Il seguente bell’articolo di Travaglio riproposto ieri anche sul blog di Grillo mi sembra al crocevia del progetto di rivoluzione sociale in atto.
Senza attendere dunque l’eventuale benestare degli odiosi moderatori che gestiscono autoritariamente il traffico delle idee (e soprattutto delle idiozie da blog) sul Fatto Quotidiano - sempre a rischio, come ogni tentativo di informazione libera, di trasformarsi nel Feto Quotidiano -, eccovi riproposto il pezzo in questione con il mio commento relativo.
Sergio Ghirardi
M5S, dizionariodell’inciucio
di Marco Travaglio 19 marzo 2013
I 5 Stelle che han
votato Grasso contro Schifani sapevano bene chi è Schifani e hanno scelto il
meno peggio, cioè Grasso. Ma non avevano la più pallida idea di chi è Grasso, e
questo è un bel problema. Specie per chi dice di informarsi sul web per
sfuggire alla propaganda di regime. Se l’avessero fatto davvero, avrebbero
scoperto che il dualismo Schifani-Grasso era finto. Schifani è sempre piaciuto
al Pd, che infatti 5 anni fa non gli candidò nessuno contro,
votò scheda bianca e mandò la
Finocchiaro a baciarlo sulla guancia. Quando
poi il sottoscritto raccontò in tv chi è Schifani, i primi ad attaccarmi furono
Finocchiaro, Violante, Gentiloni, il direttore di Rai3 Ruffini e Repubblica.
Schifani era il pontiere dell’inciucio Pdl-Pd. Così come
Grasso che, per evitare attacchi politici, s’è sempre tenuto a debita distanza
dalle indagini più scomode su mafia e politica, mentre altri pm pagavano e
pagano prezzi indicibili per le loro indagini. Nessuno l’ha scritto, nei
soffietti al nuovo presidente del Senato: ma Grasso, quando arrivò alla Procura
di Palermo nel 2000, si ritrovò Schifani indagato per mafia e
lo fece subito archiviare (l’indagine fu riaperta dopo la sua dipartita). Così,
un colpo al cerchio e uno alla botte, divenne il cocco del Pdl (che lo impose
alla Pna, estromettendo per legge Caselli), del Centro (che voleva candidarlo)
e del Pd (che l’ha candidato). Ma ciò che conta in politica non è la
verità, bensì la sua percezione: perciò sabato era difficile per i grilli siculi
non votare un personaggio da tutti dipinto come un cavaliere senza macchia e
senza paura. Anche stavolta i media di regime ce la mettono tutta per fare il
gioco dei partiti, con il sapiente dosaggio di mezze verità e mezze bugie e il
dizionario doppiopesista delle grandi occasioni.
Leninismo. La regola base della democrazia è che si decide a
maggioranza e chi perde si adegua o esce (salvo poche
questioni che interpellano la coscienza individuale). Così ha fatto M5S sui
presidenti delle Camere, decidendo a maggioranza per la scheda bianca. Ma,
siccome non piace al Pd, la minoranza diventa democratica e la maggioranza
antidemocratica. “Leninista”, dice Bersani, senza spiegare con
quale metodo democratico è passato in 48 ore dall’offerta delle due Camere a
Monti e M5S, al duo Franceschini-Finocchiaro, al duo Boldrini-Grasso.
Dissenso. Da che mondo è mondo il parlamentare che
approfitta del segreto dell’urna per impallinare il suo partito è un “franco
tiratore”. Ma, se è di M5S, la sua è una sana manifestazione di dissenso contro
la pretesa di Grillo di telecomandarlo.
Indipendenza. Per vent’anni, se uno passava da destra a
sinistra era un “ribaltonista”, mentre se passava da sinistra a destra era un
“responsabile”. Ora, se un grillino porta acqua al Pd è un bravo ragazzo fiero
della sua indipendenza; se resta fedele al suo movimento e ai suoi elettori, è
un servo del dittatore Grillo.
Scouting. Quando B. avvicinava uno a uno gli oppositori per
portarli con sé, era “mercato delle vacche”, “compravendita”, “voto di
scambio”. Se Bersani sguinzaglia gli sherpa ad avvicinare i grillini uno a uno,
è “scouting” e odora di lavanda.
Epurazione. Se Pd, Pdl, Udc, Lega espellono un dirigente che
ha violato le regole, è legalità. Se lo fa M5S, è
“epurazione”.
Rivolta. Ci avevano raccontato che Adolf Grillo e Hermann
Casaleggio lavano il cervello al popolo del web e censurano sul blog i commenti
critici (un po’ incompatibili col lavaggio del cervello). Ora scopriamo che c’è
la “rivolta del web” pro-dissenzienti. Ma anche, dal sondaggio di Mannheimer
sul Corriere, che il 70% degli elettori M5S è contro l’inciucio col Pd. Gentili
tromboni, potreste gentilmente mettervi d’accordo con voi stessi e poi farci
sapere come stanno le cose, possibilmente chiamandole col loro nome?
il Fatto
Quotidiano, 19 Marzo 2013
Commento
di Sergio Ghirardi:
Tutto
vero, salvo due cose essenziali per chi ha riflettuto e si batte per una
democrazia consiliare, detta diretta da chi non ha paura delle tautologie.
Primo
punto: la critica utilissima di giornalisti veri, cioè non imbedded, come
Travaglio, dovrebbe spostare il proprio baricentro dall'etica del diritto alla
poetica della felicità. Cioé la democrazia reale non dipende e non deve
dipendere dall'onestà dei rappresentanti (auspicabile, certo e persino
probabile quando la truffa capitalista sarà stata abrogata) ma dal suo modo di
funzionamento che sconsiglia e impedisce la furbizia e l'opportunismo.
C'è
tutta una storia e una filosofia in proposito ma sembra sepolta sotto
l'ideologia liberalsocialista parlamentarista.
Per
farmi capire ho scritto un articolo in questo senso dopo gli ultimi psicodrammi
intitolato: “il grasso di troppo e uno schifo di meno” su barraventopensiero.
Secondo
punto: non è vero che la democrazia si fonda sulla dittatura (di fatto) della
maggioranza. Anche qui gli esempi storici non mancherebbero (anche recenti:
vedi il funzionamento della democrazia in Chiapas e Oxaca, ma non solo).
Grazie
infine a Travaglio per la denuncia meticolosa della strutturale corruzione dominante
del sistema di governo che s'impone da secoli come il meno peggio tra i sistemi
totalitari e proprio per questo, forse il più pericoloso, ma cittadini… ancora
uno sforzo per essere rivoluzionari...