Un militante No-Tav provoca un
poliziotto in Val di Susa ed esplode un improvviso, quanto
strumentale, entusiasmo per Pier Paolo Pasolini.
Quella poesia, Il Pci ai giovani!, comunque non
mi è mai piaciuta. Forse perché l’immagine di quei poliziotti simili a
marionette, più poveri degli altri, esclusi, umiliati, “senza più amicizia col
mondo”, mi è sempre sembrata poco vicina al mio presente.
A tanti il nesso è sembrato evidente, ma quel ritratto di
emarginazione cosa ha a che vedere con l’oggi? Oggi che chi difende le ragioni
dello Stato è sempre nel giusto e le ragioni degli altri sono in genere
velleitarie, resistenze al nuovo che avanza, difesa del proprio cortile, se non
pretesti per sfoghi violenti di giovani bamboccioni e fannulloni. Oggi che
bisogna per forza credere allo sviluppo illimitato, convincersi che smantellare
diritti e territori ci farà stare alla fine meglio.
O forse non mi è mai piaciuto il modo in cui quella
poesia è divenuta celebre: ricordata per come il poeta solidarizza con chi
difende l’ordine costituito, quando probabilmente la vera provocazione fu il
dito puntato contro i privilegi di chi quell’ordine lo stava contestando.
Lo smascheramento della protesta sterile di chi è “contro” per moda.
Ma quello che sta accadendo in questi giorni in Italia ha
poco a che con fare con le questioni che allora sollevava quella poesia.
Dal Corriere a vari Tg il messaggio è lo stesso: Pasolini
era – ma solo con riferimento a quei versi – un profeta e la sua profezia si è
avverata. Aveva ragione e ora è chiaro a tutti: i poliziotti sono i buoni, chi
si ribella è cattivo.
Perché? Perché un manifestante No Tav non ha usato le
buone maniere per dire a un poliziotto che l’anonimato è per troppi di loro un
prezioso alibi, mentre il poliziotto ha incassato gli insulti e non ha reagito.
Due uomini bastano per un giudizio su una parte, quanto
sull’altra.
Basta un video – ma non uno qualunque, perché di video di
No-Tav che parlano ai poliziotti ne esistono altri in rete e molto diversi – a
consegnarci la Verità
e a indicarci dove sta la ragione e dove il torto. Un modo efficace per non
entrare mai nel merito.
Commento di Sergio Ghirardi:
Quando Pasolini scrisse quella ormai famosa lettera stavo
gioiosamente partecipando all'occupazione della mia facoltà a Genova. Ricordo
di avergli scritto, indignato ante litteram, per dirgli quanto la sua analisi
mi sembrasse reazionaria e liberalstalinista. Allora non esistevano blog e
posta elettronica ma l'uso odierno di quella lettera da comunista autoritario e
bigotto mi è ancora più odiosa. E' paternalista verso i poliziotti che se
scelgono di farlo, appunto scelgono, mica sono dementi analfabeti e quando
fischiettano faccetta nera o l'internazionale sanno benissimo distinguere le
note Quella lettera è piena di un disprezzo semi razzista verso gli studenti
come se già allora all'università non ci fosssero stati anche dei proletari e
dei figli di proletari. Tra quelli che occupavano le università c'erano
moltissimi figli della sinistra postbellica, laica e resistenziale e il termine
sinistra non era ancora stato vampirizzato dallo spettacolo quanto lo è oggi.
C'erano anche dei figli della borghesia illuminata e c'era il nucleo radicale
di quella minoranza di poeti della vita quotidiana cha aveva colto la vera
novità dell'epoca.
L'uso improprio del concetto di classe fatto da Pasolini
in quella lettera è tipico della parte più reazionaria del pensiero sedicente
comunista ma effetivamente autoritario che ha attraversato l'Italia clericofascista
per quasi un secolo.
La fine del movimento operaio e della società del lavoro
che sta oggi tirando le cuoia era allora impensabile ai più. Eravamo pochi ad
aver capito che "Ne travailler jamais" era la conditio sine qua non
dell'emancipazione. Oggi è il capitale stesso che ti dice ridendo con la faccia
di Monti che il lavoro è noioso, rendendo la vergogna dei sottomessi ancora più
vergognosa. Se poi una parte del movimento operaio si è fatta leghista, è che
il fascismo rosso continua a fare il suo lavoro e non basta credersi comunisti
per non essere gli schiavi salariati consenzienti di una società di
sfruttamento ignobile efinire poi per votare Bossi o Le Pen.
Un proletario che non lotta per abolire la sua condizione
di proletario non è nulla, diceva qualcuno che di proletari se ne intendeva più
di Pasolini, nient'altro che una funzione del capitale. Pasolini aveva una
forte verve poetica più che politica e la sua pur giusta denuncia dell'alienazione
crescente e del mezzo televisivo, mancava di quegli elementi di radicalità che
hanno portato una fetta della mia generazione - la migliore - a rifiutare il
lavoro in quanto sfruttamento e a inventarsi delle vite degne di questo nome
che resteranno dei modesti esempi concreti della resistenza a questo mondo
miserabile e indegno.
Never 8 in risposta a Sergio Ghirardi:
Compagno Ghirardi, di Pasolini non hai capito un tubo come non avevi capito
un tubo allora come non hai capito un tubo oggi. Prova provata.
Voi, allora, volevate per l'Italia quello che l'URSS aveva ed era, devi
esserti fatto una gran dormita dal 1989 in poi per non esserti accorto che non era
poi un destino cosi' sperabile. Anche Pasolini a dire il vero e qui si', hai
ragione, era piu' poeta che intellettuale.
I tuoi famosi figli della sinistra postbellica erano borghesi pure loro,
dato che i padri postbellici non erano operai di massima ma gente che lavorava
di testa e non faceva i conti con la fame. Il concetto di classe si enuclea se
vuoi in base a 2 cose: che lavoro fa papi, quanti soldi hai in tasca? Tu dici
che un operaio che non fa la lotta di classe non e' niente? Io ti dico che uno
che non vive la fatica del lavoro e la miseria e' uno che gioca a fare la lotta
di classe conto terzi, non uno che la fa veramente perche' non e' di quella
classe.
Poi l'enorme corbelleria: rifiutare il lavoro in quanto sfruttamento.
Capirei se tu avessi detto: rifiutare il lavoro dipendente. Ma rifiutare il
lavoro e' osceno e parassita. La pastasciutta che mangerai a mezzogiorno e'
autoprodotta o frutto del lavoro di qualcuno? E le brache e il maglione che
indossi sono autoprodotti o il frutto del lavoro di qualcuno? E il computer che
stai usando, magari prodotto in una fabbrica lager del sud est asiatico tipo
Cina, sei stato attento che fosse prodotto non sfruttando nessuno? Se e' vero
che tu rifiuti il lavoro tout court o sei un rentier, quindi un parassita
capitalista, oppure sei comunque un parassita perche' qualcuno ti mantiene
visto che non hai denaro tuo, e comunque sfrutti il lavoro altrui esattamente
come il capitalista.
Infine il proletariato dove lo vedi? Gli operai dove li vedi? Quasi tutti
sono nel terziario, prole ne hanno poca o niente, gli operai stessi hanno una
mente borghese che piu' borghese non si puo', e in un certo senso Pasolini
aveva pure previsto gli operai leghisti.
Sai che c'e', te lo spiego io. Allora era tutto molto bello, la liberta',
la sensazione di fare grandi cose, essere giovani, un futuro migliore. Insomma
un immenso rave party ma con dentro la politica. Era la moda del momento,
allora non potevi fare a meno del libretto rosso e oggi dell'iphone e di allora
ci sono due tipi di soggetti, i sopravvissuti che con l'apologia del 68 e del
comunismo in realta' fanno l'apologia della loro gioventu', la maliconia del
tempo che passa, e quelli che sono classe dirigente oggi e che sono per dirla
con te gli sfruttatori. Ideologicamente e politicamente compagno che a te
piaccia far finta di essere ancora giovane, permettimi, non mi interessa un
tubo.
Commento di Sergio Ghirardi a Never 8:
Avevo già risposto al tuo becero commento al mio post di
ieri ma almeno per il momento i moderatori se lo tengono stretto.
Eppure so disprezzare educatamente.
In sintesi, ammiro la tua passione almeno quanto trovo
deliranti e inconseguenti i tuoi sillogismi pseudo politici. Non so che cosa
hai letto e che cosa hai vissuto ma ci azzecchi molto poco, come direbbe un
politico che sono sicuro apprezza la famosa lettera in questione e deve aver
letto e capito Marx almeno quanto te. Ora non deludere la mia sensibilità,
sommergimi della tua finissima dialettica, non penso che troverò la voglia di
andare più lontano.
Ddavidoff in risposta a Sergio Ghirardi:
Il disprezzo e la mancanza di empatia che leggo qui, verso i poliziotti
"che scelgono di farlo", e' appunto il tema centrale dello scritto di
Pasolini, contro coloro che, come il commentatore, non appartengono certo al
sottoproletariato, ma si autoinvestono del ruolo di difensore dei loro diritti.
"L'uso improprio del concetto di classe" non e' altro che lo
svelamento della realta', spogliata dei pregiudizi politici. L'analisi di
Pasolini ha in se' un'onesta intellettuale ed una franchezza, che sono tra le
cose migliori di quegli anni, a dispetto della sua generazione.
Commento di Sergio Ghirardi a Ddavidoff :
Il disprezzo e la mancanza di empatia verso i ruoli mercenari di difesa del
potere dominante l'assumo effettivamente ma cio non m'impedisce di discutere
con preti e poliziotti rispettando la parcella di umanità che, malgrado tutto,
li abita. Naturalmente se non mi manganellano o non mi bruciano su un rogo.
"...contro coloro che, come il commentatore, non appartengono certo al
sottoproletariato, ma si autoinvestono del ruolo di difensore dei loro
diritti" è una frase incasinata e poco comprensibile oltre le singole
parole e lascia adito a interpretazioni diverse. Chi sono i sottoproletari e
perché appaiono qui ? I poliziotti, come hai ben capito, mica li difendo. Gli
studenti? Boh! Mistero. Certo io mi autoinvesto della difesa dei miei diritti
individualmente come individuo singolo e collettivamente come individuo
sociale. E allora?
L'uso improprio del concetto di classe e e lo svelamento della realtà senza
pregiudizi politici sono due cose diverse. Non c'è alcun bisogno del primo per
praticare il secondo. Anzi capire il senso dei concetti è una base inderogabile
di ogni filosofia ma anche più modestamente di un discorso ragionevole e non
contradditorio.
Quanto al giudizio sull'analisi di Pasolini ti appartiene il tuo quanto a
me il mio. Que te vaya bien..