Azione rivendicativa, azione simbolica, azione diretta
(Viviamo il presente con un giorno d'anticipo, perché ci siamo stancati d'inseguire il futuro)
“…tale "violenza simbolica" costituisce, come ha detto qualcuno, l'unico "ufficio stampa alla portata dei dannati della terra", essa è massimamente temuta da quegli apparati di potere che in essa intuiscono la potenzialità di una pratica autonoma di massa in grado di autodeterminarsi sul terreno dell'azione diretta, fuori e contro ogni presuntivo "specialismo bellicistico", fuori e contro qualsiasi autonomia sia della politica che del militare.”
Marco M.
Per lo stato è indispensabile che nessuno abbia una sua volontà; se uno l'avesse, lo stato dovrebbe escluderlo, chiuderlo in carcere o metterlo al bando; se tutti avessero una volontà propria, farebbero piazza pulita dello stato."
Max Stirner
“…50.000 persone potrebbero raccogliersi insieme e deliberare piani di azione strategica ed organizzativa, in modo autogestito e su base locale - per libera associazione - attraverso reti di gruppi di affinità e di consigli di portavoce..
Invece, quelle stesse 50.000 persone scelgono di andare a protestare come massa amorfa - cantando, mostrando striscioni, urlando al governo (Usa) quanto è cattivo ed inumano e di smettere di finanziare stati assassini - e praticamente si mettono nell'umiliante posizione dell'impotenza. I dimostranti alla fine assumono il classico ruolo dei "clientes", persone senza potere reale sulle proprie vite che per ottenere qualcosa deve richiederlo alla classe dirigente. Le dimostrazioni inoltre mostrano una mancanza di creatività; l'unica cosa che facciamo è di cantare le canzoni e ballare le danze dei nostri governanti. Quanto a lungo queste proteste dureranno? Se riuscissimo a convincere altre diecimila persone a protestare, riusciremmo a buttar giù il capitalismo, lo stato e la schiavitù del salario? …
Marc Silverstein
Non fermarsi al sabotaggio e alla destrutturazione, ma sollecitare all'esperienza dell'azione diretta come esperienza dell'eccezionale realizzabile, come fine dell'azione servile.
Claudio Angelini
“…il suo gesto era virtualmente in tutte le teste. Lui solo lo ha concretizzato, lui solo ha varcato la barriera radioattiva dell'isolamento: l'isolamento interno, questa separazione introversa del mondo esterno e dell'io.
Nessuno ha risposto a un segno che egli aveva creduto esplicito.
Egli è restato solo come resta solo il blouson noir che incendia una chiesa o ammazza un poliziotto, in accordo con se stesso ma votato all'esilio finché gli altri vivranno esiliati dalla propria esistenza.
Non esisterà che una comune dannazione finché ogni essere isolato rifiuterà di comprendere che un gesto di libertà, per quanto debole e maldestro possa essere, è sempre portatore di una comunicazione autentica, di un messaggio personale appropriato.
La repressione che colpisce il ribelle libertario si abbatte su tutti gli uomini.
Il sangue di tutti gli uomini gronda con il sangue dei Durruti assassinati.
Dovunque la libertà arretra di un palmo, aumenta di cento volte il peso dell'ordine delle cose[...]
Raoul Vaneigem
Il gesto più eclatante e' stato l'occupazione della scuola Diaz (l'anno scorso teatro di cruenti episodi di violenza da parte di esponenti non ancora ben identificati delle forze dell'ordine ai danni di numerosi manifestanti) da parte di un gruppo di circa trenta persone guidate da Luca Casarini. La zona e' sorvegliata da molti agenti di polizia e della Digos. Il questore di Genova però minimizza: "Si tratta di un gesto simbolico, e lo consideriamo come tale".
Nelle mani dello Stato la forza si chiama
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Max. Stirner
tu stesso, mi par di capire, sei molto attento ai tuoi comportamenti di "consumatore", e in questo magari ci rientra non andare al MacDonald's. Forse anche perchè, da solo, uno è difficile che riesca a fare di più. Magari se capita il giorno che sono con un mio amico ci organizziamo e gli intasiamo i bagni. Capita anche il giono che ci ritroviamo in 10 e ci va di picchettare l'entrata.
Quando capita che siamo in 300, bè, io propongo di sfasciarlo. A Genova
eccezionale era chi stava lì per riprodurre i meccanismi di sempre, le rimostranze e le manifestazioni, e non chi adeguava la propria azione quotidiana alle diverse e forse nuove possibilità della situazione; e non erano solo black bloc, che è una cosa che ci si dimentica troppo spesso.
Claudio – Lista libertari 30 giugno 2002
SE CIASCUNO PROVVEDESSE SEMPLICEMENTE A LIBERARE SE STESSO, TUTTI SAREBBERO LiBERI...A parte osservazioni lapalissiane, e in quanto tali sempre un poco imbarazzanti, come la presente, occorre meditare sul fatto che, se il fine e il senso ultimo di una distruzione della società spettacolare e mercantile consiste nella costruzione di relazioni di assoluta autonomia, diretta responsabilità, di ciascun individuo, questo obiettivo può realisticamente realizzarsi solo attraverso scelte e azioni che pubblicamente, collettivamente mettano in gioco i medesimi ingredienti. Per conseguenza, si può operare una distinzione, per molti aspetti arbitraria, fra “rivoluzione” e “dopo la rivoluzione”, solo nel senso di chiamare rivoluzione quei percorsi individuali che, fin da subito, operano nell’autonomia e per l’autonomia, e chiamare “post-rivoluzione” una fase in cui i processi di istituzione della libertà saranno divenuti compiutamente pubblici e collettivi, ed avranno abolito ogni altro istituto al di fuori di sé stessi.
L'essenziale é cercare di sviluppare "azioni esemplari" (azioni, cioè, capaci di PARLARE, ma dotate di un proprio autonomo senso) e non semplici gesti o manifestazioni, destinate a richiedere che ALTRI (di solito lo stato) agiscano.
E’ essenziale che l’atto violento, il sasso, la bastonata, il fiammifero, svolgano rispetto al momento del confronto e della riflessione, la medesima funzione catalizzante che svolge il bicchiere di vino, o il calumet, o il rito del tè, nelle diverse culture: quella di “bagnar la parola” come si usa dire in Piemonte, di rendere fluida la relazione, di affratellare attraverso una pratica comune. Mentre viceversa, sempre più spesso, si percepisce la parola come esplicazione, rivendicazione del gesto, che, esso solo, rappresenterebbe l’evento reale.
Non giova a nessuno fare un fronte unito che assommi solo debolezze e parzialità Il personaggio che a mani alzate avrebbe potuto raggiungere i cancelli e appendervi uno striscione (e perché non darsi fuoco? con questa storia della non-violenza mal compresa si finisce sempre per identificarsi con il ruolo della vittima e per raschiare spietatamente il fondo della marmitta dei sensi di colpa) alla fine avrebbe fatto solo un gesto il cui uso sarebbe poi dovuto essere gestito altrove, da opportuni specialisti, attraverso mediazioni politiche, per ottenere qualcosa solo simbolicamente collegabile con lo striscione, il G8, la Zona Rossa. Quindi la separazione fra avanguardia e masse che i fautori dei cosiddetti movimenti di tipo nuovo, che prendono le mosse “dal basso” contestano ai superstiti bolscevichi, cacciata dalla finestra, rientra trionfalmente dalla porta: i ribelli non agiscono concretamente in prima persona (magari proponendosi obiettivi più alla portata della Zona Rossa che nelle condizioni date era un obiettivo sensato solo per chi ricercava la visibilità, quindi il gesto, e non l'efficacia, quindi l'azione) ma rappresentano uno scontro i cui passaggi sostanziali avvengono altrove. Il meccanismo della politica simbolica si insinua ovunque, e trova facilmente la maniera per imporsi e per installarsi, perché ripete e riproduce un meccanismo nefasto e verminoso, ma straordinariamente domestico e quotidiano: quello del lavoro salariato. Attraverso un atto privo di senso in quanto tale, e in particolare per noi che lo compiamo, ma redditizio per altri, questi ultimi ci retribuiranno. L’atto simbolico, come ogni prodotto del lavoro, è insieme utile al quadro complessivo, agli interessi del compratore (nello specifico il compratore si identifica con la borsa dello spettacolo sociale, presso cui il militante si quota) e veicolo di socializzazione (leggi: alienazione e sottomissione) per chi lo compie. Esattamente come l’azione libera concorre alla definizione del mondo, come il lavoro concorre alla crescita della miseria, così la pratica della politica separata estende le frontiere dell’inautentico, perfeziona e radicalizza la separazione perfetta fra ciascuno e il mondo, attraverso la valorizzazione sacrificale del militante.
Con questo non intendo affermare che solo allorché si agisce in massa, questo pericolo non si dà: tutte le rivoluzioni hanno preso le mosse da un'azione di pochi. Solo, era l'azione giusta al momento giusto. Si pensi solo alla presa della Bastiglia, alla difesa dei cannoni di Montmartre il 18 marzo 1871, alle barricate di rue Gay Lussac nel maggio...Non é questione di avanguardie, é questione di fare ciò che si ritiene giusto in quel momento. Se la tua azione é in sintonia con molti, parte la scintilla; altrimenti no, ma tu hai fatto in ogni caso ciò che reputavi giusto. Che cosa potresti fare di diverso? L'autorità va essenzialmente svuotata; la rivoluzione non serve ad abbattere l'autorità, che è una forma di fede e come tale promana dal basso, dal credente, e non già dall’alto, dove Dio – non scordiamolo –non esiste, poiché questa si può abbattere solo se é già priva di coesione interna. Ma per creare un momento collettivo che segna la discontinuità del tempo della libertà rispetto al tempo della necessità. Le azioni dirette, più che a un percorso rivoluzionario, servono ad essere momenti della creatività di ciascuno, ragioni del suo esistere nel mondo. Quale senso ha vivere se non battendosi contro gli oppressori? Se non distruggendo i muri della galera di ciascuno? Chiedere al Black Bloc “a che cosa serve distruggere quella vetrina” è altrettanto ridicolo che chiedere a Mozart “a che cosa serve comporre quella sinfonia”
"Niente è più raro in un uomo di un atto che sia suo" rifletteva un compagno all’epoca di Genova.
Ho sempre creduto possibile trovare il paradigma della manifestazione nella presa della Bastiglia. Mossa da una passione di ricostituzione di ciò che è bello e degno, da un’analisi essenziale ma non già da una reazione cieca e speculare, una folla preme contro un obiettivo simbolico (l'oppressione della legge) ma anche materiale (gli esseri umani rinchiusi da altri esseri umani), e lo CANCELLA.
Ecco l'azione esemplare: qualcosa di buono in sé (la fine di un carcere) ma anche simbolico (la resa del potere) ma anche riproducibile (sono duecento anni che ci si sforza di fare lo stesso). Non si ha la forza per un obiettivo così imponente? vada per l'obiettivo alla tua portata. La distruzione del consolato americano a Skoplje, ecco un'azione sensata. Più piccolo ancora? l'incendio dell'Iberia quando fu giustiziato Puig Antich. per dieci anni e più l'Iberia annerita e chiusa ha ingentilito Milano come per dire: non c'é posto per i franchisti qui). E via via nel bonsai: siamo in tre? ci troviamo qualcosa su misura. Se il rapporto di forze é negativo si lascia perdere, ma altrimenti per che cosa si scende in piazza? Perché ciascun militante possa ripiegare alla fine, la sera, la rossa sua bandiera e ritornare alle case-prigione, alle officine-lager, alle scuole-manicomio? A questo punto lo specialista politico che pretende di utilizzare la "massa" (essere tanti é meglio ma l'importante é essere affini, é essere insieme e non rappresentarsi una comunità che non esiste) tirando le molotov verrebbe sostituito dagli specialisti politici che "interpretano" la manifestazione nei consigli comunali, nei parlamenti, nei talk-show, nelle cattedrali o in altre simili latrine della delega e della sottomissione. Se non si é in grado che di fare scontri perdenti che non mettono a ferro e fuoco un bel cazzo o di belare il proprio scontento che non interessa nessuno, é meglio non farne più di manifestazioni così...ma cercare piuttosto altre strade occupando spazi, innestando discussioni, facendo casino nelle maniere più adatte a tutti i gusti. Perché fra l'altro la manifestazione, oggi, è, sempre più spesso, una scampagnata per famiglie che non modifica nulla o un affare per militanti che interessa solo loro.
Occorre inventare di più, senza un creare uno jato fra "violenti" e "non violenti", senza decidere impostazioni: nessun eccesso sia troppo eccessivo Che senso ha giudicare chi agisce in prima persona? Non ci obbligano a partecipare, sono non solo liberi di fare quello che vogliono. come la puttana di Dante che "libito fe' licito in sua legge",
Si chiama costruzione di situazioni, azione diretta, azione esemplare, etc. La loro caratteristica é quella di contenere in un solo profilo, la soddisfazione immediata di un desiderio, il conseguimento di un risultato, la creazione di un momento irripetibile, la messa in reazione di tutte le persone coinvolte, la capacità di sedurre, la possibilità di essere ripresa, riprodotta, deturnata. Uno sciopero, un'occupazione, un sabotaggio, un esproprio, un atto vandalico, una scritta su un muro, e tante altre cose, possono corrispondere a un tale disegno. Occorrono un certo numero di partecipanti validi, autonomi, appassionati, qualcuno che - sulla base della propria esperienza o di una predilezione particolare per il gioco in questione - si proponga come delineatore iniziale dei temi e dei criteri. E poi dare libertà alle passioni e alle attitudini, rilevando sempre criticamente il senso della condotta propria e altrui, usando come filo conduttore il principio del piacere, affinando,a mano a mano, sia il piacere sia il principio stesso
Non é che l'antimilitanza, l'antisacrificio, l'antilavoro non abbiano criteri e storia: il punto é che la rivoluzione é come l'amore. Non si impara studiando ma per le vie infinite dei corpi. Occorre abbandonarsi e riafferrarsi, in un ritmo indipendente da quello di questo mondo. Hai mai provato a cercare di principiare una canzone, che ne so? Jealous Guy di John Lennon, mentre ti rimbomba nelle orecchie Morti di Reggio Emilia? E' quasi impossibile, lo sforzo iniziale è indicibile. Poi, afferri il tuo passo e altri ti rispondono e la musica che hai dentro è lei a suonare nel tuo corpo e il fragore di fuori si disfa e si sfuma...Così é l'autonomia, il vivere in base a criteri propri, il cantare la canzone propria e non quella che ti suonano nei timpani. Ed é qualcosa che un po' si apprende e un po' si inventa, precisamente come quando si va la prima volta con le ragazze, e scopri che le cose che credevi difficili erano semplicissime, ma che di lì innanzi ci sono un sacco di cose difficili che non sospettavi nemmeno.
Ecco, io la rivoluzione me la vivo così.
Da quando la vita quotidiana ha cessato di svolgersi in piazza, in uno spazio comune, per dipanarsi in infinite celle individuali (il condominio, l’automobile, la postazione di lavoro, la sdraio al mare, il posto prenotato su aerei, treni, cinema, teatri, stadi, il computer…) UN MOVIMENTO CHE SCENDA IN PIAZZA presuppone una riemersione di ciò che significa agire insieme ed agire visibilmente. Senza la coscienza di scendere su un terreno disseminato di trappole, e pensato come radicalmente nemico di qualsiasi espressione umana, la piazza diviene volgarmente palcoscenico, dove lo spettatore, per i dieci minuti di celebrità cari a Andy Warhol, esibisce sé stesso, per essere poi richiamato, come un pezzo di scacchi giocato e perduto, nella scatola del nulla mediatico, da cui avevo avuto la sfrontatezza di evadere ma che aveva avuto la sprovvedutezza di non distruggere immediatamente. Bruciarsi le navialle spalle è sempre un ottimo criterio, ma è l’unica speranza di sopravvivenza per chi su quelle navi era forzato a remare.
Un movimento sulle strade HA SENSO SE RAPIDAMENTE PROCEDE VERSO LO SCIOPERO GENERALE, LE OCCUPAZIONI, LA DISTRUZIONE DELLO STATO; ALTRIMENTI SERVE UNICAMENTE COME ESIBIZIONE DI FORZA SUL MERCATO DEL POTERE SEPARATO, A CONDIZIONE LA FORZA DI AVERLA E DI CONTROLLARLA. PER QUESTO – AGLI OCCHI DEI BUROCRATI E DEI GIORNALISTI - CONTA IL NUMERO DEI PARTECIPANTI, OCCORRE CHE LA PIAZZA SIA MINACCIOSA MA SOTTO CONTROLLO. La capacità di imbrigliare la piazza serve a mostrare la capacità politico-militare in base alla quale i candidati si propongono come governanti del futuro: per questo il servizio d’ordine che ti irreggimenta è altrettanto indispensabile dello slogan guerriero, del simbolo aggressivo, della coreografia militare.
E’ efficace se distrugge le televisioni che intenderebbero riprodurne l’immagine, e soprattutto se lascia vuoti i posti dinanzi i televisori, se richiama all’azione chi finora si è mantenuto spettatore. Mentre a Genova moltissimi parevano non vedere l’ora di poter rientrare per verificarsi in televisione, o magari nelle cassette autoprodotte, con cui ciascuno rivendica non già la fine delle immagini, ma il diritto di ciascuno ad apparire a sé stesso
l'azione diretta non è, come propagandano in buona fede molti, una forma violenta e estremista di attività politica, ma é in tutti i campi di critica della vita quotidiana, IL CONTRARIO DEL LAVORO, del sacrificio, dell’economia
L'azione diretta é precisamente questo: esiste un luogo dove si pratica la sopraffazione e l'alienazione? vai e lo devasti. Una situazione intollerabile? Che ne so? le ronde padane? vai e li disperdi. Etc. Non solo é utile, ma é la sola cosa
utile che esiste, perché contiene in sé il proprio risultato, ma al tempo stesso comunica un discorso e una prospettiva. E' insieme azione sovversiva e critica del
lavoro politico.
questo potere che ci viene estorto, si consolida e diviene qualcosa di ben reale. Insomma la polizia è forte perché la nostra passività le consente di essere forte; ma se cessi di essere passivo, come prima cosa ti scontri DAVVERO con la polizia
L'individuo isolato o saccheggia o si chiude in casa. La cosa straordinaria è che migliaia di persone che, pure, avevano trovato la capacità, l'energia, l’autonomia per uscire da casa, non riescano però ad altro che ad alludere alla condizione del loro isolamento, recitando brevemente una parte (quella del vandalo, o quella del pacifico manifestante, poco rileva) per poi correre ad assorbirla, a perfezionarla dinanzi allo schermo televisivo, che solo pare rendere vero, in quanto memorabile, ciò che prima era solo gesto abbozzato, in quanto effimero. Anche i kamikaze ormai paiono trovare il loro paradiso in vita, e incontrare la propria verità, e, come in ogni paradiso che si rispetti, godere della visione di Dio, cioè di sé stessi alienati, in quei disgustosi video di congedo girati alla vigilia del mistico botto.
Nulla indica con migliore chiarezza la natura mortifera dello spettacolo, quanto l’immagine mediata di ciascuno non sia che il suo lavoro morto, la sua alienazione in atto. Infine la merce che ciascuno produce nella quotidianità è quell’immagine di sè che gli viene restituita, ostile e separata, attraverso il video.
Ciò che mi piace dei Black Bloc, é "che hanno messo mano al mondo”
Particolare inquietante, quei silenziosi distruttori agivano senza avanzare né proposte né rivendicazioni.
distruggere bancomat non serve a molto: può però ricordarti o prepararti a quel che accade in Argentina dove i bancomat magari non sono distrutti ma non cacciano più soldi, e mostrano la loro natura di separazione fra te e il tuo danaro, che, in effetti, c'é da chiedersi se è tuo, visto che é firmato da un altro, o se piuttosto non ce l'hai solo in prestito finché fai comodo al sistema.
do la precedenza all'azione diretta – che crea qualcosa di ciò che desidero - rispetto alla rivendicazione, al messaggio, alla strategia. La mia strategia consiste nel cercare di vivere da subito ciò che mi appassiona e per questa via contagiare altri a fare lo stesso, e farmene a mia volta contagiare. Prendo i miei desideri per realtà, come si diceva ai tempi Quindi considero un mio compagno possibile chi fa lo stesso con i propri desideri anche se non sono identici ai miei, mentre considero impossibile agire insieme con chi mira a influenzare i potenti, indirizzare la società, promuovere leggi e regolamenti, e in sostanza dice che i potenti non usano efficacemente il loro potere. Quel che voglio edificare è una civiltà in cui ciascuno abbia desideri unici e incomprimibili a una semplificazione collettiva, in cui tutti siano liberi di sperimentare ogni possibile diversità, e siano quindi uguali fra loro, siano pari nella libertà di essere diversi
L’azione rivendicativa può risultare violenta (talvolta violentissima: si pensi ad esempio al sequestro di persona per imporre una scarcerazione), molto più di un’azione diretta (che può viceversa essere del tutto scevra da violenza; si pensi solo all’astensione dal pagamento di tasse, multe, contributi obbligatori) tuttavia, mentre la seconda trova senso nella realizzazione immediata dell’obiettivo prefissato, la prima intende imporre a chi detiene il potere questa o quella condotta, imporre – in ultima analisi – l’emanazione di decreti conformi alla volontà del rivendicante. L’azione rivendicativa, perciò, non rifiuta né la legge, né lo stato, né – che è quel che maggiormente conta – l’obbligo individuale di obbedire alla legge. Né critica altresì la passività del cittadino, cui viene richiesto semplicemente di sottomettersi non alle leggi attuali, ma ad altre – estorte mediante la minaccia o la violenza – e supposte migliori in conseguenza del loro proclamato carattere sociale, in ragione di un postulato ideologico non meno autoritario di quello vigente,
Essa è semplicemente l’esibizione di forza di un particolare nucleo di interessi che mira a spostare in proprio favore gli equilibri del potere separato, che però viene per conseguenza non solo accettato, ma – nella prospettiva – una volta piegato ai propri interessi, addirittura rafforzato. Il meccanismo ha una tale potenza da condurre sindacati e partiti socialdemocratici che fanno della rivendicazione la forma perfetta della propria attività, a difendere fin da subito lo stato borghese, che non hanno ancora conquistato e sovente non ha ancora accolto nessuna delle loro rivendicazioni, semplicemente per le sue potenzialità, percepite come una risorsa disponibile per un ipotetico futuro. Come insegna Clausewitz, “non vanno distrutti i ponti e le strade che si intende percorrere”. La speranza di un potere futuro diviene così la migliore spinta al sostegno al potere presente: ciò che in ogni caso va evitato sono la sfiducia nelle istituzioni, il vuoto di potere, l’anarchia. Chi si pone in un’ottica rivendicativa dunque, nella misura in cui opera su un piano di cui riafferma e sostiene la separatezza, quand’anche operi da solo e nel proprio diretto interesse, agisce comunque come rappresentante, al limite, della sua stessa persona.
Esemplare é un'azione diretta, capace di avere senso anche se, per avventura, nessuno la venisse a conoscere; simbolica un'azione che, se sconosciuta, perderebbe ogni utilità. Pensa la porca Sindone (purtroppo miracolata all'ultimo istante). I più ignorano che si é trattato dell'azione radicale di qualcuno: come azione simbolica un fallimento. Ma se fosse bruciata come meritava ecco desindonizzata Torino. Eccoti l'azione diretta. E pure esemplare perché quegli stessi che ignoravano la dolosità del fatto, pure avrebbero potuto pensare: stavolta é stato culo, ma la prossima...e avviarsi senz'altro con congrue taniche verso uno degli infiniti oggetti odiosi di questo odiosissimo mondo
L’azione simbolica, viceversa, si propone di influenzare non già il potere, come l’azione rivendicativa, ma gli individui. Mentre l’azione rivendicativa tende a modificare, creare, imporre norme, l’azione simbolica mira a modificare, creare, imporre, opinioni. Essa pone perciò in primo piano, la coscienza individuale destinata a decodificare il simbolo e a ricavarne indicazioni di condotta; mentre considera irrilevante o, al più, strumentale, l’interlocuzione con il potere, percepito non come controparte ma come potenziale “utile idiota” da far recitare suo malgrado nella scena concepita ed approntata dal demiurgo. Questa irrilevanza potrà volgersi verso una maggiore conflittualità o una maggiore strumentalizzazione a misura che il contenuto dell’azione simbolica alluderà a una maggiore o minore destabilizzazione dell’apparato normativo
L’azione diretta, quando ha la capacità di incidere nei punti di snodo dell’oppressione sociale, è anche la più efficace nel simboleggiare il senso complessivo di un’epoca, la più immediata nel comunicare l’avvenuta conquista del punto di non ritorno, del momento in cui nulla sarà più come prima, neanche un po’ meglio di prima. La presa della Bastiglia è insieme la più chiara delle notizie, il più eloquente dei simboli, la più efficace delle vittorie sul campo. Nella conquista del carcere dove stanno rinchiusi gli oppositori del potere, azione e comunicazione, presente e futuro si fondono e fondono tutte le illusioni precedenti nel loro fuoco.
Conviene cercare di praticare quelle liberazioni che ci è possibile praticare subito: del doman non v'é certezza.
E senza dubbio ha le sue ragioni chi scrive sulla lista Movimento, a firma Emile Henry: “dopo essermi un po' sfogato con quelli che aspettano S.Lucia (come dicono loro "il giorno più grande che ci sia")”
Se l'azione diretta ha un limite é quello di risalire alle cause partendo dagli effetti, dai sintomi, e non sempre è facilissimo. Anche nel caso da cui prendiamo le mosse: in fine dei conti il custode avrebbe potuto, e forse fatto meglio, a prendere e andarsene per i cazzi propri. Da un lato questo avrebbe creato meno problemi a lui, alla moglie, oltre che al padrone bastardo; ma ne avrebbe creati di più a chi lo avesse sostituito nell'incarico. Oggi invece il Laganà lo custodisce il
guardiano dell'obitorio, e domani quello del cimitero, e non potrà
tiranneggiarli più che tanto... Il problema insomma é che molte azioni, sono in effetti semplicemente reazioni, cioè non hanno la capacità di scegliere il proprio luogo, il proprio momento, il proprio terreno, ma rimangono semplicemente all'interno dell'esistente sia pure per negarlo. Pensa a quella che é stato l'abbozzo di azione diretta più degno degli ultimi anni, l'assalto al carcere di marassi nel luglio 2001. Metti pure che riuscisse: l'impatto sarebbe stato immenso, certo, anche perché sarebbe stato ben leggibile per tutti che cosa significala parola libertà. Ma, se nel contempo lla capacità di liberare i prigionieri non acquisti la capacità di non carcerare te stesso e gli altri, se non agisci sulla richiesta di carcere e di legge che quasi tutti rinnovellano, sarebbe comunque stato più un segnale che un fatto. Ma é ancor più vero che tu puoi fare tutta un'opera profonda a e capillare di rovesciamento di prospettive, ma se non trovi la forza, al momento giusto, di aprire quei portoni e svuotare galere, manicomi, fabbriche e scuole, l'ipnosi che le rinnova troverà sempre modo di rinascere.
Uccidere i padroni non é sufficiente; e, per assurdo, nel momento in cui davvero fosse sufficiente, forse non sarebbe più necessario. Ma oggi, quando tutti subiamo come nessuno aveva mai accettato di subire prima, quando ci vuole ci vuole.
Promozione della creazione di attrezzatura teorica e pratica per la produzione di azioni esemplari con chiare indicazioni tutte verificabili
1. originalità del soggetto e cioè i protagonisti esercitino la propria unicità e partecipino lasciando a casa ogni etichetta passata e/o futura
2. autenticità dell'azione che deve essere studiata e creata senza mediazioni in totale autogestione
3. le azioni devono prevedere una reale soddisfazione dei soggetti agenti - non si fanno le cose a nome di nessun altro
4. le persone interessate dovranno dichiarare la propria disponibilità in modo esplicito e personale con serietà e prendersi incarichi da svolgere di cui poi dovranno rispondere
5. la gratuità deve essere il peso e la misura per la verifica qualitativa e quantitativa delle azioni
Boccadorata (alias gilda caronti) primavera 2001
non é che sia nobile, é autonoma, ciascuno se la sbriga da sé, e quindi mostra tutti i limiti di chi vive in quest'epoca. Anche la rivoluzione che poi non é che una combinazione di infinite azioni dirette, che si confrontano e si dialettizzano, da principio mostrerebbe un sacco di falle: la gente é molto nella merda, e non puoi pretendere che ne esca tutta insieme magicamente. Ma agire in prima persona ti educa tantissimo, perché crea dell'esperienza vera; non solo ma l'esperienza vera é comunicabile, leggibile dagli altri. Anche noi, che non abbiamo fatto a pezzi nessuno, possiamo ragionare ora su che cosa sia il caso di fare e metterci dal punto di vista di chi, oppresso, vuol porre fine alla propria oppressione. In questo senso l'atto di quel simpatico tipo ha liberato un pochino tutti, perfino più di quanto abbia liberato lui, che sta in galera. Idem per quelli che evadono, distruggono le piantagioni transgeniche, buttano i controllori giù dal tram. Uno lo fa e tutti possono chiedersi se lo farebbero, perché non lo hanno ancora fatto, se non ci sia una soluzione migliore, etc. Ma tutto questo funziona perché qualcuno agisce, e non marcia lagnandosi sotto le finestre dei potenti, sventolando bandiere flosce e incanutite. Agire é contagioso. Precisamente quanto lo é subire.