lunedì 3 gennaio 2011
Basta con gli oppiacei dei popoli
Non mi stancherò mai di consigliare a chi si commuove sulla dignità del lavoro che con un piccolo sforzo si potrebbe cominciare a parlare della dignità del tempo libero. Vi immaginate Michelangelo chino sul suo marmo che lavora, Leonardo che timbra il cartellino? Avete mai pensato che state lavorando quando fate l’amore con colei o colui che amate? E perché mai ci si dovrebbe accontentare di meno?
Certo in quello che per abitudine e per sottocultura da schiavi si chiama lavoro c’è spesso ancora (ma sempre meno) dell’attività creatrice, del savoir faire. Attività creatrice di bellezza, di cibo, di confort e di tutto quello che umanizzando la natura rispetta l’uomo e la donna che ne fanno parte.
Alè, facciamo il partito della poesia che contrariamente al discorso del neoanalfabetismo dominante, ridotto a vedere nella poesia un mesto e vacuo blaterare, è il partito del fare (poieo è verbo greco che vuol dire fare, passare all’atto. Ce lo ricordava già un sublime poeta: Holderlin). Per fare non ci vuole un partito (participio passato) ma un presente (indicativo) di cui farsi soggetti. Qui e ora, senza oppiacei dei popoli che ci promettono paradisi o comunismi per domani.
Sergio Ghirardi