martedì 4 gennaio 2011

classe operaia alla quale peraltro sono stato costretto ad appartenere



La società civile con la Fiom: "Sì ai diritti, No ai ricatti". Firma l'appello di Camilleri, Flores d'Arcais e Hack

Il diktat di Marchionne, che Cisl e Uil hanno firmato, contiene una clausola inaudita, che nemmeno negli anni dei reparti-confino di Valletta era stata mai immaginata: la cancellazione dei sindacati che non firmano l’accordo, l’impossibilità che abbiano una rappresentanza aziendale, la loro abrogazione di fatto. Questo incredibile annientamento di un diritto costituzionale inalienabile non sta provocando l’insurrezione morale che dovrebbe essere ovvia tra tutti i cittadini che si dicono democratici. Eppure si tratta dell’equivalente funzionale, seppure in forma post-moderna e soft (soft?), dello squadrismo contro le sedi sindacali, con cui il fascismo distrusse il diritto dei lavoratori a organizzarsi liberamente.

Per questo ci sembra che la richiesta di sciopero generale, avanzata dalla Fiom, sia sacrosanta e vada appoggiata in ogni modo. L’inaudito attacco della Fiat ai diritti dei lavoratori è un attacco ai diritti di tutti i cittadini, poiché mette a repentaglio il valore fondamentale delle libertà democratiche. Ecco perché riteniamo urgente che la società civile manifesti la sua più concreta e attiva solidarietà alla Fiom e ai lavoratori metalmeccanici: ne va delle libertà di tutti.

Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, Margherita Hack

Primi firmatari: don Andrea Gallo, Antonio Tabucchi, Dario Fo, Gino Strada, Franca Rame, Luciano Gallino, Giorgio Parisi, Fiorella Mannoia, Ascanio Celestini, Moni Ovadia, Lorenza Carlassarre, Sergio Staino, Gianni Vattimo, Furio Colombo, Marco Revelli, Piergiorgio Odifreddi, Massimo Carlotto, Valerio Magrelli, Enzo Mazzi, Valeria Parrella, Sandrone Dazieri, Angelo d'Orsi, Lidia Ravera, Domenico Gallo, Marcello Cini, Alberto Asor Rosa.

(4 gennaio 2011)
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"Sindacati liberi" era il nome che mio padre utilizzava per la CISL di cui è stato uno dei fondatori.
Meno male che ormai non può più assistere allo sfacelo dell'idea stessa di sindacato. Pagarne uno per colpire tutti gli altri rischia di essere lo slogan delle istituzioni di rappresentanza odierne, capaci solo di difendere e promuovere se stesse, e senza neppure l'ombra di democrazia interna, partiti o sindacati cambia poco.
Di questa debolezza ovviamente approfitta l'imprenditoria che nello stesso modo si libera anche del proprio sindacato: mancando ai lavoratori la possibilità di trattare a livello collettivo, le imprese possono schierare i loro uffici legali e "prevenire" i conflitti eliminandoli alla radice con il licenziamento dei disturbatori, cioè di chi osa avanzare qualche richiesta sindacale, appunto.
L'importante è che ci sia sempre un esercito di riserva di disoccupati e disperati in attesa di un salario e che vengano via via demoliti anche i residui dello scalcagnato welfare italiano.
L'Italia anche nelle fabbriche fa un gigantesco passo in allontanamento dall'Europa in armonia con la sua attuale politica estera.
Clientelismo, ateismo clericale, familismo becero e ipocrita, corruzione, mafie, repressione, restrizioni della libertà di stampa, nessuna concorrenza leale, un sistema societario incontrollato, evasione selvaggia, giustizia allo stremo, tutto in nome della protezione della proprietà e della rendita finanziaria come di quella di posizione che da sempre si avvantaggiano delle inefficienze (volute) della Pubblica Amministrazione.
E' arrivato il momento di emigrare anche per i lavoratori come per gli studenti, ma solo per i più fortunati, quelli giovani e sani e senza "pesi" di famiglia.
Duecento anni dal 1789 e 140 dalla tragica fine della Comune di Parigi e la rivoluzione proletaria è sconfitta per l'ennesima volta, essenzialmente sulla propria incapacità di farsi liberazione per tutti proprio dal vincolo proprietario e dal suo mastino statale.