mercoledì 20 marzo 2013

SULL’INSUFFICIENZA DEI DIZIONARI DI FRONTE ALLA STORIA DA FARE

 

Il seguente bell’articolo di Travaglio riproposto ieri anche sul blog di Grillo mi sembra al crocevia del progetto di rivoluzione sociale in atto.

Senza attendere dunque l’eventuale benestare degli odiosi moderatori che gestiscono autoritariamente il traffico delle idee (e soprattutto delle idiozie da blog) sul Fatto Quotidiano - sempre a rischio, come ogni tentativo di informazione libera, di trasformarsi nel Feto Quotidiano -, eccovi riproposto il pezzo in questione con il mio commento relativo.

 

Sergio Ghirardi


 

M5S, dizionariodell’inciucio

di Marco Travaglio 19 marzo 2013
I 5 Stelle che han votato Grasso contro Schifani sapevano bene chi è Schifani e hanno scelto il meno peggio, cioè Grasso. Ma non avevano la più pallida idea di chi è Grasso, e questo è un bel problema. Specie per chi dice di informarsi sul web per sfuggire alla propaganda di regime. Se l’avessero fatto davvero, avrebbero scoperto che il dualismo Schifani-Grasso era finto. Schifani è sempre piaciuto al Pd, che infatti 5 anni fa non gli candidò nessuno contro, votò scheda bianca e mandò la Finocchiaro a baciarlo sulla guancia. Quando poi il sottoscritto raccontò in tv chi è Schifani, i primi ad attaccarmi furono Finocchiaro, Violante, Gentiloni, il direttore di Rai3 Ruffini e Repubblica. Schifani era il pontiere dell’inciucio Pdl-Pd. Così come Grasso che, per evitare attacchi politici, s’è sempre tenuto a debita distanza dalle indagini più scomode su mafia e politica, mentre altri pm pagavano e pagano prezzi indicibili per le loro indagini. Nessuno l’ha scritto, nei soffietti al nuovo presidente del Senato: ma Grasso, quando arrivò alla Procura di Palermo nel 2000, si ritrovò Schifani indagato per mafia e lo fece subito archiviare (l’indagine fu riaperta dopo la sua dipartita). Così, un colpo al cerchio e uno alla botte, divenne il cocco del Pdl (che lo impose alla Pna, estromettendo per legge Caselli), del Centro (che voleva candidarlo) e del Pd (che l’ha candidato). Ma ciò che conta in politica non è la verità, bensì la sua percezione: perciò sabato era difficile per i grilli siculi non votare un personaggio da tutti dipinto come un cavaliere senza macchia e senza paura. Anche stavolta i media di regime ce la mettono tutta per fare il gioco dei partiti, con il sapiente dosaggio di mezze verità e mezze bugie e il dizionario doppiopesista delle grandi occasioni.
Leninismo. La regola base della democrazia è che si decide a maggioranza e chi perde si adegua o esce (salvo poche questioni che interpellano la coscienza individuale). Così ha fatto M5S sui presidenti delle Camere, decidendo a maggioranza per la scheda bianca. Ma, siccome non piace al Pd, la minoranza diventa democratica e la maggioranza antidemocratica. “Leninista”, dice Bersani, senza spiegare con quale metodo democratico è passato in 48 ore dall’offerta delle due Camere a Monti e M5S, al duo Franceschini-Finocchiaro, al duo Boldrini-Grasso.    
Dissenso. Da che mondo è mondo il parlamentare che approfitta del segreto dell’urna per impallinare il suo partito è un “franco tiratore”. Ma, se è di M5S, la sua è una sana manifestazione di dissenso contro la pretesa di Grillo di telecomandarlo.
Indipendenza. Per vent’anni, se uno passava da destra a sinistra era un “ribaltonista”, mentre se passava da sinistra a destra era un “responsabile”. Ora, se un grillino porta acqua al Pd è un bravo ragazzo fiero della sua indipendenza; se resta fedele al suo movimento e ai suoi elettori, è un servo del dittatore Grillo.   
Scouting. Quando B. avvicinava uno a uno gli oppositori per portarli con sé, era “mercato delle vacche”, “compravendita”, “voto di scambio”. Se Bersani sguinzaglia gli sherpa ad avvicinare i grillini uno a uno, è “scouting” e odora di lavanda.    
Epurazione. Se Pd, Pdl, Udc, Lega espellono un dirigente che ha violato le regole, è legalità. Se lo fa M5S, è “epurazione”.   
Rivolta. Ci avevano raccontato che Adolf Grillo e Hermann Casaleggio lavano il cervello al popolo del web e censurano sul blog i commenti critici (un po’ incompatibili col lavaggio del cervello). Ora scopriamo che c’è la “rivolta del web” pro-dissenzienti. Ma anche, dal sondaggio di Mannheimer sul Corriere, che il 70% degli elettori M5S è contro l’inciucio col Pd. Gentili tromboni, potreste gentilmente mettervi d’accordo con voi stessi e poi farci sapere come stanno le cose, possibilmente chiamandole col loro nome?
il Fatto Quotidiano, 19 Marzo 2013

Commento di Sergio Ghirardi:

Tutto vero, salvo due cose essenziali per chi ha riflettuto e si batte per una democrazia consiliare, detta diretta da chi non ha paura delle tautologie.
Primo punto: la critica utilissima di giornalisti veri, cioè non imbedded, come Travaglio, dovrebbe spostare il proprio baricentro dall'etica del diritto alla poetica della felicità. Cioé la democrazia reale non dipende e non deve dipendere dall'onestà dei rappresentanti (auspicabile, certo e persino probabile quando la truffa capitalista sarà stata abrogata) ma dal suo modo di funzionamento che sconsiglia e impedisce la furbizia e l'opportunismo.
C'è tutta una storia e una filosofia in proposito ma sembra sepolta sotto l'ideologia liberalsocialista parlamentarista.
Per farmi capire ho scritto un articolo in questo senso dopo gli ultimi psicodrammi intitolato: “il grasso di troppo e uno schifo di meno” su barraventopensiero.
Secondo punto: non è vero che la democrazia si fonda sulla dittatura (di fatto) della maggioranza. Anche qui gli esempi storici non mancherebbero (anche recenti: vedi il funzionamento della democrazia in Chiapas e Oxaca, ma non solo).
Grazie infine a Travaglio per la denuncia meticolosa della strutturale corruzione dominante del sistema di governo che s'impone da secoli come il meno peggio tra i sistemi totalitari e proprio per questo, forse il più pericoloso, ma cittadini… ancora uno sforzo per essere rivoluzionari...