I politici di regime si sono scatenati in una campagna
mediatica contro il Movimento 5 Stelle, attaccando pesantemente Beppe Grillo,
che ne fu l’ideatore.
Innanzitutto, sbagliano ad attaccare Grillo come se fosse
il Movimento. Il Movimento oramai vive di vita propria. Se
Grillo morisse domani (e non glielo auguro), il Movimento camminerebbe comunque
con le proprie gambe. Certo, i suoi comizi fanno ancora presa, ha indubbiamente
una verve comunicativa notevole, ma poi nei consigli comunali e regionali, ci
sono altre persone che operano, e lui come candidato, coerentemente, non si
presenterà mai.
Secondariamente, con il loro atteggiamento violento e
denigratorio, dimostrano di patire moltissimo il Movimento, dimostrano di
averne una paura boia. Ed hanno ragione ad averne paura.
La frase che più mi colpisce pronunciata da questi
politici – che si distinguono solo dal fatto che uno ha l’orecchino, un altro i
baffetti, un altro ancora parla con accento emiliano – è che Grillo (e anche
qui lo confondono col Movimento) sarebbe l’antipolitica. Frase
da incorniciare. È probabile che questa gente non sappia cosa significa
politica. Del resto, io conosco un eminente politico di un grande partito
italiano che a scuola gli passavano i compiti… La parola deriva da politikòs,
che a sua volta deriva da pòlis, città, in greco. In pratica, il
politico amministra la città per il bene di tutti coloro che la abitano.
Alzi la mano di voi lettori chi crede che quelli che ci
governano a diversi livelli lo facciano per amministrare l’Italia per il bene
degli italiani!
Personalmente, io mi occupo di ambiente e ho vissuto in
Liguria trent’anni o giù di lì. Una classe politica minimamente avveduta
avrebbe preservato quella che era la
Liguria del dopoguerra, puntando decisamente sulla tutela del
territorio e il turismo. Sicuramente era uno degli angoli più
belli del Mediterraneo. Invece si puntò su cemento e industria (la zona intorno
a Vado Ligure, grazie all’industria, si segnalò per il deciso aumento di tumori
alle vie aeree). Guardate cos’è diventata la Liguria oggi, oggi che ha perso,
dopo il boom edilizio degli anni sessanta, ancora il 50% del territorio libero
dal 1990 al 2005. Guardate quegli alveari, guardate i corsi d’acqua intubati o comunque
cementificati, guardate le spiagge che non ricevono più materiale litoide,
guardate i porti turistici, con i loro alloggi vista barca. Il
risultato è che oggi la
Liguria ha perso buona parte della sua ricchezza e ha perso
pure le industrie. Questo sarebbe il buon governo, evidentemente, per
i nostri politici, sarebbe la
Politica, con la P
maiuscola…
Se andate a spulciare i programmi del Movimento 5 Stelle
troverete che riguardo al governo del territorio si afferma lo stop a nuova
edilizia che non sia di riqualificazione dell’esistente, e tante altre idee
interessanti, che, se attuate, sicuramente migliorerebbero la vita dei
cittadini. Non sono d’accordo su alcune scelte, come quella di principio dello
sviluppo sostenibile, ma se governassero loro e se governassero, certo, come da
programma, l’Italia ci guadagnerebbe.
E poi devo dire: io vedo come operano a livello locale
gli eletti dei 5 Stelle, conosco i consiglieri regionali: sono corretti, sono
coerenti, sono collaborativi, sono preparati. Sarebbe questa l’antipolitica?
Sapete cosa vi dico politici dei miei stivali, fatevi un esame di coscienza
prima di dire min… In una sola cosa siete nel giusto e l’ho anticipato: nell’avere
paura del nuovo che avanza.
Commento di Sergio Ghirardi:
Condivido la sua analisi nell'essenziale quando rimette al loro posto la politica e l'antipolitica, ma il problema di fondo mi sembra psicologico e culturale e i vari commenti che svolazzano come avvoltoi ne sono una prova esemplare.
La cultura consumistica applicata alla politica fa sì che masse di
spettatori della loro vita assente si chiedano tremebondi o eccitati se provare
Grillo come nuovo detersivo visto che i vecchi erano tossici e nascondevano visibilmente
una truffa.
La politica significa occuparsi dell'organizzazione della società in cui si
vive. Se si delega a priori, si resterà comunque degli esclusi, ma queste masse
di votanti senza idee si preoccupano di Grillo come capo che neppure intende farsi
eleggere, anziché decidersi semmai a dare il volto che preferiscono al M5S. Non
vogliono fare politica, vogliono cambiare programma televisivo restando seduti
in poltrona col telecomando o il mause in mano.
Il problema è che la maggior parte della gente non concepisce la vita se
non da proletari depressi, individui, cioè che non hanno da vendere che la
propria forza lavoro (e fin qui siamo di fronte a un dato di fatto oggettivo dei
resti di una società divisa in classi). Il grave, però, è che sono educati a
restarlo passivamente e troppo spesso non concepiscono altro atteggiamento se
non quello del questuante che accetta il suo ruolo come un animale domestico, a
quattro zampe, il cappello in mano e magari con un diploma tra i denti, mentre
i delegati da loro eletti i diplomi se li comprano, eventualmente, con i soldi
estorti ai cittadini elettori e un’attività redditizia la trovano su
raccomandazione.
Per questi professionisti della sacralità del lavoro la politica è in
realtà il loro antilavoro con pensione garantita e emolumenti vari ed è proprio
per difendere questo prezioso privilegio che proiettano demenzialmente su Grillo
l'ombra dell'antipolitica.
Nella schiavitù capitalistica
tutti gli sfruttatori sono indecenti ma il problema sono gli schiavi che
accettano di esserlo e che si credono liberi continuando a scegliersi i propri
torturatori.
Fin dalla Grecia di Pericle
questo tipo di governo ha un nome: oclocrazia.
Lo psicodramma pro o contro Grillo è un'ultima oscena manipolazione dei
mestieranti della politica per salvare il loro bengodi in perdizione. Grillo
non conta niente, al massimo uno come tutti. Se poi Grillo diventasse veramente
quel che suppongono i processi alle intenzioni dei tremebondi cultori di una
democrazia rappresentativa inesistente, l'attuale vivace testimonial del M5S si
squalificherebbe da solo e sparirebbe nel gorgo dell'antipolitica che dirige
l'Italia da decenni, aggiungendosi (uno di più, uno di meno che cosa
cambierebbe?) ai tanti guitti e truffatori da strapazzo, parlamentari e
portaborse di destra, centro o sinistra contro i quali giustamente adesso
Grillo e una massa crescente di cittadini esasperati e vilipesi sputa.
La vera novità - anch'essa tutta da verificare, beninteso - non è dunque il
testimonial Grillo, ricco, povero, sincero, falso, comico, politico o quel che
sia. La novità è il M5S che, con o senza Grillo, potrebbe trasformarsi da
sintomo del malessere e desiderio autentico di politica, in una miccia storica
per l'instaurazione di una democrazia diretta in sospeso da mezzo secolo come
superamento del capitalismo in decomposizione, non solo in Italia ma in tutta
la società occidentale e persino oltre.
In molte società particolari (Egitto, Siria, Tunisia, Spagna, Francia,
Grecia… e l'Italia quando, se non ora?) stanno montando i segni
dell'insofferenza e della speranza e gli insorti decisi a occupare finalmente
le loro vite per viverle si trovano di fronte tutti i recuperatori, i
reazionari e gli oscurantisti del vecchio mondo, mescolati alla rinfusa nella
difesa dei loro miserabili privilegi e delle loro dementi ideologie: liberali,
fascisti, democristiani, burocrati postsovietici, preti, militari, islamisti e
altri fanatici dell'apocalisse produttivistica planetaria. Tra lobby, mafie e
sette religioso-politiche non c'è più posto per l'umano in questo mondo in
putrefazione e per questo, fisiologicamente, l'umanità è ormai destinata a
riapparire e a ricostruire un suo spazio vitale oltre la civiltà che crolla.
Siamo diretti verso un cambio di civiltà unico nella storia del quale la
politica dovra dare il segno, volente o nolente. Meglio prima che poi, perché
l'economia politica totalitaria sta distruggendo gli esseri umani e la vita sul
pianeta.
Il M5S è un sintomo che non garantisce niente ma è l'innesco italiano di
una mutazione genetica della politica. La democrazia rappresentativa è finita,
è il passato moribondo di un capitalismo in decomposizione. La democrazia
diretta, se vincerà non avrà né capi né guru. Il cambiamento dipende da una
rivoluzione democratica che dia tutto il potere ai consigli di autogestione
generalizzata della vita quotidiana.
La vera democrazia non è compatibile con lo Stato. Dovunque si tratta di
agire nel locale e di pensare planetario. Questo processo sta innescandosi in
tutti i paesi democratici, oclocraticamente gestiti oggi da Stati canaglia.
La democrazia reale è vita quotidiana + internazionalismo. Culturalmente
non siamo ancora pronti ma se quest'affermazione è per ora ancora utopica e i
più addomesticati la considerano addirittura delirante, è destinata a mostrarsi
come la sola alternativa al crollo dell’economia produttivistica e alla
catastrofe sociale che avanza.