Cose da pazzi. Metti una sera a cena sullo Jonio e le cose più
interessanti, mentre parli di progetti e movimenti civili, te le tira fuori una
ragazza cubana capitata a tavola quasi per caso. Con sei parole,
sgranando occhi grandissimi mentre discuti d’altro. Dyanorys è arrivata in
Calabria qualche giorno fa, dopo un paio di settimane passate a Milano da un
amico. È venuta a trovare un’amica cubana che in Italia si è trasferita per
amore. È entusiasta del mare calabrese, delle infinite spiagge libere e
dell’acqua che cambia colore a ogni ora come nel Racconto di un naufrago. Ama
meno la sabbia, che è il vero oro di Cuba, quella grana sottilissima e morbida
qua te la sogni. Da qualche anno Dyanorys Ramos abita a Londra, lavora nel
ristorante del marito francese. L’italiano lo parla bene, l’ha studiato a
Londra, ed è perfettamente in grado di inserirsi nelle conversazioni. Con
modestia, perché sa le buone maniere. Ma anche con efficacia. Tra i commensali
una certezza sulle due ragazze cubane c’è: non si tratta di attiviste o
simpatizzanti del regime. Non sono castriste.
Meglio, non
sono “fideliste”, per usare il loro linguaggio. Come non capirle, d’altronde?
Sono la terza generazione. Te lo spiegano bene. I nonni adoravano Fidel, aveva
dato ai connazionali la dignità, tirandoli fuori da un destino di casinò e
bordello della potenza dirimpettaia. I genitori erano andati a ruota, educati
al mito della rivoluzione, ma con minor trasporto, anche se il padre di
Dyanorys, che distribuisce il pesce per i mercati dell’Avana, è un
comunista che ci crede e andò due volte in Angola a combattere il colonialismo
portoghese. Loro, i giovani, vogliono la libertà dei coetanei
occidentali. I cellulari a lungo proibiti, Internet, un po’ di consumi
in più, una televisione che non ti dica ogni santo giorno che il mondo è brutto
e Cuba è bella, la possibilità di uscire con i giovani occidentali senza che la
polizia ti chieda cosa stai facendo. Per questo la nostalgia di Cuba è
nostalgia dei luoghi e degli affetti, della gente, ma la libertà europea è
impagabile e per chi ha 24 anni come Dyanorys vale di più. “A Cuba ci torno se
cambia”. Fin qui è tutto logico, tutto perfettamente compatibile con quel che
pensi da anni di Cuba e di Fidel. La svolta, che si fa storia di incontri,
arriva a metà cena. Basta un accenno alla vita londinese. “A Londra in questo
momento puoi anche morire di fame e non c’è nessuno che ti aiuti”, dice Dyanorys.
Già, pensa
ognuno, la crisi che getta nella disperazione le famiglie… “Ma questo a Cuba
non succede”, ecco le sei parole, “questo a Cuba non è possibile”, spiega
alzando la voce la ragazza. Gli occhi si sgranano sotto la montagna di capelli
ricci neri, perfino il viso cioccolato sembra accendersi. “A Londra se non puoi
pagare ti tagliano l’acqua dopo due mesi anche se hai dei bambini, non gliene
importa nulla. Puoi pure morire. Ma a Cuba nessuno muore di fame”. Sembra
propaganda, ma detto da lei è impossibile. Tacciono tutti, la parola è
solo sua. “Noi abbiamo la libreta. Ogni famiglia tutti i mesi va in
una specie di supermercato e riceve tutte le cose di cui ha bisogno per vivere.
Il pane, lo zucchero, l’olio, il latte, le uova, il pollo, i fagioli, il riso,
il pesce, la farina, i crackers, qualche volta le patate, il caffè. Paghi
quasi nulla. Ogni famiglia ha la libreta. Senza distinzioni, l’unica differenza
la fa il numero delle persone. Se hai più figli prendi di più. Poi mettono un
segno per dire che tu quel mese hai preso quello che ti spettava. E il mese
dopo lo riavrai con sicurezza. Certo, non è quello che ti puoi permettere qui,
ma è sufficiente. È importante vivere senza disperazione”. Jani, l’amica,
conferma. Una accanto all’altra sono le classiche belle ragazze cubane che ogni
show televisivo prenderebbe di corsa (Dyanorys ha girato anche qualche spot da
ballerina), ma ora non parlano il linguaggio delle vetrine e delle luci
occidentali. È come se stesse venendo fuori da loro qualcosa d’altro e di più
profondo. “Noi andiamo tutti a scuola, nessun bambino deve lasciare per
lavorare. Io ho preso il diploma di disegnatore informatico e non ho mai
pagato nulla. Pure l’università è gratis, anche se alla fine devi restituire i
libri per chi viene dopo di te. E la medicina è ben organizzata. È vero che c’è
il mercato nero, che certi consumi non te li puoi permettere, che i
trasporti sono un disastro, che non possiamo comunicare via Skype. O che magari
ti tolgono di colpo l’energia elettrica per ore per risparmiare. Però il nostro
è un popolo che non ha paura della fame. Perché il necessario ti viene dato
dallo Stato. E perché la nostra gente è speciale: siamo più uniti, ci aiutiamo,
un piatto di cibo lo trovi sempre. Se hai bisogno il tuo vicino ti darà il
pane, senza interesse”.
Resti di
stucco, vai per le Indie e trovi le Americhe. Vuoi sapere che cosa accade in
Calabria e scopri Cuba. Capisci quello che non ti dicono i discorsi dei
dissidenti, che hai anche sostenuto con la tua firma.
Ma anche quello
che non sanno dirti i fan dell’amicizia Italia-Cuba, con quel frequente
retrogusto di nostalgie barri-cadere. Da una ragazza che ha cercato l’occidente
e ha solo studiato a scuola la mitica rivoluzione, riscopri che ebbe un senso.
Le crisi che devastano, e le parole che sbottano dal cuore, servono anche a
questo.
Commento di
Sergio Ghirardi:
Le mostruosità del capitalismo occidentale per
giustificare l'autoritarismo di uno Stato totalitario. La mostruosità del
fascismo rosso per giustificare le umiliazioni, lo sfruttamento e l'alienazione
dei liberi schiavi salariati dell'occidente liberale e democratico.
Come all'Ilva, sceglietevi la vostra morte: di fame o di
cancro, di povertà o di noia e depressione. La vita sarà per un'altra volta. La
felicità non esiste in terra per gli adepti della civiltà del lavoro,
accontentatevi dei paradisi dell'aldilà (mistici) o dell'aldiqua (materialisti)
che vi fanno balenare davanti ai vostri occhi stanchi e vuoti di passione.
Eppure l'ipotesi di un altro mondo e di un'umanità nuova
e antica come la libertà non solo è possibile ma è ormai l'unica alternativa
concreta al crollo in atto del sistema dominante. Non abbiamo da perdere che le
nostre catene.
Lo so: la cultura dominante (di destra, di sinistra o di
centro ma sempre serva del consumismo produttivistico) ha lobotomizzato le
masse ma la coscienza di classe di un'umanità nuova ricomincia a premere sul viva la muerte di tutte le ideologie.
Documentarsi, riflettere, decidere e agire.