Il Lingotto si aspettava un risultato simile a quello di Pomigliano, quando, lo scorso giugno, il 64 per cento degli operai disse sì alle nuove regole contrattuali. Ma a Torino le cose sono andate diversamente: dopo nove ore di scrutinio i voti favorevoli al referendum interno allo stabilimento di Mirafiori si sono fermati solo al 54,7% . Decisivi per la vittoria i voti degli impiegati della fabbrica. Ma nei reparti montaggio e verniciatura, il sindacato dei metalmeccanici della Cgil, unica realtà a non aver sottoscritto l'intesa con la Fiat, dice che “il manager non ha più gli operai con sé. Anche in una condizione di fascismo e repressione i lavoratori hanno detto di no”. Il numero uno del Lingotto non entra nel merito delle cifre e ringrazia i lavoratori per la "scelta coraggiosa". La rumorosa minoranza Fiom si è trasformata di colpo, a mezzanotte, in una quasi maggioranza. Segno che la classe dirigente di questo Paese non ha capito cosa hanno in testa gli italiani. In attesa di capire le conseguenze del mancato plebiscito, il fronte del no annuncia nuove iniziative per “rovesciare l'accordo della vergogna”. A partire dallo sciopero generale in programma per il prossimo 28 gennaio.
Il sì ha vinto per il voto opportunista di quelli che non sono sottoposti alla violenza della catena di montaggio. Gli impiegati hanno deciso che le pause e il diritto di sciopero non sono indispensabili per gli operai.
Che della gente sottoposta al ricatto della disoccupazione, votando massicciamente no, abbia in gran parte scelto la dignità, la volontà di vivere e il diritto soggettivo contro l’interesse economico immediato -il salario-, non è, però, una buona notizia per i padroni multinazionali delle ferriere.
Il dogma economicista scricchiola e, oltre l’operaismo, i lavoratori e i disoccupati della società produttivistica ricuciono lembi di una coscienza di classe che potrà di nuovo far parlare di sè quando ritroverà la forza di un progetto alternativo al capitalismo su scala mondiale.
Ridete pure servitori volontari istallati in tutti i ruoli del vostro servaggio. Ridete come ridevano a Versailles nel 1788. Oggi la Versailles mediatica è planetaria.
In un capitalismo il cui funzionamento va ormai oltre lo schema della lotta di classe tradizionalmente intesa, l’episodio di Mirafiori è un ritorno spettacolare della forma classica e desueta della lotta di classe. La speranza di gialli, rosa, bianchi e neri è che il conflitto sociale ormai generalizzato ingoi anche questo sopruso arcaico nella modernità del sopruso spettacolare generalizzato.
La storia non lascia dubbi: chi semina soprusi prima o poi raccoglie rivoluzioni. In Tunisia quelli che ridevano ieri non sono più gli stessi oggi, e non è che l’ultimo esempio. Certo c’è sempre il rischio che anziché un popolo libero e una democrazia diretta laica e libertaria si instauri piuttosto, come in Afghanistan, un regime Talibano.
Il capitalismo è capace di tutto per sopravvivere e il fascismo è da sempre la sua ultima risorsa. In questo senso in Italia si è già dato e si continua a dare, ma dietro le nubi nere e la tempesta, un’aria nuova invita ad evocare il tempo delle ciliegie.
Sergio Ghirardi