Qualche ora fa, Mohamed Merah è morto sotto le raffiche
dal RAID, corpo speciale di intervento della polizia francese.
Quest’uomo era un mostro. Ha ucciso sette fra uomini e
bambini come si sgozza un capretto, nemmeno per mangiarlo, ma nell’ottica
patogica, assurda di un’ideologia sacrificale.
Di fronte a lui un gruppo di specialisti della violenza
di Stato pagati per questo e per questo addestrati. Addestrati in patria come
il ragazzo francese mahgrebino era partito in Afghanistan e Pakistan per
imparare a uccidere in nome di una causa. Due cause in guerra tra loro, ma il
RAID protegge la gente normale da tutte le devianze indistintamente.
Per la gente normale è la fine di un incubo, ma in una
società di miserabili signori e poveri schiavi, dei fatti come questo favoriscono
subdolamente l’apoteosi dell’incubo.
Da quando la società mercantile è diventata spettacolare,
nessuna violenza può più essere rivoluzionaria. Tutti i guerrieri e tutti i
martiri servono la causa planetaria dell’alienazione, dell’umiliazione e della
schiavitù al totalitarismo economico trionfante.
L’estremismo è sempre e comunque l’ultima ratio di un
potere dominante che piega le paure dei suoi schiavi alla sottomissione.
Il nichilismo moderno di una società pronta a distruggere
il vivente in nome del business nucleare, si moltiplica nel nichilismo arcaico
della perversione religiosa e politica che canta con rabbia fanatica un
identico viva la muerte.
La radicalità è andare alla radice delle cose e la radice
dell’uomo è l’uomo stesso, l’amore per la vita, la lotta per ridarle uno spazio
che il cinismo economicista sta abolendo. Il capitalismo e il fanatismo ideologico
condividono un comune programma estremista contro il quale non può che
insorgere l’umanità dell’uomo.
Guardate come gli zerbini del potere che sono i
giornalisti si affannano subdoli a chiamare “radicalismo” ogni mostruoso
estremismo nichilista, guardate come nelle ore d’attesa dell’ineluttabile
conclusione, a Toulouse, il mostro è stato sociologicamente definito più volte
come beneficiario dello RSA (sussidio per nullatenenti che esiste in Francia per
poveri e marginali solo a partire dai 26 anni mentre il killer in questione ne
aveva 23)!
Perché tali menzogne a prima vista involontarie ma solo apparentemente
anodine? Perché i normali devono essere tutti lavoratori o disoccupati sottomessi,
oppure diavoli terroristi e odiosi parassiti in attesa di diventarlo.
I giornalisti sono gli untori della peste emozionale su
cui si regge il capitalismo.
Appena eliminato il killer, che effettivamente avrebbe
potuto continuare ancora a nuocere agli esseri umani (non certo al sistema né
alla Repubblica che ha, anzi, trovato nella sua orribile demenza un rinnovato
splendore), la campagna elettorale del Presidente di tutti i francesi normali è
ripresa a tambur battente con l’enunciazione di alcune leggi speciali che in
nome dell’antiterrorismo accarezzano nel senso del pelo il fascismo esagonale e
spazzano via il diritto alla libertà d’opinione alla base di una società
democratica.
Il totalitarismo economico apre sempre più generosamente la
porta dello spettacolo al despotismo dei suoi uomini di mano. La democrazia non
esiste e ora neanche la sua rappresentazione ha più molta importanza.
Nella società dello spettacolo c’è un’oggettiva
complicità tra i despoti democratici e i vari regicidi del popolo sovrano.
Laddove, un tempo, l’arcaismo degli anarchici se la
prendeva direttamente con il re di diritto divino, i regicidi dello spettacolo
s’attaccano agli individui anonimi di un popolo che è sovrano soltanto nella
retorica redditizia dei loro dirigenti.
Se i terroristi non esistessero, il sistema li
inventerebbe. E più volte lo ha fatto.
Ora, come spesso accade in periodo elettorale, per
l’eccitazione dei complottisti di ogni parrocchia, un orribile terrorista è
stato servito dagli arcaismi più macabri della psicopatologia religiosa sul
piatto della crisi che impazza, richiamando i confusi, i vigliacchi e i
servitori volontari a genuflettersi di fronte allo Stato capitalista, padre
padrone.
Purtroppo non è il terrorista che è morto (il suo volto sarà
ossessivamente rievocato e in fondo rispettato come antagonista mostruoso della
bontà del potere cui si chiede genericamente di assoggettarsi terrorizzati) ma
un ragazzo fallito, umanamente ignorante e mostruoso, nato e cresciuto in una
società cinica e crudele; un ragazzo schizofrenizzato tra i miasmi della
manipolazione religiosa e di quella mercantile, eliminato dopo che aveva
cinicamente e mostruosamente tirato su bambini e uomini reali non vedendo in
loro che simboli che la sua follia ha trasformato in diavoli e la sua
telecamera in orrendo spettacolo.
Ha cominciato a sparare con le armi del cui commercio gli
Stati si ingrassano, su soldati musulmani, ma non ha ucciso soldati né quelli
che il suo nichilismo salafista doveva considerare traditori, solo dei poveri
cristi maomettani in preda anch’essi a una sopravvivenza miserabile.
I soldati sono stati sepolti con gli onori che una
società perversa concede a tutti coloro che uccidono in suo nome, mentre tutti
i ragazzi, i bambini e gli uomini cui è stata tolta la vita, resteranno solo nel
dolore e nelle lacrime dei loro cari.
Io non ho lacrime per lo spettacolo né per i ruoli, ma
piango tutti gli esseri umani morti travestiti da soldati, da studenti di una
scuola ebraica, da rabbini, da terroristi e, eventualmente, da poliziotti.
Sergio Ghirardi