Commento
di Sergio Ghirardi all’articolo di F. Balocco:
L'ipotesi
stessa di una democrazia diretta su cui svolazzano molti fantasmi confusi e
confusionisti, presuppone un'autonomia di giudizio soggettiva dinanzi a
Nimby e Pimby. Solo rilocalizzando la politica (riportando cioè nel locale la
radice del potere decisionale) si può spezzare l'ipnosi della disinformazione e
dell'acculturazione capitalistica. Un esempio: quegli stessi che voterebbero
probabilmente in massa per condizionamento collettivo a favore della pena di
morte a livello di uno Stato, sarebbero molto più attenti e umanamente
sensibili se le regole maturassero nel tessuto prossimo, quello della
famiglia, degli amici, dei conoscenti e di tutti quelli riconosciuti come
propri simili. Il razzismo è (anche) una fobia irrazionale legata alla
promiscuità mercantile senza comunità reale. Per rilocalizzare l'economia
seguendo una sensibilità decrescente bisogna rilocalizzare la politica all'interno
delle comunità reali (vedi Chiapas e la storia secolare della democrazia
consiliare) per poi allargarsi a macchia d'olio con una rappresentatività
interna a questa stessa democrazia facente legame tra il locale e il
planetario. Purtroppo, i servitori volontari di Stati e Mercati non lo
permetteranno mai se una nuova cittadinanza universale non si decide ad
abrogarli e sostituirli con una nuova democrazia sociale che metta fine
all'ancien régime spettacolare della democrazia parlamentare.
Nimby e Pimby: due fenomeni opposti – parte prima
Gli organi di
(dis-)informazione parlano tanto della sindrome di Nimby (not in my backyard), che impedirebbe di realizzare opere sedicenti
utili per la collettività
Ma non si
parla invece del fenomeno contrario, quello del Pimby (please
in my backyard), perché questo fa invece tanto comodo al nostro suicida
sviluppo (ma esiste uno sviluppo che non sia suicida?). Di questo parlerò nel
mio prossimo post. Adesso parliamo di Nimby.
Ci si scaglia
tanto contro il Nimby, sottolineandone criticamente solo l’aspetto egoistico
(si viene tacciati di Nimby: esserlo costituisce bolla
d’infamia), dimenticandosi l’aspetto invece assolutamente positivo che per
condurre una battaglia ti devi informare e una popolazione informata è invece
una gran bella cosa. E, visto che l’attuale modello di sviluppo ci ruba il
futuro senza neppure informare adeguatamente la popolazione che lo deve subire,
io sono assolutamente favorevole al Nimby. Sogno Nimby dappertutto,
comitati piccoli o grandi che si mettono di traverso in ogni dove, dovunque si
voglia realizzare una nuova opera, nella presunzione/certezza, che le nuove
opere siano devastanti in vario modo.
Questo a
tacere del fatto che è sempre più tutt’altro che vero che chi non vuole l’opera
nel suo giardino sia indifferente a che la realizzino nel giardino del vicino.
Spesso, ad esempio, il movimento No Tav è stato descritto dai
detrattori come un fenomeno Nimby. Niente di più falso. Il movimento è
contrario all’opera e lo sarebbe comunque anche se invece che sotto il
massiccio dell’Ambin la si volesse realizzare sotto quello del Mercantour.
E poi vi è da
considerare l’altro fattore importante e spesso e volentieri trascurato, cui ho
accennato prima. Chi è contrario a un’opera oramai non agisce più sulla scorta
di una spinta emozionale. Per carità, c’è anche quella, vivaddio, si è fatti di
carne, ossa e sentimenti. Ma, di più, si informa e studia e
prepara dossier e documenti. Che possono spesso essere utili dovunque l’opera
la si voglia realizzare. Perché anche questo non si dice: quando un’opera la si
vuole realizzare, il proponente ha tutto l’interesse a non mettere in evidenza
i suoi aspetti deleteri. Ditemi se avete mai visto uno studio di VIA prendere
ad esempio seriamente in considerazione l’ipotesi zero. Ovvio che no. L’opera
la vogliono realizzare comunque, chi glielo fa fare di darsi la mazza sui
piedi? Ma sulla VIA spenderò più parole in futuro. Il popolo si
informa, dunque, vivaddio. E quindi, smettiamola, come fanno i politici
(ricordate l’Osservatorio sul
fenomeno?) ed i mass-media
di dare addosso al Nimby e valutiamone invece seriamente l’utilità.
Senza il Nimby
non ci sarebbero state le proteste contro le discariche di rifiuti in
Campania, non ci sarebbe stata la protesta contro il sito di
smaltimenti di scorie di Scanzano Jonico, non ci sarebbe
attualmente la protesta contro il
MUOS (- stro) di Niscemi,
o contro le nuove trivelle sul continente o in mare aperto, e sono solo alcuni
esempi dei tanti.
Come dice Guglielmo
Ragozzino: ”Ora va
detto che proprio soltanto l’effetto Nimby può salvarci dai disastri. Solo chi
conosce bene il suo territorio e riesce a organizzarsi, e partecipa, e lotta,
può battere la speculazione, piccola e grande, del capitale e salvare il
territorio, l’ambiente, il paesaggio, perfino: in sostanza la qualità della
vita e la vita stessa di molte persone.”