venerdì 2 marzo 2012

Paris Paname




A Parigi se abiti in centro sei di sinistra

Dimmi dove abiti e ti dirò come voti. È la tesi dimostrata da un grafico in prima pagina oggi sul quotidiano francese Le monde. La distanza dal centro, nei comuni con oltre 200mila abitanti, corrisponde a un innalzamento di voti favorevoli alla destra: lo rivela l’Ifop, multinazionale dei sondaggi, che ha interrogato 8.052 elettori in vista delle presidenziali che sceglieranno il prossimo inquilino dell’Eliseo. Nei quartieri centrali di Parigi il candidato socialista François Hollande prevale sull’attuale presidente Nicolas Sarkozy e su Marine Le Pen, leader del Front National con oltre il 30 per cento di dichiarazioni di preferenza a suo favore. Ma via via che ci si allontana dai boulevard sulla Senna lo scarto a vantaggio dell’ex di Ségolène Royale diminuisce fino a precipitare a sei punti in meno della sua media nazionale.
Fra i quaranta e i cinquanta chilometri di lontananza dal centro è invece il partito di destra Fn a raggiungere il picco di consensi arrivando al 26 per cento e superando entrambi i candidati concorrenti. Gli abitanti delle grandi cinture periferiche – da 30 a 70 chilometri dal centro città – sono anche i più restii a concedere il voto agli immigrati, mentre sarebbero favorevoli a ristabilire la pena di morte e dichiarano di vivere in una situazione d’insicurezza.
Gli strateghi delle campagne elettorali per il prossimo 22 aprile dovranno quindi considerare un fattore in più nel marketing del prodotto/candidato: sulla scelta di voto oltre all’età, al sesso, alla professione, pesa anche il fattore geografico. La frustrazione e il senso d’isolamento degli abitanti dei quartieri satelliti, spesso costretti a questa scelta dai prezzi troppo elevati degli immobili nelle zone centrali, si ripercuote sui loro orientamenti politici. La vittoria nella corsa all’Eliseo potrebbe dipendere dalla folla silenziosa delle periferie: il 28 per cento degli elettori abita in questo limbo semiurbano.




Commento di Sergio Ghirardi:

I turisti, anche se giornalisti, divrebbero limitarsi a mostrare le fotografie oltre che cercare di non farsi trattare dappertutto altrettanto male che a casa loro. Ricavare da un articolo di Le Monde la geografia elettorale della Francia mi sembra come voler capire se pioverà guardando una sfera di cristallo che se la agiti fa scendere la neve.
Parigi è stata svuotata da decenni dal suo popolo assai poco incline a farsi mancare di rispetto. I faubourgs sono stati riempiti di centri commerciali e di un consumismo affarista che ha invaso tutto il pianeta come una lebbra. Con l'allontanamento dal centro del mercato delle Halle, cuore della vita parigina, sostituito dall'omonimo centro commerciale, con la costruzione limitrofa di quello che J. Camatte definì il cancro del futuro (Centro Pompidou) e lo sventramento di interi quartieri della Parigi rossa (come veniva chiamata tutta la zona est della banlieu e degli arrondissements cittadini) si è ridotta la città in cui si andava fieri di vivere in un'anonima capitale della società dello spettacolo.
Eppure -c'ero ancora l'altro ieri - Paris resta la Paname cantata da Leo Ferré e, come la foresta ammazzonica davanti alle autostrade invasive subito sommerse dalla vegetazione, riprende i suoi diritti. Il suo popolo riemerge dai Mc Donald e dai kebab per turisti della vita quotidiana.
Pantin, Oberkampf, Lilas, Montreuil sono tra i luoghi in cui una nuova popolazione - e non solo bobos - fa obiezione di crescita, si batte contro il nucleare, si apre all'ipotesi di una democrazia diretta che comincia a far sentire il fiato sul collo dei conformisti addomesticati di destra e di sinistra.
Non è detto che questi nuovi proletari anonimi si pieghino volentieri alla presa in giro parlamentarista delle elections piège à cons, ma certo non vogliono favorire il fascismo che rode.
Oltre chi vota a destra o a sinistra in una mescolanza da supermercato della politica, comunque, sta nascendo a Parigi come nelle campagne di tutta una Francia ormai abitatata da un numero crescente di gruppi autocostruttori e disobbedienti, pacifici e determinati a cambiare vita, un nuovo popolo planetario che potrà inventarsi, qui e altrove, nella gioia e nella convivialità, un nuovo sistema sociale come antidoto alla barbarie di Stato e di Mercato. Un'altra Europa è possibile, non in preda al totalitarismo finanziario che sta smantellando il tessuto stesso dei rapporti umani, che potrebbe poeticamente ricordare la Comune di Parigi ma solo nella gioia di vivere una democrazia diretta, senza la guerra e la fame se non si aspetta come dei turisti lo tzunami della catastrofe che avanza.