CONCLUSIONE
(Ritornerò e saremo milioni)
Tutti gli uomini sognano, ma non nello stesso modo.
Coloro che sognano di notte, nei ripostigli polverosi della loro mente, scoprono al risveglio la vanità di quelle immagini; ma quelli che sognano di giorno, sono uomini pericolosi, perché può darsi che recitino il loro sogno ad occhi aperti, per attuarlo.
T. H. Lawrence
In realtà non vi è un solo attimo che non rechi con sé la propria chance rivoluzionaria.
W. Benjamin
Dopo l'assassinio di Genova fu tutto un fiorire di machissimi "pagherete caro..." e di "onori al compagno": martirizzazione, insomma. Dopo, ma solo dopo 10 giorni, silenzio e distratta dimenticanza. Almeno fino alla commemorazione (appunto) di qualche giorno fa. Ad Aprilia, al rave, dove si è/abbiamo ballato per più di una settimana, una scritta sul muro, discreta e non ostentata CARLETTO QUI E’ VIVO E BALLA.
Altro che giorni della memoria.
Claudio
Per difendere lo Stato è cosa corrente dire che è un organismo e non un’invenzione. Anche il bacillo del colera è un organismo, ma non per questo è una cosa positiva. Anche un corpo in decomposizione genera organismi. (August Strindberg)
Occorre infine riconoscere che il socialismo non è altro che la forma perfetta, e perfettamente odiosa, di capitalismo. Questo movimento ha delle speranze solo nella misura in cui saprà riconoscersi visibilmente come antisociale e antisocialista, per i medesimi motivi che lo rendono antiliberista e anticapitalista, antiautoritario e antifascista.
Nulla somiglia di più a un rappresentante della borghesia, di un rappresentante del proletariato dove numerosi erano i pensionati e i nostalgici del paterno baffone del Cremlino o del fraterno timoniere pechinese come Robert McNamara, l'uomo passato dalla Ford auto al Vietnam e uscito con la fama ignominiosa di "colui che conosceva il prezzo di tutto e il valore di niente".
L’aggettivo capitalista, percepito come troppo aggressivo, è stato rimosso dal vocabolario dei buoni.
Torniamo a riferire alla sfera privata (che non va interpretata nel senso riduttivo del singolo isolato, ma nel senso di gruppi di affini che individuano insieme le maniere per riprodursi, in forma chiaramente consensuale, perché solo il consenso, o l'autoesilio, possono avere corso in questioni d'interesse) le questioni inerenti gli interessi, la necessità, e alla sfera collettiva (che io preferisco, chissà perché? chiamare pubblica) le questioni di libertà, dove si confronta il senso di ciò che accade, si fa la storia. Cancellando come una parentesi disgraziata la lunga epoca sociale, in cui - sulla spinta dei borghesi e dei loro interessi da bottegai - l'umanità ha preso forma di società, pretendendo di affrontare collettivamente le questioni di sopravvivenza, riducendo il mondo a una sordida borsa valori, e – paradosso dei paradossi – relegando nella sfera individuale l'unica questione davvero rilevante, affidata a psicanalisti e preti, la ricerca del posto di ciascuno nel mondo. ne ho una postconfezionata, che nasce dall'esperienza molteplice di tanti amici della libertà: che é il metodo dell'unanimità e del consenso, che non conta le maggioranze e perciò non crea minoranze, dove ognuno é portatore di un punto di vista unico, mix irripetibile delle sue passioni (gli interessi e le necessità che sono viceversa ripetibili stanno fuori dallo spazio pubblico, nella penombra inaccessibile dei cazzi propri), e partecipa di infiniti dibattiti e modi di agire. Chiaro che una simile prospettiva può risultare verosimile solo se gli spazi della decisione del dibattito sono piccoli, a portata della voce umana, e non pretendono di acquistare una dimensione territoriale, un potere sulla terra. Solo così, ciascuno potrebbe portare innanzi la propria specificità senza entrare in contrapposizione con le specificità altrui.
C'è chi si oppone a ogni prospettiva di tipo socialista, cioè di gestione sociale della produzione e del consumo – tipo consigli operai, per fare un esempio amico, e che non si é mai sputtanato: perché é nella stessa idea di produzione collettiva e di gestione di tale produzione che é insita la miseria, la noia, lo squallore. E infatti ce lo dimostrano tanti esempi, dal Che che - fatto ministro dell'economia - rapidamente corre alle armi, alle fabbriche ferme e inutili del maggio francese, all'uso dopolavoristico del contropotere nelle fabbriche italiane, etc...La gente non vuole decidere lei le questioni economiche: o le abolisce o le lascia in mano agli specialisti, anche se sa che gli specialisti le useranno contro di lei. Tanto é lo schifo che ispira in tutti la necessità,
e il suo veicolo, la merce. L'idea di un mondo che ferma le fabbriche fa paura, ma fa orrore un mondo in cui dovessimo essere noi ad occuparci di
lavorare, di organizzare, di programmare. Adesso siamo qui che parliamo di filosofia, di culi, di canzoni, di storia, di sogni, e dovremmo fare la rivoluzione per spipparci senza posa sui bisogni e sulle urgenze? Si farà la rivoluzione...e non ci andrà nessuno. Solo la fine dell'economia e l'abbandono delle necessità di ciascuno alla libertà di quell'uno stesso (e di chi con lui avrà piacere di godersela) possono
corrispondere a quello é il grido che d'ogni continente si leva: "la finiamo di romperci i coglioni?" Questo grido é l'unico che unifica ricchi e poveri,
giovani e vecchi, affamati e obesi, lavoratori e disoccupati, spettatori televisivi e gente col televisore guasto. A Genova abbaiamo visto levarsi a
centinaia di migliaia, in tanti modi (anche mal coordinati, per ora), individui che affermavano questo e che cercavano nei vicini uno spunto
solidale, una ripresa appassionata. Ricondurre poi la dimensione delle grandi opere (per utilizzare il linguaggio del maligno puffo che ci tormenta) alla passione artistica, al piacere di dare forma al mondo, e al piacere dell'amicizia, che Vaneigem così bene definisce "passione di unità in un progetto comune". E, infine, la libertà, ciò che rende davvero umani, e che imprime senso a tutto il resto. Il tutto nel gioco infinito dei momenti comuni da annodare e da sciogliere, nel gioco di dare vita alla vita. Io non credo che si potrebbe rigettare i saperi accumulati - fra cui quelli tipo l'energia nucleare che forse converrebbe davvero scordare - neppure volendolo...Ma nella coscienza che il senso delle cose essendosi capovolto, ogni singolo atto va riesaminato criticamente, come se non fosse mai stato compiuto, perché mai é stato davvero compiuto nella libertà. E quindi considerando l'ipotesi di buttar via tutto, così come di conservare
tutto ciò che oggi esiste, con l'intesa che verosimilmente qualcosa si salverà e qualcosa no. Ma che non é ora il momento di pensarci, quanto meno
per non rovinarci la sorpresa: perché la rivoluzione a me pare precisamente questo: una festa a sorpresa.
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La critica non è una passione del cervello, è il cervello della passione. Essa non è un coltello anatomico, è un'arma. Il suo oggetto è il suo nemico, che essa non vuole confutare bensì annientare (Marx)
"La mia anima è un tempio sacrilego in cui le campane del peccato e del crimine voluttuose e perverse, risuonano di rivolta e disperazione"
Renzo Novatore
Davvero, penso che abbia fatto male chi non é venuto a Genova, sono assai felice di esserci stato, non già a manifestare ma a riconoscermi con i mille e mille come me ci ha insperatamente ricondotto ad affrontare la condizione fondante del vivere davvero umano, l’esperienza della decisione, della scelta, della soluzione diretta delle questioni storiche incombenti.
si é ottenuto che decine di migliaia di persone hanno visto com'è più bella una banca che brucia, un gippone distrutto, una strada da cui poliziotti e militanti sono stati messi in fuga, e prima o poi si chiederanno se non é meglio fare così sempre e dappertutto; chi è stato totalmente libero un giorno, pretenderà di ritrovare la stessa felicità mille e mille volte, sempre.
A molti di quelli che erano lì, il futuro non potrà che ripetere parole come queste, scritte quando questo nuovo assalto alla storia stava appena riacquistando vigore, «Il calore e il gelo di quest’epoca non vi abbandoneranno più. Occorre scoprire come sia possibile vivere dei domani che siano degni di un così bell’esordio. Questa prima esperienza dell’illegalità, la si vuole continuare sempre»