In Francia ancor più che in Italia, quel che resta della
sinistra non può capire che Berlusconi non è un' anomalia ma un eccesso. Un
eccesso narcisista di capitalismo che gli ultimi discendenti dei burocrati mal
risvegliatisi dal socialismo dal volto umano vorrebbero riportare alla
moderazione di uno sfruttamento/corruzione sotto controllo, collettivizzando il
tutto quanto basta per renderlo accettabile dai servitori volontari. Così, il
sistematico alternarsi alla gestione del potere della sinistra al posto della
sua destra capitalistica condanna i cittadini-spettatori-consumatori a non
capire quel che bolle nella pentola della storia all’interno e all’esterno di
confini nazionali sempre più permeabili da una merce globale che non si ferma
dinanzi a nulla, né tunnel deleteri né aeroporti distruttori, per circolare
dappertutto, inutile e forsennata.
Un tale delirio ideologico in decomposizione rischia, del
resto, di favorire l’avvento di un nuovo arcaismo fascista raccoglitore
potenziale della peste emozionale industrialmente diffusa.
La stampa e i media contribuiscono da par loro all’orgia
di non senso che inquina il vivente e continuano a riproporre con militantismo
da osteria le stesse chiavi di lettura abusive, le stesse alternative
marciscenti e spettacolari rese ridicole da quasi mezzo secolo di alternanza
spettacolare tra liberalsocialismo e socialliberalismo.
Dovunque, non solo in Italia, i professionisti della
democrazia spettacolare sono un ossimoro della storia e
dall'internazionalizzazione potenzialmente pacifica della rivoluzione
planetaria in corso - ben lontana, però, dall’avere vinto - dipenderà anche il ruolo
finale del M5s, forma presa in Italia da un rovesciamento di prospettiva
epocale che dappertutto supera destre, sinistre e centro del vecchio mondo
produttivista in decomposizione.
Niente assicura la riuscita di una rottura di paradigma
politico che la maggior parte degli intellettuali o presunti tali neppure vede,
ma non c’è dubbio che ormai i segni di fissure beanti nel consenso appaiono
proprio laddove questo becero consenso è ottusamente riservito riscaldato nel
microonde dello spettacolo, da Barbara Spinelli su Repubblica a Libération
in Francia.
Su Libération
di oggi, 21 marzo 2013, al seguito di una disinformazione sistematica di
settimane sul M5S (ridotto a populismo e a una comica finale, Grillo oblige) sono apparsi due articoli
degni di figurare nella più famosa rubrica attuale di questo quotidiano postsessantottesco:
intox e desintox (come dire: informazione
tossica e antidoto informativo
disintossicante).
Il primo articolo è a firma del famoso scrittore italiano
Alessandro Piperno che sotto il titolo volutamente grillesco “Arrendetevi,
siete circondati” infila tutti i cliché propagandistici e le
controverità ideologiche abituali sulM5s, senza neppure la scusa di essere uno straniero
ignaro chiamato a commentare quel che non conosce. Liberi di verificarlo di
persona ovviamente, ma ve lo dice uno, il sottoscritto, che non è adepto né
seguace di nessuno, ma coglie in quel che succede in Italia, un primo -
finalmente! - possibile segno di rifiuto dell’addomesticamento globale.
Il signor Piperno che avevo il piacere di non aver mai
letto prima, rimescola la zuppa ideologica per trarne la conclusione che a
partire da ora la situazione non è solo grave ma anche seria. La classe non è
acqua e ricollegarsi a Flaiano per superarlo in arguzia dà le stigmate della
grande letteratura da chiosco di stazione ferroviaria. Secondo me, però, la
gravità italica è invece una costante vecchia quanto il Vaticano e altre sette
religiose e politiche; essa non è affatto una novità legata al M5s, quanto il
risultato della deriva di una società culturalmente mafiosa, sostenuta anche dalla
propaganda fuorviante di pseudointellettuali analfabeti e imbedded che
diffondono la menzogna confusionista comodamente istallati sul carro di un
vincitore proclamato (il progressismo succubo) di cui non colgono le gomme
pateticamente sgonfie.
L’altro articolo, scritto dall’autrice di Pornotopie, Playboy e l’invenzione della sessualità multimedia, anch’essa a me
sconosciuta, approfitta, invece,di un respiro internazionale dove Libération non è ancora ridotto alla
propaganda ontologica del business europeo. Restituisce, dunque, oltre tutti i
distinguo puntuali ai quali ognuno ha ovviamente diritto, una luce salutare disintossicante
che, applicata all’Italia, rende definitivamente ridicolo l’articolo da muro
del pianto del Piperno.
Bando ai masochismi, dunque. Il pezzo del grandescrittore italiano, eventualmente, andatevelo a cercare da soli. Io, qui sotto,
vi ho tradotto il secondo articolo, il “Biglietto”
di Beatriz Preciado.
Sergio Ghirardi
NOI DICIAMO RIVOLUZIONE
Sembra
che i guru della vecchia Europa coloniale si ostinino, ultimamente, nel voler
spiegare agli attivisti dei movimenti Occupy, Indignados,
handi-trans-lesbo-intersex e postporn che noi non potremo fare la rivoluzione
perché non abbiamo un’ideologia. Dicono “un’ideologia” come mia madre diceva
“un marito”. Ebbene noi non abbiamo bisogno né d’ideologia né di marito. Le
nuove femministe che siamo, non hanno bisogno di marito perché non siamo donne.
Così come non abbiamo bisogno d’ideologia perché non siamo un popolo. Né
comunismo né liberalismo. Né la solfa cattolico-musulmano-ebraica. Noi parliamo
un’altra lingua. Loro dicono rappresentazione. Noi diciamo sperimentazione.
Dicono identità. Noi diciamo moltitudine. Dicono mettere sotto controllo le
periferie. Noi diciamo meticciare la città. Dicono debito. Noi diciamo
cooperazione sessuale e interdipendenza somatica. Dicono capitale umano. Noi
diciamo alleanza multi-specie. Dicono carne di cavallo nei nostri piatti. Noi
diciamo montiamo a cavallo per sfuggire insieme al mattatoio globale. Dicono
potere. Noi diciamo potenza. Dicono integrazione. Noi diciamo codice aperto.
Dicono uomo-donna, bianco-nero, umano-animale, omosessuale-eterosessuale,
Israele-Palestina. Noi diciamo che tu sai bene che il tuo apparecchio produttore
di verità non funziona più… Quanti Galileo ci vorranno stavolta per
riapprendere a denominare le cose, noi stessi? Ci fanno la guerra economica a
colpi di machete digitale neoliberale.
Mica
ci mettiamo a piangere per la fine dello Stato-provvidenza, visto che lo
Stato-provvidenza era anche l’ospedale psichiatrico, i centri d’inserzione
degli handicappati, la prigione, la scuola patriarcale-coloniale-eterocentrica.
È l’ora di mettere Foucault alla dieta handi-queer e di scrivere La morte della clinica. È tempo
d’invitare Marx in un atelier eco-sessuale. Mica andiamo a impersonare lo Stato
disciplinare contro il mercato neoliberale. ‘Sti due hanno già stipulato un
accordo: nella nuova Europa, il mercato è la sola ragione di governo, lo Stato
diventa un braccio punitivo la cui sola funzione sarà di ricreare la finzione
dell’identità nazionale attraverso il terrore dell’insicurezza. Noi non
vogliamo definirci né come lavoratori cognitivi né come consumatori
farmacopornografici. Noi non siamo Facebook, né Shell, né Nestlé, né Pfizer-Wyeth.
Noi non vogliamo “produrre francese”, non più che “produrre europeo”. Noi non
vogliamo produrre. Noi siamo la rete vivente decentralizzata. Noi rifiutiamo
una cittadinanza definita dalla nostra forza di produzione o dalla nostra forza
di riproduzione. Vogliamo una cittadinanza totale definita dalla condivisione
delle tecniche, dei fluidi, delle semenze, dell’acqua, dei saperi… Dicono che
la nuova guerra pulita si farà con i droni. Noi vogliamo fare l’amore con i
droni. La nostra insurrezione è la pace, l’affetto totale. Dicono crisi. Noi
diciamo rivoluzione.
Beatriz Preciado