domenica 17 marzo 2013

Grillo, il grasso di troppo e uno schifo di meno



LA VIA LATTEA, Luis Bunuel, 1968



Già ieri il post di Grillo, dolce con lo spot pubblicitario vaticano, mi aveva lasciato perplesso. Oggi poi le dichiarazioni di purismo - se sono vere, visto che i giornalai fanno dire a Grillo quel che vogliono - sono un'inaccettabile concessione allo spettacolo dominante.
Spero, tuttavia, che Grillo non sia rimasto condizionato dall'essere nato (come me) a pochi metri dalla chiesa di S. Fede, in corso Sardegna.
Se il M5s si mette a giocare a Zorro o a Sanfrancesco diventerà un film hollywodiano girato a Cinecittà e sponsorizzato dal Vaticano (quindi dalla vecchia politica sadomaso che i porporati nascondono sotto la gonna, da destra a sinistra, dal fascismo al cattocomunismo) che cauziona la farsa della democrazia parlamentare di cui una democrazia reale è nemica irriducibile.
I partiti nella spazzatura della storia, certo, ma non per sostituirvi un papato incompatibile con un’autogestione generalizzata e LAICA della vita quotidiana!
I tifosi arcaici del M5s di cui spero Grillo non faccia parte (se Casaleggio ha davvero parlato di libertà di voto sono con lui) sono liberi di cadere nell'altra trappola cristiana della trasparenza intesa come un controllo della coerenza masochista. Per uscire dalla democrazia spettacolare, però, ci vuole coerenza laica e strategia rivoluzionaria.
Votare contro Schifani è coerente. Lasciarlo eleggere è da masochisti cattolici, controrivoluzionario e per giunta filomafioso, anche se Grasso è un uomo del passato.
Tutto il resto è miserabile moralismo da succubi oppositori confusionisti del parlamentarismo.
Finché non sarà stata abrogata, la truffa parlamentare detterà le sue leggi alle quali non ci si deve sottomettere. Bisogna invece ritorcerle contro i suoi usufruttuari indegni in nome di quella coerenza libertaria che rifiuta schifosissime purezze ipocrite da sceriffi e da papi, siano essi di S.Pietro o di Arcore.


Sergio Ghirardi, 17 marzo 2013




ps: Caro Sergio, per quanto riguarda la votazione in Senato non sono d’accordo con la tua idea di evitare l’elezione di Schifani se non c’era la decisione dell’intero gruppo dato che la promessa è quella di dare il voto sulla base di una decisione univoca  e in un certo senso non responsabilizzandosi per i risultati che emergono dalle aule che ospitano la democrazia fasulla. gc




pp. ss.

Al galoppo la dialettica. Finalmente un piccolo, vero disaccordo nell’analisi tra me e la mia carissima Gilda.
Già l'uso del termine promessa - e non solo in politica - implica ai miei occhi un’ambigua disparità tra chi promette e chi la promessa l'attende (la subisce o la cerca). La promessa è una liturgia retorica, romantica e moralistica che può facilmente mascherare un’imposizione autoritaria per renderla accettabile o inaggirabile.
Tra etimologia e psichedelismo: pro-messa = in favore della messa, ovvero una proposta liturgica che non si può rifiutare?
Evidentemente io che sono per una costante libertà di rifiuto non accetto promesse da nessuno e spero neanche i movimentisti a 5 stelle più radicali.
Comunque, io ho letto diverse volte - ma sarà vero? - che sia Grillo che Casaleggio, come anche i singoli senatori a 5 stelle erano nello specifico per un libero voto secondo coscienza (certo la coscienza antispettacolare merita temi di altro spessore, ma se eliminare un mafioso dalla scena non mette fine allo spettacolo, dà comunque un segno d’inversione di tendenza delle sensibilità che penso sia meglio assumere soggettivamente).
Il voto unico di gruppo su atti che non pregiudicano la strategia globale è per me una macabra concessione allo spettacolo concentrato di sinistra memoria (e sottolineo sinistra): è inginocchiarsi alla democrazia fittizia di un comitato centrale dove vige la dittatura del partito - formale o informale che esso sia -, dittatura speculare e complice da un secolo di quella della maggioranza idiotizzata dello spettacolo liberalmente diffuso nelle cosiddette democrazie parlamentari come l’Italia, appunto. Per tendere al consenso dialettico generalizzato di una democrazia reale, bisogna anche oggi stare con Cronstadt contro Lenin e Trotzki. Con Durruti contro Franco e Lister. Contre les Rouges et contre les Blancs, come la Machnovicina.
Lo so che è difficile, e la massa di zombi con la bava alla bocca che cercano solo vendette a una vita non vissuta complicano ulteriormente la via d’uscita dallo spettacolo di cui essi sono gli spettatori con il telecomando del voto in mano.Tuttavia la democrazia diretta comincia dall'autonomia individuale rivendicata da tutti, non lo spiego certo a te. Solo un voto o un comportamento opposto e nocivo alla strategia politica del gruppo (intervenire ai talk show, votare alleanze coi partiti, scendere a patti con il nemico ecc.) è "un tradimento" esecrabile e inaccettabile del progetto d’emancipazione.
Tutti ‘sti puristi da blog mi sembrano degli appestati che non concepiscono un libero pensiero, autonomo e dunque discutibile. Non si può giudicare la storia con una morale da camerieri, ma neppure con quella di cittadini piccoloborghesi in cerca di valorizzazione spettacolare attraverso le istituzioni che dicono di esecrare ma di cui sono imbevuti moralisticamente.
Se il movimento fa emergere un comitato centrale, per quanto invisibile e informale, e questi ricade nella tentazione semplicistica di sostituire l’etica moralistica di fantomatiche idee comuni alla strategia rivoluzionaria (questa sì comune) di liberazione individuale e collettiva dallo spettacolo come si farà domani magari a votare per l'abolizione del TAV qualora lo votasse (figuriamoci!) anche il Pd?
O forse è meglio che il Tav si faccia e poi manifesteremo contro, seguendo l’eterna liturgia della via crucis percorsa da tutti i movimenti di contestazione tardivi e spettacolari?
Senza una reale autonomia individuale si ricade subito, volenti o nolenti, nei vecchi demoni ideologici e autoritari di cui si nutre tuttora - finora a torto - la propaganda dei servitori volontari che immagina Grillo (o chi altri) diventare Papa o Presidente mentre sono convinto che non sia affatto quello che lui vuole e ancor meno io. Ma su questo, lo so, siamo assolutamente d’accordo: ni dieu ni maître.

Con affetto sergio