Premesso che le parole possono diventare pietre, che slogan come “La Fornero al cimitero” sono
da condannare, che nessun problema è mai stato risolto con l’odio, che questo
Governo va costretto a modificare le proprie politiche non con
le minacce ma con l’informazione, la protesta, il confronto, le modalità con
cui è stata trattata la vicenda della signora con la maglietta sono state quasi
peggiori dello slogan stesso.
Politici e media hanno fatto a gara a chi la sparava più grossa, perfino
più grossa dello slogan; ho letto di “rischi di esplosione di una stagione
pesante”, di “soffiare sul fuoco”, di “vile attacco al Ministro”, di
“sentimento di questa donna condiviso da molti”, di “propaganda preoccupante a
carattere tipicamente eversivo, che può sfociare nel terrorismo” e ci sarebbe
da riempire pagine intere con dichiarazioni altisonanti del
genere.
Signori, vogliamo ricondurre le analisi e le dichiarazioni nell’ambito del
buon senso e smetterla di strumentalizzare gli eventi?
Perché voler far credere alla opinione pubblica che una signora di mezza
età con famiglia (e che risulta abbia già inviato una lettera di scuse al
Ministro) avesse intenzioni eversive, volesse soffiare sul fuoco della
rivolta o che comunque volesse incitare qualcuno a realizzare
l’incauto auspicio dello slogan, mi sembra contrario al buon senso e anche
gravemente aggressivo nei confronti di una persona che ha commesso una
leggerezza ma non può essere gratuitamente criminalizzata. Così come è
ignobilmente falso che lo slogan sulla maglietta fosse la parola d’ordine della
manifestazione, trattandosi invece della protesta di pensionati e pensionandi
che tutto pensano di fare, fuorché del terrorismo.
Comprendo che, da parte di coloro che ritengono l’attuale Governo al di
sopra di qualsiasi critica e le misure prese giuste a priori senza se senza ma,
l’occasione fosse ghiotta: squalificare l’interlocutore serve a squalificarne
le idee ed è molto più semplice ed efficace che non controbatterle argomentando,
ascoltando, incontrando, magari recependo qualche suggerimento, ma anche fatta
questa pragmatica considerazione il contrasto tra le immagini della signora e
la sequela di urla e di stracciamenti di vesti resta fortissimo.
Fornero al cimitero: brutto slogan, deprecabile; ma da qui alla
criminalizzazione del dissenso dovrebbe passarcene; è chiedere troppo di
esaminare il problema nel suo contesto? Il contesto è quello di una signora
esasperata dalla riforma “overnight” delle pensioni, dalla assenza di ascolto
dei problemi che la stessa ha generato, dalla omertà dell’informazione
sui problemi di chi si trova senza lavoro e senza pensione dopo 40 anni di
contributi e che con leggerezza scrive uno slogan dando corpo a un pensiero che
non ha e che non esprimerebbe se si prendesse una pausa di riflessione prima di
scriverlo.
Salvo eccezioni estreme, nessuno desidera la morte di nessuno; farlo
significherebbe la perdita della propria umanità; chi allo stadio grida al
giocatore della squadra avversaria “devi morire” urla, senza riflettere, una
cosa abietta della quale non valuta la portata, ma non ha nessun reale
desiderio che ciò accada; pertanto vorrei tranquillizzare il Ministro, i
politici urlanti e i loro portaborse: se esiste un pericolo di terrorismo non
nasce certo dalla maglietta esposta a Roma né da essa viene
accentuato e sarebbe il caso di smetterla di lasciarlo credere.
So che le vestali del politicamente corretto mi assaliranno per questo,dopo
essersi strappati i capelli per l’orrore, ma vorrei sostenere qui che il modo
migliore per evitare che la protesta legittima si esprima sopra le righe
(verbalmente, perché di atti non ne vengono compiuti) sarebbe quello di
dialogare con il dissenso, tratto che a questo Governo del
“prendere o lasciare” manca completamente.
In assenza di qualsiasi tipo di rappresentanza, pensionati e pensionandi in
ordine sparso hanno mandato le proprie richieste di essere uditi, di poter
spiegare le loro difficoltà al Ministro, ai parlamentari, ai media: il silenzio
delle risposte è stato, questo si, cimiteriale. Al disagio delle misure subite,
così, si sono sommate e si sommano la frustrazione dell’oblio,
la rabbia del non potere esprimere, il senso dell’abbandono da parte della
comunità.
Alcuni non ce la fanno e (loro si) finiscono al cimitero; i suicidi quasi
quotidiani di disoccupati, piccoli imprenditori, pensionati alla disperazione
non fanno più notizia ed infatti i media non ne danno praticamente notizia;
altri canalizzano, talvolta malamente, quei sentimenti e quelle emozioni e
magari scrivono uno slogan sbagliato del quale fanno giustamente ammenda ma per
il quale non dovrebbero essere crocifissi come terroristi che non sono.
Si può aprire una pagina nuova, di ascolto e confronto?
Secondo me daremmo un taglio preventivo a qualsiasi slogan scorretto. Però
occorre volerlo e poi farlo; più facile gridare al lupo.
Commento di Sergio Ghirardi:
Criticare gli slogan idioti dal punto di vista del loro nonsenso, del gusto
dubbio e della loro psicologia macabra è una cosa. Ognuno può prendere le
distanze dal becero e dall'insulso come meglio crede, ma sono quisquilie. Siamo
oggi, e l'articolo mi sembra rendersene conto senza, però, affondare
radicalmente la denuncia, di fronte a una ben più subdola perversione da parte
di capi e capetti politici la cui infamia vergognosa è venuta alla luce su
tutto il pianeta.
Come nel caso di Bersani del Servizio pubblico di qualche settimana fa o di
un qualunque pseudo benpensante liberale di qualunque partito o cosca, lo
svilimento della politica a piccolo cabotaggio carrieristico e/o camorristico
ha bisogno di mitologie forti per sembrare meno risibile. Così fanno a gara da
destra a sinistra nell'evocare minacciosamente anni di piombo che nobilitino
tragicamente gli anni di cacca nei quali ci hanno immerso e ci siamo lasciati
affogare.
Ho esplicitamente criticato per orale e per scritto, all'epoca, la lotta
armata come una tragica illusione controrivoluzionaria e un nichilismo
perverso, vedo oggi con preoccupazione gli stessi che frequentano le messe
solenni dedicate ai morti venuti e a venire invocare il timore di un ritorno
della violenza quando la violenza è già ovunque e gli sgherri capitalisti ne
sono le levatrici ciniche e subdole dalla Val di Susa al Chiapas, alla Siria.
Potrebbe sembrare un miracolo che il tasso di umiliazione imposto oggi ai
cittadini consenzienti non produca più grandi deliri violenti, ed è, invece, il
segno confortante che l'ipotesi di un rovesciamento di prospettiva sociale
altro da quello arcaico del ventesimo secolo, impregnato di una violenza
fascista di vario colore, circola non come un’innocua speranza ma come un vero
progetto di cambiamento radicale. Un numero crescente di individui sociali
orfani di una società in decomposizione non vuole e neppure può più perdere la
vita a guadagnarsela ma non sembra per questo cadere nella trappola recuperatrice
di una rivolta nichilista in nome di un macabro viva la muerte! Lasciamo quest'errore mostruoso ai credenti rimasti
di qualunque stolida ideologia.
Dalle rivoluzioni in nordafrica agli indignados, alle occupazioni di Wall
Street e a quelle che verranno, il movimento sociale apartitico ma
profondamente politico del secolo nascente indica la strada: ci impedite di
sognare vi impediremo di dormire. Lo faremo con musica, discorsi e volontà di
vivere, costruendo situazioni e inventando nuovi rapporti sociali, di
produzione e di comunicazione. L'economia è malata? Che crepi, ne reinventeremo un'altra fondata sul dono
e non sulla predazione.
Stiamo già lasciando questo mondo in rovina nelle nostre vite vissute e
pure nei blog di una comunicazione soltanto virtuale. Lasciamo il vecchio mondo
del potere e dello sfruttamento agli ultimi zombi integralisti delle religioni
e altre ideologie sorpassate. Non ci riguarda né il sapore amaro della violenza
né il rumore macabro delle armi che gli Stati vendono ingrassandosi su un
terrorismo e un bellicismo solo ipocritamente esecrati.
Nè guerrieri né martiri. Quando saremo abbastanza per dimenticarci di voi
potrete continuare le vostre beghe impotenti di corrotti e di violenti nel
parco della barbarie di un'epoca archiviata nella spazzatura della storia. La
volontà di vivere può essere più forte della rabbia e dei calcoli nichilisti
dei cultori della morte. Questa è la scommessa su cui si giocano i destini del
mondo.