la leggenda è una cosa tanto grande sulla quale sarebbe il caso che,
almeno su questo, i politici di casa nostra tacessero.
Commento di Sergio Ghirardi:
Se avesse taciuto anche l'autore di questo articolo si
sarebbe evitato un florilegio di retorica conformista.
Viva le Olimpiadi sponsorizzate da Coca Cola e gli atleti gonfiati di Epo, viva i tifosi del
totalitarismo economico di tutti gli stati canaglia e le patrie improbabili di
schiavi moderni ubbidienti fino al masochismo ai dittatori che si scelgono
votandoli senza speranza.
Risposta di EzraP:
Urca... per fortuna c'é Google
translator con Pseudo-intellectual - Italian-Pseudo-Intellectual
Ma molla la tastiera e vai a
farti una corsa (42Km per cominciare), che ti passa...
We don't need no education.. we
don't need no thought control...
Risposta di LauraLari:
La pericolosa massoneria della coca cola che ci controlla le menti
attraverso le vittorie di phelps. per fortuna che ci siete lei e grillo.
Non ho evidentemente dato seguito
a questi rutti desolanti, ma l’insieme della falsa coscienza naive che
fuoriesce prepotente e opprimente dall’articolo e dai commenti dei suoi tifosi
mi ha spinto alla seguente riflessione:
L’angosciante
incoscienza degli schiavi moderni
La presa a partito di Grillo comincia a stufarmi e non
sono peraltro un suo tifoso, ma piuttosto un attento osservatore di un
movimento che si abbozza senza garanzie né certezze tra rischi di recupero e
fiammate di radicalità oltre i miasmi del presente.
Personalmente non credo che una democrazia reale sia
possibile senza disfare contemporaneamente il tessuto opprimente della società
dello spettacolo.
Il rischio nel criticare le manifestazioni di questo
stesso spettacolo è appunto quello di finire per parteciparvi anziché abolirlo.
Sto comunque dalla parte di chi, fosse anche ingenuamente, prova a opporsi, mentre
aborro i servitori volontari che difendono con aitante vigliaccheria e
stupidità la continuità del vecchio mondo.
Detto questo, che mosca ha pizzicato il giornalista
progressista (passato con continuità dal Riformista e altri fogli stampati del
vecchio regime in decomposizione al Fatto quotidiano - avanguardia della
modernità premoderata e benpensante di un capitalismo etico in ricomposizione e
in attesa del crollo annunciato) per montare un j’accuse tanto conformista contro la critica dei giochi olimpici?
Non si tratta di distinguere tra sport minori e maggiori
ma tra un’attività di gioco sportivo autentico e il suo recupero totale da
parte di una propaganda del sistema dominante fatta di merci e di sponsor, di
uomini e donne sandwich e di spettatori annoiati e commossi allo stesso tempo,
tra lacrime e sbadigli.
Che Bolt sia una meravigliosa forza della natura non
toglie un’oncia di odiosa idiozia ai commenti sciovinisti che rigurgitano di un
nazionalismo becero e riempiono le televisioni e i quotidiani dei diversi Stati
canaglia e delle loro popolazioni inbarbarite. Si può amare l’attività sportiva
come un gioco e odiare la guerra sciovinista e imperialista del capitalismo
planetario che fa delle Olimpiadi un suo supporto di marketing ideologico.
Ovunque impazza il patriottismo di paccottiglia di quelli
che cantano l’inno e guadagnano milioni insieme a milioni di imbecilli che si
dipingono la faccia intristita da risate isteriche con tricolori e altre
bandiere di una qualunque nazione ridotta a stato canaglia.
A sentire il Capalà invece è un merito delle Olimpiadi
che la rabbia nera del sessantotto abbia gioiosamente contaminato e deturnato i
giochi per rendere lo scandalo ancora più scandaloso. E Owens che vince a
Berlino tre anni prima che la Germania nazista incendiasse l’Europa: tanto vale
dire che è merito di Hitler se gli alleati hanno vinto la seconda guerra
mondiale.
In realtà il conformismo serve a dire agli spettatori:
non ascoltate chi disturba il manovratore!
Poi seguono, come detriti di un’alluvione, gli utili
idioti che usano la parola intellettuale applicata con razzismo populista alla
minima riflessione come alibi per la loro ignoranza programmata e per il loro
consenso ottuso.
Le lobbies multinazionali spariscono magicamente dietro
le fantasie fascistizzanti che evocano con un’ironia da sacrestani massonerie e
altri mostri (come se proprio in Italia la
P2 fosse stata un’invenzione di intellettuali e complottisti).
In fondo lo spettacolo è proprio questo: il discorso
elogiativo che gli schiavi incoscienti del mondo dominante portano sulle loro
miserabili condizioni d’infelicità programmata. Per darsi coraggio nell’improba
impresa masochista lo accompagnano sempre di un sarcasmo idiota nei confronti
di chi cerca di risvegliare le coscienze addormentate non per manipolarle ma per
restituirle alla loro autonomia.
Abbiamo bisogno di un’educazione autonoma, senza dei
(dell’olimpo o di altrove) né padroni. Altrimenti The Wall dei Pink Floyd
resterà il muro della nostra prigione di schiavi della società spettacolare
mercantile. Indipendentemente dal numero di merdaglie.
Sergio Ghirardi