L’Italietta sempiterna del compromesso preistorico planetario
Nonostante il rischio della
confusione, voglio provare a ricostituire modestamente una visione d’insieme,
cercando di riunire in un’unica analisi complessiva l’abbozzo di un approccio contemporaneamente
induttivo e deduttivo della realtà.
So quanto sia facile finire per fare
un minestrone, ma sono convinto che sia urgente provarci.
Siamo in un momento in cui
intellettuali e mass media (non so se i primi esistano ancora ma so che i
secondi fingono di averne sempre uno fresco sotto mano ogni volta che un
analfabeta specializzato uscito da una scuola di giornalismo o d’economia
conforta la propaganda politica dominante fingendo di discuterla) sembrano
operare di concerto per ridurre la realtà a una sequenza di fatti, immagini e
flash separati tra loro. Il loro intento, assai poco lodevole in verità, è
tuttavia evidente: incrementare la confusione in cittadini-spettatori tanto
disillusi che sconcertati perché abbandonati a se stessi in una società
fatiscente.
Partendo dal contingente spettacolare,
come ho scritto fin dal giorno delle recenti elezioni politiche, il M5s doveva
aprire il dialogo con il PD non per una qualche assurda, improponibile fiducia nei
suoi confronti ma per lucidità strategica. Era la sola cosa auspicabile se davvero
esso vuole farsi carico dell’urgenza di una ristrutturazione laica della
società e sostenere concretamente il processo di transizione (appena agli inizi,
ancora lungo e denso di ostacoli) verso una democrazia diretta, cioè reale.
Quest’ipotesi, del resto, mi sembra l’unica
che possa rendere interessante storicamente un movimento altrimenti condannato
a ridursi all’ennesimo gattopardismo di un sempiterno compromesso preistorico.
Ci sono due modi di essere coerenti.
Uno è quello del potere e dei suoi
sgherri: è l’atteggiamento rigido e dimostrativo di un perseguimento costante,
gesto dopo gesto, di una morale comportamentale spendibile in ambito
ideologico.
L’altro è invece quello di un
perseguimento laico (cioè antideologico) dell’obiettivo etico e pragmatico della
comunità umana concreta; della comunità storica, dunque, in lotta dovunque per
l’affermazione di un’autonoma soggettività umana. Sostenuto dal piacere e dalla
volontà di vivere, un tale progetto deve imparare, quindi, a usare
dialetticamente le contraddizioni dell’avversario per emanciparsi da ogni
sudditanza a qualunque potere eteronomo, non per conquistarsene una fetta.
Per meglio preservare la sottomissione
dei sudditi, l’ideologia morale, essenza necessaria all’imposizione di
qualunque autorità, confonde la coerenza con il rifiuto irrealistico delle
contraddizioni, ma per opporsi al recupero non si tratta affatto di piegarsi al
manicheismo del fine che giustifica i mezzi, quanto di scegliere una coerenza
laica la cui natura, lo ripeto, è antiideologica.
Il moralismo è un autoritarismo praticabile
senza ambasce quando la superiorità è fuori di dubbio. Esso agisce allora come
un’offensiva militare che schiaccia il nemico.
La gestione coerente e dialettica
della contraddizione è invece sempre necessaria quando il nemico (per numero di
divisioni militari o di voti, è lo stesso) è preponderante e va indebolito
infiltrandone la sua stessa logica senza farsene catturare.
Quest’ultima era la situazione italiana
del dopovoto di Aprile. Quasi un ricorso storico del 1948, quando l’Italia appena
nata dalla resistenza si è lasciata corrompere dalla propaganda gesuitica di
destra e sinistra consegnandosi per mezzo secolo alla Democrazia Cristiana.
Allora come oggi, la seconda opzione suesposta
avrebbe dunque dovuto essere praticata da un movimento laico d’emancipazione proprio
per il rispetto pratico dei propri valori.
Oggi, il risorgimento macabro e reiterato
del capozombi Berlusconi, votato direttamente dagli zombi umiliati del
supermercato edonistico e consumerista, è stato scandalosamente favorito
indirettamente dagli zombi moralisti di una sinistra che persegue gli stessi
obiettivi volgarmente materialistici e capitalisti dei suoi avversari presunti con
l’aggiunta di una risibile pretesa etica spettacolare.
Questa ricaduta, tuttavia, è anche una
sconfitta gravissima per un movimento che aspiri alla democrazia diretta, cioè
alla fine dello spettacolo, perché Berlusconi è il simbolo concreto, unificante
della corruzione parlamentare di destra e di sinistra. Come il fascismo, il
berlusconismo è nato da una costola del socialismo e si è instaurato come un
esorcismo nel popolo bue che s’identifica ancora una volta, per difetto e
frustrazione, nel toro caricaturale in perpetua erezione, salvatore autoproclamato
di una patria inesistente.
“Spezzeremo
le reni alla Grecia così come aboliremo l’IMU.”
Qualche giorno prima delle elezioni[1], Grillo sembrava aver capito il
contesto e previsto esplicitamente la strategia adeguata poi, forse a causa di
un imprevisto 25% di consensi, ha sbagliato la prima mossa, irrigidendosi ideologicamente
di fronte al patetico Bersani e con la sua autorità indiscussa ha spinto il M5s
ad arroccarsi su posizioni puriste e francescane senza altro sbocco che il
masochismo cristiano.
Grillo è comunque un tipo sveglio e si
è subito corretto con la candidatura di Rodotà, cosicché solo gli utili idioti
che votano PD e altri mestatori nel torbido possono continuare a imputare al
M5s la responsabilità dell’inciucio finale[2]
con il coniglietto affarista di Arcore.
Di fronte alla proposta Rodotà, gli
inciucisti bipartisan del PD in preda alla paura hanno scelto quelli che erano
più simili a loro (mica è un caso se Letta non ha mai fatto mistero di
preferire Berlusconi a Grillo ed è oggi primo ministro), prima non votando
neppure Prodi - democristiano doc -, poi ignorando la proposta Rodotà per
inginocchiarsi di fronte al vicepapa napoletano.
Passiamo, ora, un momento, come promesso,
al metodo deduttivo, ricordando in preambolo che, in realtà, con la sparizione
formale della Democrazia Cristiana il
cattolicesimo politicizzato, anziché sparire si é diluito e diffuso in tutto il
tessuto politico italiano impregnato da millenni di compromesso preistorico.
Mentre il muro di Berlino crollava, il servizio segreto vaticano continuava a
operare indisturbato nell’inconscio di troppi credenti atavici.
L’Italia, infatti, prima ancora di scaturire
come Stato dalla modernità della democrazia borghese, è sempre stata psicogeograficamente
una nazione cristiana perché ha storicamente ereditato e sviluppato alle radici
il compromesso preistorico che la Chiesa di Roma ha stabilito al suo nascere
con l’Impero Romano.
A partire da Costantino, nel terzo
secolo DC (nel senso di Dopo Cristo,
non ancora di Democrazia Cristiana)
il potere ha sempre mostrato in Italia una connotazione cristiana prima e
specificatamente cattolica poi.
In Italia, infatti, come in Europa,
non è la società naturale a essere cristiana ma i successivi poteri che l’hanno
gestita come tale, imponendo la loro cultura dominante che trasuda del patto
antico tra l’Imperatore e il Papa: alla
cosca di Cesare quel che è sottratto al popolo in nome di Cesare, al
rappresentante della cosca di Dio quel che è sottratto al popolo in nome di Dio.
Se in Italia è esistito il fenomeno di
alcune comunità reali di cristiani primitivi, legati cioè alla dottrina sociale
cristiana, non c’è mai stato, invece, un cristianesimo primitivo ideologicamente
organizzato se non nella forma mitologica francescana, immediatamente recuperata
da una Chiesa Apostolica e Romana che non ha mai avuto nulla di primitivo.
Solo nel tardo Medio Evo, in seguito
alle orribili violenze e ai suprusi continui perpetrati per secoli sul corpo e
sullo spirito dalla cultura cristiana, il variegato Movimento del libero spirito ha illuminato l’Europa con
l’affermazione spontanea del suo umanesimo poetico.
Fondato sull’olocausto di un numero
imprecisato di martiri tanto ebrei che cristiani,
il Papato è nato come un’istituzione imperiale garante di un Impero in
disfacimento. Anche i barbari, in seguito, si sono adeguati, facendo della
Chiesa il garante della transizione che ha portato al cambiamento storico della
forma dell’impero.
Con Carlo Magno incoronato imperatore
a Roma, si è dato il via al processo di un’Europa militarmente divisa ma
finalmente unita dalle Crociate e sottomessa al potere cristiano fino al
totalitarismo mistico dell’Inquisizione. Ed è appunto per controbilanciare gli
effetti di un potere papale scandaloso che la mitologia francescana è tornata
in auge per recuperare ogni volta, gesuiticamente, al potere i sentimenti e le
voglie d’emancipazione.
Certo, i tempi sono cambiati e nella
società dello spettacolo l’inquisizione ritrova ormai i suoi connotati tradizionali
soltanto in casi eccezionali, quando una laicità concreta torna a disturbare
sul terreno sociale e dunque politico del quotidiano, il dipanarsi apparentemente
tranquillo del potere e dell’umiliazione redditizia.
In Italia il caso Englaro con le sue
le macabre reazioni oscurantiste è stato esemplare in proposito, come lo è oggi
in Francia lo squadrismo reazionario e omofobo sul cosiddetto “matrimonio per
tutti”[3].
Per qualunque potere politico (Cesare+Dio
in dosaggio soffice e variabile) non è il singolo caso concreto a essere
pericoloso quanto il simbolo, l’esempio di una laicità che levi la testa. Per
questo, nel medioevo, bisognava bruciare gli eretici: per eliminare la
tentazione della laicità, cioè di un’autonomia dei soggetti che li spinga a sottrarsi
al potere, cioè i prodromi di quella democrazia che non può essere tale finché
si pensa e si agisce all’ombra di una qualunque cappella - sia essa quella
Sistina, della Casa Bianca, del Cremlino, della Mecca, del muro del pianto, della
Porta Celeste, del FMI o dell’OMC.
Ritorniamo ora al particulare e agli italiani che del particulare sono da sempre innamorati, cotti nel sugo
dell’ideologia, pseudoanarchici opportunisti, libertari col culo degli altri ma
sempre disposti a vendere il proprio al miglior offerente. Machiavelli ha
nobilitato con grazia, cinismo e intelligenza quest’opportunismo individualista,
sublimandolo in scienza umanistica della strategia di potere, in gestione della
collettività in fieri calcolata su quel misto di sacro e profano, di Cesare e
Dio che gestisce preistoricamente le emozioni individuali e le pulsioni
collettive di una storia umana confiscata da millenni.
Il tutto prima che, in Italia, la
società dello spettacolo trasformasse il crollo della Democrazia Cristiana storica in una diaspora di almeno tre
democrazie cristiane, con il rischio di una quarta in gestazione.
La prima democrazia cristiana è di destra e ha cambiato qualche nome di
partito senza mai cambiare direzione né capo. Comprende i resti in
decomposizione del fascismo, exsocialisti craxiani, piduisti, postscelbiani,
andreottiani e altri baciapile dal passato mafioso e dal presente spettacolare
fondato sull’omertà, dagli attentati nichilisti alla cancellazione delle intercettazioni
telefoniche. Berlusconi ne è il signore e padrone, piccolo guitto di periferia
dalla carriera folgorante che lo ha portato, di bordello in bordello, fino al
governissimo Letta+Letta.
La seconda democrazia cristiana è di sinistra e di nomi ne ha cambiati
tanti quanti ne ha scovati nei trattati di botanica nella speranza di
cancellare così la sua origine marxista leninista, svergognata dal trionfo della
società dello spettacolo. Ulivi, querce, margherite e tutto il regno vegetale
hanno concorso a distruggere un materialismo dialettico ridicolizzato da
burocrati altrettanto clericali che cinici e opportunisti nel loro materialismo
volgare.
Il compito di questo arcaismo, tanto necessario
al sistema spettacolare mercantile, si è concluso con l’incoronazione a Roma di
un nuovo Carlo-che-magna nella
politica italiana da più di mezzo secolo. Si tratta di Napolitano re borbone, vicepapa
eletto da un conclave di spretati poco raccomandabili, ma fedeli alla Chiesa
del potere che comprende tutte le chiese. I cardinali fedeli al vicepapa hanno
creato le condizioni per arrivare al governo Letta+Letta che riunisce finalmente
nel puzzle di un capitalismo impazzito le due democrazie cristiane più votate e
pure la terza, per non lasciare nessuno fuori dalla chiesa ecumenica del potere
assoluto.
Se la terza democrazia cristiana è ininfluente, è anche quella più vicina
al logo originale. I Monti, i Casini, i Buttiglione e altri frequentatori di
sacrestie e di gioventù cattoliche nutrite al latte di Comunione e Liberazione
sono una garanzia di fede ipocrita, speranza pelosa e carità cinica. Nonostante
la sua pochezza numerica, il suo ruolo consiste nel fare da filo d’Arianna del “chi
siamo, da dove veniamo e dove andiamo” dei fedeli servitori baciapile del
potere. In realtà, questo partitino apparentemente inutile unisce lo Ior alla
Golden Sachs, Bildenberg a S Pietro e funziona da maschera secolare di un
papato che, così mimetizzato, naviga nell’acqua benedetta di un parlamentarismo
ridotto a messa di mezzanotte di una Pasqua senza fine. Ite missa est, mentre il Papa benedice dalla finestra lo spettacolo
trionfante.
La quarta democrazia cristiana non esiste ancora e speriamo non esista
mai. È però attesa con ansia e circospezione nelle stanze vaticane e nei
palazzi del potere che la sperano in gestazione laddove meno la vorresti
immaginare.
Nello spettacolo parlamentare, i
teologi più attenti e gli statisti più cinici colgono il loro particolare principio speranza nelle titubanze, nei
detti e nei modi di alcuni eletti del M5s, in alcune battute da sacrestia di
Crimi, nei bigottismi micro fascisti della Lombardi, nelle aperture confusioniste
vere o presunte a CasaPound, nelle chiusure agli immigrati, nel protagonismo
spettacolare di expoliziotti eletti nel M5s, nella presenza tra gli stessi di qualche
ex leghista subitamente diventato libertario e movimentista pur di farsi
eleggere, nelle concessioni soltanto simboliche ma fortemente inquietanti nei
confronti di un parlamentarismo che da nemico giurato di ogni democrazia diretta,
rischia di diventare per qualcuno l’occasione di un impiego stabile e duraturo.
Grillo ha onestamente anticipato che
qualche caduta, recupero, abbandono o tradimento sarà inevitabile. Ha ragione e
in fondo la cosa non è grave di per sè se resta un’eccezione. Grave sarebbe
invece cadere nella trappola di una democrazia
cristiana che comprende tutte le altre: quella vaticana che ha appena messo
a punto la sua nuova strategia pubblicitaria per contrare l’ottima riuscita
della concorrenza islamica sul solo mercato momentaneamente in crescita: quello
delle ideologie religiose.
Il Francesco gesuitico messo in scena
con l’elezione del nuovo Vescovo di Roma, Presidente della multinazionale
cattolica, va tenuto alla larga da ogni movimento d’emancipazione. Certo, ha
ragione chi vede nel M5s una varieganza che può tranquillamente includere
qualunque intima credenza personale. Non è concepibile, invece, che il blog del
M5s ospiti un’apologia francescana del nuovo papargentino presentandolo come santo
prima ancora che si metta ipocritamente a lavare i piedi dei diseredati.
Si chiamerà pure Francesco, ma in Argentina
non ha tanto parlato con gli uccelli quanto con i lupi alla Videla che
trasformavano in uccelli involontari i prigionieri volati in mare dagli aerei
di regime. Forse non avrà fatto altro che parlare troppo o troppo poco, ma ha comunque
un’educazione da gesuita, come Stalin. È
dunque cosciente che avere a disposizione i primi cinque anni di un bambino basta
per renderlo idiota per il resto della vita.
Ligio al messale, la sua visione della
donna è misogina su un altro registro almeno quanto quella di Berlusconi, che
gesuita magari non sarà mai stato, ma furbastro senz’altro lo è tuttora e sa
anche lui che i popoli educati alla servitù volontaria sono indifesi di fronte agli
spot pubblicitari dei loro manipolatori. Una volta lobotomizzati dallo
spettacolo, hanno l’intelligenza di un bambino idiota di dieci anni incapace di
distinguere le menzogne compulsive del potente di turno, sessualmente ossessivo
e mistico per impotenza affettiva.
La miscela inquietante di queste
minime deduzioni e induzioni mi fa pensare che l’ipotesi dell’emancipazione resti
la sola scommessa sostenibile ma anche che essa sia tutt’altro che di facile
realizzazione.
Liberarsi della falsa alternativa tra
destre e sinistre per cogliere la radicale opposizione tra tutti gli
oscurantismi produttivisti e una nuova coscienza di classe dell’umanità negata
e sfruttata. Ecco, forse, il punto di rottura con il paradigma inservibile
della democrazia rappresentativa da sostituire al più presto con il progetto di
un’autogestione generalizzata della vita quotidiana.
Un nuovo proletariato pacifico e
autocostruttore di un nuovo mondo vivibile nel rispetto di sé e della natura potrebbe
fare sua questa coscienza e provare a praticarla collettivamente. Questa mi
sembra l’unica forma di umanità possibile in un mondo che di umano ormai mostra
ben poco.
E se si trattasse di riprendere il
movimento delle occupazioni per l’emancipazione e per la liberazione dal
capitalismo e dalla società produttivistica, visto che, pur se ostacolata con
tutti i mezzi, la volontà di vivere sembra oggi sopravvissuta alla sconfitta
vittoriosa del maggio ’68?
Noi ci siamo e la voglia di provarci
pure, anche perché, indipendentemente dalla riuscita, non saprei immaginare un altro modo di vivere
umanamente e piacevolmente questo presente.
Sergio Ghirardi
[1] [ Intervista a Grillo di Marco
Travaglio del 13 giugno 2013:
T. - Ma dovrete scegliere i candidati, che poi
saranno inevitabilmente nominati con questa legge elettorale. Il gruppo
parlamentare dovrà avere un coordinamento, altrimenti su ogni votazione
ciascuno va per conto suo. E, senza una politica delle alleanze, rischiate
l’irrilevanza.
G.- Calma, una cosa alla volta. Le alleanze certo, se necessario le faremo,
ma solo sulle cose da fare, e in forme trasparenti, senza giochini sottobanco.]
[2] Questo maxiinciucio,
addirittura imbarazzante per la sua evidenza, era uno dei due programmi
prestabiliti dalla cosca del PD a direzione Bersani, per salvaguardare il
business del partito. Oltre che prevedibile era anche il più perverso perché
capace d’integrare in un unico progetto Stato autoritario e Mercato liberale,
mafie e multinazionali, burocrati e affaristi. Per questo andava assolutamente
impedito.
L’altro
programma ipotizzato ma improbabile era, invece, l’alleanza con un M5s ben più
difficilmente manipolabile per gli scopi suddetti a causa della sua natura
radicalmente antipartitica e antiinciucista.
[3] Poiché tutte le imposture
monoteiste perseguono lo stesso scopo recuperatore, mi pare giusto aggiungere a
questi esempi anche quello dell’Egitto, della Tunisia e di altri paesi islamici
dove si sta tentando lo stesso recupero clericale, si spera momentaneo, delle
prime storiche rivolte laiche, antiautoritarie e anticapitaliste.