venerdì 23 marzo 2012

Politicamente scorretto



Premesso che le parole possono diventare pietre, che slogan come “La Fornero al cimitero” sono da condannare, che nessun problema è mai stato risolto con l’odio, che questo Governo va costretto a modificare le proprie politiche non con le minacce ma con l’informazione, la protesta, il confronto, le modalità con cui è stata trattata la vicenda della signora con la maglietta sono state quasi peggiori dello slogan stesso.
Politici e media hanno fatto a gara a chi la sparava più grossa, perfino più grossa dello slogan; ho letto di “rischi di esplosione di una stagione pesante”, di “soffiare sul fuoco”, di “vile attacco al Ministro”, di “sentimento di questa donna condiviso da molti”, di “propaganda preoccupante a carattere tipicamente eversivo, che può sfociare nel terrorismo” e ci sarebbe da riempire pagine intere con dichiarazioni altisonanti del genere.
Signori, vogliamo ricondurre le analisi e le dichiarazioni nell’ambito del buon senso e smetterla di strumentalizzare gli eventi?
Perché voler far credere alla opinione pubblica che una signora di mezza età con famiglia (e che risulta abbia già inviato una lettera di scuse al Ministro) avesse intenzioni eversive, volesse soffiare sul fuoco della rivolta o che comunque volesse incitare qualcuno a realizzare l’incauto auspicio dello slogan, mi sembra contrario al buon senso e anche gravemente aggressivo nei confronti di una persona che ha commesso una leggerezza ma non può essere gratuitamente criminalizzata. Così come è ignobilmente falso che lo slogan sulla maglietta fosse la parola d’ordine della manifestazione, trattandosi invece della protesta di pensionati e pensionandi che tutto pensano di fare, fuorché del terrorismo.
Comprendo che, da parte di coloro che ritengono l’attuale Governo al di sopra di qualsiasi critica e le misure prese giuste a priori senza se senza ma, l’occasione fosse ghiotta: squalificare l’interlocutore serve a squalificarne le idee ed è molto più semplice ed efficace che non controbatterle argomentando, ascoltando, incontrando, magari recependo qualche suggerimento, ma anche fatta questa pragmatica considerazione il contrasto tra le immagini della signora e la sequela di urla e di stracciamenti di vesti resta fortissimo.
Fornero al cimitero: brutto slogan, deprecabile; ma da qui alla criminalizzazione del dissenso dovrebbe passarcene; è chiedere troppo di esaminare il problema nel suo contesto? Il contesto è quello di una signora esasperata dalla riforma “overnight” delle pensioni, dalla assenza di ascolto dei problemi che la stessa ha generato, dalla omertà dell’informazione sui problemi di chi si trova senza lavoro e senza pensione dopo 40 anni di contributi e che con leggerezza scrive uno slogan dando corpo a un pensiero che non ha e che non esprimerebbe se si prendesse una pausa di riflessione prima di scriverlo.
Salvo eccezioni estreme, nessuno desidera la morte di nessuno; farlo significherebbe la perdita della propria umanità; chi allo stadio grida al giocatore della squadra avversaria “devi morire” urla, senza riflettere, una cosa abietta della quale non valuta la portata, ma non ha nessun reale desiderio che ciò accada; pertanto vorrei tranquillizzare il Ministro, i politici urlanti e i loro portaborse: se esiste un pericolo di terrorismo non nasce certo dalla maglietta esposta a Roma né da essa viene accentuato e sarebbe il caso di smetterla di lasciarlo credere.
So che le vestali del politicamente corretto mi assaliranno per questo,dopo essersi strappati i capelli per l’orrore, ma vorrei sostenere qui che il modo migliore per evitare che la protesta legittima si esprima sopra le righe (verbalmente, perché di atti non ne vengono compiuti) sarebbe quello di dialogare con il dissenso, tratto che a questo Governo del “prendere o lasciare” manca completamente.
In assenza di qualsiasi tipo di rappresentanza, pensionati e pensionandi in ordine sparso hanno mandato le proprie richieste di essere uditi, di poter spiegare le loro difficoltà al Ministro, ai parlamentari, ai media: il silenzio delle risposte è stato, questo si, cimiteriale. Al disagio delle misure subite, così, si sono sommate e si sommano la frustrazione dell’oblio, la rabbia del non potere esprimere, il senso dell’abbandono da parte della comunità.
Alcuni non ce la fanno e (loro si) finiscono al cimitero; i suicidi quasi quotidiani di disoccupati, piccoli imprenditori, pensionati alla disperazione non fanno più notizia ed infatti i media non ne danno praticamente notizia; altri canalizzano, talvolta malamente, quei sentimenti e quelle emozioni e magari scrivono uno slogan sbagliato del quale fanno giustamente ammenda ma per il quale non dovrebbero essere crocifissi come terroristi che non sono.
Si può aprire una pagina nuova, di ascolto e confronto? Secondo me daremmo un taglio preventivo a qualsiasi slogan scorretto. Però occorre volerlo e poi farlo; più facile gridare al lupo.

Commento di Sergio Ghirardi:
Criticare gli slogan idioti dal punto di vista del loro nonsenso, del gusto dubbio e della loro psicologia macabra è una cosa. Ognuno può prendere le distanze dal becero e dall'insulso come meglio crede, ma sono quisquilie. Siamo oggi, e l'articolo mi sembra rendersene conto senza, però, affondare radicalmente la denuncia, di fronte a una ben più subdola perversione da parte di capi e capetti politici la cui infamia vergognosa è venuta alla luce su tutto il pianeta.
Come nel caso di Bersani del Servizio pubblico di qualche settimana fa o di un qualunque pseudo benpensante liberale di qualunque partito o cosca, lo svilimento della politica a piccolo cabotaggio carrieristico e/o camorristico ha bisogno di mitologie forti per sembrare meno risibile. Così fanno a gara da destra a sinistra nell'evocare minacciosamente anni di piombo che nobilitino tragicamente gli anni di cacca nei quali ci hanno immerso e ci siamo lasciati affogare.
Ho esplicitamente criticato per orale e per scritto, all'epoca, la lotta armata come una tragica illusione controrivoluzionaria e un nichilismo perverso, vedo oggi con preoccupazione gli stessi che frequentano le messe solenni dedicate ai morti venuti e a venire invocare il timore di un ritorno della violenza quando la violenza è già ovunque e gli sgherri capitalisti ne sono le levatrici ciniche e subdole dalla Val di Susa al Chiapas, alla Siria.
Potrebbe sembrare un miracolo che il tasso di umiliazione imposto oggi ai cittadini consenzienti non produca più grandi deliri violenti, ed è, invece, il segno confortante che l'ipotesi di un rovesciamento di prospettiva sociale altro da quello arcaico del ventesimo secolo, impregnato di una violenza fascista di vario colore, circola non come un’innocua speranza ma come un vero progetto di cambiamento radicale. Un numero crescente di individui sociali orfani di una società in decomposizione non vuole e neppure può più perdere la vita a guadagnarsela ma non sembra per questo cadere nella trappola recuperatrice di una rivolta nichilista in nome di un macabro viva la muerte! Lasciamo quest'errore mostruoso ai credenti rimasti di qualunque stolida ideologia.
Dalle rivoluzioni in nordafrica agli indignados, alle occupazioni di Wall Street e a quelle che verranno, il movimento sociale apartitico ma profondamente politico del secolo nascente indica la strada: ci impedite di sognare vi impediremo di dormire. Lo faremo con musica, discorsi e volontà di vivere, costruendo situazioni e inventando nuovi rapporti sociali, di produzione e di comunicazione. L'economia è malata? Che  crepi, ne reinventeremo un'altra fondata sul dono e non sulla predazione.
Stiamo già lasciando questo mondo in rovina nelle nostre vite vissute e pure nei blog di una comunicazione soltanto virtuale. Lasciamo il vecchio mondo del potere e dello sfruttamento agli ultimi zombi integralisti delle religioni e altre ideologie sorpassate. Non ci riguarda né il sapore amaro della violenza né il rumore macabro delle armi che gli Stati vendono ingrassandosi su un terrorismo e un bellicismo solo ipocritamente esecrati.

Nè guerrieri né martiri. Quando saremo abbastanza per dimenticarci di voi potrete continuare le vostre beghe impotenti di corrotti e di violenti nel parco della barbarie di un'epoca archiviata nella spazzatura della storia. La volontà di vivere può essere più forte della rabbia e dei calcoli nichilisti dei cultori della morte. Questa è la scommessa su cui si giocano i destini del mondo.