venerdì 28 ottobre 2011

Da Genova, destinazione Nuovo Mondo 13) - P. Ranieri


LA RETE

Pensiamo alla ml [mailing list] come a una piazza pubblica, agorà in greco, dove le persone - senza ordini, ma spontaneamente, discutono di ciò che amano di più: politica, economia, teatro, sanità, ecologia, ecc. ecc. All'interno della piazza si formano dei gruppi, poi si disperdono, altri se ne formano, alcuni se ne vanno. Non ci sono leggi scritte, ma regole dettate di volta in volta da quello che gli individui decidono con la loro volontà e scelta personale. Da infinite discussioni nascono idee, progetti, azioni, movimenti, conflitti. La piazza, tanto per usare la metafora, è il luogo della libertà. Nessun capo detta le regole, né partito, né portavoce. Nessun proclama viene letto, né ordini da seguire. Tutti concorrono - con la propria intelligenza-esperienza-interesse-passione - allo scatenarsi di passioni e di progetti concreti.

Se questa è utopia...evviva l'utopia.

Canenero - lISTA Libertari

Nello stesso modo in cui ho vissuto molte libere azioni sulla strada, ugualmente ho letto un gran numero di liberi pensieri in rete. Questo stesso testo sarebbe molto diverso e molto più povero e forse addirittura non esisterebbe, se in questi anni non si fosse sviluppato quell’intreccio di siti, forum e mailing list che così un compagno descrive:

Si tratta di una sorta di scrigno che contiene una serie di lettere ordinate cronologicamente e scritte da personaggi diversi. La tessitura delle relazioni, che si intuiscono esistere tra gli autori e i destinatari delle lettere, fa la trama del romanzo e la rappresentazione del mondo.

Fino a pochi anni fa questo era un romanzo settecentesco. Nessuno immaginava che più persone nello stesso momento potessero cominciare a scriversi lettere, e tante, sullo stesso argomento in un modo così fitto da poterci rappresentare sopra una trama e un mondo.("Talebano" Lista movimento, 18/10/01)

Sotto la coltre di difficoltà, ho l'impressione che nella rete delle cose vengono scritte, e lette, e che a leggerle e a scriverle siano persone vere. Si nota, certo, che specie i più giovani non sono adusi a un dibattito serrato, e che chi più chi meno tutti considerino "naturali" le proprie idee e deliranti quelle altrui. Ciò deriva, io credo, dal porsi della società e del suo linguaggio - l'ideologia - come mediazione universale: Babele alla portata di tutti. Se è fondata perciò la critica che alcuni compagni fanno, che la rete è un sostitutivo di una relazione immediata, corporea, materiale, è ugualmente vero che tali relazioni sono difficilissime, ostacolate meno di un tempo dalle distanze materiali, e sempre di più dalla crescente incapacità di vivere direttamente. Internet allude quindi ad un vuoto e, senza riempirlo, traccia tuttavia dei segnali che possono facilitare la traversata.

La prospettiva pare perciò quella di portare materialmente in piazza, nel modo di essere presenti, di comunicare, di agire, l’esperienza di espressione diretta, antideologica e antileaderistica che è il frutto di anni di pratica della rete. Non tanto Internet per chiamare a raccolta, perciò, ma come sperimentazione ancora insufficiente di una parola libera, che sappia fare uso immediatamente degli spazi liberati.

Costruirsi insieme delle regole, come sa chiunque ami giocare, é una delle cose più belle e speciali e umane della vita. Ma per costruire regole, occorre che non ce ne siano di già pronte, di precostituite. E anche che ciascuno giochi lealmente; e proponga regole a vuoto, e non progettate in modo tale da favorirlo: per questo occorre sempre che ciascuno dica sì ciò che pensa e ciò che sente, ma sforzandosi di dare sempre il meglio di sé, e di riconoscere il meglio negli altri. E parlare su quel piano: e non già su quello del "siamo tutti delle merde", della "traversata della merda" e via via "evacuandosi gli uni sugli altri". Non esiste comunicazione dove non vi sia potere sulla propria esistenza, nel senso - quanto meno, in un'epoca così sciagurata - di passioni dignitose e di una dignità appassionata. Se questo manca, se invece che fare la critica della vita quotidiana, ci si limita a farsene attraversare, rendendola pari pari come la riceviamo, alla maniera dell'alimentazione dei platelminti, ecco che si realizza ciò che Vaneigem paventava e beffeggiava " individui che, per dissimulare le proprie insufficienze, reclamano una democrazia dell'impotenza, in cui essi affermerebbero evidentemente il proprio dominio". Io credo che ciò che urge ora, non solo in questo ambito, non solo in internet, non solo in Italia, sia un reciproco rassicurarsi sulle possibilità superstiti dell'individuo.

Quindi ogni tragitto, anche il più impervio, anche il più personale, che sia inteso a questa rassicurazione, a dare, a esemplificare, a riverberare fiducia, credo sia il benvenuto. Nella stessa misura, penso che proporsi a vicenda problemi confezionati in modo tale da non poter essere risolti, da girare in circolo, scambiandosi dosi massicce di merda in cui guazzare, valga unicamente a favorire l'idea che parlare senza forma é una libertà eccessiva, che ci vogliono gli specialisti, i portavoce, coloro che sanno. Lo psicologismo circolare é il pendant del militantismo politico: é il militantismo della vita quotidiana, altrettanto succubo dell'esistente, altrettanto nemico di ogni superamento possibile.

La prospettiva sovversiva é senza dubbio una storia di naufraghi – in parte volontari in parte no - che cercano di soccorrersi gli uni con gli altri e di farsi coraggio a vicenda: ma l'essere tutti naufraghi, non solo non lascia spazio ma giova che ne tolga, a coloro i quali cercano, gli uni con gli altri, di tirarsi sotto. Anche questo accade, e la colpa é sempre dei medesimi che ci hanno precipitato in questa condizione, ma ciò non toglie che ciò che fanno é un male per tutti.