26 aprile 2013
Commento di Sergio Ghirardi alla performance di ieri di Saviano a Servizio Pubblico e all’articolo di oggi di Jacopo Fo sul Fatto Quotidiano: Caro Saviano: vuoiparlare di sogni mentre l’Italia muore?
Sogni
e desideri hanno una connessione fortissima che va però verificata ogni volta
dall'intelligenza sensibile. Ci sono i sogni e ci sono gli incubi. Ci sono i
sogni individuali e i sogni collettivi.
È
tipico di chi vive nel privilegio oggettivo (in un mondo di spettatori) della
soggettività, affermare il sogno come una forma d'arte, una creatività
individuale mentre chi non ha altro da perdere che le propria forza lavoro
sogna più spesso, modestamente, la creazione di condizioni collettive di
libertà, uguaglianza e fraternità.
Come
unire le due peripezie e i due mondi separati che le esprimono trovando le
unità oltre le differenze?
L'auspicio
di Saviano è lodevole, ma per sognare insieme bisogna prima rompere con la
violenza collettiva dello Stato e del Mercato. Certo l'ideologia della lotta
armata è stata un tragico recupero della volontà di operare una rivoluzione
sociale dall'anima pacifica in un'epoca confusa di autoritarismo anche in nome
dei diseredati.
40
anni dopo, la terza via comincia a delinearsi, ma non ci si può illudere che
sia un giardino fiorito. Il Cile di ieri e le Diaz di oggi restano in agguato e
il potere mafioso uccide quando ne ha bisogno. Il manicheismo
pacifismo/bellicismo va superato, non rimosso, e per questo c'è un solo modo
gandhiano e non cristiano: né guerrieri, né martiri, quando ci si rende conto
che lo Stato non è più niente e sta a noi essere tutto.