Come sempre, ma mai come ora, quando la frattura sociale si approfondisce generalizzandosi
e lo sfruttamento si fa intimo, superando i limiti della sopportabilità degli
individui e dei popoli, la mitizzazione alienante del totalitarismo economico
fondato su un debito inesistente e inaccettabile fa fondere i fusibili della
coscienza infelice fino a dare spontaneamente la misura della tragedia.
Più che mai non dobbiamo cadere nella trappola che riduce l’alternativa sociale
tra guerra civile e suicidio, tra guerrieri e martiri.
Al capitalismo moribondo e mortifero possiamo opporre l’affettuosa violenza
del progetto della vita umana gratuita contro la morte produttivistica.
Usciremo una buona volta dalla società dello sfruttamento e
dell’alienazione tenendo alto il solo progetto sovversivo che può vedere
vincente l’umanità: anche nel nome di quanti non ce l’hanno fatta, di chi ha
visto spezzate le sue forze di resistenza dal ricatto economico onnipresente, dalle
difficoltà, dalla malattia, dalla solitudine o dall’età, si tratta di resistere
e cominciare a unire il rifiuto di obbedire, di pagare e di lavorare per il
sistema con la diserzione dall’esercito dei servitori volontari e con l’autocostruzione
di spazi e situazioni solidali e godibili.
Non c’è assolutamente nulla da perdere e tutta una vita da guadagnare. In
questo senso lo Stato non è più nulla e sta a noi essere tutto. Dovunque, in
ogni qui e in ogni ora, la lotta è ormai
definitivamente internazionale e capillare al contempo.
Ogni situazione locale può diventare il laboratorio concreto di una visione
planetaria di un altro mondo non solo possibile ma necessario. Un mondo che non
si ripieghi sul dolore subito ma che si esalti nella volontà di vivere anche in
nome della felicità negata e umiliata.
Non intendo commentare il dolore, solo ricordarlo e rispettarlo senza
amarlo, combattendone fino in fondo, radicalmente, le cause.
Sergio Ghirardi
Traduzione in italiano
della lettera lasciata dal pensionato suicidatosi ad Atene sulla piazza Syntagma
all’inizio di Aprile 2012:
Il governo d’occupazione di Tsolakoglu*
mi ha privato della possibilità di sopravvivere che si basava sulla pensione
decente che io stesso avevo pagato per 35 anni senza l’ausilio dello Stato.
Tenuto conto del fatto che la mia
età non mi consente di reagire individualmente in modo dinamico (anche se avrei
seguito il primo greco che avesse imbracciato una Kalashnikov) non posso
trovare altra soluzione che una fine degna prima di essere costretto a cercare
nella spazzatura di che nutrirmi.
Penso che la gente senza avvenire
finirà per prendere le armi e appendere sulla piazza Syntagma i traditori come
l’hanno fatto gli italiani con Mussolini nel 1945.
* Tsolakoglou fu un militare greco
primo ministro del governo collaborazionista del 1941/42.