Commento di Sergio
Ghirardi:
L'inconscia
autodecimazione ideologica della casta autoproclamatasi saggia, segna il
fallimento visibile di un secolo di burocrazia progressista di sinistra,
metastasi ideologica della peste emozionale rivendicata dalle destre
cattoliche, anticomuniste e fasciste.
Napolitano
ha difeso i carri della burocrazia stalinista a Budapest nel ‘56 con la stessa acutezza
storico-politica con cui difende oggi i cari estinti del poststalinismo e del
postanticomunismo uniti. L'allegra brigata dei politicanti ad porcellum
orwelliano difende i poveri dal supposto populismo altrui in nome di un popolo
sovrano succubo dell'umiliazione di non avere coscienza e di essere dunque
nulla: null'altro che funzione del capitale!
Tuttavia,
il silenzio del M5s di fronte a questo scempio finale, mentre finora capitani o
sergenti stellati avevano sparato più svelti di Lucky Luke sulla minima
esternazione, mi lascia perplesso. I cittadini eletti più per il crollo del
sistema che per loro capacità soggettiva, sapranno imbastire strategie meno
approssimative, più radicali e dunque meno infantilmente estremiste?
O
si cambia davvero sistema o il gattopardo continua; o si disfa il
parlamentarismo mafioso di Stato e Mercato in nome di una democrazia consiliare
o muore l'Italia come nazione e come comunità reale possibile.
Dal
risorgimento allo sprofondamento, davvero una bella crescita felice ...
al post:
I saggi di Napolitano a sigillo di un pessimo settennato
Giorgio
Napolitano di peggio non poteva fare. A coronamento di un brutto settennato, che solo una Casta politica e
giornalistica sempre più scollegata dalla realtà riesce a continuare a
osannare, il futuro ex presidente della Repubblica affida a dieci supposti
saggi il compito di concordare un pugno di riforme istituzionali ed
economiche. Tra di loro non ci sono donne e non ci sono giovani.
In compenso nell’elenco compaiono cariatidi in politica da 40 anni e dinosauri
dell’italica burocrazia.
Ci sono
garanti nominati alla testa delle loro Authorithy (Giovanni Pitruzzella)
non per la “notoria indipendenza” o per la specifica competenza, ma perché
legati da rapporti di amicizia e professionali con l’attuale capogruppo Pdl al
Senato, Renato Schifani. Ci sono parlamentari (il leghista Giancarlo
Giorgetti) che conoscono le regole dell’omertà da quando hanno
ricevuto e poi restituito – senza denunciare nulla – una busta piena di soldi
gentilmente portata dall’ex big boss della Banca Popolare di Lodi, Giampiero
Fiorani; ex magistrati di sinistra folgorati dalla politica (Luciano
Violante) e specializzati nel compromesso opaco alle spalle di elettori
e cittadini. Poi,
ovviamente, c’è Gaetano Quagliarello, passato con nonchalance
dalle file del Partito Radicale ai banchi del Pdl da dove, dopo la morte di Eluana
Englaro, dava degli assassini agli avversari.
Insomma, salvo
rare eccezioni, la lista dei saggi che dovrebbe portare a un nuovo governo
indicando al Paese le quattro o cinque cose importanti da fare nei prossimi
mesi, è una perfetta fotografia della classe dirigente,
bugiarda, incompetente e voltagabbana, che lo ha affossato.
Questa volta
però non basta prendersela con i partiti cattivi. O con il risultato elettorale
confuso che obbliga il Parlamento a trovare qualche tipo di accordo. Il
responsabile di questo scempio, va detto chiaro, è Giorgio Napolitano:
il Capo dello Stato che, se proprio riteneva che la strada dei saggi fosse
quella da seguire (cosa che dubitiamo), aveva il dovere di trovare dei nomi
diversi. Oppure, e avrebbe fatto bene, avrebbe dovuto dimettersi senza indugio,
in modo da far eleggere subito un successore. Un nuovo Presidente che, forte
del voto appena ricevuto e del potere di sciogliere le Camere, mettesse
immediatamente i partiti davanti all’alternativa: o trovate il modo di dare la
fiducia a un governo, o andate a casa.
Ma Napolitano
ha deciso altrimenti. E adesso è nudo di fronte a un Paese costretto a poco a
poco ad accorgersi della realtà: i risultati politici dei suoi sette anni al
Colle di fatto non esistono, quelli istituzionali neppure.
Dietro
le spalle di Re Giorgio restano solo una serie di moniti e appelli – dalla riforma elettorale alla situazione delle
carceri – sempre inascoltati; la promulgazione, senza tentennamenti, di tutte
le leggi ad personam di Berlusconi (dal Lodo Alfano al legittimo impedimento)
poi dichiarate incostituzionali dalla Consulta; le risposte stizzite rivolte ai
cittadini che subito dopo l’approvazione dello scudo fiscale,
gli chiedevano: «Presidente, non firmi, lo faccia per le persone oneste».
Restano gli
interventi a piedi uniti nelle indagini della magistratura e il fallimento
dell’operazione Mario Monti, il tecnico che doveva essere il
suo successore e che invece gli ha voltato le spalle entrando, con poco
successo, direttamente in politica. Dietro Napolitano rimane insomma solo un
cumulo di partitocratiche macerie. E adesso l’unica cosa saggia da fare non è
affidarsi ai suoi supposti saggi, ma pensare a scegliere un capo dello Stato
nuovo che non provenga dalle file dei partiti. Un uomo, o una donna, che
conosca l’Italia per davvero e non solo la toponomastica delle stanze
e delle segreterie dei Palazzi del Potere.